Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 09-03-2011) 28-03-2011, n. 12416

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

G.A.G. ricorre, a mezzo del suo difensore, contro la sentenza 18 giugno 2008 della Corte di appello di Genova, che ha confermato la sentenza 6 marzo 2007 del Tribunale di Genova di condanna per il reato di concussione, con riferimento al capo di imputazione che segue: A) del delitto p. e p. dall’art. 317 c.p. per avere, abusando della propria qualità di pubblico ufficiale, dipendente del Ministero delle Finanze, Ufficio del Registro di Genova, con la qualifica di Funzionario tributario di 8^ livello, addetto all’Ufficio Concordati, costretto o comunque indotto B. A. a consegnare indebitamente una somma di denaro quale prezzo per la positiva definizione di una pratica amministrativa, trattata dallo stesso funzionario ed interessante il B. (nella fattispecie il B., avendo ricevuto una intimazione al versamento della somma di L. 2.710.000 relativa al pagamento dell’imposta INVIM per un immobile di sua proprietà, venduto nel 1996) il quale si era recato per chiarimenti nell’Ufficio del G., il, quale dapprima, richiedeva una integrazione documentale per evitare il pagamento intimato allo stesso B. e, ritenendo ancora insufficienti i documenti prodotti, sosteneva difficoltà di gestione della pratica in senso favorevole all’interessato, per poi infine prospettare come unica alternativa, che il versamento di una somma pari ad un milione, successivamente ridotta a L. 700.000, avrebbe invece risolto positivamente la pratica, somma quest’ultima che il G., secondo le indicazioni impartite, in distinta occasione effettivamente riceveva e tratteneva per sè, in (OMISSIS).

L’imputato ricorre per cassazione avverso la decisione della corte distrettuale deducendo vizi e violazioni nella motivazione nella decisione impugnata, nei termini critici che verranno ora riassunti e valutati.
Motivi della decisione

1.) i motivi di impugnazione.

Con un primo motivo di impugnazione viene dedotta illogicità della motivazione nella parte in cui la Corte di appello ha prospettato una ricostruzione alternativa dei fatti, affermandone l’irrilevanza ai fini della decisione.

Il ricorso su tale punto osserva:

a) che l’ipotesi accusatoria – integralmente recepita dal Giudice di prime cure – muoveva dal presupposto che l’imputato, funzionario dell’Ufficio del Registro, avesse abusato dei propri poteri mediante un comportamento illegittimamente ostruzionistico, tanto da indurre la persona offesa, che a lui si era rivolto per ottenere uno sgravio della maggiore imposta (INVIM) accertata, a corrispondergli una somma di danaro per definire la pratica;

b) che nell’appello si era sostenuto che le risultanze probatorie non consentivano di qualificare illegittimi i dinieghi opposti al contribuente dal G., di tal che non poteva ravvisarsi nella sua condotta alcuna forma di abuso idoneo a configurare l’ipotesi concussoria;

c) che nella ricostruzione difensiva, pertanto, l’antigiuridicità della condotta, non si incentrava in una forma di abuso (e, cioè, "in un pervicace atteggiamento negativo") finalizzato alla induzione del privato alla dazione del denaro, ma nella elisione di un atto di accertamento che, in realtà, non poteva, essere annullato;

d) che la Corte di Appello, invece, in maniera del tutto illogica e contraddittoria, da un lato, sembra aver recepito le doglianze difensive, riconoscendo la piena legittimità del rifiuto opposto al privato ("anche a considerare le reiterate opposizioni del G. alle proposte del B. come non pretestuose …" ed "ancora il G., pur avvalendosi di rifiuti alle soluzioni del B. dettati da disposizioni in materia"), mentre, dall’altro, ha concluso asserendo che le varie condotte del G. si sono manifestate con il carattere dell’ostruzionismo ("E’ innegabile che le varie condotte del G. alle alternative soluzioni proposte dal B. si sono manifestate con i caratteri dell’ostruzionismo"). e) che ai fini decisori tali due opposte interpretazioni non possono convivere.

In particolare il ricorrente lamenta che la corte distrettuale, indipendentemente dalla qualificazione della condotta del Pubblico Ufficiale (che si considera lecita) abbia ritenuto realizzato in astratto un abuso della qualità, che ha ingenerato comunque uno stato di soggezione della vittima, tale da non escludere la sussistenza del reato di concussione.

Per la difesa del G. la Corte di appello avrebbe confuso il concetto di abuso, con il concetto di atto contrario, da un lato, accedendo ad una prima ipotesi ricostruttiva (peraltro senza offrire adeguata replica alle doglianze difensive) e così riconoscendo nel contestato ed immotivato ostruzionismo che avrebbe animato il P.U. una forma di abuso prodromica all’induzione del privato; dall’altro, riconoscendo la piena legittimità del rifiuto del Funzionario, ed individuando l’abuso nella definizione illegittima della pratica fiscale, in assenza dei presupposti di legge.

Il Giudice di Prime cure invece, aveva identificato l’abuso nel "pervicace atteggiamento negativo" del G. e la Corte di appello ha desunto dal compimento dell’atto contrario (la illecita definizione della pratica fiscale) una forma non corretta di uso delle proprie qualità o dei poteri, riconducendola astrattamente al "metus" necessario ad integrare il reato contestato.

In tal modo la corte territoriale avrebbe in modo illogico spostato il fulcro della vicenda dal momento iniziale della trattativa alla fase immediatamente successiva della definizione della controversia- dazione di denaro.

Per il ricorrente invece una corretta lettura degli eventi consentiva di configurare un’ipotesi di corruzione in quanto la mera prospettazione ad un privato del possibile compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio, senza particolare insistenza e senza alcun ulteriore abuso della qualità o dei poteri, non significa minacciare il privato stesso – in maniera indiretta ed occulta – per creare uno stato di soggezione, ma significa più semplicemente "sollecitare la ricerca di un accordo corruttivo" in un contesto paritario di reciproco scambio di favori.

Con un secondo motivo si lamenta inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 317 cod. pen. in relazione alla mancata derubricazione dei fatti nel reato di cui agli artt. 322 o 319 cod. pen..

Sostiene il ricorso che il parametro interpretativo, fatto proprio dalla Corte di Appello, in base al quale l’abuso sarebbe consistito nella violazione di legge che avrebbe consentito al funzionario di definire la pratica, è erroneo, in quanto i giudici di merito hanno di fatto ritenuto associabile alla condotta di abuso, richiesta dalla norma incriminatrice, un comportamento che al più si sarebbe risolto nel compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio.

In altri termini, il Giudice di secondo grado, una volta appurata la legittimità del rifiuto opposto alle pressanti richieste di sgravio avanzate dal contribuente sulla scorta di documenti inidonei a comprovare il sostenimento di spese incrementative – accogliendo integralmente, di fatto, le doglianze difensive sul punto – avrebbe dovuto rilevare l’inconfigurabilità dell’ipotesi concussiva, stante la mancanza di una relazione strumentale tra la condotta originariamente ipotizzata abusiva (in quanto illecita) e l’offerta di denaro e tenuto conto del vantaggio economico conseguibile dal privato, circostanze tutte che avrebbero dovuto orientare la qualificazione in termini di rapporto sinallagmatico corruttivo.

Con un terzo motivo si prospetta violazione di legge essendo la condotta del G. inquadrarle in un tentativo di concussione, considerato che il privato, lungi dal recepire acriticamente l’invito del P.U., si è immediatamente recato dai Carabinieri per denunziare l’accaduto: la mancata accettazione (o meglio simulata) da parte del B. ha infatti impedito il perfezionamento dell’iter criminis, rimasto, pertanto, allo stadio del tentativo.

Il ricorso critica dunque l’assunto dei giudici di merito secondo cui "non può assumere rilevanza, al fine della sussistenza del reato, la riserva mentale del B. di non aderire ad una tale richiesta e denunciare immediatamente l’accaduto ai Carabinieri, essendosi il delitto pienamente consumato con la consegna del denaro", conclusione questa non in linea con la giurisprudenza della Corte di legittimità.

Nella specie infatti, l’invito proveniente dal Pubblico Ufficiale non ha esercitato nel privato quella pressione psicologica che avrebbe dovuto condizionarne le sue determinazioni; il B. infatti per usare la sua stessa espressione, ha giocato in casa dell’avversario e si è recato dai Carabinieri.

Con un quarto motivo si evidenzia violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento delle attenuanti ex art. 62 c.p., n. 4 e n. 6 e art. 323 bis cod. pen..

2.) le ragioni della decisione di annullamento con rinvio della Corte.

I primi due motivi sono fondati, nei limiti di quanto verrà ora indicato, ed il loro accoglimento assorbe le altre doglianze, qui comunque osservandosi che il delitto di concussione rappresenta una fattispecie a duplice schema, nel senso che si perfeziona alternativamente con la promessa o con la dazione indebita per effetto dell’attività di costrizione o di induzione del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio, sicchè, se tali atti si susseguono, il momento consumativo si cristallizza nell’ultimo, venendo così a perdere di autonomia l’atto anteriore della promessa e concretizzandosi l’attività illecita con l’effettiva dazione, secondo un fenomeno assimilabile al reato progressivo (Cass. Pen. Sez. 6, 31689/2007 Rv. 236828. Massime precedenti Conformi: N. 10851 del 1996 Rv. 206224, N. 47289 del 2005 Rv. 233992).

Tanto premesso, avuto riguardo alla riferita dinamica dei fatti, nonchè alla qualità professionale della vittima, per poter ipotizzare la contestata concussione era rilevante che i giudici di merito chiarissero – la consistenza, la funzionalità o la pretestuosità dei documenti prodotti dal B. all’atto dei plurimi contatti con il funzionario.

E ciò, perchè nella fattispecie, tale indagine e valutazione assumeva valore determinante, considerato che la professione di geometra del B. lo metteva in condizione di percepire, sotto il profilo tecnico, l’utilità funzionale o meno della documentazione prodotta o da produrre, ponendo così il privato – nel rapporto con il funzionario "resistente"- in una ben diversa condizione psicologica, di fondamentale rilievo agli effetti della "actio finium regundorum" tra il delitto di concussione e quello di corruzione.

In definitiva, il silenzio serbato sul punto dai giudici di merito, sulla "legittimità od illegittimità del chiesto sgravio", pur a fronte di precise argomentazioni della difesa dell’accusato, rende la pronuncia di responsabilità viziata, in quanto non sorretta da adeguata e ragionevole motivazione su elementi decisivi, sia per il giudizio di colpevolezza, sia per la conseguente corretta qualificazione giuridica della condotta accertata.

Dal rilevato deficit argomentativo consegue l’annullamento della gravata sentenza, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Genova, per nuovo giudizio che, nella piena libertà delle valutazioni di merito di competenza, si attenga alle regole di diritto enunciate in punto di motivazione.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Genova.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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