T.A.R. Calabria Reggio Calabria Sez. I, Sent., 23-03-2011, n. 208 Servizi pubblici

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ricorso notificato il 16 settembre 2005 e depositato il successivo giorno 17, la S.M.C., premesso di aver richiesto in data 22 aprile 2005 al Comune di Locri l’autorizzazione per l’allocazione di una stazione radiobase ed in data 2 aprile 2005 la richiesta di parere sanitario che l’ARPAC rilasciava in data 17 maggio 2005 con prot.n. 1219, impugnava gli atti in epigrafe indicati, ritenendo il regolamento comunale ed il conseguente preavviso di rigetto illegittimi essenzialmente per violazione del D.lgs. n. 259/03, della l.n. 36/01, della l.n. 1150/42 e della l.n. 865/71.

Si costituiva il Comune di Locri, evidenziando preliminarmente l’inammissibilità del ricorso nella parte in cui era diretto contro il preavviso di diniego, atto endoprocedimentale, privo di valenza autonoma; difendeva poi le modalità di esercizio della potestà regolamentare, ispirate al principio di precauzione di derivazione comunitaria.

Interveniva ad adiuvandum la società Odontomedica, proprietaria dell’immobile sul cui lastrico solare – già utilizzato dalla T. – la ricorrente intendeva collocare le antenne, insistendo per l’accoglimento del ricorso proposto dalla S..

Con ordinanza n. 372 del 28 settembre 2005 il Tribunale respingeva la domanda cautelare.

Con un primo ricorso per motivi aggiunti notificato l’1 dicembre 2005 e depositato giorno 3 dello stesso mese la S. s.p.a., premesso di essere subentrata alla S.M.C. nel ramo d’azienda denominato "Com N", costituito dalle attività di progettazione, sviluppo, produzione e commercializzazione di apparati e sistemi radiomobili cellulari e dei sistemi per trasmissione ed il trasporto per reti di telecomunicazione, impugnava la nota con la quale il Dirigente comunale rigettava la richiesta della S. intendendola come premesso di costruire, rilevando che, invece, si era formato il silenzio assenso ex art. 87, co. 9, D.lgs. n. 259/03.

Si costituiva il Comune di Locri, resistendo alle censure avversarie.

Con ordinanza n. 520 del 15 dicembre 2005 il Tar accoglieva la domanda cautelare.

Con ulteriore ricorso per motivi aggiunti notificato il 29 dicembre 2005 e depositato il 2 gennaio 2006 la S. s.p.a. impugnava la nota con la quale l’Ente sospendeva i lavori di realizzazione della stazione radio base, ribadendo che i lavori erano supportati da idoneo titolo abilitativo.

Con ordinanza n. 21/06, confermata in appello, il Tar accoglieva l’istanza cautelare.

In vista dell’udienza di merito, parte ricorrente e l’interventore producevano memorie ed all’udienza del 9 febbraio 2011 la causa è stata posta in decisione.

2. La materia del contendere verte intorno a due questioni: la legittimità delle norme regolamentari approvate dal Comune di Locri con delibera consiliare n. 11/2005 e la natura sostitutiva, ovvero, aggiuntiva, del procedimento autorizzatorio disciplinato dal D.Lgs. n. 259/03, rispetto a quello dettato in materia edilizia dal DPR. n. 380/01.

Su entrambe il Collegio condivide la prospettazione di parte ricorrente.

3. Sul potere comunale di pianificazione la giurisprudenza (anche di questo Tar: vd. sent. 29 agosto 2009 n. 541) ha da tempo chiarito, infatti, che al Comune non è concesso di limitare soltanto ad alcune zone del territorio l’installazione degli impianti di telefonia mobile e che l’unica condizione che può essere imposta è quella di non superare i limiti legali di esposizione, oltre a poche eccezioni sui c.d. siti sensibili, singolarmente individuati e legittimamente esclusi dalle installazioni (es. scuole, ospedali, ecc.).

In altri termini, ai Comuni non spetta disciplinare, nei loro regolamenti, l’installazione di impianti di telefonia mobile con limitazioni o divieti generalizzati e tali da non consentire una diffusa localizzazione sul territorio del servizio pubblico relativo, quando tale potere sia rivolto ad aspetti collegati con la salute umana, dal momento che siffatte esigenze sono valutate dagli organi statali a ciò deputati. Ai Comuni è consentito solo, con disposizione innovativa rispetto alle precedenti competenze in materia urbanistica, dettare prescrizioni regolamentari per "minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici" (art. 8, co. 6, l. 22 febbraio 2001 n. 36). A tale scopo può prevedere siti sensibili, quali scuole o ospedali, ma non può estendere, come avvenuto nella fattispecie, siffatti siti all’intero centro abitato (vd Cons..St., VI, 19 giugno 2009, n. 4056; C.S., VI, 5 giugno 2006, n. 3332).

L’art. 3, I co., del regolamento impugnato,nell’individuare quali "aree e siti idonei all’installazione degli impianti" le zone destinate agli insediamenti produttivi, i campi sportivi, le torri piezometriche ed i cimiteri, di fatto comporta un divieto generalizzato di installazione degli impianti medesimi nei centri abitati (e non solo) ed è, per le ragioni prima esposte, illegittimo.

Qualche precisazione ulteriore necessita la previsione di cui al co. 2, secondo cui sarebbero aree sensibili, ove l’installazione non può essere consentita, "le strutture di tipo sanitario assistenziale ed educativo come gli asili nido e le scuole materne, le scuole di ogni ordine e grado, gli ospedali e le case di cura, i giardini e le ville comunali".

Va rilevato, intanto, che solo nella difesa dell’ente si dice che l’area sulla quale dovrebbe essere installata l’antenna ha "destinazione d’uso massiccia da parte dei cittadini considerato che si tratta di giardini pubblici" (nel diniego impugnato con i primi motivi aggiunti, la motivazione si incentra, invece, sul fatto che il fabbricato interessato ricade in zona A1 Centro Storico).

Ma ciò evidentemente è insufficiente, anche perché come si ricava dall’all. 1 al regolamento, aree sensibili non sono neppure i giardini e le ville comunali, ma i "parchi gioco".

Ne discende che la disposizione in parola, oltre ad essere contraddittoria, non riferendosi a specifici edifici o luoghi finisce per avere una portata indeterminata e viene così a sovrapporsi su quelle previste dalla normativa statale, laddove l’art. 4 della stessa l.n 36 cit., affida allo Stato la determinazione dei limiti d’esposizione, dei valori d’attenzione e degli obiettivi di qualità, secondo parametri da applicarsi uniformemente su tutto il territorio nazionale (cfr. Tar Catania, IV, 3 maggio 2008 n. 711).

Del pari illegittimi sono l’art. 4, atteso che l’unica documentazione da depositare all’ente locale, necessaria ai fini dell’ottenimento dell’autorizzazione, non può che essere quella espressamente indicata dal Codice delle Comunicazioni e dai relativi allegati, e l’art. 9, sul riassetto degli impianti esistenti, laddove prevede che per gli impianti esistenti la loro accertata non conformità alle norme regolamentari comporterà la delocalizzazione degli stessi, applicando di fatto con efficacia retroattiva gli effetti del regolamento anche agli impianti realizzati e quelli per i quali è già stata rilasciato il titolo abilitativo ed ancora l’art. 14 nella parte in cui (co. 2) prevede che le società esercenti la gestione della telefonia mobile, in caso di accertata non conformità alle norme regolamentari per gli impianti esistenti e quelli da installare, siano soggette alle sanzioni previste dal T.U. n. 380/01.

4. Sula seconda questione, concernente la tipologia del titolo abilitativo, si osserva che la giurisprudenza, anche di questo Tar (cfr. sentt. 7 giugno 2010 n. 543; 2 dicembre 2009 n. 1177 e 30 dicembre 2009 n. 1369; vd. anche Cons. St, V, 15 luglio 2010 n. 4557; idem, VI, 21 gennaio 2005 n. 100; Tar Napoli, VII, 7 maggio 2010 n. 3083), è attestata nel senso che per la installazione degli impianti in questione non è affatto necessario il permesso di costruire, essendo richiesta soltanto l’autorizzazione prevista dall’art. 87 D. Lgs. n. 259/03.

La compiuta disciplina dettata dal D. Lgs. n. 259/03 costituisce, in definitiva, normativa speciale e compiuta, prevalente sulla disciplina generale dettata dal T.u. dell’edilizia approvato nel 2001.

La ratio sottesa al c.d. Codice delle comunicazioni del 2003, che è quella di prevedere procedure tempestive, non discriminatorie, trasparenti, uniformi e soprattutto celeri finalizzate alla realizzazione della rete infrastrutturale indispensabile a garantire la massima diffusione del servizio pubblico di comunicazione sarebbe, infatti, vanificata qualora si dovesse ritenere il nuovo procedimento autorizzatorio dettato dal codice delle comunicazioni elettroniche, come aggiuntivo rispetto a quello già disciplinato dal T.U. dell’edilizia.

Nel caso in esame, si verifica, dunque, che l’istanza di autorizzazione è stata presentata il 22 aprile 2005; il 19 luglio 2005 interviene solo il preavviso di rigetto; il diniego (comunque illegittimo, perché inteso come diniego di permesso di costruire e perché basato sulle illegittime norme regolamentari) interviene il 31 ottobre 2005. A quella data si era già formato il tacito provvedimento di autorizzazione. E difatti, pur dovendosi ritenere applicabile anche al procedimento previsto dall’art. 87 D. Lgs. n. 259/03 l’art. 10 bis l.n. 241/90, questo comporta un’interruzione di soli dieci giorni (cfr. Tar Veneto, III, 7 maggio 2008 n. 1256),

L’Amministrazione comunale, quindi, avrebbe dovuto, a seguito dell’invio del preavviso di rigetto concludere tempestivamente il procedimento autorizzatorio con un provvedimento espresso, pena il formarsi del silenzio assenso, fatto salvo in tal caso il potere di procedere in autotutela in presenza dei presupposti necessari per l’eventuale annullamento dell’autorizzazione assentita (cfr. da ultimo, Cons. St., VI, 17 marzo 2009, n. 1578)..

5. Sussistono giusti motivi per compensare le spese della lite, considerato che all’epoca di proposizione del ricorso le questioni dedotte non avevano ancora ricevuto una chiara definizione da parte della giurisprudenza.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria Sezione Staccata di Reggio Calabria

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla la delibera del Consiglio comunale n. 11 del 28 giugno 2005 con la quale si approva il Regolamento impianti radioelettrici e per la Telefonia Mobile, limitatamente agli artt. 3, 4, 9 e 14, nonché tutti gli altri atti impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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