Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 16-06-2011, n. 13145

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 9 maggio 2006, la Corte d’Appello di Napoli accoglieva il gravame svolto dall’Automobile Club di Napoli, in persona del legale rappresentante pro-tempore, contro la sentenza di primo grado che, in parziale accoglimento della domanda proposta da A.R. nei confronti della predetta società, aveva dichiarato illegittima la revoca del mandato di sub-agente e condannato la società al pagamento dell’indennità di mancato preavviso, dell’indennità di risoluzione e del risarcimento dei danni patrimoniali.

2. La Corte territoriale riteneva sorretto da giusta causa il provvedimento di revoca del mandato adottato dalla società ponendo, a sostegno del decisum, il rilievo secondo cui la copiosa documentazione prodotta per la regolarizzazione delle irregolarità riscontrate dalla SARA Assicurazioni s.p.a. – che aveva riscontrato per contratti nuovi di R.C. in numero di diverse centinaia, l’allegazione mancante o in copia fotostatica o di dubbia autenticità dello stato di rischio e l’assenza di allegazione, pressochè totale, della copia del documento identificativo del contraente – dimostrava che il subagente si era attivato per sanare inadempienze imputabili esclusivamente a comportamento omissivo.

3. Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, A. R. ha proposto ricorso per cassazione fondato su due motivi e illustrato con memoria. L’Automobile Club di Napoli, in persona del legale rappresentante pro-tempore, ha resistito con controricorso, illustrato con memoria, eccependo altresì rinammissibilità del ricorso.
Motivi della decisione

4. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione dell’art. 2119 c.c. e omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia ( art. 360 c.p.c., n. 5) per aver la Corte di appello attribuito rilevanza di giusta causa di recesso ad inadempimenti regolarizzati nel corso del rapporto di sub-agenzia e non più contestabili per la loro inattualità. Con il quesito di diritto si chiede alla Corte di dire se non sia vero che per aversi giusta causa di recesso ai sensi e per gli effetti dell’art. 2119 c.c. le contestazioni devono essere immediate e comunque tali da costituire una successione con altre successive contestazioni riconosciute sussistenti in modo da dare luogo ad una somma capace di far venire meno il necessario rapporto di fiducia nel corretto adempimento del contratto, e se conseguentemente – non sia legittimo attribuire giusta causa di recesso a contestazioni pregresse riferite ad inadempimenti definitivamente regolarizzati ed artificiosamente collegati a nuove contestazioni riferite ad inadempimenti dei quali sia stata riconosciuta con sentenza non impugnata la insussistenza.

5. Osserva il Collegio che la doglianza è inammissibile perchè la tempestività dei numerosissimi addebiti è stata sollevata per la prima volta in sede di legittimità. Invero, i motivi di ricorso per cassazione devono investire, a pena di inammissibilità, questioni che abbiano già formato oggetto del thema decidendum nel giudizio di merito, essendo consentito dedurre nuove tesi giuridiche e nuovi profili di difesa solo quando si fondino su elementi di fatto già dedotti dinanzi al giudice di merito e per i quali non sia perciò necessario procedere ad un nuovo accertamento. Il motivo è, peraltro, inammissibile perchè, in violazione dell’autosufficienza del ricorso, non si indicano le modalità delle dedotte regolarizzazioni e l’oggetto delle stesse.

6. Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2119 c.c. omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia ( art. 360 c.p.c., n. 5) per aver la Corte di appello obliterato che l’inadempimento gli inadempimenti per costituire giusta causa di recesso devono essere importanti al punto da non consentire la prosecuzione neanche provvisoria del rapporto.

7. Anche il secondo motivo va ritenuto privo di fondamento alla stregua dell’orientamento consolidato di questa Corte (tra le tante, Cass. 2272/2007) per cui il motivo di ricorso per cassazione, con il quale la sentenza impugnata venga censurata per vizio della motivazione, non può essere inteso a far valere la rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito al diverso convincimento soggettivo della parte e, in particolare, non si può proporre con esso un preteso migliore e più appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all’ambito della discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi del percorso formativo di tale convincimento rilevanti ai sensi della disposizione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. In caso contrario, il motivo di ricorso si risolverebbe, come nella specie, in una revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito e, perciò, in una richiesta diretta all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, sicuramente estranea alla natura e alle finalità del giudizio di cassazione, che non può trovare ingresso in questa sede.

8. Peraltro, il giudizio sull’esistenza di una giusta causa di recesso dal rapporto di agenzia è rimesso al Giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità, se sorretto – come nella specie – da un accertamento sufficientemente specifico degli elementi di fatto e da corretti criteri di carattere generale ispiratori del giudizio di tipo valutativo (ex multis, Cass. 3869/2011). Con riferimento al caso di specie, i Giudici di appello hanno valutato tutti gli addebiti contestati ed hanno concluso che la gravità degli stessi, reiterati nel tempo, nonostante i numerosi richiami della preponente, giustificava pienamente la risoluzione del rapporto, tenendo conto di tutte le circostanze del caso.

9. Il ricorso va, quindi, rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, secondo la regola della soccombenza.
P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese liquidate in Euro25,00 oltre Euro 3.000,00 (tremila/00) per onorari, oltre spese generali, IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 19 gennaio 2010.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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