T.A.R. Toscana Firenze Sez. II, Sent., 22-03-2011, n. 476 Bellezze naturali e tutela paesaggistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La società P.E. s.r.l. presentava un progetto per la realizzazione di una centrale di cogenerazione a ciclo combinato, alimentata da oli vegetali grezzi, di potenza elettrica netta pari a circa 52 MW.

Con nota del 30 giugno 2008 la predetta società trasmetteva alle amministrazioni locali interessate la documentazione per l’attivazione della procedura di verifica di impatto ambientale.

Dopo l’interruzione del procedimento resasi necessaria seguito della richiesta di integrazione documentali, in data 11 febbraio 2009 l’amministrazione provinciale comunicava agli interessati il riavvio del procedimento, richiedendo i pareri e i contributi istruttori necessari, ai sensi dell’art. 11 della legge reg. n. 79/1998.

All’esito di tale prima fase istruttoria la Provincia di Livorno emetteva l’atto dirigenziale n. 42 del 7 aprile 2009, affisso all’albo pretorio dall’8 al 23 aprile 2009, con cui si escludeva, ai sensi e per gli effetti della norma appena citata, che il progetto presentato dall’obbligo di sottoposizione alla procedura di valutazione di impatto ambientale, peraltro subordinandone la realizzazione al rispetto delle prescrizioni formulate nel rapporto istruttorio interdisciplinare formulato dalla struttura competente in data 6 aprile 2009.

Pertanto, la P.E., in data 4 giugno 2009 depositava l’istanza, corredata dal progetto definitivo, per il rilascio dell’autorizzazione unica ambientale ai sensi dell’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003 e dell’art. 13 della legge reg. n. 39/2005, così determinando l’avvio del relativo procedimento unificato.

In ottemperanza a quanto previsto dall’art. 5, comma 7, del d.lgs. n. 59/2005 la società provvedeva alla pubblicazione dell’annuncio contenente le indicazioni di legge sul quotidiano "La Nazione" del giorno 26 giugno 2009, senza che, peraltro, nei mesi successivi pervenissero, in merito al progetto, osservazioni di cittadini o associazioni ambientalistiche.

Con atto dirigenziale n. 108 del 29 giugno 2009 la Provincia di Livorno indiceva una conferenza di servizi per lo svolgimento del procedimento unificato e, dopo una serie di sedute istruttorie e la richiesta di integrazioni e chiarimenti al progetto definitivo, con l’atto indicato in epigrafe, in data 30 novembre 2009 rilasciava l’autorizzazione unica con contestuale autorizzazione integrata ambientale, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 59/2005 e dell’art. 12, comma 7, della l. n. 309/2005, con prescrizioni per la realizzazione dell’impianto, nonché delle opere connesse e delle infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio dell’impianto stesso.

Contro tale atto ricorrono il sig. V. e consorti chiedendone l’annullamento, con vittoria di spese e deducendo i motivi che seguono:

– Violazione della Convenzione europea sull’accesso all’informazione, sulla partecipazione del pubblico al processo decisionale e sull’accesso alla giustizia in materia ambientale (convenzione di Aarhus del 25 giugno 1998) e della legge di ratifica n. 108 del 16 marzo 2001, sotto il profilo dell’eccesso di potere per mancanza dei presupposti e difetto di istruttoria.

Si sono costituite in giudizio le Amministrazioni intimate opponendosi all’accoglimento del gravame.

Successivamente alla proposizione del ricorso, a seguito di formale istanza di accesso agli atti i ricorrenti prendevano conoscenza dell’ulteriore documentazione concernente il procedimento sfociato nel provvedimento impugnato.

Conseguentemente, con motivi aggiunti notificati il 7 maggio 2010 e ritualmente depositati, alcuni degli originari deducenti proponevano le seguenti, ulteriori censure:

1. Eccesso di potere per carenza di istruttoria, travisamento di fatti, contraddittorietà e perplessità

Alla pubblica udienza del 17 febbraio 2011 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
Motivi della decisione

Assumendo di essere cittadini del Comune di Livorno, i ricorrenti impugnano il decreto dirigenziale in epigrafe precisato con il quale è stato approvato il progetto definitivo di un "impianto di cogenerazione a ciclo combinato gas/vapore" da realizzarsi in Livorno, ed è stata rilasciata l’autorizzazione unica alla costruzione oltre all’autorizzazione integrata ambientale dell’impianto medesimo.

Preliminarmente è necessario esaminare l’eccezione di inammissibilità del gravame avanzata dalle difese delle controparti secondo le quali i ricorrenti non avrebbero dimostrato la propria legittimazione neppure sotto il profilo minimo della residenza nel Comune di Livorno, in relazione al criterio dello stabile collegamento, indicato, come è noto, dalla giurisprudenza, nelle controversie aventi ad oggetto interessi diffusi, come discrimine ai fini della individuazione di una posizione differenziata della parte ricorrente rispetto a quella del quisque de popuolo.

La tesi merita di essere condivisa.

Tradizionalmente la giurisprudenza riconosce la legittimazione a ricorrere contro provvedimenti che incidono sull’assetto urbanistico o su beni a fruizione collettiva come quello dell’ambiente e della salute a tutti i cittadini residenti nel Comune interessato dagli effetti dell’atto riconducendo la legittimazione alla sussistenza del requisito della c.d. "vicinitas", che indica l’appartenenza del soggetto al territorio interessato dall’azione amministrativa (Cons. Stato, sez. IV, 31 dicembre 2009, n. 9301).

Peraltro, la situazione di "stabile collegamento" con la zona interessata che legittima il soggetto ad agire, può derivare dalla proprietà o dal possesso di un immobile (nel caso degli atti di pianificazione territoriale) ovvero dalla residenza o domicilio in detta zona o da altro titolo di frequentazione di quest’ultima (Cons. Stato, sez. VI, 26 novembre 2008, n. 5839; T.A.R. Lombardia Milano, sez. II, 29 aprile 2009, n. 3596).

Nondimeno, come è stato di recente ribadito, l’azione innanzi al giudice amministrativo non rappresenta un’azione popolare che può essere esercitata dal quisque de populo. Essa, al contrario, richiede l’esistenza sia della legittimazione al ricorso, da intendersi come titolarità di una posizione giuridica differenziata rispetto alla collettività indifferenziata, sia di un interesse al ricorso, da ricondursi all’utilità, anche strumentale, che dall’accoglimento del ricorso può comunque derivare.

Ciò comporta, secondo tale rigorosa impostazione, che i ricorrenti sono onerati di fornire la prova della lesione, anche solo potenziale, che potrebbe derivare dalla realizzazione dell’impianto, non potendo il requisito della vicinitas, identificarsi nella mera residenza anagrafica nel territorio potenzialmente coinvolto dalla realizzazione del progetto cui ci si oppone, ma, dovendo esso connettersi più correttamente, all’esistenza di uno "stabile collegamento" con l’area interessata dall’azione amministrativa, in assenza di che non potrebbe ravvisarsi alcuna situazione giuridica differenziata che valga a distinguere la posizione dei deducenti dal,. portatore di un interesse alla salubrità ambientale e alla tutela della salute che rimarrebbe allo stadio di mero interesse diffuso (Cons. Stato sez. sez. VI, 1 febbraio 2010, n. 413).

Nel caso di specie, tuttavia, non pare necessario addentrarsi in una più articolata disamina della posizione espressa dal Giudice d’appello che andrebbe verificata in relazione alla peculiarità dell’impianto di cui si controverte, atteso che i ricorrenti – pur avendone l’onere – non hanno fornito neppure la prova dell’effettiva residenza anagrafica nel Comune di Livorno.

Ciò introduce, evidentemente, un profilo di assoluta incertezza in ordine alla posizione dedotta in giudizio dai ricorrenti, impedendo di cogliere, appunto, quella situazione giuridica differenziata che consente uno scrutino positivo sulla legittimazione al ricorso, imputando ai deducenti la titolarità di un interesse legittimo e non di mero fatto a contestare i provvedimenti impugnati.

Per le considerazioni che precedono il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile per carenza di legittimazione.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza come da liquidazione fattane in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.

Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese di giudizio che si liquidano forfettariamente in Euro 6.000,00, oltre IVA e CPA.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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