T.A.R. Lazio Roma Sez. III quater, Sent., 22-03-2011, n. 2550

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ricorso notificato in data 20 settembre 2010 e depositato il successivo 5 ottobre 2010 la S.E.C. s.p.a. ha impugnato il diniego tacito, opposto dall’I.N.P.S. di Torino sull’istanza di accesso ai documenti del 23 luglio 2010 e chiede la condanna all’esibizione dei documenti contenuti nel fascicolo del procedimento amministrativo concluso con il verbale del 3 giugno 2010, dal quale risulta l’attribuzione del numero di matricola e della classificazione di fini previdenziali ed assistenziali ai sensi dell’art. 49 L. n. 88 del 1989, notificato quale soggetto obbligato in solido alla ditta G.. Con detto verbale sono state altresì cointestate inadempienze non specificate, per un importo totale non riportato.

2. La ricorrente deduce l’illegittimità del diniego, essendo titolare di un interesse concreto ed attuale all’ostensione documentale. Gli atti richiesti sono infatti necessari per potersi difendere. Chiede altresì la condanna dell’Amministrazione resistente al risarcimento dei danni subiti.

3. Si è costituito in giudizio l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, che ha preliminarmente eccepito il difetto di competenza del giudice adito, mentre nel merito ha sostenuto l’infondatezza del ricorso.

4. L’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, Direzione provinciale di Torino non si è costituito in giudizio.

5. La Ditta G.G.G. non si è costituita in giudizio.

6. All’udienza pubblica del 9 marzo 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.
Motivi della decisione

1. Preliminarmente il Collegio dà atto che la presente causa è trattata in pubblica udienza e non in camera di consiglio, avendo ad oggetto non solo il diniego di accesso ai documenti ma anche la richiesta di condanna dell’Amministrazione al risarcimento danni, la cui cognizione deve avvenire in udienza pubblica. Trova infatti applicazione l’art. 32, primo comma, c.p.a., secondo cui è sempre possibile il cumulo di azioni e se queste sono soggette a riti diversi si applica quello ordinario.

Ancora in via preliminare il Collegio afferma l’ammissibilità del ricorso sebbene non sia stato notificato ad alcun lavoratore. E’ sufficiente sul punto richiamare la sentenza della VI Sezione del Consiglio di Stato n. 9102 del 16 dicembre 2010, secondo cui la S.E.C. s.p.a. ha ricevuto la notifica del menzionato verbale (per cui era stato chiesto l’accesso) soltanto quale chiamata in solido ("a titolo di solidarietà") e non anche nella qualità di datrice di lavoro di soggetti da essa dipendenti, essendo i detti "lavoratori coinvolti" appartenenti a distinte società; sicché non sussiste la necessità che il gravame dovesse essere notificato anche ai lavoratori dipendenti dalle società anzidette, non potendosi questi considerare come controinteressati; detti dipendenti, d’altro canto, non avrebbero potuto ricevere alcun immediato pregiudizio alla loro posizione soggettiva dalla conoscenza degli elementi oggetto della richiesta di accesso da parte della società istante.

Nella memoria depositata il 21 ottobre 2010 l’I.N.P.S. ha dato atto che nelle more del giudizio la richiesta di rilascio della documentazione è stata accolta con nota del 19 ottobre 2010.

Nella pubblica udienza la ricorrente ha affermato che tra la documentazione cui fa riferimento l’I.N.P.S. non sono contemplate le dichiarazioni dei lavoratori, oggetto dell’istanza di accesso.

Il ricorso, limitatamente alla parte in cui residua l’interesse, è fondato, mentre in relazione alla restante parte, per la quale l’I.N.P.S. ha accolto la richiesta di accesso, va dichiarata cessata la materia del contendere.

Come ha recentemente chiarito la Sezione VI del Consiglio di Stato con sentenza n. 9102 del 16 dicembre 2010 in relazione ad una fattispecie analoga, l’accesso agli atti amministrativi previsto dall’art. 22 L. 7 agosto 1990 n. 241 può essere negato solo ed esclusivamente nei casi espressamente previsti dalla legge stessa (art. 24 L. n. 241 del 1990; art. 8 D.P.R. n. 352 del 1992 e art. 4 D.L.vo n. 39 del 1997), casi che non ricorrono nella fattispecie in esame nella quale non è stato ravvisato alcun segreto epistolare, sanitario, professionale, finanziario, industriale ovvero commerciale riguardante la vita privata e la riservatezza dei lavoratori suddetti.

Ciò posto, non emergono motivi rilevanti per discostarsi dalla giurisprudenza consolidata della VI Sezione del Consiglio di Stato in tema di diniego di accesso opposto dall’Amministrazione sulla base di norme (nel caso di specie l’art. 17, comma 2, del regolamento dell’I.N.P.S. n. 1951 del 1994) che precludono l’accesso alla documentazione contenente le dichiarazioni rese in sede ispettiva da dipendenti delle imprese che richiedono l’accesso. In tali ipotesi, le finalità che sostengono tale tipo di disposizioni preclusive – fondate su un particolare aspetto della riservatezza, quello cioè attinente all’esigenza di preservare l’identità dei dipendenti autori delle dichiarazioni allo scopo di sottrarli a potenziali azioni discriminatorie, pressioni indebite o ritorsioni da parte del datore di lavoro – recedono a fronte dell’esigenza contrapposta di tutela della "difesa" dei propri interessi giuridici, essendo la realizzazione del diritto alla difesa garantita "comunque" dall’art. 24, settimo comma, L. n. 241 del 1990 (tra le tante, cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 10 aprile 2003 n. 1923; 3 maggio 2002 n. 2366 e 26 gennaio 1999 n. 59).

Va rilevato, infine, che la prevalenza del diritto di difesa, in proiezione giurisdizionale, dei propri interessi giuridicamente rilevanti non necessita, nel caso, di specificazione ulteriore delle concrete esigenze di difesa perseguite, essendo tale specificazione sufficientemente contenuta nell’allegazione, a base della richiesta di accesso effettivamente inoltrata, che la conoscenza delle dichiarazioni è necessaria per approntare la difesa in sede di azione di accertamento della legittimità dell’operato dell’Amministrazione.

L’accoglimento del ricorso, nei limiti in cui persiste l’interesse, comporta l’obbligo dell’I.N.P.S. di rilasciare i documenti richiesti entro venti giorni dalla notificazione o, se anteriore, dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza.

3. Deve essere invece rigettata l’istanza di risarcimento danni, non essendo accompagnata da alcuna prova del danno effettivamente subito.

Quanto alle spese di giudizio, può disporsene l’integrale compensazione fra le parti costituite, in considerazione i precedenti di questa Sezione (solo recentemente annullati dal giudice di secondo grado) di rigetto dei gravami proposti dalla stessa ricorrente, che possono aver ingenerato nell’I.N.P.S. la convinzione di agire correttamente.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Quater)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in parte dichiara cessata la materia del contendere; in parte accoglie il ricorso stesso e, per l’effetto, ordina il rilascio dei documenti richiesti nel termine indicato in motivazione.

Respinge la richiesta di risarcimento dei danni.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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