Cons. Stato Sez. V, 02-07-2010, n. 4227 GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo

1. La controversia oggetto del presente giudizio si inserisce nel solco di un complesso contenzioso che vede coinvolte numerose strutture sanitarie private operanti nel territorio pugliese, accreditate con il SSR, per la posa in opera di apparecchiature PET presso i propri laboratori.

Come è noto, le prestazioni di PET/TC costituiscono allo stato il più avanzato sistema diagnostico per le patologie oncologiche. Di tali importantissime apparecchiature vi è una ingiustificata carenza in molte regioni meridionali ed in particolare nel territorio di competenza dei contendenti in causa; allo stato, non ve ne è neppure una.

2. Con apposito regolamento n. 15/2005, la Regione Puglia ha individuato, ai sensi della L.R. n. 8/04, il fabbisogno regionale di prestazioni PET, con 4 ciclotroni e 10 postazioni, di cui 6 pubbliche.

3. In data 1.1.2006, il dott. G.Q.C. ha presentato domanda (direttamente, si spiegherà dopo il senso di tale puntualizzazione n.d.r.) alla Regione Puglia per essere autorizzato alla istallazione di una delle previste PET, senza ottenere alcun riscontro.

4. La Regione Puglia, poi, ha adottato un nuovo regolamento n. 3/2006 con cui ha rivisto il fabbisogno regionale precedentemente individuato, stabilendo l’assentibilità di 3 ciclotroni e 8 postazioni, di cui almeno 5 pubbliche, da dividersi per aree di 750.000 abitanti, con esclusione degli IRCSS.

5. Successivamente la medesima Regione ha rilasciato alla srl "Anthea Hospital’ parere favorevole di compatibilità (Det.Dir. n. 425/2008) in base alla programmazione regionale effettuata con regolamento n. 3/2006, ritenendo di dover assentire la relativa istanza in aderenza al c.d. criterio cronologico di priorità nella presentazione della domanda (rispetto alle altre eventuali strutture istanti).

6. Con ulteriore Determinazione Dirigenziale (n. 426/08) veniva rilasciato analogo parere in favore della struttura sanitaria "C.D.L." srl.

7. Anche il C.D.M.N. di C.G. [amp ] C. aveva, nel frattempo, presentato (al Comune di Cavallino; anche rispetto a tale precisazione si ritornerà innanzi n.d.r.) domanda per l’installazione di una postazione PET.

Il predetto Comune di Cavallino, istruita la pratica, ha inoltrato la medesima alla Regione Puglia per il rilascio del necessario parere di compatibilità.

8. Nell’inerzia dell’Amministrazione regionale il C.C. adiva il TAR Lecce affinché condannasse la predetta Amministrazione ad adottare un provvedimento espresso ed il TAR adito, con sentenza n. 3135/2008, ha nominato un commissario ad acta affinché provvedesse in sostituzione della Regione Puglia sull’istanza di autorizzazione presentata dal ridetto C.C..

9. Il commissario nominato ha però respinto l’istanza de qua sul presupposto che il fabbisogno era stato colmato con i pareri positivi rilasciati in favore delle citate strutture "Anthea Hospital srl’ e "C.D.L. Hospital srl’.

10. Il provvedimento commissariale è stato a sua volta gravato di impugnazione dal C.C. innanzi al TAR di Lecce, il quale ha, però respinto la connessa istanza cautelare.

11. Tale provvedimento interinale è stato, tuttavia, riformato da questo Consiglio di Stato, il quale, con ordinanza n. 2555/09, accogliendo l’appello cautelare proposto dal C.C., ha ritenuto illegittimo l’utilizzo del c.d. metodo cronologico per l’assentimento delle istanze de quibus.

12. Questo Consiglio di Stato è stato, poi, ulteriormente adito dal C.C. per l’esecuzione della predetta ordinanza n. 2555/2009, e, con ordinanza n. 3122/2009, ha espressamente ordinato al commissario nominato di riesaminare la domanda delle ricorrenti, tenendo presenti il contenuto ed i principi espressi nella citata ordinanza n. 2555/2009.

13. E’ ancora accaduto che la Regione Puglia, con DGR n. 1104/2009 ha adottato il regolamento n. 14/2009, con il quale ha determinato gli ambiti territoriali ed il fabbisogno per le postazioni PET, da tenere presenti all’atto della verifica di compatibilità e dell’accreditamento istituzionale, con contestuale parziale abrogazione del precedente regolamento n.3/2006.

14. Con deliberazione n. 4/2009, il commissario ad acta, richiamate le pronunce di questo Consiglio di Stato (ordd.nn. 2555 e 3122 del 2009), nonché le nuove disposizioni dettate dal predetto Regolamento regionale n. 14/2009 quanto al fabbisogno individuato ed al presupposto del possesso del requisito dell’autorizzazione all’esercizio, ha rilasciato in favore del C.C., parere di compatibilità all’installazione della postazione PET.

15. Il dott. G.Q.C. ha impugnato, innanzi al TAR di Bari tale provvedimento unitamente al Regolamento n. 14/09 deducendo una serie di motivi di ricorso.

16. Il C.C., costituitosi in tale giudizio ha controdedotto ed eccepito in ordine sia all’ammissibilità del ricorso proposto sia alla sua infondatezza nel merito.

17. Con la pronuncia oggetto del presente appello il TAR di Bari ha ritenuto il ricorso in questione in parte fondato ed in parte inammissibile.

18. Avverso tale pronuncia ha proposto appello il C.C. contestandone sia le statuizioni in rito che quello in merito.

19. Si è costituito in giudizio il dott. Quarta Colosso il quale, oltre a difendere la pronuncia impugnata quanto alle statuizioni a se favorevoli, ha spiegato appello incidentale teso alla riforma delle doglianze respinte o ritenute assorbite in primo grado.

20. Si è costituita anche la Regione Puglia la quale, in sostanza, ha aderito alle tesi svolte dall’appellante incidentale.

21. Nel giudizio ha, poi, spiegato atto di intervento la srl "C.D.L. Hospital’, chiedendo il rigetto della relativa istanza e preannunciando la proposizione di apposito appello rispetto ad altra sentenza resa dal TAR Bari, avente ad oggetto, tra l’altro, il medesimo provvedimento autorizzatorio del commissario ad acta.

21. In vista dell’udienza di discussione le parti hanno depositato memorie illustrative.

22. All’udienza pubblica del 9.3.2010, la causa è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

1. L’appello principale è fondato mentre è infondato quello incidentale.

2. Con un primo motivo di appello il C.C. censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha respinto l’eccezione di carenza di legittimazione in capo alla ricorrente in primo grado per non avere, quest’ultima, presentato la domanda per la realizzazione della struttura destinata ad ospitare la PET al Comune competente.

In sintesi, con apposita eccezione in rito l’appellante principale ha sostenuto in primo grado, con argomentazioni riproposte in appello, che in realtà quanto posto a fondamento della propria azione giurisdizionale da parte del dott. Quarta Colosso e, cioè, l’aver presentato analoga domanda di verifica di compatibilità, non rispondesse al vero.

Ed infatti, ha sostenuto – e sostiene – l’appellante principale che colui che sia in condizione (o abbia intenzione) di realizzare una struttura sanitaria finalizzata alla installazione di una macchina PET deve, necessariamente, seguire il procedimento di cui alla L.R. n. 8/04, presentando apposita istanzaprogetto di autorizzazione alla realizzazione al Comune competente (cioè, ovviamente, quello sul cui territorio dovrà insistere la PET). E’ poi onere di tale Amministrazione comunale, verificata la sussistenza di ogni atro presupposto necessario per il rilascio dell’autorizzazione, inoltrare alla Regione apposita richiesta di verificadicompatibilità con la programmazione regionale.

E ciò in quanto, ai sensi della richiamata normativa regionale, la branca oggetto del presente giudizio (diagnostica per immagini con l’utilizzo di grandi macchine) è attività soggetta, oltre che all’autorizzazione all’esercizio, a preventiva autorizzazioneallarealizzazione di competenza – ai sensi degli artt. 4 e 7 del citato regolamento – dei singoli Comuni.

Spetta, poi, ai Comuni verificare che il realizzando progetto rispetti tutti i requisiti strutturali richiesti per ogni tipologia di attività sanitaria (art. 6 L.R. cit. e DPR 14.1.97), ed, eventualmente, richiedere alla Regione la verificadicompatibilità (spettando alla competenza di quest’ultima stabilire se la realizzazione di un determinata struttura sia compatibile con la programmazione sanitaria regionale.

Secondo il C.C. nel momento in cui il Commissario ad acta gli ha rilasciato il positivo parere di compatibilità, non esisteva agli atti della Regione alcuna istanza pervenuta da alcun Comune ricadente nell’ambito dell’ASL di Lecce. Esisteva esclusivamente un’istanza presentata dal dott. Quarta Colosso direttamente alla Regione Puglia, del tutto inidonea a poter essere considerata validamente presentata (in quanto violativa delle predette norme sul procedimento).

Ciò, secondo l’appellante principale, avrebbe una duplice valenza; una sul piano processuale ed una sul piano del merito.

In particolare, quanto al profilo processuale, la mancata sussistenza di una domanda valida da parte del dott. Quarta Colosso non differenzierebbe la posizione sostanziale del medesimo (rispetto a qualsiasi altro operatore del settore) all’interno del procedimento per il rilascio della c.d. verificadicompatibilità. Da ciò l’inammissibilità del ricorso di primo grado per carenza di legittimazione. Quanto, invece, ai profili di merito, la mancanza di regolare istanza pervenuta alla Regione, non imponeva al commissario ad acta di effettuare alcuna attività di natura comparativa (sussistendo, al momento dell’adozione del provvedimento impugnato, una sola domanda correttamente presentata ed istruita da evadere).

Il TAR ha respinto l’eccezione in rito con argomentazione, a parere del Collegio, non condivisibile.

Hanno rilevato, sul punto, i primi giudici "…L’eccezione di carenza di legittimazione è inammissibile, costituendo il tentativo di ampliare irritualmente l’oggetto del presente giudizio" in quanto"eccezione di fatto ampliativa del themadecidendum fissato dal ricorrente, come tale ammissibile solo se proposta nelle forme e nei termini del ricorso incidentale…".

Ed invero, come correttamente rilevato dalla difesa del C.C., la questione pregiudiziale sottoposta all’esame del GA involgeva questioni attinenti alla contestazione della sussistenza di una delle condizioni dell’azione, riveniente dalla mancanza (di fatto e di diritto) di una valida domanda per l’ottenimento di quanto oggetto del provvedimento commissariale.

Il TAR su tale eccezione ha vistosamente deviato dal solco tracciato dalla consolidata giurisprudenza in materia di eccezionipreliminari tese alla declaratoria di inammissibilità del gravame.

L’esigenza di proporre un ricorso incidentale per determinare l’inammissibilità dell’azione giurisdizionale, si ha esclusivamente quando sussiste un provvedimento amministrativo il quale, ove annullato, determinerebbe per il ricorrente principale l’inutilità di una pronuncia del giudice a se favorevole (come avviene, ad esempio, in tema di evidenza pubblica, allorquando il controinteressato, per determinare l’inammissibilità dell’impugnazione proposta, ha necessità – da attuarsi, appunto, con il mezzo processuale del ricorso incidentale – di demolire il provvedimento di ammissione alla gara del ricorrente principale).

Diversa è, invece, l’ipotesi in cui la contestazione della mancanza dell’interesse al ricorso si fondi su circostanze di fatto (come nell’odierna fattispecie). In tal caso, infatti, è sufficiente, per ottenere la declaratoria di inammissibilità del gravame, dare la prova in giudizio dell’esistenza di tale circostanza (id est, nel caso che ci occupa, l’inesistenza di una domanda valida per ottenere la verificadicompatibilità da parte della Regione).

Alla luce di tali pacifiche considerazioni il motivo d’appello con cui si contesta la sentenza del TAR Bari, nella parte in cui non ha accolto l’eccezione di inammissibilità del ricorso proposto dal dott. G.Q.C., è fondato. Ed infatti, l’istanza dallo stesso proposta direttamente alla Regione (al contrario di quanto ha fatto il C.C. che l’ha inoltrata al Comune competente), in quanto proposta in violazione delle regole sul corretto procedimento stabilite dalla normativa regionale più volte richiamata, deve ritenersi del tutto irrituale e, quindi, non utilmente valutabile ai fini che qui interessano.

Da ciò la carenza di interesse del dott. Quarta Colosso alla proposizione del ricorso di primo grado.

La mancanza, infatti, di una valida domanda finalizzata ad ottenere il bene della vita oggetto del giudizio determina che la posizione sostanziale del dott. G.Q.C. non possa ritenersi meritevole di tutela in sede giurisdizionale.

Né a superare il rilievo soccorre la presentazione da parte dell’appellato della tardiva domanda, con le modalità volute dalla normativa regionale di settore, e cioè al Comune di Lecce.

La domanda tardivamente proposta dal dott. Quarta Colosso, peraltro, ove ne ricorrano tutti i presupposti, ben potrà essere presa in considerazione per l’ottenimento della seconda PET che, ai sensi del Regolamento regionale n. 14/09, può essere installata nel territorio della ASL Lecce.

Ed infatti, per quanto attiene al citato Regolamento n. 14/2009, ritiene il Collegio che lo stesso non può che essere interpretato nel senso conforme a principi costituzionali, secondo i quali deve essere sempre assicurato il buonandamento dell’amministrazione (art. 97 Cost.) e deve essere comunque tutelata la salute dei cittadini (art. 32 Cost.). Principi che risulterebbero compromessi qualora uno strumento di tale importanza quale la PET (si ribadisce ultima frontiera nella prevenzione e cura delle malattie oncologiche) fosse di eccessivamente difficile fruizione da parte degli amministrati (circostanza che si verificherebbe qualora, in futuro, dovesse esservi una sola macchina per coprire un bacino di utenza di gran lunga superiore ai 750.000 abitanti).

Anche tale aspetto, vale a dire la disponibilità di un’altra postazione PET nel territorio dell’ASL di Lecce, oltre tutto, milita nel senso della inammissibilità del ricorso di primo grado per mancanza di interesse.

3. Va aggiunto che l’atto in vertenza è stato emanato dal Commissario ad acta nominato da questa Sezione, per cui ogni contestazione dell’operato del medesimo appartiene alla competenza funzionale dello stesso giudice amministrativo che lo ha nominato in sede di giudizio di ottemperanza (sia a ordinanze cautelari che a sentenze esecutive), e deve essere introdotta con ricorso attraverso un incidente di esecuzione in seno a tale procedimento e ciò in quanto il Commissario ad acta non è organo, sia pure straordinario di amministrazione attiva o di controllo, essendo organo del giudice dell’ottemperanza, al cui immanente ed esclusivo controllo è sottoposto.

Da ciò, a ben vedere, consegue necessariamente il rigetto dell’appello incidentale finalizzato alla riproposizione delle censure di merito ritenute assorbite dal TAR Bari, alla cui coltivazione l’appellante incidentale non ha interesse.

4. Tuttavia, poiché alcune di tali censure sono state proposte in questa sede dall’Amministrazione regionale pugliese (in disparte la ritualità di tale proposizione) il Collegio ritiene di sottoporle a scrutinio.

Le stesse sono, però, infondate, come appresso si passa ad illustrare.

5. Viene in prima analisi sostenuto che il provvedimento commissariale sarebbe illegittimo in quanto non avrebbe tenuto conto del fatto che il C.C. sarebbe decaduto dall’autorizzazioneall’esercizio in applicazione dell’art. 15, comma 11, della LR n. 8/04, a tenore del quale "l’autorizzazione decade automaticamente in caso di dichiarata o accertata chiusura o inattività per un periodo superiore a sei mesi". L’appellante principale, si sostiene, avrebbe infatti interrotto l’attività sin dal 2003 e non l’avrebbe riavviata.

L’assunto è privo di pregio.

E, infatti, se è vero che la richiamata legge regionale prevede una decadenzaautomatica per la mancata attività per sei mesi, è altrettanto vero che il medesimo art. 15 commina la predetta decadenza "salvo quanto previsto dall’articolo 12, comma 1 lettera d)"; a sua volta tale ultima previsione stabilisce che la struttura è tenuta a "comunicare tempestivamente alla Regione o al Sindaco:… d) la temporanea chiusura o inattività della struttura".

Vi è quindi, nella richiamata normativa, una clausola di salvaguardia finalizzata a preservare dalla decadenza coloro che intendano sospendere temporaneamente la propria attività. Si sostiene, sul punto, che, però, non vi sarebbe la prova che il C.C. al tempo della sospensione dell’attività abbia provveduto a effettuare la predetta comunicazione.

Per vero, la legge regionale evocata è entrata in vigore nel 2004, mentre l’appellante principale ha interrotto l’attività nel 2003 (come ammesso anche dalle altre parti del giudizio).

Orbene, ciò che è accaduto successivamente all’entrata in vigore della L.R. n. 8/04, in ordine all’eventualità che il C.C. abbia adempiuto alla predetta comunicazione al fine di non incappare nella prevista decadenza, non può non risentire, per la soluzione della questione, di due circostanze; l’una che la predetta comunicazione, a tenore della legge, poteva essere effettuata non solo alla Regione, ma anche al Sindaco (del Comune competente), l’altra che la legge de qua non stabilisce alcuna particolare formalità per l’adempimento in questione.

Ciò premesso, non può non tenersi conto, quanto alla circostanza che il Comune di Cavallino fosse edotto della intervenuta sospensione e delle motivazioni della medesima, di quello che è stato il comportamento del Comune in questione, il quale, lungi dal prendere atto di qualsiasi decadenza, ha istruito l’intera pratica finalizzata alla installazione della PET nel C.C. senza mai porre questioni relative all’autorizzazioneall’esercizio.

A ciò si aggiunga che l’appellante principale ha dato prova in giudizio dell’esistenza di numerosi atti provenienti dall’Amministrazione sanitaria da cui si evince che la stessa fosse informata dell’interruzione dell’attività e della volontà del C.C. di riavviarla una volta ottenuti tutti gli assensi per la realizzazione della nuova struttura (cfr. nota dell’ASL – racc. a.r. n. 2322/P del 28.7.2003, con cui la stessa nel ridurre il tetto di spesa assegnato richiedeva di comunicare la data di riavvio dell’attività; nonché nota del D.G. dell’ASL n. 920/p del 21.4.2004, con cui veniva dichiarata la disponibilità alla attribuzione del tetto di spesa all’atto della ripresa dell’attività).

6. Del pari infondato è l’assunto secondo cui l’istanza del C.C. per l’installazione della PET non fosse valida in quanto al momento della sua presentazione il C.C. era in liquidazione.

Il Collegio, infatti, condivide le difese spiegate dal C.C. secondo cui:

– da un lato l’eventuale "sconfinamento" dei liquidatori può essere contestata soltanto dai soci o dai soggetti interessati alle sorti del patrimonio dell’impresa in liquidazione;

– dall’altro, gli atti compiuti in violazione del divieto di cui all’art. 2279 del c.c., se per un verso non possono comunque considerarsi nulli (essendo espressamente prevista la responsabilità solidale dei liquidatori), per altro verso ben possono essere validati una volta che, come nel caso di specie, viene revocato lo stato di liquidazione della società.

Condivisibile è, in ultimo, anche la carenza di potere della Regione quanto alla verifica della legittimazione soggettiva degli organi societari che hanno avanzato l’istanza de qua al Comune competente. E, infatti, è al più a quest’ultimo che compete la effettuazione di indagini del tipo di quella in esame. La Regione, invero, ha esclusivamente competenza in ordine alla c.d. verificadicompatibilità dell’intervento da attuare con le esigenze di pianificazione economicosanitaria regionali.

7. In definitiva l’appello principale va accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, deve essere dichiarato inammissibile il ricorso di primo grado.

L’appello incidentale, invece, va respinto.

La complessità della vicenda giustifica la compensazione integrale fra le parti delle spese dei due gradi di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, Sezione Quinta, accoglie l’appello principale e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, dichiara inammissibile il ricorso di primo grado. Respinge l’appello incidentale.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 marzo 2010 con l’intervento dei Signori:

Pier Giorgio Trovato, Presidente

Cesare Lamberti, Consigliere

Marco Lipari, Consigliere

Aldo Scola, Consigliere

Nicola Russo, Consigliere, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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