T.A.R. Toscana Firenze Sez. II, Sent., 22-03-2011, n. 477 Accertamento, opposizione e contestazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato il 24 ottobre 2008 e depositato il successivo 14 novembre, la G. S.r.l. proponeva impugnazione avverso il provvedimento dirigenziale in epigrafe, con cui il Comune di Livorno aveva disposto nei suoi confronti la sospensione per un giorno dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande da essa ricorrente esercitata nei locali ubicati alla piazza Dante 47; provvedimento adottato in conseguenza della trasmissione al Comune degli atti relativi all’accertata e contestata violazione, da parte della società G., delle previsioni dettate dall’art. 110 co. 9 T.U.L.P.S. in materia di apparecchi e congegni per il gioco lecito. Affidate le proprie doglianze a tre motivi in diritto, la ricorrente concludeva per l’annullamento dell’atto impugnato, previa sospensiva.

Costituitasi in giudizio l’amministrazione procedente, per resistere al gravame, con ordinanza del 26 – 27 novembre 2008 il collegio respingeva l’istanza cautelare, stante la ritenuta insussistenza di pericolo nel ritardo.

Nel merito, la causa veniva discussa e trattenuta per la decisione nella pubblica udienza del 22 dicembre 2010, preceduta dal deposito di documenti.
Motivi della decisione

Come riferito in narrativa, la controversia ha per oggetto il provvedimento dirigenziale di sospensione dell’attività per un giorno, adottato dal Comune di Livorno a carico della ricorrente G. S.r.l., titolare di un esercizio di somministrazione di alimenti e bevande all’insegna "B.S.". Il provvedimento costituisce dichiarata applicazione della previsione contenuta nell’art. 110 co. 10 T.U.L.P.S., a seguito della trasmissione al Comune – ad opera dell’Amministrazione Autonoma Monopoli di Stato – dei verbali di contestazione e sequestro amministrativo elevati nei confronti della G. S.r.l. il 3 febbraio 2006 in ordine alla violazione della normativa di pubblica sicurezza in materia di apparecchiature per il gioco lecito (presso l’esercizio erano stati rinvenuti apparecchi per il gioco mancanti dell’originale del nulla osta per la messa in esercizio, nonché del collegamento telematico con il concessionario di rete).

Preliminarmente, deve essere respinta l’eccezione di improcedibilità, sollevata dalla difesa resistente con riferimento alla sopravvenienza, in corso di causa, del provvedimento in data 16 dicembre 2008, recante la conferma di quello qui impugnato e la fissazione di una nuova data per l’esecuzione della sospensione. Contrariamente a quanto sostenuto dal Comune di Livorno, si tratta, infatti, di atto meramente confermativo, non implicante alcuna rinnovata valutazione dei presupposti per l’irrogazione della sanzione ed avente il solo scopo di fissare nuovamente la data dell’esecuzione, una volta che quest’ultima era stata sospesa in attesa che il T.A.R. si pronunciasse sull’istanza incidentale di sospensione proposta con il ricorso.

Nel merito, la ricorrente con il primo motivo deduce la violazione dell’art. 7 della legge n. 241/90, sostenendo di non aver ricevuto alcuna comunicazione dell’avvio del procedimento conclusosi con l’adozione del provvedimento impugnato; con il secondo motivo lamenta, quindi, il mancato rispetto del termine per la impugnativa giurisdizionale del provvedimento di sospensione, notificato soli dieci giorni prima della data inizialmente fissata per l’esecuzione; e con il terzo motivo, infine, denuncia l’ingiustizia ed irragionevolezza della sospensione, comminata a distanza di oltre due anni dall’accertamento delle violazioni, nonché dalla definizione delle sanzioni pecuniarie e dal dissequestro degli apparecchi.

I motivi, che saranno esaminati congiuntamente, sono infondati.

Il decimo comma dell’art. 110 T.U.L.P.S. stabilisce che laddove l’autore di alcuno degli illeciti di cui al precedente comma nono sia titolare – com’è, nella specie, la ricorrente G. S.r.l. – di licenza di pubblica sicurezza ai sensi dell’art. 86 del medesimo T.U.L.P.S., ovvero di autorizzazione commerciale alla somministrazione di alimenti e bevande, le licenze o autorizzazioni sono sospese per un periodo da uno a trenta giorni e, in caso di reiterazione delle violazioni, sono revocate. La disposizione è pacificamente interpretata dalla giurisprudenza nel senso che la sospensione ivi prevista costituisce una sanzione accessoria, aggiuntiva rispetto a quelle stabilite dal codice penale, le quali operano disgiuntamente e colpiscono il trasgressore sotto profili diversi (per tutte, cfr. Cons. Stato, sez. IV, 14 ottobre 2005, n. 5802; T.A.R. Liguria, sez. II, 14 marzo 2008, n. 408).

Tanto premesso, il collegio non ravvisa ragioni per discostarsi dal tradizionale orientamento, secondo cui in termini generali l’esercizio del potere sanzionatorio amministrativo non è soggetto a termini di prescrizione o decadenza, fatta eccezione per la prescrizione del diritto alla riscossione delle sanzioni pecuniarie, sancita dall’art. 14 della legge n. 689/81; di talché l’accertamento dell’illecito amministrativo e l’applicazione della relativa sanzione può intervenire anche a distanza di tempo dalla commissione dell’abuso, senza che il ritardo nell’adozione della sanzione comporti sanatoria o il sorgere di affidamenti o situazioni consolidate (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 2 giugno 2000, n. 3184, ed i precedenti ivi richiamati). Se a questo si aggiunge la configurabilità, nell’ordinamento, di un principio generale di obbligatorietà dell’azione amministrativa sanzionatoria (desumibile dall’art. 97 Cost. e dall’art. 18 co. 2 della legge n. 689/81, cit., nella misura in cui quest’ultima norma impone all’autorità procedente di definire comunque il procedimento sanzionatorio con un provvedimento espresso, se del caso anche di archiviazione), ne discende che, nel caso in esame, il provvedimento impugnato non soltanto va esente dal preteso vizio di ingiustizia manifesta ed irragionevolezza per tardività, ma rappresenta l’esito necessitato di un procedimento doverosamente avviato dal Comune pur a distanza di tempo dalla commissione dei fatti contestati alla ricorrente.

L’inevitabilità dell’esito è maggior ragione evidente alla luce del fatto che la sospensione – i cui presupposti non sono per altri versi contestati – è stata disposta nella misura minima di un giorno, misura in relazione alla quale non vi sono margini per un sindacato circa il corretto esercizio del potere del Comune di determinare discrezionalmente l’entità della sanzione: si vuol dire che, una volta assodata la doverosità dell’intervento sanzionatorio ed escluso che il relativo potere sia stato inciso dal trascorrere del tempo, la scelta di irrogare la sospensione nella sua durata minima diviene di fatto insindacabile sul piano della congruità e della ragionevolezza, essendo l’amministrazione vincolata al rispetto dei minimi sanzionatori stabiliti dal legislatore. La conseguenza ulteriore del ragionamento è l’irrilevanza della dedotta violazione dell’art. 7 della legge n. 241/90, e questo ai sensi dell’art. 21octies co. 2 della medesima legge, che, in presenza di vizi formali o procedimentali, non ammette l’annullabilità dei provvedimenti vincolati ove sia palese che il contenuto dispositivo degli stessi non avrebbe potuto essere diverso da quello concretamente rivestito.

Per concludere, nessun rilievo può essere attribuito alla circostanza che per l’esecuzione della sanzione sia stata inizialmente fissata una data anteriore alla scadenza del termine di sessanta giorni per l’impugnativa giurisdizionale del provvedimento. Posto che, secondo i principi generali, non vi è alcuna relazione fra l’esecutività del provvedimento amministrativo e il decorso del termine per impugnare (fermo restando che quest’ultimo non può che farsi principiare dalla piena conoscenza dell’atto lesivo, ancorché produttivo di effetti anticipati rispetto alla notificazione al destinatario), l’art. 21bis della legge n. 241/90 prevede unicamente che i provvedimenti sanzionatori non possano contenere clausole di immediata efficacia, vale a dire che non possono essere eseguiti prima della comunicazione al destinatario; e non solo tale evenienza non si è verificata in danno della ricorrente G., cui il provvedimento contenente l’ordine di sospensione è stato notificato con anticipo rispetto alla data prevista per l’esecuzione, ma è un dato di fatto che la proposizione del presente ricorso ha poi indotto il Comune a differire ulteriormente l’esecuzione, in attesa della pronuncia cautelare del T.A.R., dovendosi perciò escludere in radice che il diritto di difesa della ricorrente sia stato in qualche modo conculcato nella sua effettività.

In forza di tutte le considerazioni che precedono, il ricorso non può trovare accoglimento. La peculiarità della fattispecie giustifica, tuttavia, l’integrale compensazione delle spese del giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando, respinge il ricorso.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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