Cons. Stato Sez. V, 02-07-2010, n. 4234 EDILIZIA E URBANISTICA

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo

La società appellante ha ottenuto il permesso di costruire (n. 161/03) un edificio per parcheggio pluripiano (via Bologna nel Comune di Pescara), costituito da due piani interrati ed un piano terra, con solaio di copertura anch’esso destinato a parcheggio; tale ultimo aspetto è stato oggetto di parziale annullamento con provvedimento prot. n. 108065 del 23 luglio 2008 del Dirigente dell’Area Urbanistica del Comune di Pescara, limitatamente all’utilizzo a parcheggio del piano di copertura, in quanto rappresenterebbe un secondo piano non consentito (art. 58 NTA del PRG).

Con ricorso n. 520/2008 la società ha impugnato tale provvedimento di annullamento parziale dinanzi al T.A.R. Abruzzo, sezione staccata di Pescara, sostenendo che il permesso n. 161/2003 ricadrebbe sotto la disciplina del precedente PRG e che il nuovo art. 58 del piano 2007 verrebbe comunque rispettato, essendo il lastrico solare una copertura dell’unico piano fuori terra ed il suo utilizzo a parcheggio sarebbe nella disponibilità del gestore, proponendo, altresì, domanda di risarcimento danni collegata all’illegittima diminuita utilizzazione dell’opera.

Si è costituito il Comune di Pescara, ricordando come non sia stata assentita la tettoia sul lastrico proprio per escludere un secondo livello utilizzabile e che l’art. 58 del piano 2007 è identico a quello del 2003; il concetto di piano, infine, andrebbe considerato sul piano finalistico e l’intervento in autotutela, quindi, sarebbe legittimo.

Si costituivano altresì, quali interventori ad opponendum, alcuni abitanti della zona, sostenendo che un piano fuori terra significherebbe un solo livello di parcheggio.

Con sentenza n. 308/09 del 23 aprile 2009, il T.A.R. Abruzzo, sezione staccata di Pescara (Sez. I), ha respinto il ricorso, compensando le spese di giudizio, rilevando come "alla nozione di piano e/o livello di parcheggio "funzionale – orizzontale", si oppone quella "strutturale – verticale", che non può prescindere da una visione volumetrica dell’opera edilizia" e che "stante l’identità contenutistica dell’art. 58 in entrambi i PRG (2003 e 2007), non sussiste alcun problema di "regolamentazione sopravvenuta", nel mentre l’iter procedurale svolto dal Comune e la motivazione addotta, dànno sufficiente cognizione del perché non si è ritenuto di poter accedere all’interpretazione ampliativa della società e si è ritenuto di dover procedere all’annullamento parziale", in quanto "la nozione tecnica di "piano fuori terra" va rapportata, nella presente fattispecie, sia al concetto "strutturale" di edificazione completa di un ulteriore livello fruibile, sia alla "funzione" quantitativamente limitativa di qualsiasi utilizzazione della zona di copertura sovrastante l’unico piano permesso, poichè la sagoma in elevazione verrebbe comunque a subire metamorfosi impattanti, ancorchè trattasi di un parcheggio scoperto, che di fatto verrebbe a beneficiare di un ulteriore livello su quello coperto, con accrescimento della superficie utile complessiva ed in cui la volumetria aggiuntiva verrebbe ad essere rappresentata da ogni singola vettura posteggiata (n. 61 posti macchina oltre i 264 interrati) ", e ritenendo, infine, "inammissibile… la richiesta risarcitoria, in assenza di comportamento illecito".

Con ricorso notificato il 7 luglio 2009 e depositato il 28 luglio successivo la società M.M. s.r.l. (già G.P. Immobiliare Europa s.p.a.), ha impugnato la prefata sentenza, deducendone l’erroneità e l’ingiustizia e chiedendone la riforma, nonché la sospensione dell’efficacia, con ogni conseguente statuizione, sia in punto di annullamento del provvedimento di autotutela impugnato, che in punto di risarcimento dei danni, previa, se del caso, C.T.U. in ordine alla quantificazione dei medesimi, riproponendo, in particolare, all’esame del Collegio:

– il motivo in ordine alla violazione e falsa applicazione dell’art. 58 delle NTA del PRG approvato 1’8 giugno 2007, giacché, in ogni caso, quanto assentito con il permesso di costruire n. 161/03 non sarebbe in contrasto con la norma invocata in sede di autotutela, questa prevedendo appunto la possibilità di realizzare un piano fuori terra, e non ritenendosi possibile sussumere nella definizione di "piano" il fatto che il lastrico solare di quell’unico fuori terra assentito possa essere utilizzato come parcheggio;

– il motivo in ordine alla violazione delle norme e dei principi in relazione

all’interesse pubblico sotteso agli atti di ritiro ed autotutela, nonchè allo sviamento di potere, giacchè l’argomento giustificativo dell’autotutela relativo alla salute pubblica apparirebbe demagogico e scollegato rispetto ai fini di tutela delle NTA, il cui art. 58 prevede di parametrare l’incidenza urbanistica dell’opera sul suo aspetto strutturale e non su quello funzionale dell’intensità d’uso, in quanto l’esigenza di tutela della salute dei cittadini è stata evidentemente prefigurata (e quindi salvaguardata) con la previsione degli specifici e limitativi parametri urbanisticoedilizi di cui all’art. 58 cit., fra i quali non potrebbe tuttavia dirsi compreso quello dell’intensità d’uso del parcheggio.

Si è costituito il Comune di Pescara, chiedendo il rigetto del ricorso in appello, con ogni conseguenza di legge, anche in ordine alle spese ed onorari di giudizio. Sostiene, in pratica, il Comune che, nel caso di specie, impiegando il lastrico solare invece che come copertura dell’edificio, quale pavimento sul quale far sostare gli autoveicoli in parcheggio, si utilizzerebbero di fatto due piani a parcheggio fuori terra, con evidente contrasto con le norme di PRG richiamate, in quanto il parcheggio così autorizzato verrebbe a beneficiare di un ulteriore livello su quello coperto, con accrescimento della superficie utile complessiva e della volumetria totale, in palese violazione del richiamato art. 58 cit., che prevede l’altezza massima degli edifici assentibili in m. 4,80, mentre in tal modo, utilizzando il lastrico solare per la sosta dei veicoli, la cui altezza varia da m. 1,60 delle autovetture a m. 3.00 degli autocarri, si violerebbero i limiti dimensionali prefissati.

Si sono altresì costituiti gli interventori ad opponendum nel giudizio di primo grado, deducendo l’inammissibilità dell’appello, in quanto consistente nella mera riproposizione delle ragioni già dedotte in primo grado, in contrasto con il principio di specificità dei motivi di gravame e, nel merito, l’infondatezza dell’appello, stante la correttezza della sentenza impugnata in ordine all’interpretazione dell’art. 58 delle NTA del PRG.

Con ordinanza n. 4505 del 14 settembre 2009 la Sezione ha accolto l’istanza di sospensione dell’efficacia della sentenza impugnata, rilevando che "l’appello in esame appare assistito da apprezzabili elementi di fondatezza, tenuto conto che la disposizione invocata a sostegno del provvedimento di autotutela (annullamento del permesso di costruire) impugnato in primo grado, vale a dire l’art. 58 delle NTA del P.R.G., riguarda la possibilità di realizzare parcheggi privati di uso pubblico con un solo piano fuori terra, ma non impedisce di utilizzare come parcheggio il lastrico solare dell’unico piano fuori terra, il quale non costituisce una volumetria aggiuntiva valutabile ai fini del carico urbanistico, né incide in senso peggiorativo sul traffico veicolare della zona (ma semmai lo migliora, stante l’ulteriore possibilità di parcheggiare anche sul lastrico solare) ".

Le parti, in vista dell’udienza di discussione, hanno depositato memorie illustrative e note d’udienza, insistendo per l’accoglimento delle conclusioni già rassegnate nei precedenti scritti difensivi.

Alla pubblica udienza del 9 marzo 2010 la causa è stata assunta in decisione.

Motivi della decisione

L’appello in esame, contrariamente a quanto eccepito dagli appellati, costituitisi in primo grado quali interventori ad opponendum, è ammissibile, in quanto non consiste nella semplice riproposizione delle difese già formulate in primo grado con riguardo al provvedimento amministrativo impugnato, ma, oltre a riproporre specificamente i motivi di ricorso rigettati, non solo tiene conto del fatto che vi è già stata una prima decisione su di essi, ma contiene altrettante specifiche critiche alle conclusioni in forza delle quali la sentenza gravata ha deciso la controversia. Ed è pure fondato nel merito.

Ha ritenuto il primo giudice che la decisione dell’Amministrazione di parziale annullamento in autotutela del permesso di costruire limitatamente all’utilizzo del solaio di copertura dell’unico piano fuori terra fosse legittima in considerazionedell’interpretazione data all’art. 58 delle NTA che equiparerebbe ai fini funzionali la nozione di piano a quella di livello (di parcheggio): per modo che, un secondo livello di parcheggio (attraverso l’utilizzo del solaio di copertura dell’unico piano fuoriterra) integrerebbe la fattispecie di un "secondo piano" e sarebbe, quindi, in contrasto con l’art. 58 NTA, che nella specifica zona consente la possibilità di realizzare parcheggi privati di uso pubblico con un solo piano fuori terra. Piano come livello d’uso, quindi, attraverso il ricorso ad un criterio interpretativo "funzionale" in base al quale l’art. 58 cit. implicitamente vieterebbe "qualsiasi utilizzazione della zona di copertura sovrastante l’unico piano permesso, poiché la sagoma in elevazione verrebbe comunque a subire metamorfosi impattanti, ancorché trattasi di un parcheggio scoperto, che di fatto verrebbe a beneficiare di un ulteriore livello su quello coperto con accrescimento della superficie utile complessiva ed in cui la volumetria aggiuntiva verrebbe ad essere rappresentata da ogni singola vettura posteggiata".

In pratica, secondo la sentenza impugnata, l’obbligo di interpretare restrittivamente l’art. 58 NTA, come suggerito dall’Amministrazione in sede di autotutela, deriverebbe dall’accrescimento volumetrico e di livello che si produrrebbe sulla struttura assentibile (ed assentita) attraverso la possibilità di collocazione di ogni singola vettura sul lastrico dell’unico piano fuori terra.

Ed è qui che, come fondatamente dedotto dall’appellante, si rileva un primo sintomo di fondatezza della censura, consistente nella commistione fra l’aspetto funzionale e quello strutturale dell’opera edile.

E’ noto, infatti, che la definizione urbanistica di piano edificato attiene all’aspetto strutturale dell’opera, in essa intendendosi "gli ambienti o locali verticalmente disposti all’esterno" (cfr. Cons. St., Sez. V, 15 ottobre 1985, n. 315): espressione in cui l’uso specifico dell’avverbio di modo non può che inerire ad un ambito intrinseco dell’opera, e non ad una sua possibile estrinsecazione attraverso una modalità d’uso.

E che questo (ossia l’aspetto strutturale) sia il criterio di riferimento generalmente usato nella individuazione e pianificazione degli interventi urbanistici è reso evidente anche dalla stessa sentenza impugnata, la quale si preoccupa del fatto che l’assentito uso del lastrico (ossia, il parcheggio delle autovetture) apporti un "accrescimento della superficie utile complessiva" ed una "volumetria aggiuntiva" pari a quella della sagoma di ciascuna vettura che fosse posteggiata sul lastrico.

Ma tale interpretazione, come correttamente rilevato dall’appellante, si appalesa viziata, in quanto trascura che il lastrico solare è per definizione "superficie utile" e che il "volume" in senso urbanisticoedilizio è riferito al fabbricato e non all’autovettura e/o autovetture eventualmente in sosta su detto lastrico solare, finendo per confondere, appunto, l’aspetto strutturale dell’opera edile (tenuto presente dal pianificatore nel valutare il carico urbanistico), con quello funzionale, e quindi dell’utilizzo – mutevole ed incerto – della stessa: in sostanza, l’Amministrazione (ed il TAR, con la sentenza impugnata) considerano l’uso (legittimo ed assentito) della struttura, ossia il parcheggio delle autovetture, come se fosse in grado di incidere sulle caratteristiche intrinseche dell’edificio, e come se fosse in grado di farlo al punto tale da costituire un sostanziale aumento di volumetria dello stesso e, quindi, un ulteriore "piano fuori terra" strutturalmente non assentibile.

Tale interpretazione, però, risulta forzare sul piano ermeneutico il disposto dell’art. 58 NTA: in primo luogo, perchè tale norma, disciplinando l’aspetto morfologico dei parcheggi in zona F9 – come pure ricorda lo stesso TAR – ne considera l’incidenza urbanistica dal punto di vista prettamente strutturale, prevedendo un rapporto di copertura, un numero di piani ed un’altezza massima, ma non un numero massimo di posti auto, il che equivale a dire che, anche per il pianificatore locale, il carico urbanistico del parcheggio ad uso pubblico è dato dalla sua struttura intrinseca, e non dalla sua intensità d’uso; in secondo luogo, perchè quest’ultima, ossia l’intensità d’uso della struttura a parcheggio, e quindi anche del lastrico solare dell’unico piano fuori terra, è data dalle contingenze del momento, è variabile ed incerta, e quindi mal si presta, anche ontologicamente, a costituire un elemento di valutazione del carico urbanistico dell’opera e men che meno, quindi, della sua consistenza volumetrica che, invece, secondo l’interpretazione seguita dal Tribunale, dovrebbe comprendere anche quella delle singole vetture occasionalmente parcheggiate sul lastrico.

Altro sintomo dell’illegittimità che affligge il provvedimento impugnato emerge, poi, nell’ambito della valutazione data al permesso di costruire in variante n. 14/SUAP/09, emesso dal Comune di Pescara il 31 marzo 2009 e prodotto all’udienza di discussione, senza opposizione delle controparti.

Tale atto, secondo i primi giudici, non recherebbe alcun elemento di contrasto con il provvedimento impugnato, ma – anzi – confermerebbe la funzione di copertura del solaio dell’autosylos, perchè consente opere di completamento "limitatamente alla porzione di fabbricato non interessato dal provvedimento di autoannullamento già adottato", così intendendo tale provvedimento come confermativo di quell’interpretazione delle NTA secondo la quale l’uso del solaio di copertura dell’unico piano fuori terra sarebbe formalmente vietato dalla prescrizione di cui all’art. 58 cit.

Questa lettura del documento, tuttavia, come fondatamente dedotto dall’appellante, entra in palese contraddizione con l’esplicita autorizzazione, contenuta in quella variante n. 14/09, alla "realizzazione di copertura rimovibile e l’applicazione di opere di arredo mediante applicazione di griglie frangisole, al piano copertura". Non si comprende, infatti, come il supposto divieto (in autotutela) all’utilizzo del piano di copertura possa coordinarsi con il successivo assenso ad apporvi coperture rimovibili e griglie frangisole.

Vi è, all’evidenza, una contraddittorietà intrinseca fra i provvedimenti dell’Amministrazione comunale (del tutto trascurata dal TAR, sebbene rilevata) il cui senso ultimo si riverbera proprio sul criterio ermeneutico usato nell’applicare l’art. 58 NTA, giacché non appare logico, da un lato, proclamare che in virtù di quella norma resta interdetto l’uso del solaio di copertura del piano fuori terra, in quanto esso inciderebbe sulla consistenza strutturale e volumetrica dell’edificio, e, dall’altro, assentirvi la installazione di impianti ombreggianti che altra funzione non potrebbero avere se non quella di rendere più comodamente fruibile proprio l’uso di quel lastrico solare.

In riforma della sentenza impugnata, vanno, quindi, accolti sia il motivo in ordine alla violazione e falsa applicazione dell’art. 58 delle NTA del PRG approvato l’ 8 giugno 2007, giacché, in ogni caso, quanto assentito con P.C. n. 161/03 non era in contrasto con la norma invocata in sede di autotutela, questa prevedendo appunto la possibilità di realizzare un piano fuori terra, e non ritenendosi possibile sussumere nella definizione di "piano" il fatto che il lastrico solare di quell’unico fuori terra assentito possa essere utilizzato come parcheggio, sia il motivo in ordine alla violazione delle norme e dei principi in relazione all’interesse pubblico sotteso agli atti di ritiro in autotutela, giacché l’argomento giustificativo dell’autotutela (seguito in sentenza dal TAR) relativo alla salute pubblica appare "scollegato" rispetto ai fini di tutela delle NTA, il cui art. 58 prevede di parametrare l’incidenza urbanistica dell’opera sul suo aspetto strutturale e non su quello funzionale dato dall’intensità d’uso. E, dunque, come fondatamente dedotto dall’appellante, anche l’esigenza di tutela della salute dei cittadini è stata evidentemente prefigurata (e quindi salvaguardata) con la previsione degli specifici e limitativi parametri urbanisticoedilizi di cui all’art. 58 cit., fra i quali non può tuttavia dirsi compreso quello dell’intensità d’uso del parcheggio. Insomma, ciò che deve rilevare ai fini della valutazione dell’autorizzazione richiesta dalla società ricorrente, odierna appellante, è l’aspetto meramente strutturale dell’opera e non già l’ipotizzato maggior carico veicolare che ne deriverebbe alla zona: d’altro canto, la possibilità di parcheggiare autovetture sul lastrico solare dell’edificio, correttamente inquadrata sotto il profilo dei parametri urbanistici, non può certo essere influenzata dal distinto problema dell’intensità del traffico veicolare nella zona, che è collegato a fattori estrinseci e contingenti ed è perciò destinato ad una regolamentazione affatto diversa, sia sotto il profilo della disciplina che sotto quello degli organi destinati ad adottarla, e, comunque, come rilevato in sede di cautelare da questa Sezione (cfr. ord. n. 4505/2009 cit. nella parte in fatto) non "…incide in senso peggiorativo sul traffico veicolare della zona (ma semmai lo migliora, stante l’ulteriore possibilità di parcheggiare anche sul lastrico solare) ".

In materia urbanistica, invero, deve essere riconosciuta rilevanza alle sole opere (organismi edilizi) che comunque generino una incidenza in pejus sul territorio attraverso una maggiorazione del c.d. carico urbanistico; diversamente, come nel caso che ne occupa, ossia a voler ritenere significative anche opere od utilizzazioni non incidenti sui parametri di superficie e volumetria, si addiverrebbe ad attribuire una connotazione meramente formalistica alla fattispecie.

Le ragioni esposte consentono, dunque, di pervenire all’accoglimento del gravame e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, all’annullamento del provvedimento di autotutela parziale impugnato in primo grado, con conseguente integrale reviviscenza dell’originario permesso di costruire rilasciato all’appellante.

Quanto alla domanda di risarcimento formulata nel ricorso introduttivo, ritiene il Collegio che, contrariamente a quanto statuito dal giudice di prime cure, nella fattispecie siano presenti gli elementi costitutivi dell’illecito; ci si riferisce, in particolare, alla sussistenza di un danno ingiusto, consistente nella ingiusta compressione dell’interesse alla conservazione di un bene o di una situazione di vantaggio, determinata dall’illegittimo esercizio del potere (di parziale ritiro, in autotutela, di un provvedimento ampliativo, idest permesso di costruire), collegato da un nesso causale – inteso quale condiciosinequanon, senza cui l’evento non si sarebbe verificato (cfr. Cons. St., Sez. V, dec. n. 1228/2006) – al comportamento colposo – avuto riguardo ai vizi che inficiano il provvedimento – dell’Amministrazione.

Quale criterio per la determinazione del risarcimento del danno per equivalente, ad avviso del Collegio, si può prendere quale indice di riferimento, ai sensi dell’art. 35, 2° comma, del D.Lgs. n. 80/1998 (non modificato sul punto dall’art. 7 della L. n. 205/2000) e mediante ricorso ad un equo apprezzamento delle circostanze del caso, il profitto medio giornaliero durante il primo anno di attività svolta a seguito del rilascio dell’autorizzazione per il piano sottostante – non oggetto del provvedimento di parziale ritiro – adibito a parcheggio, da moltiplicare per i giorni di mancato esercizio dell’attività conseguente all’emanazione del provvedimento illegittimo annullato (riguardante il lastrico solare, pure adibito a parcheggio in base all’originario permesso di costruire).

Secondo la particolare procedura prevista dall’art. 35, comma 2° cit., l’Amministrazione dovrà, quindi, formulare la propria proposta risarcitoria in relazione al criterio sopra enucleato, nel termine di giorni sessanta dalla notifica a cura di parte della presente decisione e, nel caso in cui non venga raggiunto un accordo, il privato potrà nuovamente rivolgersi a questo giudice amministrativo affinché provveda a liquidare il danno nelle forme del giudizio di ottemperanza.

Stante la particolarità della vicenda, si ritiene, invece, equo provvedere alla compensazione integrale fra le parti delle spese ed onorari del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, accoglie l’appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, annulla il provvedimento di autotutela impugnato, con le conseguenze di cui in motivazione. Condanna l’Amministrazione appellata al risarcimento dei danni in favore della società appellante, secondo i criteri, i modi e i termini di cui in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 marzo 2010 con l’intervento dei Signori:

Pier Giorgio Trovato, Presidente

Cesare Lamberti, Consigliere

Marco Lipari, Consigliere

Aldo Scola, Consigliere

Nicola Russo, Consigliere, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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