Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 23-11-2010) 28-03-2011, n. 12654 Falsità ideologica in atti pubblici

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.- D.A. e N.E. propongono ricorso avverso la sentenza della Corte di Appello di Reggio Calabria del 23 settembre 2008 che, per quanto qui interessa, aveva confermato l’affermazione di responsabilità pronunciata nei loro confronti in primo grado per il reato di falso ideologico in atto pubblico, e del solo D. per il reato di tentativo di truffa in danno dell’INPDAP e di truffa in danno del Comune di Reggio Calabria. Secondo l’ipotesi di accusa il sacerdote N.E. aveva redatto l’atto relativo al matrimonio canonico "in articulo mortis", asseritamene da lui celebrato il 21 agosto 2001 nel reparto di rianimazione degli ospedali riuniti di Reggio Calabria tra D.A. e C. C.I., che era ivi ricoverata in istato di coma profondo, perciò incapace di esprimere volontà alcuna. L’atto era stato sottoscritto anche da D.U.B. e D.S.P. nella qualità di testimoni, anch’essi condannati per il falso, ma non ricorrenti.

La signora C. veniva a mancare il successivo (OMISSIS).

Il D., partecipe con il sacerdote al falso di cui s’è detto, aveva sfruttato l’atto di matrimonio per tentare di ottenere dall’INPDAP la pensione di reversibilità della donna, deceduta, come s’è detto, cinque giorni dopo, e per conseguire, nella qualità di coniuge superstite, il diritto a restare nell’appartamento popolare di cui la donna era intestatario.

La corte territoriale aveva ritenuto per certo che il matrimonio non fosse stato celebrato in quanto la povera inferma non era nella condizione di esprimere il necessario consenso, ed aveva perciò dichiarato la falsità dell’atto di matrimonio, ordinando all’Ufficiale dello Stato Civile la cancellazione della trascrizione relativa, sul punto correggendo la sentenza di primo grado che ne aveva invece dichiarato la nullità. 1.1- Il difensore del N., avvocato Antonio Lobate, deduce l’illogicità della motivazione della sentenza impugnata, che a suo avviso aveva travisato la prova documentale e testimoniale, e l’erronea applicazione dell’art. 479 c.p., ribadendo che non aveva commesso reato alcuno.

L’avv. Serafino Macrì, difensore del D., propone invece un’articolata censura, deducendo la violazione, da parte della corte territoriale, del concordato del 1929 come modificato con L. 25 marzo 1985, n. 121, ed il mancato rilievo del difetto di giurisdizione eccepito con l’atto di appello, sostenendo che essendo stato celebrato il matrimonio "in articuio mortis" ai sensi del codice di diritto canonico, previa dispensa dall’osservanza delle forme rituali prescritte, era precluso al giudice ordinario di pronunciare sulla falsità dell’atto di matrimonio, ritenuta perchè era stata attestata la prestazione di un consenso non manifestato. Assume infatti la ricorrente che il sacerdote aveva valutato come validamente esternato il consenso con segni equipollenti alla manifestazione di volontà "espressis verbis", e solo al giudice ecclesiastico competeva pertanto la cognizione sulla validità del matrimonio celebrato in virtù di quel tipo di consenso comunque manifestato.

Deduce poi difetto di motivazione in ordine ai reati di truffa consumata e tentata, censurando infine la quantificazione della pena in misura eccessiva ed inadeguata.

2.- I ricorsi sono destituiti di fondamento.

Preliminare è l’esame dell’eccezione di difetto di giurisdizione sostanzialmente prospettata da entrambi i ricorrenti, ancorchè più ampiamente motivato dal difensore del D.. L’eccezione è infondata, atteso che occorre distinguere la questione relativa alla validità del matrimonio, che è di competenza esclusiva del Tribunale Ecclesiastico e nel presente processo non è in discussione, da quella che impinge invece la falsità dell’atto, inteso come documento che ha certificato la prestazione reciproca di consenso al matrimonio da parte dei nubendi.

Nel caso di specie proprio di quest’ultima questione si tratta. La corte territoriale ha ritenuto infatti l’atto falso perchè attestante un fatto mai avvenuto, e cioè la celebrazione del matrimonio. Tale attestazione costituisce il reato di falso ideologico, di cui gli attuali ricorrenti sono stati ritenuti correttamente responsabili in base 1) alla considerazione che la donna non era nella condizione di consapevolezza che le avrebbe consentito la manifestazione di volontà necessaria per la prestazione del consenso al matrimonio; 2) alla circostanza che era fortemente dubbio l’accesso contemporaneo del sacerdote e delle altre parti al reparto di rianimazione, di cui nessun testimone aveva potuto riferire, e che la sentenza di primo grado esclude recisamente;

3) alla considerazione che la stessa tesi difensiva del sacerdote era oltremodo evasiva, perchè, come lo stesso ricorso riferisce, sarebbe stato lui stesso a stringere la mano all’inferma inconsapevole, quasi in guisa di intesa, senza ricevere segno alcuno di ricezione da parte della donna.

4) il crocesegno apposto in calce al documento non era stato sicuramente vergato dalla signora C..

Si tratta di motivazione esaustiva, logica e ragionevole, nè i ricorrenti possono proporre in questa sede di legittimità il riesame dei fatti, che è precluso proprio dalla coerenza logica della motivazione.

Inammissibili sono poi le censure relative ad asseriti difetti di motivazione in relazione ai capi della sentenza impugnata concernenti il tentativo di truffa in danno dell’INPDAP e la truffa consumata in danno del Comune, atteso che sostanzialmente con esse il D. intende sollecitare la revisione del merito, che come s’è detto, in questa sede di legittimità è preclusa se la sentenza impugnata abbia dato conto delle ragioni della decisione con motivazione ragionevole, comunque immune da vizi logici e contraddizioni, come nel caso di specie.

I ricorsi vanno pertanto rigettati, con conseguente condanna di ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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