Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 08-03-2011) 28-03-2011, n. 12413 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

B.M. ricorre, a mezzo del suo difensore, contro la sentenza 3 dicembre 2008 della Corte di appello di Catania (che ha confermato la sentenza del Tribunale di Caltagirone 23 ottobre 2007, di condanna per il solo delitto di tentata concussione in danno dei coniugi N.F. e C.C.), deducendo vizi e violazioni nella motivazione nella decisione impugnata, nei termini critici che verranno ora riassunti e valutati.

1.) la motivazione della sentenza impugnata.

Secondo i giudici di merito l’imputato B., avrebbe posto in essere, in concorso con P.F. (titolare dell’agenzia che curava la pratica pensionistica) e con il marito della stessa, Be.Sa. (pubblico ufficiale e liquidatore dell’INPS), una condotta consistita nel compiere atti diretti in modo non equivoco ad indurre i coniugi N.F. e C.C. a versare alla P., per la pratica pensionistica in corso, e sotto minaccia di far perdere i vantaggi pensionistici già conseguiti dal N., la somma di denaro indebitamente loro richiesta.

Secondo l’estensore della decisione d’appello risulterebbe, dallo stesso tenore del detto gravame, che i testi N.F. e C.C. hanno concordemente riferito la circostanza secondo la quale "il B., con fare arrabbiato, avrebbe richiesto agli stessi di portare un ulteriore importo di denaro alla P. per il completamento della pratica pensionistica, altrimenti avrebbe provveduto a far abbandonare alla stessa la gestione della suddetta pratica".

Inoltre, la circostanza che le dichiarazioni accusatorie dei due coniugi N. e C. rivelassero notevole risentimento nei confronti del B., nonostante i pregressi rapporti di amicizia e di comune lavoro intercorsi tra il N. e il B., è spiegata dalla corte distrettuale come "indubbiamente indicativa della natura minacciosa e cogente delle sollecitazioni insistentemente rivolte dall’odierno imputato ai suddetti coniugi, i quali le hanno cosi avvertite come oggettivamente ingiuste, e tali, dunque, da determinare il loro risentimento nei confronti del B.".

Quanto alla osservazione difensiva, che i due testi "non hanno mai accusato apertamente e dichiaratamente l’odierno imputato di essere in combutta con i coniugi Be. – P. (il primo, come già detto, liquidatore dell’INPS), la Corte di appello non l’ha considerata idonea a scagionare il B., posto l’oggettivo evidente significato dei fatti come riferiti a carico dell’imputato, ed ha invece evidenziato che tale osservazione finisce invece col far risaltare la diversa circostanza che le dichiarazioni dei due testi, sono state dettate da un semplice intento di autotutela, e non da un intento persecutorio.

La gravata sentenza infine:

a) ritiene dette considerazioni chiaramente indicative del rapporto di cointeressenza, stabilitosi tra il B. e i coniugi Be.

– P., per quanto concerne la illecita gestione della pratica pensionistica riguardante il N., non potendosi spiegare altrimenti il vivo interesse così pressantemente manifestato dal B. a che i coniugi N.C. versassero alla P. la somma da questa ingiustamente pretesa: annota sul punto l’estensore che l’imputato si era pensino fatto carico, in precedenza, di farsi dare dal N. parte del denaro richiesto dalla P., per poi personalmente consegnarlo a quest’ultima;

b) considera ininfluente la questione della fondatezza o meno della ipotesi che la precedente irregolarità nella trattazione, da parte del Be., della pratica pensionistica, concernente il B. e gestita dalla P., fosse stata dolosamente posta in essere dal primo in favore del secondo;

c) afferma la sussistenza di un concorso, nel reato contestato al B., oltre che della P., anche del marito della stessa, funzionario dell’INPS, Be., atteso che solo questi – per il suo ruolo specifico – era in grado di far ottenere, abusando delle sue funzioni, la retrodatazione della pensione al N., che, per detta pratica si era rivolto alla agenzia gestita dalla P.;

d) ribadisce il rilievo che i coniugi Be. e P. siano stati condannati per il reato oggetto del presente procedimento, con sentenza divenuta irrevocabile;

e) sottolinea la sussistenza del dolo, trattandosi di richiesta di pagamento per una prestazione professionale, con esborsi che esorbitavano grandemente dalle somme sarebbero spettate alla agenzia della P., qualora si fosse trattato della semplice e normale gestione di una pratica pensionistica;

f) ha escluso il beneficio della non menzione della condanna, tenuto conto in particolare del negativo comportamento processuale dell’imputato, il quale non ha mostrato alcun segno di resipiscenza.
Motivi della decisione

1.) i motivi di impugnazione e le ragioni della decisione di inammissibilità della Corte di cassazione.

Con un primo motivo di ricorso viene dedotto vizio di motivazione in punto di affermazione di responsabilità, la quale sarebbe stata argomentata senza tener conto dei risultati dell’istruttoria dibattimentale dai quali emergerebbe: a) che il B. mai si era rivolto alla P. per patrocinare la sua pratica di pensione, ma al Patronato ACLI e si era invece rivolto alla P. per una diversa pratica di riconoscimento degli assegni familiari della moglie; b) che il B. non risulta aver percepito alcunchè dalla P. stessa e mai ha frequentato il di lei studio; c) che gli stessi coniugi N. – C. non hanno mai accusato il B., il quale, nella vicenda, si limitò a suggerire ai predetti, allora amici, di rivolgersi alla P. per la pratica di pensione e ciò ebbe a fare appunto in un contesto di pregressi rapporti di amicizia con detti coniugi; d) che la busta contenente il denaro richiesto dalla P. venne portata alla P. da A.F., convivente della figlia del N., R..

Con un secondo motivo si lamenta il difetto dell’elemento soggettivo del ritenuto delitto soprattutto nella mancata consapevolezza dell’abuso d’ufficio e della qualità di pubblico ufficiale del marito della P..

Nessuno dei due motivi supera la soglia della ammissibilità.

Invero con le doglianze dianzi formulate si tende ad ottenere una non consentita rivalutazione del materiale probatorio con esiti difformi in punto di responsabilità.

Per risalente giurisprudenza, eccede infatti dalla competenza della Corte di cassazione ogni potere di revisione degli elementi materiali e fattuali, trattandosi di accertamenti rientranti nel compito esclusivo del giudice di merito risultando nella specie: sia la corretta esposizione delle ragioni -giuridicamente apprezzabili – che hanno originato la decisione, sia l’assenza di illogicità nell’esposizione, per la verificata coerenza delle argomentazioni, rispetto al fine che le hanno determinate ed ai risultati concreti di prova, anche con riguardo ai profili soggettivi della condotta del B..

Con un terzo motivo si contesta la mancata applicazione dell’indulto e l’estinzione della pena.

La declaratoria di inammissibilità del ricorso rende impossibile la disamina di tale doglianza, la quale presuppone che il giudice sia investito della cognizione del processo, il che non si verifica nel caso, come quello di specie, di gravame originariamente inammissibile Con un quarto motivo si evidenzia violazione di legge sul punto del mancato riconoscimento del beneficio della non menzione.

Il motivo è palesemente infondato posto che la corte distrettuale ha ampiamente argomentato sulla non concedibilità di benefici, correlando tale decisione alla negativa personalità del reo ed all’assenza di forme, anche minimali, di resipiscenza.

Il ricorso pertanto, nella palese verificata coerenza logico- giuridica ed adeguatezza della motivazione, quale proposta nella decisione impugnata, va dichiarato inammissibile.

All’inammissibilità del ricorso stesso consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende che si stima equo determinare in Euro 1000,00 (mille).
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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