Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 03-03-2011) 28-03-2011, n. 12367

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza del 21 luglio 2010, la Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza emessa il 18 giugno 2009 da Tribunale di Vigevano con la quale C.A. era stato condannato alla pena di anni dodici di reclusione ed Euro 2.844 di multa quale imputato dei delitti di estorsione aggravata e lesioni personali aggravate.

Propone ricorso per cassazione il difensore il quale lamenta nel primo motivo la mancata assunzione di una prova decisiva, a norma dell’art. 606 c.p.p., lett. d), in ordine alla mancata assunzione della perizia medico legale sulla persona offesa per accertare l’entità delle lesioni dal medesimo patite, lamentando la carenza della motivazione con la quale i giudici dell’appello hanno disatteso la richiesta difensiva. Nel secondo motivo si rinnovano le deduzioni già svolte in appello e relative alla mancata derubricazione del reato di estorsione in quello di cui all’art. 393 cod. pen. posto che è ben più verosimile che fra le parti vi fossero conti da regolare, visto che si trattava di frequentatori abituali dell’esercizio commerciale gestito dalla parte offesa e tenuto conto della modestia della somma pretesa come "pizzo". Sul punto, la motivazione offerta dai giudici a quibus sarebbe inappagante e non avrebbe tenuto conto dei rilievi difensivi articolati in sede di gravame.

Il ricorso è palesemente destituito di fondamento giuridico. A proposito del primo motivo, infatti, la giurisprudenza di questa Corte è consolidata nell’affermare che la perizia, per il suo carattere "neutro" sottratto alla disponibilità delle parti e rimesso alla discrezionalità de giudice, non può farsi rientrare nel concetto di prova decisiva, con la conseguenza che il relativo provvedimento di diniego non è sanzionarle ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d), in quanto giudizio di fatto che se sorretto, come nella specie, da adeguata motivazione, è insindacabile in cassazione (ex plurimis, Cass., Sez. 4, 22 gennaio 2007, Pastorelli). D’altra parte, nella specie l’espletamento della prova peritale non risulta neppure essere stato richiesto in primo grado, con l’ovvia conseguenza di rendere tardiva la sollecitazione prospettata in sede di gravame, senza che, da un lato, emergesse in ogni caso la indispensabilità del mezzo di prova, o, dall’altro, l’emergenza di un novum che giustificasse il ricorso all’istituto eccezionale della rinnovazione della istruzione dibattimentale in appello. Da ultimo, ma non per ultimo, alle parti è comunque offerto lo strumento – funzionale all’ingresso della prova tecnica nel processo – di ricorrere alla consulenza tecnica, che l’imputato non ha ritenuto di attivare. I restanti motivi sono inammissibili perchè – oltre che concentrarsi su rilievi di merito, estranei alla presente sede di legittimità – risultano sostanzialmente riproduttivi di questioni già ampiamente trattate e motivatamente disattese dai giudici del merito, senza che a tali rilievi il ricorrente abbia frapposto una autonoma e significativa critica in sede impugnatoria.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che si stima equo determinare in Euro 1.000,00 alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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