Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 03-03-2011) 28-03-2011, n. 12360

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza del 19 febbraio 2009, la Corte di appello di Napoli ha confermato la sentenza emessa il 18 gennaio 2008 dal Tribunale di Avellino con la quale B.C. era stato ritenuto colpevole del reato di usura aggravata e condannato alla pena di anni uno di reclusione ed Euro 4.000 di multa.

Propone ricorso per cassazione il difensore il quale lamenta, nel primo motivo, violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento ai parametri di valutazione del compendio probatorio, in particolare perchè i giudici dell’appello si sarebbero limitati a fondare il proprio giudizio sulla versione offerta dalla parte offesa, senza altri elementi che ne asseverassero le dichiarazioni, visto che neppure conosceva il nome dell’imputato. Si lamenta, poi, che l’aggravante a effetto speciale sia stata contraddittoriamente ritenuta nel massimo ai fini della prescrizione, contestandosi, poi, anche la sussistenza in fatto dei relativi presupposti.

Il ricorso è palesemente inammissibile per totale genericità dei motivi. Le censure, infatti, si limitano ad una prospettazione meramente assertiva di criteri di ordine generale, senza alcuna correlazione con gli argomenti puntualmente evocati a sostegno della decisione impugnata, la quale, al contrario, appare dotata di un corredo motivazionale del tutto congruo ed esente da censure sul piano della coerenza logico argomentativa. Quanto, poi, alla determinazione nel massimo dell’aumento di pena per l’aggravante ad effetto speciale, ai fini della prescrizione, la doglianza del ricorrente è destituita di fondamento, giacchè, a quegli effetti, la determinazione della pena va appunto effettuata nel massimo, a norma del chiaro disposto dell’art. 157 c.p., comma 1.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che si stima equo determinare in Euro 1.000,00 alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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