Cons. Stato Sez. V, Sent., 24-03-2011, n. 1799 mansioni e funzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

ega dell’avvocato Russo;
Svolgimento del processo

1. Il sig. M., dipendente del Comune di Picciano con la qualifica di netturbino necroforo, impugnava, con un primo ricorso, la reintegra nelle mansioni a lui affidate a seguito di giudizio di idoneità della Commissione medica della ULSS, sostenendo la propria inidoneità fisica permanente allo svolgimento di tali mansioni.

2. Successivamente, a seguito di sottoposizione a nuova visita medica, all’esito della quale veniva dichiarato idoneo a svolgere le mansioni affidate di raccolta di rifiuti ed operazioni di carico e scarico meccanizzate, ad eccezione di quelle impegnanti il rachide lombare, proponeva nuovo ricorso.

3. Con ordinanza n. 556 del 19.11.1992, il Tar accoglieva la domanda di sospensione, assegnando al Comune il termine di 90 giorni per riprovvedere anche in relazione al verbale n. 972 dell’11.11.1992 della Commissione medica dell’Ospedale Militare di Chieti.; da tale verbale si evinceva che il M. era non idoneo a svolgere le mansioni di netturbino necroforo ed idoneo ad altri incarichi non comportanti impegni di notevole entità del rachide.

4. Con successiva ordinanza n. 214 del 1 aprile 1993, il Tar nominava il Sindaco del comune di Picciano commissario ad acta perché provvedesse all’esecuzione, previa valutazione del parere della Commissione medica Ospedaliera di Chieti di non idoneità permanente a svolgere le mansioni di netturbino- necroforo.

5. Con delibera di Giunta n. 90 del 3.4.1993 veniva disposta la dispensa dal servizio per inabilità fisica permanente in riferimento all’accertamento della Commissione Medica Ospedaliera di Chieti e si dava atto dell’impossibilità di recuperare il dipendente in servizio attivo per altre mansioni a causa della mancanza di posto in pianta organica, per il divieto di nuove assunzioni e per la necessità di assicurare il servizio di raccolta dei rifiuti.

6. Anche avverso tale ultimo atto proponeva ricorso l’interessato.

7. Il Tar, dichiarati improcedibili i primi due ricorsi per essere stati i provvedimenti impugnati superati dall’atto di dispensa dal servizio, accoglieva il terzo, assumendo l’irregolarità procedimentale data l’adozione del provvedimento sulla base di un accertamento medico collegiale diverso da quello della competente commissione medica presso la USL e la possibilità di recupero del ricorrente in mansioni diverse da quelle per le quali era stato dichiarato inidoneo.

8. Ha proposto appello il Comune, deducendo l’improcedibilità dei ricorsi di primo grado per non essere stati notificati alla ULSS (ora ASL) e alla Commissione Medica Ospedaliera di Chieti e censurando la sentenza per non avere tenuto conto che la dispensa era stata adottata sulla base sia del parere della Commissione medica della ULSS che del parere della Commissione Medica dell’Ospedale Militare, concordanti sulla inidoneità del ricorrente a svolgere le mansioni sue proprie e che non vi erano posti vacanti compatibili con il suo stato di salute.

9. Si è costituito il M., assumendo la violazione da parte del Comune delle norme procedimentali per la dispensa dal servizio, lamentando un comportamento ostile del Comune che immotivatamente aveva negato la possibilità di utilizzo in mansioni diverse e, da ultimo, eccependo la perenzione del ricorso.

10. All’udienza del 21 gennaio 2011, in vista della quale le parti hanno depositato memorie, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

11. Preliminarmente, va esclusa la perenzione dell’appello, essendo stata tempestivamente presentata l’istanza di fissazione di udienza.

12. Si può poi prescindere dall’esame dell’eccezione di improcedibilità dei ricorsi di primo grado data la fondatezza dell’appello nel merito.

13. La asserita violazione delle garanzie procedimentali previste per la verifica dell’inidoneità del dipendente a svolgere le mansioni proprie della qualifica, ed in particolare dell’art. 10 del d.P.R. 1 giugno 1979, n. 191 (che prevede che gli accertamenti sanitari vengano svolti da una Commissione formata dall’ufficiale sanitario, da un medico designato dal dipendente stesso e da un esperto nominato dall’Ente), è, ad avviso del Collegio, da escludersi ove si consideri che il provvedimento adottato con la delibera di giunta del 3.4.1993 non si basa unicamente sul giudizio della Commissione medica militare incaricata di esprimere il parere sulla dipendenza dell’infermità da causa di servizio.

Tale parere era stato effettivamente, in ben due ordinanze, indicato dal Tar come parametro da prendere in considerazione al fine di meglio valutare le condizioni del dipendente, ma ciò non toglie che il provvedimento impugnato contiene esplicito richiamo ai numerosi verbali della Commissione per gli accertamenti sanitari ed ai verbali del 12.11.1990 e del 20.12 1991 di visita medico collegiale esperita nell’ambito del procedimento per l’accertamento dell’idoneità del dipendente al servizio.

Tutti gli accertamenti svolti (sia presso la Commissione della ULSS, sin dall’accertamento sanitario in data 5.10.1984, alla presenza del medico di fiducia, sia presso la Commissione medica militare, con giudizio tecnico discrezionale non contestabile in sede di impugnativa del provvedimento di dispensa, cfr. Cons. St. sez. VI, 4.7.1994, n. 1129), danno un esito univoco nel senso che il dipendente non è idoneo allo svolgimento delle mansioni che impegnano il rachide lombare sicché la rideterminazione in tal senso presa dall’amministrazione comunale dichiarando il dipendente inidoneo allo svolgimento delle mansioni proprie della sua qualifica (netturbino – necroforo) deve considerarsi il risultato di una complessa istruttoria svolta nella sede sua propria (Commissione medica presso la USLL) nonché coerente con il parere medico espresso dalla Commissione medico militare in relazione alla diversa richiesta di accertamento della dipendenza dell’infermità da causa di servizio.

Quanto alla utilizzabilità del dipendente presso le strutture organizzative dei vari settori dell’ente, l’appellante fa valere l’assenza di qualsiasi prova circa la sussistenza di posti di terzo livello tali da permettere il recupero del dipendente in altre mansioni.

L’affermazione del primo giudice, secondo cui il Comune avrebbe potuto prendere in considerazione l’insieme delle strutture organizzative dell’ente, confligge in effetti con l’assenza di qualsiasi indizio in tal senso, con l’estrema esiguità dell’organizzazione del Comune, dotato all’epoca di appena 11 dipendenti in servizio, nonché con l’indisponibilità dell’unico posto di terzo livello indicato dal ricorrente (bidello) per non essere ancora collocata a riposo la dipendente che lo ricopriva.

Pertanto, anche sotto tale profilo, l’appello deve essere accolto.

14. Sussistono tuttavia giusti motivi per compensare le spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto:

a) accoglie l "appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado;

b) dichiara integralmente compensate fra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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