Cass. civ. Sez. III, Sent., 16-06-2011, n. 13188 Responsabilità civile

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Napoli rigettava il 25 novembre 2005 l’appello principale proposto da B.C. e quello incidentale di HDI Assicurazioni s.p.a. avverso la omologa decisione del Giudice di pace di quella città, che aveva dichiarato la esclusiva responsabilità di C.P. in merito all’incidente verificatosi in (OMISSIS) tra la autovettura del B. e quella del C., condannandolo al pagamento di L. 1.400 mila in solido con la società assicuratrice del veicolo assicurato.

Il gravame principale era stato proposto per mancato riconoscimento della rivalutazione monetaria e per il governo delle spese; quello incidentale della Compagnia assicuratrice venne proposto onde ottenere la dichiarazione di concorrente responsabilità del B. e non riconoscere il cumulo di interessi e rivalutazione con ulteriori conseguenze.

Avverso siffatta decisione propongono ricorso per cassazione B.A., S.S., B.M. e Ba.Ch., quali eredi del Co., nelle more deceduto, affidandosi a due motivi.

Resiste con controricorso e propone ricorso incidentale la HDI Assicurazioni, che reitera le doglianze già proposte in appello e disattese dal Tribunale.

Non risulta aver svolto attività difensiva l’intimato C..

Per l’udienza del 19 novembre 2010, che non si tenne per collocamento a riposo del relatore designato, i ricorrenti ebbero a depositare memoria.
Motivi della decisione

I due ricorsi vanno riuniti ex art. 335 c.p.c..

Va premesso che il ricorso principale non è inammissibile come deduce la resistente, avendo i ricorrenti ritualmente fornita la prova che sono eredi della persona che partecipò al giudizio di merito, come puntualmente essi fanno rilevare nella memoria.

1.-Ciò posto, va esaminato per primo il motivo del ricorso incidentale circa il non riconoscimento del concorso di colpa, che assume essere stato disatteso dal giudice dell’appello perchè "pur in presenza di elementi di colpa da parte di uno dei conducenti, non può dirsi assolto, in tal caso, l’altro conducente da quella presunzione di corresponsabilità prevista per legge, in mancanza di una prova attestante di aver fatto tutto il possibile per evitare la collisione", atteso che "come affermano i testi i veicoli procedevano lentamente a causa dell’intenso traffico".

La censura va disattesa.

Si evince, infatti, dall’appello della HDI che il primo motivo del gravame è del seguente tenore:

"La responsabilità dell’incidente, alla luce di una più precisa e puntuale rilettura degli elementi emersi nel corso della causa, doveva essere addebitata ad entrambi i conducenti, in applicazione dell’art. 2054 c.c., comma 2, con conseguente e proporzionale riduzione dei danni liquidati".

Così come formulato il motivo di appello si presenta generico ed apodittico, come lo è quello attualmente formulato, in quanto, anche in questa sede, la ricorrente non individua la decisività delle sue deduzioni ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 e si limita ad affermare soltanto che il giudice dell’appello non avrebbe tenuto conto che il B. non avrebbe fornito la prova liberatoria della sua corresponsabilità presunta per legge.

Nel caso in esame, anche se in maniera sintetica e per relationem, come si evince dalla sentenza impugnata, il giudice dell’appello ha tenuto conto del fatto che davanti al Giudice di Pace, in base alle testimonianze rese, sono emerse prove sufficienti per l’accertamento della esclusiva responsabilità del B..

Al riguardo, è principio giurisprudenziale, da cui non è il caso di discostarsi, che la presunzione di colpa ex art. 2054, comma 2 a carico dei conducenti dei veicoli per la ipotesi di scontro tra i medesimi ha funzione meramente sussidiaria ed opera solo se non sia possibile accertare in concreto le rispettive responsabilità.

Una volta accertato, in base alle testimonianze, che la ricorrente si limita a criticare in astratto, e di cui non riporta integralmente il contenuto, che l’incidente si è verificato per colpa esclusiva di uno dei conducenti, per cui nessuna colpa è stata ravvisata nella condotta dell’altro, quest’ultimo resta senz’altro esonerato dalla presunzione de qua e non è, conseguentemente, tenuto a provare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno (v. Cass. n. 5250/97; Cass. n. 3723/96).

Di qui, la ovvia conclusione che sotto nessuno dei profili denunciati, la sentenza impugnata merita censura.

2.-Ma, anche il secondo motivo, sempre del ricorso incidentale, circa la illegittimità del ricorso all’equità ex art. 1226 c.c., va disatteso, in quanto esiste sul punto motivazione.

Infatti, non corrisponde al vero che il giudice del merito non si sia pronunciato, in quanto, come si evince dalla sentenza impugnata, ha condiviso l’argomentare e la decisione del giudice di primo grado, mostrando in tal modo di averla esaminata.

3.-Passando al primo motivo del ricorso principale violazione artt. 2056 e 1223 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), si deve sottolineare che il richiamo all’equità non significa affatto mancanza di liquidazione alla attualità, significa solo che la determinazione del danno è stata operata con criteri equitativi, tenendo conto per l’appunto dell’attualità e la giurisprudenza di cui all’indicata sentenza n. 1712/95 non prevede affatto l’automaticità della rivalutazion. Quindi, il motivo va disatteso e resta assorbito il terzo motivo del ricorso incidentale.

4.-Circa il secondo motivo (violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. e delle tariffe sulla insufficiente liquidazione delle competenze professionali liquidate dal Giudice di pace e non valutate dal giudice dell’appello), va posto in evidenza che nella sentenza impugnata si rinvengono due rationes decidendi.

La prima riguarda la circostanza che l’accoglimento della domanda è avvenuta solo nella misura determinata dal giudice ed è in relazione al danno che va operata la liquidazione delle spese; la seconda è che la controversia non presentava difficoltà giuridiche ed era di semplice soluzione.

Del resto, su tale argomentare nessuna contestazione specifica viene svolta nel motivo, che insiste nel ritenere che il giudice dell’appello sia incorso in un equivoco, confondendo la liquidazione delle spese vere e dei diritti di procuratore con la liquidazione degli onorari di avvocato, per il cui ammontare non vi fu appello (v.p. 16^ ricorso).

Ma, a ben vedere, il giudice dell’appello proprio per la semplicità della controversia ha confermato una liquidazione secondo minimi tariffar e, quindi, non ha commesso alcuna violazione della normativa al riguardo.

Conclusivamente, i ricorsi vanno respinti, ma data la reciproca soccombenza si configurano giusti motivi per compensare tra le parti le spese del presente giudizio di cassazione.
P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta; compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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