Cass. civ. Sez. II, Sent., 20-06-2011, n. 13541 Interpretazione del contratto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 29 marzo 1993, la Rejna s.p.a., sul presupposto che aveva incorporato la Delta Fucine s.p.a., la quale aveva venduto alla Ellebi di L.G. e Barracu Paolo s.n.c. l’immobile di sua proprietà facente parte della maggiore unità immobiliare posta in (OMISSIS), e che la società alienante aveva accampato pretese sul lastrico solare di detto immobile, conveniva la medesima Ellebi di Giorgio Lai & C. s.n.c. dinanzi a Tribunale di Cagliari per sentir accertare la sua proprietà esclusiva e la illegittima detenzione da parte della convenuta del menzionato lastrico, con conseguente condanna a suo rilascio. Nella costituzione della società convenuta (che proponeva anche domanda riconvenzionale), il Tribunale adito, con sentenza del 28 giugno 2002, rigettò la domanda principale e accolse quella riconvenzionale, riconoscendo che il lastrico solare dedotto in controversia era stato acquistato dalla Ellebi s.n.c. con atto pubblico del 7 febbraio 1986. Interposto appello da parte della Rejna s.p.a., nella costituzione dell’appellata ed intervenuto volontariamente in giudizio il sig. P.S. al quale, con atto pubblico del 27 gennaio 2003, l’appellante aveva venduto il bene in contesa, dichiarando di voler proseguire il processo succedendo alla dante causa, la Corte di appello di Cagliari, con sentenza n. 155 del 2005 (depositata il 12 maggio 2005), previa vantazione di legittimità del suddetto intervento ai sensi dell’art. 111 c.p.c., in parziale riforma della gravata sentenza, dichiarava che la Ellebi s.n.c. deteneva senza titolo la porzione della terrazza sovrastante l’immobile oggetto dell’acquisto intervenuto con atto pubblico del 7 febbraio 1986, così come individuato nella planimetria allegata alla relazione de c.t.u. del 13 gennaio 1997, ordinandone la conseguente condanna al rilascio in favore della Rejna s.p.a., in qualità di proprietaria, rigettando la correlata richiesta di risarcimento danni e regolando le spese del doppio grado.

A sostegno dell’adottata decisione, la Corte territoriale rilevava che, tenendo conto dell’interpretazione complessiva dell’intero contratto di compravendita in questione, dalle specifiche clausole che individuavano l’oggetto dell’alienazione, si sarebbe dovuto dedurre che il lastrico solare era rimasto escluso dalla vendita e che, quindi, apparteneva ancora alla titolarità della società venditrice.

Avverso la suddetta sentenza della Corte sarda ha proposto ricorso per cassazione (notificato il 7 novembre 2005 e depositato il 17 novembre successivo) la Ellebi di Giorgio lai & C. s.n.c., articolato in tre motivi, al quale hanno resistito con un unico controricorso la Rejna s.p.a. e P.S.. Il difensore dei controricorrenti ha anche depositato memoria illustrativa ai sensi dell’art. 378 c.p.c..
Motivi della decisione

1. Rileva il collegio, in via pregiudiziale, che la costituzione volontaria, con atto depositato il 31 marzo 2011, della Sogefi Rejna s.p.a., quale nuova società incorporante perfusione la Rejna s.p.a.

(parte precedente in giudizio), non è idonea a produrre alcun effetto in questa fase, considerato che l’evento dell’incorporazione non determina l’interruzione del processo e che, in ogni caso, la suddetta società subentrante, oltre a non comprovare con apposita documentazione l’avvenuta successione, si è costituita con procura invalida, siccome apposta a margine dell’atto di costituzione volontaria e non, invece, conferita con atto pubblico o con scrittura privata autenticata, come sarebbe stato necessario in virtù dell’art. 83 epe, nella versione ("ratione temporis" applicabile) antecedente alla modifica apportata con la L. n. 69 del 2009, art. 45, comma 9, (applicandosi quest’ultima solo ai giudizi instaurati dopo l’entrata in vigore di quest’ultima legge).

2. Con il primo motivo la ricorrente censura la sentenza impugnata per assunta violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363 e 1367 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) nonchè per omessa e, comunque, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia prospettato dalla parte e rilevabile d’ufficio (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5).

3. Con il secondo motivo la ricorrente deduce altro vizio di violazione e falsa applicazione degli artt 1362, 1363 e 1367 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) nonchè insufficiente e, comunque, contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia prospettato dalla parte e rilevabile d’ufficio (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5).

4. Con il terzo la ricorrente denuncia contestualmente la nullità della sentenza e del procedimento per assunta violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nonchè la violazione e falsa applicazione degli artt. 817 e 1477 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, oltre al vizio di omessa motivazione su un punto decisivo della controversia prospettato dalla parte (in ordine all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5).

5. I primi due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente perchè strettamente connessi, sono infondati e devono, pertanto, essere rigettati.

5.1. Secondo la prospettazione della ricorrente la sentenza della Corte cagliaritana avrebbe violato, nell’interpretazione del rogito dedotto in controversia del 7 febbraio 1986, il canone principale dell’interpretazione letterale di cui all’art. 1362 c.c., così incorrendo nell’inosservanza del principio del gradualismo da rispettare nell’ermeneutica contrattuale e nel vizio motivazionale riconducibile alla diversa scelta dell’interpretazione logica con i rilievo della genericità del testo contrattuale e della mancanza di riferimenti concreti, senza oltretutto argomentare adeguatamente in ordine alla considerazione che il collegamento semplicemente letterale delle espressioni adoperate dalle parti avrebbe dovuto condurre alla specifica individuazione della porzione di terrazzo sovrastante le due porzioni al piano rialzato come ulteriore elemento da ricomprendere nell’oggetto della compravendita. Sotto altra angolazione la ricorrente ricollega le dedotte violazioni attinenti agli indicati canoni ermeneutici e all’insufficienza motivazionale della sentenza impugnata anche al profilo dell’erronea valorizzazione del dato in base al quale la Delta Fucine s.p.a. (incorporata dalla Rejna s.p.a.), proprietaria dell’intero compendio immobiliare del quale facevano parte anche le porzioni poi alienate alla società Ellebi con l’atto del 7 febbraio 1986, aveva precedentemente formato un regolamento condominiale, la cui descrizione delle parti comuni del compendio non includeva la terrazza sovrastante, da ritenersi, pertanto, rimasta nella proprietà esclusiva della suddetta società.

Sul piano generale si osserva che, secondo il costante orientamento della giurisprudenza di questa Corte, dal sistema delle regole ermeneutiche in materia di contratti si desume l’esistenza di un principio di gerarchia secondo cui le norme interpretative vere e proprie di cui agli artt. 1362-1365 c.c. prevalgono su quelle interpretative integrative di cui agli artt. 1366-1371 c.c., nel senso che la determinazione oggettiva del significato e della portata da attribuire alla dichiarazione negoziale non ha alcuna ragione di essere quando la ricerca soggettiva conduce ad un utile risultato. E’ altresì pacifico (cfr., ad es., Cass. 22 dicembre 2005, n. 28479;

Cass., 22 febbraio 2007, n. 4176; Cass. 28 agosto 2007, n. 18180 e, da ultimo, Cass. 26 febbraio 2009, n. 4670) che, in tema di interpretazione del contratto (che costituisce operazione riservata al giudice di merito, le cui valutazioni sono censurabili in sede di legittimità soltanto per violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale e per vizio di motivazione), ai fini della ricerca della comune intenzione dei contraenti, il principale strumento è rappresentato dal senso letterale delle parole e delle espressioni utilizzate nel contratto; tuttavia, occorre evidenziare che il rilievo da assegnare alla formulazione letterale deve essere verificato alla luce dell’intero contesto contrattuale, e le singole clausole vanno considerate in correlazione tra loro, dovendo procedersi al loro coordinamento a norma dell’art. 1363 c.c., e dovendosi intendere per "senso letterale delle parole" tutta la formulazione letterale della dichiarazione negoziale, in ogni sua parte ed in ogni parola che la compone, e non già in una parte soltanto, quale una singola clausola di un contratto composto di più clausole, dovendo il giudice collegare e raffrontare tra loro frasi e parole al fine di chiarirne il significato.

Proprio attenendosi a tale principio la Corte territoriale, procedendo ad una complessiva analisi del testo contrattuale, da ritenersi compiutamente esaustiva (non essendosi risolta nella valutazione del solo contenuto dei primi due articoli del contratto di compravendita in discorso, ma risultata rivolta anche alle restanti clausole e agli allegati tecnici), è pervenuta alla conclusione, in virtù di una motivazione certamente sufficiente e priva di vizi logici, che le parti non avevano inteso ricomprendere nell’oggetto contrattuale il lastrico solare, non considerandolo nè nella sua totalità nè in senso parziale. Invero, dopo aver riportato un’opportuna descrizione delle caratteristiche fisiche e funzionali oltre che dell’individuazione catastale del bene costituente l’oggetto della vendita , anticipata dal richiamo testuale dei primi due articoli della convenzione, i giudici di appello hanno evidenziato che la terrazza in contestazione aveva una specifica ed autonoma destinazione, era catastalmente distinta nella sua individualità e risultava esclusa "ab initio" dal novero dei beni condominiali, essendo rimasta di proprietà dell’originario costruttore dell’intero edificio, per come poteva desumersi dal regolamento allegato in atti ed espressamente richiamato nello stesso atto di compravendita. Sulla scorta di questo inequivoco ed oggettivo accertamento preliminare, la Corte sarda ha proceduto ad individuare chiaramente le unità immobiliari oggetto del trasferimento, anche mediante i riferimenti catastali e planimetrici, dai quali emergeva che nè la terrazza di copertura nè la relativa rampa di accesso potevano ritenersi incluse nelle suddette unità. In particolare, la stessa Corte territoriale ha, al riguardo, idoneamente valorizzato il riferimento contenuto nell’art. 1 ai diversi indici di individuazione, riferiti al livello di piano, ai confini, al numero civico, alla destinazione d’uso e, soprattutto, ai dati catastali e alla planimetria allegata, sottolineando la decisivttà del riferimento a quest’ultimo documento la cui funzione viene testualmente richiamata nella convenzione (nell’ambito dello stesso art. 1) "ad esatto chiarimento della porzione immobiliare alienata".

Correttamente, pertanto, La Corte di appello, nell’esame complessivo e coordinato del contenuto dell’art. 1 della convenzione, ha ritenuto che il riferimento alla richiamata planimetria (dalla quale non si evinceva in alcun modo la porzione della terrazza che la società oggi ricorrente pretendeva esserle stata alienata insieme alle altre unità immobiliari), quale ulteriore ed essenziale precisazione rispetto alle altre indicazioni, avrebbe dovuto costituire l’elemento testuale fondamentale (riportato anche nell’art. 2) di ricostruzione della volontà contrattuale per l’esatta identificazione del bene trasferito, proprio alla luce della sua decisiva specificità, tale da non lasciar residuare margini di incertezza. Sulla base di questa evidente ed univoca manifestazione volitiva delle parti, la Corte territoriale, senza omettere il necessario controllo interpretativo in relazione al criterio letterale previsto dall’art. 1362 c.c., ha, anche in applicazione del connesso criterio ermeneutico contemplato dal successivo art. 1363 c.c., esteso il proprio esame al contratto nella sua interezza, ponendo in risalto, in modo logico e coerente, come le parti avessero, in effetti, inteso puntualizzare, nell’art. 2, alcuni aspetti indubbiamente conseguenti al trasferimento della titolarità dominicale sulle unità n. 10 e 10/A, in ordine alle quali, con una formula di stile, si era dichiarato – in modo assolutamente generico e, soprattutto, senza alcun riferimento a situazioni concrete (invece esattamente determinate sulla scorta dei già richiamati riferimenti catastali e planimetrici) – che dovevano intendersi trasferite le azioni e le ragioni, oltre che i diritti già eventualmente facenti capo alla società dante causa "sui beni alienati" (e, perciò, su quelli effettivamente costituenti oggetto d trasferimento), distinguendoli da quelli su altri beni in qualche modo agli stessi connessi, quali aderenze, pertinenze, sovrastanze, infissi ed altri.

In dipendenza di tale complessiva operazione ermeneutica e conformandosi ai principi generali dettati da questa Corte in materia (come in precedenza richiamati), la Corte cagliaritana ha coerentemente ritenuto, con motivazione certamente congrua e logica, che all’espressione "sovrastanze", di per sè generica e comunque non corredata di ulteriori ed espressi elementi testuali (non discorrendosi in termini di proprietà nè ponendosi riferimento ad apposito tipo di frazionamento della porzione della terrazza distinta catastalmente con dati propri), non potesse essere ricondotta la volontà di alienare anche il lastrico oggetto della controversia.

Peraltro, occorre sottolineare che, diversamente da quanto dedotto dalla ricorrente, la Corte territoriale non ha fatto derivare alcuna conseguenza diretta dalla riportata circostanza che il lastrico, secondo quanto previsto dal regolamento condominiale, fosse rimasto di proprietà esclusiva della Rejna s.p.a., ma ha preso in considerazione tale elemento in via meramente integrativa al solo scopo di corroborare il più ampio e risolutivo ragionamento basato sull’ìnterpretazione letterale e complessiva delle clausole contrattuali alla stregua degli indicati canoni ermeneutici. Del resto, ove la Rejna s.p.a. avesse voluto alienare la porzione del lastrico solare coincidente con la parte immobiliare sottostante, in deroga al regolamento condominiale, avrebbe dovuto necessariamente far menzione di detta parte nell’atto di compravendita e modificare contestualmente il regolamento di condominio, nella parte in cui individuava il valido titolo di proprietà ora sussistente in capo ai S.P. (poi intervenuto in giudizio, quale avente causa);

a questo proposito sarebbe stata indefettibile un’espressa ed univoca indicazione dei mappali di riferimento e dei relativi dati catastali, con la coeva costituzione di una servitù di passaggio a favore di altri eventuali proprietari, la cui mancata previsione, quindi, è stata valorizzata quale aggiuntiva (rispetto all’esame ermeneutico principale già evidenziato) circostanza sintomatica della manca inclusione del lastrico solare nell’oggetto della compravendita in questione.

6. Anche il terzo motivo non si prospetta meritevole di pregio e va, perciò, respinto.

6.1. Con questa doglianza la ricorrente deduce che la Corte di appello non si sia pronunciata (incorrendo nella violazione dell’art. 112 c.p.c.) in merito all’esistenza di un vincolo pertinenziale tra il locale alienato alla s.n.c. Ellebi ed il lastrico solare in discorso, sul presupposto che l’eccezione era stata proposta dalla stessa in entrambi i gradi di giudizio.

Rileva il collegio che, in effetti, per quanto si desume anche dallo stesso svolgimento del processo richiamato nella sentenza impugnata, pur avendo la società ricorrente posto riferimento nello sviluppo della sua difesa anche ad un assunto rapporto pertinenziale tra il lastrico solare e le unità immobiliari oggetto della vendita, con la formulata domanda riconvenzionale si era limitata a chiedere che venisse affermato che il tratto del lastrico solare per cui era causa era stato da essa acquistato con l’atto pubblico del 7 febbraio 1986.

Questa domanda, quindi, era diretta ad ottenere una pronuncia diretta a far dichiarare al giudice di primo grado e a quello di appello l’accertamento del suo acquisto anche del lastrico solare in discussione ma non una specifica statuizione in ordine all’esistenza di un vincolo di pertinenzialità tra l’immobile venduto e la porzione del lastrico solare sovrastante (oltretutto inverosimile, sia perchè la terrazza era autonomamente individuata in catasto nella sua interezza e svolgeva la funzione di copertura dell’intero fabbricato, sia in quanto l’oggetto della controversia ineriva unicamente una porzione non specifica di detta terrazza, senza che fosse, peraltro, rimasta comprovata la sussistenza delle condizioni imposte dall’art. 817 c.c.). Conseguentemente, l’argomento (non concretante propriamente oggetto di una specifica domanda) concernente l’esistenza di tale vincolo era rimasto assorbito dalla sentenza del giudice di prime cure che aveva rigettato le domande della Rejna s.p.a. ed era stato considerato altrettanto assorbito dal giudice di secondo grado (e, quindi, implicitamente risolto anche in appello) – senza, perciò, potersi ravvisare il vizio di omessa pronuncia – con la statuita decisione (fondata sulla corretta interpretazione complessiva del contratto di compravendita, di cui si è dato conto con riferimento ai primi due motivi) della detenzione senza titolo della porzione di terrazza in discorso da parte della s.n.c. Ellebi, con il conseguente ordine di condanna al suo rilascio in favore dell’appellante.

7. In definitiva, alla luce delle esposte ragioni, il ricorso deve essere integralmente respinto, con condanna della ricorrente, siccome soccombente, al pagamento delle spese del presente giudizio in favore di entrambi i controricorrenti (costituiti congiuntamente), che si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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