T.A.R. Friuli-Venezia Giulia Trieste Sez. I, Sent., 24-03-2011, n. 172 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ricorso notificato il 15 marzo 2010 e depositato il successivo 24 marzo, le ricorrenti, tutte residenti a Udine a pochi metri dalla stazione radio base per il servizio pubblico di telefonia mobile cellulare (denominata UD 122 via Zorutti), alta 36 metri, realizzata dalla E.T. s.p.a. presso il parcheggio del cinema Visionario, sul terreno sito in via Fabio Asquini, sono insorte avverso i provvedimenti in epigrafe indicati, tra cui – in particolare – il permesso di costruire in data 2 dicembre 2009 PG N. PG/E 0068811/2008 rilasciato alla società su indicata dal dirigente del Servizio Edilizia Privata del Comune di Udine, il Piano comunale di settore per la localizzazione degli impianti fissi di telefonia mobile definitivamente approvato con delibera consiliare in data 28 giugno 2007, n. 84 e la concessione di occupazione di suolo pubblico in data 10 novembre 2009 n. 91 a firma del dirigente del Servizio Patrimonio e Ambiente.

1.1 Le esponenti deducono l’illegittimità dei provvedimenti gravati e ne chiedono, l’annullamento, previa sospensione cautelare, per i seguenti articolati motivi di diritto:

1. Violazione del Piano comunale di settore per la localizzazione degli impianti fissi per telefonia mobile. Eccesso di potere per contraddittorietà e perplessità manifeste. Violazione della L.R. n. 28/2004 e del D.P.R. n. 94/2005. Eccesso di potere per difetto di motivazione;

2. Violazione degli artt. 8, 13 e 23 del Regolamento edilizio, nonché dell’art. 21 L.R. n. 19/09 e degli artt. 11 e 20 D.P.R. n. 380/2001, nonché dell’art. 1 L. 241/1990;

3. Violazione dell’art. 11 D.P.R. n. 380/01;

4. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento dei fatti ed erroneità dei presupposti. Violazione dell’art. 97 della Carta costituzionale. Violazione dell’art. 7 L. n. 241/1990.

2. Si sono costituite in giudizio per resistere al ricorso le società E.T. s.p.a. e W.T. s.p.a., chiedendone, in via preliminare, la declaratoria di irricevibilità per tardiva proposizione e/o d’inammissibilità per difetto di legittimazione, d’interesse a ricorrere e per mancata evocazione in giudizio di tutte le parti ritenute necessarie (ARPA e Soprintendenza per i Beni Architettonici del F.V.G.) e, nel merito, il rigetto, in quanto infondato.

3. Le parti hanno depositato memorie e documenti.

4. La causa, dopo la rinuncia all’istanza cautelare da parte delle ricorrenti, è stata chiamata alla pubblica udienza del 26 gennaio 2011 e, quindi, trattenuta per la decisione.

5. In via preliminare, va scrutinata l’eccezione di tardività sollevate dalle società controinteressate.

5.1 Essa è fondata, per lo meno con riferimento alle doglianze contenute nel primo motivo di gravame, atteso che le censure preordinate a mettere in luce, sotto diversi profili, la non localizzabilità nel sito individuato dell’intervento assentito, evidenziano – in effetti – la sussistenza di problemi di tempestività del ricorso notificato il 15 marzo 2010 rispetto a lavori iniziati il precedente 21 dicembre 2009 anche con l’esposizione del cartello di cantiere recante l’indicazione degli estremi del permesso di costruire.

E’ noto, infatti, che il termine per l’impugnazione del permesso di costruire da parte di terzi decorre dal momento in cui questi abbiano avuto piena ed effettiva conoscenza del provvedimento lesivo, che, di norma, coincide con il momento in cui la parte abbia riscontrato in natura l’avvio di un attività edificatoria ritenuta contrastante con le norme vigenti.

Ciò significa, in sostanza, che l’onere di impugnazione del titolo edilizio scatta di solito nel momento in cui si palesi evidente l’illegittimo esercizio dello ius aedificandi.

Tale regola, valida nella generalità dei casi, va, tuttavia, precisata ed adattata alle singole fattispecie fattuali di volta in volta sottoposte al vaglio del giudice ed è idonea a condurre a soluzioni anche diversificate, a seconda delle peculiarità dell’attività edificatoria in corso e dei vizi denunciati.

Può accadere, infatti, che la percezione della lesività e dell’illegittimità in taluni casi sia riferibile al semplice avvio della realizzazione dell’intervento assentito (ad es. nel caso in cui il ricorrente intenda far valere l’assoluta inedificabilità del suolo), con conseguente onere di immediata impugnazione, in altri richieda, invece, una seppur minima realizzazione dell’intervento (ad es. nel caso di contestazione della violazione delle distanze regolamentari da edifici vicini), conseguendone che il termine per ricorrere inizia a decorrere dal momento in cui la parte realizzata rende evidente la lesività e in altri casi ancora postuli, invece, il completamento della struttura essenziale del fabbricato, dalla cui sola edificazione scatta, quindi, l’onere processuale di impugnazione.

5.2 E’ sulla scorta e in applicazione di tali regole, che trovano ampia conferma in giurisprudenza (ex multis C.d.S., IV, 10 dicembre 2007, n. 6342; Tar Catania, I, 11 febbraio 2010, n. 3835; TAR Puglia, Bari, II, 4 giugno 2010, n. 2242), che va, pertanto, esaminata la fattispecie concreta portata all’esame del Collegio, al fine di individuare a quale dei diversi momenti di decorrenza del termine per impugnare il titolo edilizio rilasciato a terzi si debba, nel caso specifico, fare riferimento.

5.2.1 Orbene, in primo luogo, emerge che parte ricorrente contesta il titolo edilizio per il solo fatto che esso sia stato rilasciato.

In particolare, le esponenti, nel rappresentare che l’impianto assistito insiste nel centro storico della città, in un ambito residenziale caratterizzato da fabbricati di pregio di due/tre piani, e, in particolare, su un’area soggetta a vincolo culturale, evidenziano che lo stesso ricade, ai sensi del Piano comunale impugnato (PLITM) su area inclusa in zona B e, in particolare, nell’unità di paesaggio 2 ("la città storica dal tessuto compatto") e, quindi, in un "ambito territoriale controindicato" ai sensi dell’art. 11.1 del piano medesimo, in cui l’installazione di nuovi impianti "sarà consentita unicamente sulla sommità di edifici alti preferenziali (art. 9.6 delle NdiA) o neutri (art. 10.4 delle NdiaA) previa opportuna progettazione dell’inserimento architettonico e paesaggistico.

E’ evidente, quindi, che in tal caso la percezione dell’illegittimità e della lesività del permesso di costruire andava riconnessa al semplice avvio dell’attività edificatoria resa evidente – tra l’altro – dall’esposizione del cartello di cantiere con l’indicazione degli estremi del titolo abilitativo edilizio, similmente a quanto avviene in caso di deduzione dell’assoluta inedificabilità del suolo, in quanto in grado di far cogliere che l’intervento assentito si poneva in contrasto con gli artt. 11.1 e 12 (e relativa tabella n. 2) delle NdiA del PLITM, con le disposizioni di cui all’art. 3, comma 4, lett. a) e c), del D.P.Reg. 19 aprile 2005, n. 094/Pres., nonché con quella parte della scheda n. 24 contenuta nell’allegato C delle citate NdiA (ovvero la prescrizione relativa ai minimi obiettivi di compatibilità paesaggistica e all’onere di sua ricerca) che le ricorrenti hanno ritenuto di sottrarre al denunciato contrasto con l’art. 11.1 di cui in seguito si riferirà.

Nella fattispecie, le ricorrenti hanno inteso contestare, infatti, il rilascio del titolo abilitativo in sé e, dunque, una prospettata impossibilità di autorizzare tramite esso qualsiasi erezione in zona di una stazione radio base per telefonia mobile ancorata al suolo.

Sicché, anche a voler ritenere che le parti del PLITM ritenute contrastanti con il citato art. 11.1 delle NdiA (tra cui – in particolare – parte della scheda n. 24, inclusa nell’allegato C, laddove qualifica l’impianto da realizzarsi nel parcheggio del cinema del Visionario come "coerente" con i criteri di localizzazione urbanistica del PLITM) o quelle dello stesso ritenute carenti (per violazione dell’art. 3, comma 2, lett. b, del D.P.Reg. citato), di cui è stato chiesto l’annullamento, con conseguente travolgimento, in via derivata, dell’autorizzazione che su esse si fonda, andassero gravate in uno con l’atto applicativo (in quanto costituenti parametro normativo essenziale della sua legittimità) e non avuto riguardo al termine della loro pubblicazione all’albo pretorio dell’ente, è, però, indubbio che l’intempestività delle censure svolte avverso il permesso di costruire si riverberi necessariamente anche sulla loro impugnazione, rendendola, quindi, del pari intempestiva.

5.3 Discorso diverso deve essere fatto, invece, con riguardo alle censure contenute nel secondo, nel terzo e nel quarto motivo di gravame, atteso che le illegittimità denunciate, involgendo il procedimento di formazione del titolo abilitativo edilizio e di quello di concessione di occupazione del suolo pubblico, non erano tali da potersi manifestare nella loro lesività al mero avvio dei lavori di realizzazione della stazione radio base per il servizio di telefonia mobile.

Sicché, rispetto ad esse il dies a quo non può farsi decorrere dall’inizio dei lavori, ma solo dalla piena conoscenza che le ricorrenti ne abbiano avuto.

In mancanza di diversi elementi contrari, il cui onere probatorio incombeva sulle controinteressate che hanno sollevato l’eccezione di tardività, il termine deve ritenersi, pertanto, decorrente dal successivo momento in cui le ricorrenti – non partecipanti al procedimento amministrativo conclusosi con i provvedimenti impugnati – hanno potuto estrarre copia degli stessi, conseguendone che, non essendovi, allo stato, motivi per dubitare che tale momento sia compatibile con i tempi di proposizione del ricorso, quest’ultimo deve ritenersi tempestivamente proposto con riguardo ai su indicati motivi di gravame.

6. L’accertata parziale ricevibilità del ricorso, impone, quindi, di scrutinare anche le eccezioni di inammissibilità per difetto di legittimazione ed interesse a ricorrere sollevate dalle società controinteressate.

6.1 Esse sono destituite di fondamento.

E’, infatti, pacifico in giurisprudenza che i proprietari di immobili in zone confinanti o limitrofe con quelle interessate dalla nuova costruzione sono legittimati ed hanno interesse ad impugnare i titoli edilizi che possono pregiudicare la loro posizione sia per il maggior carico urbanistico, che per il mancato rispetto degli standards, sia ancora per la incisione delle condizioni ambientali dell’area e, più in generale, per le modifiche all’assetto urbanistico ed edilizio della zona ove sono ricompresi gli immobili di cui hanno la disponibilità.

7. Ritiene, invece, il Collegio di poter prescindere dall’esame dell’eccezione d’inammissibilità per mancata evocazione in giudizio dell’Arpa e della Soprintendenza per i Beni Archotettonnici del Friuli Venezia Giulia, atteso che i pareri da tali soggetti rilasciati hanno valenza endoprocedimentale e, comunque, sono confluiti nel provvedimento finale, unico in grado di incidere sulle posizione giuridiche dei privati e, in ogni caso, riferibile al solo Comune di Udine.

8. Passando ora al merito, osserva il Collegio che le argomentazioni difensive svolte dalle ricorrenti a sostegno dei motivi di censura proposti sono prive di fondamento per le considerazioni che seguono.

8.1 Quanto al secondo e al terzo motivo di gravame, che, per ragioni di economia processuale, vengono esaminati assieme, rileva, infatti, il Collegio che la circostanza che il provvedimento di concessione di suolo pubblico, presupposta all’emissione del permesso di costruire, sia precedente solo di pochi giorni a tale provvedimento e sia stata rilasciata alla W. s.p.a., anziché alla E. che "per conto di W." ha ottenuto il permesso di costruire, non pare idonea ad inficiare la legittimità né del permesso di costruire rilasciato in data 2 dicembre 2009, né della concessione di occupazione di suolo pubblico in data 10 novembre 2009.

8.1.1 Sotto il primo aspetto pare sufficiente osservare, infatti, che la legittimità dell’atto (nel caso di specie il permesso di costruire) va valutata con riferimento al momento della sua emanazione e, nel caso di specie, è indubbio che il titolo abilitativo edilizio sia stato adottato in presenza di tutti i presupposti di legge, inclusa la valida esistenza di una precedente concessione di occupazione di suolo pubblico.

A nulla rileva, dunque, che tale concessione rechi una data solo di poco antecedente a quella di rilascio del permesso di costruire.

Il rilievo è, dunque, infondato.

8.1.2 Ugualmente destituita di fondamento è, peraltro, anche la dedotta violazione dell’art. 11 del D.P.R. n. 380/2001 sotto il profilo della non corrispondenza tra il soggetto che ha ottenuto la concessione di occupazione del suolo pubblico (W.) e quello che ha ottenuto, invece, il rilascio del permesso di costruire (E.).

Il Collegio ritiene, infatti, a tal proposito condivisibili le argomentazioni svolte nelle proprie memorie dalle società controinteressate, che hanno messo bene in evidenza il rapporto sussistente tra W. ed E. e, conseguentemente, l’assoluta inconsistenza della violazione dedotta.

Non appare fuori luogo sottolineare, infatti, che la società W. è in possesso della licenza governativa per il servizio di prestazione del servizio pubblico radiomobile GSM – DCS – UMTS e che, al fine di realizzare – nei tempi prescritti dalla licenza medesima – la rete telefonica di pubblica utilità, ha stipulato con la società E. un Accordo Quadro in data 24 luglio 1998, in virtù del quale la E., in qualità di aggiudicataria dell’appalto per la fornitura della rete radiomobile di telecomunicazioni per la rete W., è stata incaricata di ricercare, acquisire, progettare e realizzare i siti sui quali installare le stazioni radio base, ivi compresa la richiesta alle varie Amministrazioni interessate dei titoli abilitativi necessari, potendone, quindi ottenere il rilascio al fine di consegnare al gestore gli impianti "chiavi in mano", pronti per funzionare al servizio della collettività.

Tale circostanza risulta, peraltro, evidenziata nell’istanza presentata da E. al Comune in data 6 giugno 2008 al fine di ottenere il permesso di costruire ora in contestazione e per del tutto irrilevante pare, quindi, che, in forza degli obblighi contrattualmente assunti dalle due società, il permesso di costruire sia stato rilasciato alla E. anziché alla W., atteso che l’art. 11 del D.P.R. citato, laddove prevede che "il permesso di costruire è rilasciato al proprietario dell’immobile o a chi abbia titolo per richiederlo", non preclude – in effetti – che il titolo legittimante possa avere anche natura contrattuale e sia tale da autorizzare un soggetto diverso dal proprietario (o dal concessionario di suolo pubblico) a richiedere ed ottenere il titolo abilitativo necessario alle realizzazione delle opere.

8.1.3 Del tutto priva di consistenza risulta, inoltre, l’ulteriore censura, volta a mettere in discussione la possibilità di ricondurre effettivamente a W. la disponibilità dell’area pubblica sulla quale era prevista la realizzazione della stazione radio base e, conseguentemente, la legittimità del permesso di costruire sulla sua scorta rilasciato, atteso che le argomentazioni svolte sul punto dalle ricorrenti appaiono del tutto generiche e non in grado di dimostrare che il "delegato" che ha firmato l’atto di concessione di occupazione di suolo pubblico per conto della società concessionaria, accettandone le condizioni, fosse privo di poteri rappresentativi. La difesa della concessione assunta nella presente sede giurisdizionale da parte della società W. pare, peraltro, di per sé idonea a fugare i dubbi ventilati dalle ricorrenti circa un possibile "disconoscimento" degli obblighi derivanti dalla stessa da parte della società medesima.

8.2 A miglior sorte non sono destinate, infine, nemmeno le censure contenute nel quarto e ultimo motivo di gravame (e in parte anticipate nel terzo motivo) e mirate:

– da un lato, a mettere in evidenza che il Comune di Udine, in forza di una precedente concessione rilasciata in favore dell’Associazione Centro per le Arti Visive, aveva da tempo perso la disponibilità dell’area su cui è stata assentita ed installata l’infrastruttura contestata, con la conseguenza che la concessione di occupazione di suolo pubblico successivamente rilasciata a W. risulterebbe inficiata per difetto di istruttoria o per travisamento dei fatti e dei presupposti o, ancora, per violazione dei principi di correttezza e ragionevolezza, vizi che a loro volta si riverberebbero, in via derivata, anche sul permesso di costruire che la presuppone;

– dall’altro, a censurare il mancato invio della comunicazione di avvio del procedimento di cui all’art. 7 della legge n. 241 del 1990 sia all’Associazione su indicata che alle ricorrenti, circostanza che sarebbe idonea ad inficiare il titolo rilasciato.

8.2.1 La prima censura s’appalesa inammissibile, atteso che l’unico soggetto che avrebbe potuto aver interesse a dolersi di un’eventuale concessione di un’area già concessionata a terzi (circostanza, allo stato, indimostrata) avrebbe, evidentemente, potuto essere unicamente il precedente legittimo concessionario, ma non certamente le odierne ricorrenti.

L’Associazione Centro per le Arti Visive, che, a detta delle ricorrenti, disporrebbe di un titolo di concessione relativamente all’area in questione, non ha, però, ritenuto né di impugnare il provvedimento ora in esame, né di intervenire nel presente giudizio.

Il Collegio non può, quindi, fare altro che dichiarare l’inammissibilità del motivo di gravame per carenza d’interesse.

8.2.2 Analogamente inammissibile s’appalesa, inoltre, anche il mancato invio della comunicazione di cui all’art. 7 della legge n. 241 del 1990 all’Associazione su indicata, atteso che, anche in tale caso, non è ravvisabile alcun interesse a ricorrere in capo alle ricorrenti per omesso invio di una comunicazione a terzi.

8.2.3 In ogni caso, la medesima censura, anche se valutata unicamente con riguardo alla personale posizione delle ricorrenti, risulta infondata, atteso che il Comune non può ritenersi onerato dell’obbligo di comunicare l’avvio del procedimento amministrativo volto al rilascio del permesso di costruire a tutti i potenziali soggetti che da esso potrebbero subire un qualsiasi pregiudizio.

L’ampiezza e la varietà degli interessi coinvolti dal procedimento di trasformazione del territorio sono tali da rendere, infatti, difficilmente individuabili i soggetti che possono ricevere nocumento dal rilascio del titolo abilitativo.

9. In base alle considerazioni innanzi esposte il ricorso va, quindi, dichiarato in parte irricevibile e in parte inammissibile e in parte respinto, in quanto infondato.

10. Sussistono, tuttavia, giusti motivi per compensare le spese di giudizio tra le parti, attesa la particolarità delle questioni trattate.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia (sezione prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara in parte irricevibile, in parte inammissibile e in parte lo rigetta, in quanto infondato, nei sensi di cui in motivazione.

Compensa tra le parti le spese del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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