T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 23-03-2011, n. 2566

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

L’istante partecipava al concorso per 350 posti di uditore giudiziario bandito con d.m. 9 dicembre 1998, impugnando, all’esito, la non ammissione alle prove orali, conseguente alla valutazione di non idoneità riportata nella prova scritta di diritto amministrativo.

Con sentenza 2 marzo 2002, n. 1627 la Sezione respingeva il gravame.

Proponeva appello l’interessata, che veniva accolto con sentenza 30 maggio 2007, n. 2775 del Consiglio di Stato.

In particolare, il giudice di appello, rilevato che con le sentenze di questa Sezione nn. 6834 e ss. del 2001, passate in giudicato, era stato disposto il parziale annullamento della procedura concorsuale in parola per l’illegittimità dei criteri di correzione adottati dalla commissione esaminatrice, che gli stessi dovevano ritenersi tempestivamente censurati anche dalla odierna istante, e che gli effetti di detti giudicati erano intrinsecamente indivisibili, assorbiti i restanti motivi, riformava la sentenza appellata. Per l’effetto disponendo una nuova correzione della prova scritta in parola, per il tramite di altra e diversa commissione e con l’osservanza di adeguate garanzie di anonimato, quali l’inserimento dell’elaborato da riesaminare fra un numero congruo di elaborati (con un minimo di dieci) estratti fra quelli all’epoca redatti nell’ambito del medesimo concorso, attribuendo anche a questi ultimi, ma ai soli fini di assicurare l’anonimato, un proprio giudizio o punteggio con applicazione delle norme e dei criteri all’epoca vigenti.

A mezzo del ricorso all’odierna trattazione, notificato il 20 settembre 2008 e depositato il successivo 16 ottobre, l’interessata domanda l’annullamento degli atti della procedura di rinnovo del giudizio, parimenti conclusasi con il giudizio di non idoneità dell’elaborato reso nella seduta della incaricata commissione giudicatrice del 5 ottobre 2007.

A sostegno della domanda demolitoria parte ricorrente deduce: violazione del r.d. 15 ottobre 1925, n. 1860, del d.p.r. 9 maggio 1994, n. 487, del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12 (artt. 123 e ss.), della l. 7 agosto 1990, n. 241; violazione dell’obbligo di motivazione, incoerenza, contraddittorietà, illogicità dei giudizi; sviamento; errore nei presupposti; violazione del principio del giusto procedimento; Violazione e falsa applicazione dei giudicati formatisi sulle pronunzie del Consiglio di Stato n. 2775/07 e del Tar Lazio (6834/01 e coeve); omessa verbalizzazione dei voti espressi dai singoli commissari.

In dettaglio parte ricorrente:

– si duole di non aver partecipato alle fasi di predisposizione degli elaborati (estrazione, imbustamento, conversione in anonimo e numerazione dei 15 temi sottoposti a ricorrezione) per la successiva correzione, non effettuate in modo pubblico e non verbalizzate;

– lamenta l’aggravamento della severità di giudizio, dipendente dalla irregolarità della composizione della commissione giudicatrice, che, discostandosi dalla formazione che ha giudicato altri candidati (3 membri), era composta da nove membri;

– fa constare la presenza di una incongruenza nel verbale del 5 ottobre 2007, che nel primo e nel secondo periodo cita due diversi concorsi (quello bandito con d.m. 28 febbraio 2004 e quello bandito con d.m. 9 dicembre 1998);

– ritiene che la riconvocazione a distanza di anni, causata dalla sanzione giudiziale che ha colpito l’attività della omogenea categoria dei commissari, la severità di giudizio scaturente dall’atipicità della procedura ed il numero degli esaminatori, elementi non mitigati dalla contestuale presenza di 15 elaborati con funzione mimetica, abbiano influito sulla neutralità del giudizio e determinato un orientamento particolarmente restrittivo, con una forte predisposizione alla critica nei confronti di tutti gli elaborati ivi esaminati, al fine di colpire quello della ricorrente, unico tra essi a dover essere effettivamente rivalutato al fine del superamento della prova;

– censura la mancata previa predisposizione dei criteri di giudizio, doppiamente necessari perché rispondenti sia alle esigenze generali del procedimento sia alle richiamate statuizioni demolitorie, che avevano censurato la genericità e la sommarietà di quelli adottati nella procedura;

– stigmatizza la mancata indicazione delle modalità con cui la commissione è pervenuta all’avversato giudizio (unanimità ovvero a maggioranza), e la carenza di singoli voti o altri segni di giudizio.

Parte ricorrente provvede poi a contestare partitamene i singoli rilievi negativi posti dalla commissione a base del negativo giudizio, esponendo correlativamente la sufficienza dell’elaborato ai fini del superamento della prova.

In particolare, la candidata: contesta che ai fini del superamento della prova possa ritenersi congruente il rilievo di "carente coordinamento logico tra soggetto e predicato", effettuato in relazione ad una unica frase dell’elaborato, che esprimeva comunque chiaramente il concetto, nell’ambito di un filtro sintatticogrammaticale ritenuto in ogni caso eccessivo, poiché non limitato, come in altre procedure, agli errori gravi e reiterati; contesta parimenti la congruenza dei rilievi di "esposizione involuta", senz’altra precisazione, ritenuto affetto da eccessivo peso dato allo stile e da omessa valutazione della complessità dell’argomento, e il giudizio di "generico ed elementare" reso sulla parte generale del compito, affermandosi che una diversa modalità espositiva avrebbe squilibrato l’elaborato; contesta l’erroneità rilevata in relazione al riferimento all’art. 101 Cost., di cui espone la correttezza e l’incidentalità nell’economia dell’elaborato; contesta la qualificazione di "carente" resa in relazione alla trattazione dei caratteri del provvedimento amministrativo, non richiesta dalla traccia del tema e del resto sfuggente ad una catalogazione non meramente scolastica; contesta l’osservazione relativa alla carenza della trattazione della "tutela", osservando che più periodi dell’elaborato ruotano intorno all’argomento.

L’intimata amministrazione, costituitasi in resistenza, ha eccepito l’infondatezza del gravame, domandandone il rigetto.

Alla camera di consiglio del 5 novembre 2008 la domanda di sospensione interinale degli effetti degli atti impugnati incidentalmente formulata dalla parte ricorrente non è stata trattata, essendo stata rinviata al merito.

Con atto notificato in data 9 gennaio 2009, depositato il successivo 14 gennaio, parte ricorrente formula motivi aggiunti.

In particolare, esperito l’accesso ad altri elaborati, la ricorrente, mediante la deduzione degli stessi titoli di censura di cui al ricorso, ribadisce le doglianze di mancata adozione dei criteri di massima e di mancata indicazione della unanimità o della proporzione in cui i commissari si sono espressi per la inidoneità della ricorrente e degli altri candidati, nonché di singoli voti o altri segni di giudizio.

Parte ricorrente deduce infine le censure di disparità di trattamento, di equiparazione di casi diseguali e di errore nei presupposti, sostenendo che gli elaborati ritenuti idonei dalla commissione non si discostano qualitativamente dal proprio, essendo, anzi, carenti sia nella forma che nella sostanza, di talchè ritiene che l’avversato giudizio faccia trapelare una opinabilità assoluta, illogica e non trasparente, che evidenzia che nella correzione dell’elaborato la commissione è incorsa in eccesso di potere sia assoluto che relativo.

Con ordinanza 10 novembre 2010, n. 1583 la Sezione ha disposto un incombente istruttorio a carico dell’amministrazione resistente, che vi ha adempiuto con deposito del 1° dicembre 2010.

Le parti hanno sviluppato in memoria le proprie tesi difensive.

La causa è stata indi trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 23 febbraio 2011.
Motivi della decisione

1. Si controverte nel presente giudizio in ordine alla legittimità del giudizio di non idoneità dell’elaborato di diritto amministrativo dalla ricorrente A. svolto nell’ambito del concorso per 350 posti di uditore giudiziario bandito con d.m. 9 dicembre 1998, reso nella seduta del 5 ottobre 2007 dalla Commissione valutatrice in sede di nuova correzione, effettuata in ottemperanza alla sentenza 30 maggio 2007, n. 2775 del Consiglio di Stato.

2. Il ricorso è infondato, non rinvenendosi negli atti in cui si è concretizzata la riedizione del potere amministrativo conseguente alla pronunzia favorevole alla ricorrente alcuna delle dedotte illegittimità.

3. Prima di passare alla disamina delle singole censure, è bene premettere che con la appena richiamata sentenza n. 2775 del 2007 il Consiglio di Stato ha disposto una nuova correzione della prova scritta di diritto amministrativo svolta dalla ricorrente nell’ambito della predetta procedura concorsuale.

Al riguardo, la statuizione ha precisato che la nuova correzione dovesse essere svolta per il tramite di altra e diversa commissione, e con l’osservanza di adeguate garanzie di anonimato, quali l’inserimento dell’elaborato da riesaminare fra un numero congruo di elaborati (con un minimo di dieci) estratti fra quelli all’epoca redatti nell’ambito del medesimo concorso, attribuendo anche a questi ultimi, ma ai soli fini di assicurare l’anonimato, un proprio giudizio o punteggio con applicazione delle norme e dei criteri all’epoca vigenti.

In ottemperanza del giudicato, il Consiglio Superiore della Magistratura, nella seduta del 18 luglio 2007, ha deliberato di incaricare degli incombenti relativi alla nuova correzione dell’elaborato della ricorrente la Commissione esaminatrice al tempo insediata presso il Ministero della giustizia, in relazione al concorso a 380 posti di uditore giudiziario indetto con d.m. 28 febbraio 2004.

4. Può, ora, essere subito rilevato che quanto riferito al punto che precede dà legittima ragione della circostanza, lamentata dalla ricorrente, che alle operazioni di ricorrezione ha provveduto una commissione giudicante composta da un numero di componenti maggiore di quello che, a suo tempo, in sede di sottocommissione, aveva proceduto alla correzione degli elaborati poi annullata, essendo stato l’adempimento posto in essere dalla Commissione incaricata alla luce della delibera in parola nella sua interezza.

E invero, la suddivisione del lavoro di valutazione degli elaborati in sottocommissioni rappresentava, nell’ambito della Commissione esaminatrice originaria del concorso bandito nel 1998, una modalità di lavoro predeterminata, conseguente al numero degli elaborati da esaminare, necessità che non poteva certo rinvenirsi nell’attività di ricorrezione che, dovendosi espletare su un numero di temi alquanto esiguo (minimo dieci, di fatto quindici, oltre quello della ricorrente), non giustificava l’adozione di alcun specifico modello organizzativo ai sensi dell’art. 14 del d. lgs. 17 novembre 1997, n. 398, recante la disciplina del concorso per uditore giudiziario.

Nulla muta avendo riguardo alla determinazione del CSM di incaricare della rivalutazione la Commissione all’epoca insediata per altro concorso per la selezione di uditori giudiziari, che risulta palesemente rispondente ad un principio di efficienza, economicità e buon andamento dell’azione amministrativa.

Del resto, sotto altro profilo, deve osservarsi che alla partecipazione integrale della Commissione incaricata dell’incombente possa ascriversi una maggior severità di giudizio è affermazione meramente assertiva della parte ricorrente, su cui il Collegio non può convenire, atteso che la trasparenza e l’equilibrio delle operazioni di valutazione delle prove concorsuali sono assicurate proprio dal meccanismo collegiale che assiste l’operato delle commissioni giudicatrici, di talchè la loro ampiezza costituisce, semmai, una garanzia per il candidato, piuttosto che un limite.

4.1. Per quanto sopra, va ancora chiarito che il verbale del 5 ottobre 2007, che dà conto delle effettuate operazioni di ricorrezione, non fa emergere, contrariamente a quanto ritiene la ricorrente, alcuna incongruenza, quando specifica che incaricata della ricorrezione è la Commissione esaminatrice del concorso per esami indetto con d.m. 28 febbraio 2004, e quando, nel prosieguo, chiarisce che oggetto della rivalutazione è l’elaborato presentato dalla ricorrente nell’ambito del concorso indetto con d.m. 9 dicembre 1998.

5. La ricorrente si duole di non aver partecipato alle fasi (estrazione, imbustamento, conversione in anonimo e numerazione degli elaborati) propedeutiche alla nuova correzione. Parte ricorrente lamenta altresì che le operazioni non sono state effettuate in modo pubblico e non sono state verbalizzate.

Entrambi i rilievi non sono conducenti.

Va anzitutto osservato che nessuna previsione, né di carattere generale né connessa alla sentenza C. Stato n. 2775 del 2007, ha imposto all’amministrazione soccombente di effettuare le predette operazioni alla presenza dell’interessata, né risulta dagli atti di causa che quest’ultima ha richiesto all’amministrazione medesima di poter partecipare alle operazioni stesse.

Di contro, risulta che i segmenti procedimentali delineati dalla sentenza amministrativa e dalla conseguente, conforme delibera del CSM sono stati puntualmente eseguiti.

Abbiamo già detto che la statuizione n. 2775 del 2007 del Consiglio di Stato ha precisato, tra altro, che la nuova correzione dovesse essere svolta per il tramite di altra e diversa commissione, e con l’osservanza di adeguate garanzie di anonimato, quali l’inserimento dell’elaborato da riesaminare fra un numero congruo di elaborati (con un minimo di dieci) estratti fra quelli all’epoca redatti nell’ambito del medesimo concorso, attribuendo anche a questi ultimi, ma ai soli fini di assicurare l’anonimato, un proprio giudizio o punteggio.

Nella già citata delibera del 18 luglio 2007, il Consiglio Superiore della Magistratura, oltre ad affidare la rivalutazione dell’elaborato della ricorrente ad altra commissione rispetto a quella che aveva originariamente valutato l’elaborato, ovvero alla Commissione esaminatrice del concorso per uditori giudiziari indetto nel 2004, ha incaricato un funzionario del Ministero della giustizia, e precisamente il dirigente dell’Ufficio III Concorsi, di assistere il Presidente di quest’ultima nelle operazioni di sorteggio degli elaborati da sottoporre a rivalutazione unitamente a quello della ricorrente, secondo le indicazioni rinvenienti dalla sentenza favorevole a quest’ultima.

In particolare, il CSM precisava che tali operazioni avrebbero dovuto consistere nell’estrazione a sorte, tra gli elaborati disponibili della procedura concorsuale, di quindici temi di diritto amministrativo, i quali "prima di essere sottoposti all’esame della Commissione saranno resi anonimi ed omogenei nella forma con le modalità ritenute più idonee".

E, come risulta dal relativo verbale versato in atti, in data 11 settembre 2007, presso l’Ufficio concorsi della Direzione generale dei Magistrati del Ministero della giustizia, alla presenza del Presidente della Commissione incaricata della rivalutazione, del sunnominato dirigente e di due funzionari ministeriali nominativamente individuati (un cancelliere B3 e un ausiliario A1), è stata effettuata l’estrazione di 15 bigliettini tra i 2596 nominativi dei candidati risultati idonei e non idonei nel concorso per uditore giudiziario bandito nel 1998.

Nel prosieguo, come risulta dal verbale della Commissione incaricata della rivalutazione del 5 ottobre 2007, tali elaborati sono stati resi anonimi come quello della ricorrente, ed omogenei nella forma "…essendo stati tutti fotocopiati coprendone la valutazione in calce ed il numero ad essi attribuito nel concorso del 1998. gli elaborati, dopo essere stati mischiati, vengono numerati (da 1 a 16) per la successiva identificazione, a correzione avvenuta".

6. La ricorrente lamenta ancora che la riconvocazione a distanza di anni, causata dalla sanzione giudiziale che ha colpito l’attività della omogenea categoria dei commissari, con la severità di giudizio scaturente dall’atipicità della procedura ed dal numero degli esaminatori, elementi non mitigati dalla contestuale presenza di 15 elaborati con funzione mimetica, hanno influito sulla neutralità del giudizio e determinato un orientamento particolarmente restrittivo, con una forte predisposizione alla critica nei confronti di tutti gli elaborati esaminati, al fine di colpire quello della ricorrente, unico tra essi a dover essere effettivamente rivalutato al fine del superamento della prova.

Tale impostazione non può essere seguita né in astratto né in concreto.

Ribadito che nella procedura in esame non è dato sin qui rilevare, per tutto quanto sopra, alcuna irregolarità procedimentale, anche in riferimento al numero degli esaminatori, e rimarcato che l’ordinamento giuridico nazionale non conosce una omogenea categoria di commissari quale quella fatta intravedere dalla ricorrente al fine di ipotizzare artatamente da parte del dictum demolitorio giurisdizionale una lesione dei loro pretesi supposti interessi congiunti, va osservato, in linea generale, che il decorso di un certo tempo tra il concretarsi della lesione del bene della vita a mezzo dell’atto amministrativo impugnato e la sua reintegrazione in capo all’interessato è effetto naturale della pronunzia giurisdizionale amministrativa di accoglimento.

Ciò posto, e passando alla fattispecie concreta, la pronunzia favorevole alla ricorrente ha assicurato in capo alla medesima non la valutazione favorevole dell’elaborato di diritto amministrativo prodotto in seno alla selezione per uditori giudiziari e originariamente ritenuto insufficiente, ma, più limitatamente, la rivalutazione dello stesso ad opera di altra commissione giudicatrice.

Di ciò tenendo conto, e ulteriormente considerati i noti principi attinenti alla separazione dei pubblici poteri, nonché alla discrezionalità tecnica che assiste la formazione dei giudizi amministrativi, novero che ricomprende le valutazioni adottate dalle commissioni esaminatrici di un concorso pubblico, quali quelle in esame, risulta del tutto evidente che la censura in parola postula uno scenario del tutto incompatibile sia con il sistema stesso delle garanzie ordinamentali che presiedono la materia, sia con le garanzie concretamente e specificamente assicurate dalla pronunzia giurisdizionale di accoglimento, laddove ha imposto che la nuova valutazione fosse effettuata da una commissione diversa dalla precedente, con le già richiamate cautele.

Vieppiù, riguardando l’esito dell’operato della Commissione incaricata della rivalutazione, non è dato rinvenire alcuna speciale severità di giudizio, atteso che dei sedici elaborati oggetto di riesame ben otto risultano aver raggiunto l’idoneità, con punteggi oscillanti tra il 12 ed il 14.

7. Nel prosieguo, la ricorrente censura la mancata previa predisposizione da parte della Commissione incaricata della rivalutazione dei criteri di giudizio, operazione preventiva che riferisce essere doppiamente necessaria, perché rispondente sia alle esigenze generali del procedimento sia alle statuizioni demolitorie amministrative che hanno preceduto la sentenza favorevole alla ricorrente e che sono state ivi richiamate.

Al riguardo, è d’uopo rammentare che la sentenza favorevole alla ricorrente (si ribadisce, C. Stato, n. 2775 del 2007) ha rilevato che con le sentenze di questa Sezione nn. 6834 e ss. del 2001, passate in giudicato, era stato disposto il parziale annullamento della procedura concorsuale del 1998 per cui è causa per l’illegittimità dei criteri di correzione adottati dalla commissione esaminatrice, che gli stessi dovevano ritenersi tempestivamente censurati anche dalla odierna istante, e che gli effetti di detti giudicati erano intrinsecamente indivisibili.

Tanto rammentato, si osserva che la sentenza in parola non ha affatto disposto che la rivalutazione della prova di diritto amministrativo della ricorrente – e delle altre abbinate ai fini di garanzia dell’anonimato – dovesse essere preceduta dalla individuazione di nuovi criteri di correzione.

Anzi, il Consiglio di Stato ha avuto cura di specificare che alla nuova valutazione dovesse pervenirsi "con applicazione delle norme e dei criteri all’epoca vigenti".

Si deve ritenere che con tale affermazione il giudice di appello ha inteso escludere la predisposizione di criteri ad hoc per la rivalutazione, deliberato che avrebbe inevitabilmente e irreparabilmente alterato il bene primario della par condicio dei concorrenti della procedura concorsuale in parola.

Si deve, poi, anche escludere che la statuizione possa aver inteso far "rivivere" i criteri già definitivamente annullati in via giurisdizionale. Una siffatta conclusione sarebbe, infatti, manifestamente contraria ai principi generali della giustizia amministrativa.

Di talchè, ulteriormente considerando che l’annullamento giurisdizionale dei criteri predisposti per il concorso per uditori giudiziari bandito nel 1998 è stato causato dalla loro genericità, come ricorda anche la ridetta sentenza del giudice di appello A. n. 2775 del 2007, è d’uopo concludere che la Commissione incaricata della rivalutazione dell’elaborato della ricorrente e di quelli abbinati non potesse che provvedervi mediante un giudizio diffuso ovvero analiticamente motivato.

Ciò che, invero, ha fatto, esplicitando innanzitutto nel verbale, in via generale, che "Prima di iniziare l’esame dei temi in questione, viene ricordato dal presidente che, avendo il Giudice amministrativo ritenuto illegittimi i criteri di correzione e i c.d. paradigmi di valutazione posti dalla Commissione Castaldi, agli elaborati dovrà essere attribuito un giudizio motivato in ordine al raggiungimento della soglia di idoneità o, in caso positivo, un punteggio".

In particolare, poi, quanto all’elaborato della ricorrente, la Commissione ha così motivato la non idoneità: "NON IDONEO: esposizione involuta con mancanza di coordinamento logica tra soggetto e predicato ("l’eventuale sacrificio…sembra assurgere alla dignità di interesse sostanziale"); generica ed elementare la parte generale con un errato riferimento alle norme costituzionali; carente la trattazione dei caratteri del provvedimento amministrativo e della tutela giurisdizionale che è completamente mancante".

Per tutto quanto sopra, sfuggono alle dedotte mende di legittimità sia la impostazione previamente conferita all’attività di rivalutazione, nello specifico contesto sopra considerato, sia la motivazione analitica che ha assistito il giudizio di non idoneità rivolto in sede di riedizione del potere valutativo all’elaborato della ricorrente, dato che esso che permette agevolmente di comprendere l’iter logico seguito dalla Commissione in tutti i passaggi salienti della valutazione e per ogni profilo ed aspetto dell’elaborato stesso.

8. La ricorrente stigmatizza la mancata indicazione delle modalità con cui la commissione è pervenuta all’avversato giudizio (unanimità ovvero a maggioranza), e la carenza di singoli voti o altri segni di giudizio.

Si tratta, per ambedue i rilievi, di censure contrastanti con i più che noti e consolidati orientamenti giurisprudenziali della materia, cui la Sezione pienamente aderisce, in forza dei quali si chiarisce, da un lato, che, alla luce dell’art. 16 del r.d. 15 ottobre 1925, n. 1860, recante modificazioni al regolamento per il concorso di ammissione in magistratura contenuto nel r.d. 19 luglio 1924, n. 1218, essendo l’esito finale del giudizio imputabile alla volontà collegiale della Commissione valutatrice, sia che essa si sia formata per unanimità sia che essa si sia formata a maggioranza, la mancata indicazione della posizione assunta dai singoli componenti non ne determina il vizio di legittimità, e, dall’altro, che, trattandosi, nella specie, di attività valutativa e non didattica, la correzione degli elaborati scritti non richiede necessariamente l’apposizione di segni grafici o di correzioni.

9. Quanto alle restanti censure contenute in ricorso, si tratta, all’evidenza, di un inammissibile tentativo di pervenire alla sostituzione delle valutazioni rese dalla commissione giudicatrice o con le valutazioni effettuate dall’interessata o con il diretto apprezzamento del giudice.

E infatti la candidata rileva l’erroneità di tutti i passaggi motivazionali della valutazione, opponendovi considerazioni di opposto tenore, in forza delle quali perviene a sostenere che il proprio elaborato meritava di superare la soglia dell’idoneità.

In particolare, la candidata contesta: la congruenza del rilievo di "carente coordinamento logico tra soggetto e predicato", effettuato in relazione ad una unica frase dell’elaborato, che ritiene esprimeva chiaramente il concetto, nell’ambito di un filtro sintatticogrammaticale che reputa eccessivo, poiché non limitato agli errori gravi e reiterati; la congruenza del rilievo di "esposizione involuta", che ritiene affetto da eccessivo peso dato allo stile e da omessa valutazione della complessità dell’argomento; il giudizio di "generico ed elementare" reso sulla parte generale del compito, affermando che una diversa modalità espositiva avrebbe squilibrato l’elaborato; l’erroneità rilevata in relazione al riferimento all’art. 101 Cost., di cui espone la correttezza e l’incidentalità nell’economia dell’elaborato; la qualificazione di "carente" resa in relazione alla trattazione dei caratteri del provvedimento amministrativo, che espone non essere richiesta dalla traccia del tema nonchè sfuggente ad una catalogazione non meramente scolastica; l’osservazione relativa alla totale carenza della trattazione della "tutela", osservando che più periodi dell’elaborato ruotano intorno all’argomento.

E, per escludere la non conducenza di una siffatta impostazione, basti qui ricordare, in linea generale, che costituisce principio consolidato quello secondo cui le valutazioni espresse da una commissione di concorso sulle prove scritte e orali dei candidati costituiscono espressione di un’ampia discrezionalità tecnica; esse, come tali, sfuggono al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salvo che non siano inficiate, ictu oculi da eccesso di potere, sub specie delle figure sintomatiche dell’arbitrarietà, irragionevolezza, irrazionalità e travisamento dei fatti.

Ma di tali indici vizianti, nel caso di specie, non vi è alcuna traccia, limitandosi la parte ricorrente alla mera enunciazione della bontà del proprio elaborato, rispetto alla posizione erronea o, quanto meno, eccessiva, adottata dalla Commissione.

10. Neanche le censure svolte nei mezzi aggiunti meritano miglior sorte.

Si tratta, infatti:

– o di censure ripetitive di doglianze già avanzate in ricorso, e di cui si è già sopra apprezzata l’infondatezza (mancata adozione dei criteri di massima; mancata indicazione della unanimità o della proporzione in cui i commissari si sono espressi per la inidoneità della ricorrente e degli altri candidati, nonché di singoli voti o altri segni di giudizio;

– o del rinnovo dell’inammissibile tentativo di impingere nel merito della valutazione effettuata dalla Commissione (disparità di trattamento, equiparazione di casi diseguali, errore nei presupposti, opinabilità assoluta, illogica e non trasparente, eccesso di potere sia assoluto che relativo), che si riscontra laddove parte ricorrente afferma, senza però riuscire ad offrire alcun evidente supporto concreto alle proprie asserzioni, che gli elaborati ritenuti idonei non solo non si discostano qualitativamente dal proprio, ma che, anzi, sono più carenti sia nella forma che nella sostanza.

11. Le ulteriori considerazioni dalla parte ricorrente svolte nelle note d’udienza nulla aggiungono alle questioni come sin qui trattate.

12. Per tutto quanto precede, il ricorso deve essere respinto.

Nondimeno, in considerazione dell’annosità della complessiva vicenda contenziosa, si ritiene equo disporre la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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