Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 03-03-2011) 28-03-2011, n. 12365

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza del 9 novembre 2009, la Corte di appello di Messina ha confermato la sentenza emessa il 5 dicembre 2006 dal Tribunale della medesima città con la quale C.S.F. era stato condannato alla pena di anni cinque e mesi due di reclusione ed Euro 700,00 di multa quale imputato del delitto di estorsione continuata e aggravata.

Propone ricorso per cassazione personalmente l’imputato il quale ripropone nel primo motivo la eccezione di nullità derivante dal fatto che il difensore non sarebbe stato posto in condizione di accedere, nella udienza preliminare, all’ascolto delle intercettazioni per mancato avviso, nel corso delle indagini, circa tale facoltà, a norma dell’art. 268 c.p.p., commi 6 ed 8. Nel secondo motivo si ripropone ugualmente la doglianza relativa alla mancata valutazione della istanza del difensore di differire alla tarda mattinata la trattazione del procedimento per la udienza del 24 gennaio 2003, rendendo conseguentemente tardive le altre eccezioni formulate dalla difesa. Ugualmente si ripropone la eccezione di nullità relativa al fatto che non sarebbe stato rispettato un protocollo di intesa sottoscritto dal Presidente del locale Tribunale con il Consiglio dell’ordine degli avvocati, secondo il quale alla prima udienza le parti non citano i testi e la causa viene differita, con salvezza però dei diritti di prima udienza. L’ordinanza emessa il 24 gennaio 2003 sarebbe pertanto nulla. Si ripropone poi la eccezione di incompetenza territoriale, in quanto la competenza doveva spettare non al Tribunale di Messina ma a quello di Barcellona Pozzo di Gotto giacchè la presunta attività estorsiva era iniziata nel Comune di (OMISSIS). Si rinnova anche la eccezione di inammissibilità della costituzione di parte civile, non essendo state precisate le ragioni della domanda, mentre la procura speciale indicava soltanto il numero del procedimento. Si lamenta, poi, violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta attendibilità della persona offesa, in considerazione delle vicende relative a M.E., a tale sig. Me., alla conoscenza delle intercettazioni, ad un episodio riguardante l’agente B., alle dichiarazioni riguardanti il numero dei funerali in (OMISSIS) e ad altre numerose vicende, analiticamente passate in rassegna. Non sarebbe poi sussistente il reato di estorsione per mancanza del requisito della violenza o delle minacce.

Si deduce, ancora, reiterando sempre questioni già dedotte nei motivi di appello, che il fatto doveva diversamente essere qualificato in truffa aggravata dall’incusso timore, e si contesta la sussistenza della aggravante delle più persone riunite. Le attenuanti generiche, infine, andavano applicate con criterio della prevalenza.

Il ricorso è palesemente inammissibile, in quanto i motivi rassegnati sono testualmente riproduttivi di quelli già proposti in appello, senza che sia stata aggiunta alcuna considerazione critica rispetto alla più che puntuale motivazione offerta dai giudici del gravame su ciascuno dei punti loro devoluti. Motivazione sviluppata in termini del tutto esaurienti e corretti sulle varie questioni processuali e sui restanti aspetti, tutti coinvolgenti apprezzamenti di merito ora sterilmente riproposti a corredo del ricorso. La giurisprudenza di questa Corte è infatti ormai da tempo consolidata nell’affermare che deve essere ritenuto inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che riproducono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo, infatti, deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, intesa come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, dal momento che quest’ultima non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità che conduce, a norma dell’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c), alla inammissibilità della impugnazione (Cass., Sez. 1, 30 settembre 2004, Burzotta;

Cass., Sez. 6, 8 ottobre 2002, Notaristefano; Cass., Sez. 4, 11 aprile 2001 Cass., Sez. 4, 29 marzo 2000, Barone; Cass., Sez. 4, 18 settembre 1997, Ahmetovic).

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che si stima equo determinare in Euro 1.000,00 alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *