Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia – Lecce 121/2009

Registro Ricorsi: 1098/2008

Composto dai Signori Magistrati:

Aldo Ravalli Presidente

Ettore Manca Primo Referendario

Massimo Santini Referendario est.

Ha pronunziato la seguente

SENTENZA

Sul ricorso n. 1098/2008 presentato dalla SAIM s.r.l., in personale del legale rappresentante sig. Santo Masilla, rappresentata e difesa dall’Avv. Luca Vergine, presso il cui studio in Lecce al viale Otranto n. 117 è elettivamente domiciliata;

contro

il Comune di Manduria, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Giovanni Luigi De Donno ed elettivamente domiciliato in Lecce alla via Zanardelli n. 7 presso lo studio dell’Avv. Angelo Vantaggiato;

per l’annullamento

1. della nota n. 14409 in data 20 maggio 2008 del Comune di Manduria con cui si ordina di non effettuare l’intervento diretto alla realizzazione di un impianto eolico di potenza inferiore ad 1 MW;
2. della nota di indirizzo assessorile n. 13910 del 14 maggio 2008;
3. di ogni altro atto connesso, presupposto e consequenziale.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione comunale, resistente;

Viste le memorie rispettivamente prodotte dalla parti a sostegno delle proprie difese;

Visti tutti gli atti di causa;

Designato alla pubblica udienza del 17 dicembre 2008 il relatore Massimo Santini, referendario, uditi altresì l’Avv. Vergine per il ricorrente e l’Avv. De Donno per l’amministrazione resistente;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

FATTO

La società ricorrente ha presentato in data 11 aprile 2008 denuncia di inizio attività, ai sensi dell’art. 12 del decreto legislativo n. 387 del 2003 e della legge Regione Puglia n. 1 del 2008, per la realizzazione di un impianto eolico di piccola taglia, di potenza pari a 0,66 MW.

L’intervento sarebbe da localizzare in area agricola non sottoposta a vincoli di natura paesaggistica, anche ai sensi del PUTT.

Con nota n. 14409 in data 20 maggio 2008 il Comune di Manduria ordinava di non effettuare l’intervento, attesa la carenza della seguente documentazione:

1. Copia titolo reale del richiedente in ordine all’immobile, autorizzazione da parte del proprietario in merito alla effettuazione delle opere in questione e copia titolo di proprietà dell’immobile;
2. Tavola grafica di riferimento PUTT;
3. DURC (documento unico di regolarità contributiva);
4. Relazione tecnica concernente la produzione del materiale di risulta.

Con la stessa nota si faceva altresì presente che: 1) l’impianto sarebbe inoltre sottoposto ad autorizzazione unica, e non a DIA, in quanto ai sensi della delibera regionale n. 35 del 2007 la DIA si applica soltanto agli impianti eolici non superiori a 60 kw di potenza, oppure di potenza ricompresa tra 60 kw ed 1 MW ma comunque destinati all’autoconsumo. Nel caso di specie, trattandosi di impianto pari a 0,66 MW di potenza non destinato all’autoconsumo, si dovrebbe seguire il procedimento della autorizzazione espressa; 2) essendo in corso di predisposizione il regolamento comunale per la disciplina dei suddetti impianti di energia rinnovabile, tutte le relative pratiche sarebbero state temporaneamente sospese (ossia per 60 gg.) in applicazione della nota assessorile n. 13910 del 14 maggio 2008.

La società interponeva dunque ricorso giurisdizionale per i seguenti motivi:

1. Violazione e falsa applicazione dell’art. 23 del DPR n. 380 del 2001 (Testo Unico Edilizia), in quanto il provvedimento inibitorio è stato adottato oltre il termine perentorio di trenta giorni previsto dalla indicata disposizione affinché si formi validamente il titolo edilizio. Né è stato adottato al riguardo un qualsivoglia provvedimento di autotutela, mancando in questa direzione sia la comunicazione di avvio del procedimento, sia la valutazione dell’interesse pubblico all’annullamento;
2. Violazione di legge nella parte in cui l’atto di indirizzo assessorile determina in concreto la sospensione di un titolo edilizio già validamente formatosi. Il richiamo alla delibera n. 35 del 2007 è peraltro erroneo, in quanto essa si riferisce ai macro impianti;
3. Eccesso di potere per errore nei presupposti di fatto e di diritto, atteso che dalla documentazione prodotta in allegato alla DIA si poteva ben evincere il possesso di ogni attestazione e certificazione di cui il Comune eccepisce la mancanza. Il DURC deve inoltre essere presentato prima dell’inizio dei lavori;
4. Violazione della legge regionale n. 1 del 2008 e della delibera regionale n. 35 del 2007, la quale prevede il procedimento di autorizzazione unica solo per i macro impianti e non anche quelli di piccola taglia.

La ricorrente chiedeva inoltre il risarcimento dei danni patiti per effetto dei provvedimenti illegittimamente adottati.

Si è costituito in giudizio il Comune di Manduria, il quale ha eccepito tra l’altro che:

1. l’intervento inibitorio del Comune è da qualificarsi, nella sostanza, quale atto di autotutela;
2. l’atto di sospensione assessorile è dettato da esigenze di tutela del patrimonio agricolo e paesaggistico;
3. in ogni caso, la carenza documentale è tanto grave da non aver fatto nemmeno scattare il termine legalmente previsto;
4. in base al combinato disposto del regolamento regionale n. 16 del 2006 e della delibera regionale n. 35 del 2007, l’impianto in questione non sarebbe sottoponibile a DIA ma ad autorizzazione espressa;

Con memoria di udienza depositata in data 28 novembre 2008, la stessa difesa dell’amministrazione comunale ha altresì fatto presente che, sulla base della circolare regionale in data 1° agosto 2008, nel caso di specie non sarebbero stati inoltre prodotti: gli elaborati progettuali previsti dal DPR n. 554 del 1999; il nulla osta sull’assenza di interferenze con le linee di comunicazioni elettroniche di cui al d.lgs. n. 259 del 2003; l’assegnazione del punto di connessione da parte dell’ENEL; l’asseverazione del tecnico progettista circa l’assenza di una serie di vincoli (paesaggistico, archeologico, idrogeologici, etc.).

Nella stessa memoria si eccepisce altresì che l’impianto si troverebbe connesso con altro per il quale è stata parimenti presentata denuncia di inizio di attività.

Con ulteriore memoria depositata in data 6 dicembre 2008, l’amministrazione rilevava che nel caso di specie doveva trovare comunque applicazione la legge regionale n. 31 del 2008, in particolare laddove autorizza il ricorso alla DIA per i soli impianti eolici realizzati dagli enti locali oppure destinati all’autoconsumo.

Alla udienza del 17 dicembre 2008 le parti rassegnavano le proprie rispettive conclusioni ed il ricorso veniva trattenuto in decisione.

DIRITTO

01. Il ricorso è fondato per le ragioni di seguito evidenziate.

1. Giova premettere che le eccezioni sollevate dall’amministrazione resistente, con la memoria in data 28 novembre 2008, in ordine a elaborati progettuali, nulla osta interferenze, punto di connessione ENEL, asseverazione circa la assenza di vincoli territoriali e connessione con altri analoghi impianti, non possono trovare ingresso in questa sede giacché rappresentano profili non altrimenti evidenziati nel provvedimento gravato, configurandosi in tal modo come inammissibile integrazione postuma della motivazione.

Sotto diverso profilo si tratterebbe comunque – almeno per quanto attiene alla menzionata circolare regionale – di normativa inapplicabile al caso di specie, posto che, in ossequio al principio tempus regit actum, alla data di emanazione di detti atti generali il titolo – come si dimostrerà più avanti – si era ormai validamente formato.

2. Ancora in via preliminare si affronta la questione relativa al regime autorizzatorio applicabile, ossia se per la realizzazione dell’impianto in questione (aerogeneratore di potenza pari a 0,66 MW) si possa ricorrere alla DIA oppure sia necessario un procedimento di autorizzazione espressa.

Tale statuizione assume carattere pregiudiziale per stabilire se si possano ritenere o meno trascorsi, dalla presentazione della DIA, i trenta giorni legalmente previsti per la formazione del titolo edilizio.

Secondo la tesi dell’amministrazione comunale, poiché la delibera regionale n. 35 del 2007 limita la DIA ai soli impianti eolici on shore di potenza non superiore a 0,6 MW, oppure di potenza ricompresa tra 0,6 MW ed 1 MW purché destinati all’autoconsumo, per la realizzazione l’impianto in questione (di potenza pari a 0,66 e non destinato all’autoconsumo) si dovrebbe seguire la procedura dell’autorizzazione espressa.

Ora, in disparte ogni considerazione circa la legittimità sul punto del richiamato atto amministrativo generale (delibera regionale n. 35 del 2007), le specificazioni e le distinzioni sopra evidenziate (riguardanti in particolare la potenza ed il tipo di utilizzo, commerciale o meno, dell’energia prodotta), a ben vedere sconosciute a livello di legislazione statale di principio (decreto legislativo n. 387 del 2003) ove vige il solo limite del megawatt ai fini del regime più o meno semplificato da applicare, non sono state parimenti riprodotte dalla legge regionale n. 1 del 2008 (art. 27), ratione temporis applicabile, che per posizione (nel sistema delle fonti) e criterio cronologico supera e assorbe senz’altro, sulla questione specifica, le richiamate disposizioni di carattere amministrativo.

Ebbene, poiché l’art. 27 citato prevede la applicazione degli artt. 22 e 23 del DPR n. 380 del 2001 in merito a tutti gli impianti eolici on shore (comma 1, lettera b), a prescindere dalla destinazione finale dell’energia prodotta e purché la potenza elettrica nominale non superi 1 MW, deve conseguentemente concludersi che, nel caso di specie, correttamente la società ricorrente ha ritenuto di applicare l’istituto della DIA e non quello dell’autorizzazione espressa.

L’eccezione sollevata dall’amministrazione resistente non può dunque trovare ingresso. Ne deriva parimenti l’accoglimento – pur se in base a differenti presupposti – del quarto motivo di ricorso.

3. Appurato che nell’ipotesi in contestazione trovava applicazione l’istituto della DIA, si affrontano per connessione logico-sistematica i primi due motivi di ricorso, concernenti in particolare l’ordine di non effettuare l’intervento in data 20 maggio 2008 e la sospensione delle pratiche DIA, come determinata con atto di indirizzo assessorile in data 14 maggio 2008.

3.1. In primo luogo si rileva che il predetto ordine è stato adottato a seguito della scadenza del termine previsto per la formazione del titolo edilizio, che la legge fissa in trenta giorni dalla presentazione della DIA.

Quest’ultima è stata infatti presentata in data 11 aprile 2008.

Da tale data il termine di trenta giorni è dunque venuto a scadenza il successivo 11 maggio 2008.

L’ordine di non effettuare i lavori è invece intervenuto il 20 maggio 2008, dunque ben oltre il prescritto termine di trenta giorni.

A tale riguardo, è ius receptum che la DIA prevista dal testo unico edilizia (TUEd) rappresenti autocertificazione della sussistenza delle condizioni stabilite dalla legge per la realizzazione dell’intervento: in merito ad essa la PA svolge una eventuale attività di controllo – nel termine di trenta giorni dalla presentazione della DIA stessa – che è prodromica e funzionale al formarsi (a seguito del mero decorso del tempo) del titolo legittimante l’inizio dei lavori.

Ora, il termine di 30 giorni entro il quale l’amministrazione comunale può esercitare il potere inibitorio in relazione alla denuncia di inizio attività ex art. 23 del D.P.R. n. 380 del 2001 è da ritenersi perentorio, sia per la certezza dei rapporti giuridici, sia perché la norma introduce nella peculiare fattispecie normativa (realizzazione di impianti di energia rinnovabile) una duplice limitazione temporanea: da un lato, allo jus aedificandi, che è facoltà attinente al diritto di proprietà; dall’altro lato, alla libera iniziativa privata in materia di attività energetica (art. 1, comma 2, legge n. 239 del 2004). Pertanto, detta limitazione temporanea non può che avere carattere perentorio, non potendo lasciarsi al mero arbitrio dell’amministrazione la disponibilità dei diritti sopra indicati, costituzionalmente garantito. Ove, pertanto, dopo la presentazione della denuncia di inizio attività decorra infruttuosamente il termine di 30 giorni previsto, la conseguenza che da ciò deriva è la formazione dell’autorizzazione edilizia implicita (cfr., in termini, T.A.R. Abruzzo L’Aquila, 8 giugno 2005, n. 433).

Prima la giurisprudenza e poi il legislatore (legge n. 80 del 2005) hanno inoltre stabilito che, una volta decorsi i termini previsti dall’art. 23 TUED, all’amministrazione residua unicamente l’attivazione del procedimento di autotutela secondo i criteri ed i parametri stabiliti al riguardo dagli artt. 21-quinquies e 21-nonies della legge n. 241 del 1990. E ciò in quanto con il decorso del termine fissato dal legislatore si forma una autorizzazione implicita di natura provvedi mentale.

Circa l’esercizio di siffatto potere non v’è tuttavia traccia nel caso di specie: contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa dell’amministrazione, infatti, non solo manca la comunicazione di avvio del procedimento (dovuta per quieta giurisprudenza anche in caso di autotutela), ma è stata altresì omessa ogni adeguata valutazione: da un lato, delle ragioni di interesse pubblico da riconnettere alla rimozione dell’atto; dall’altro lato, degli interessi dei destinatari e della sussistenza o meno di posizioni eventualmente consolidatesi nel tempo (cfr. art. 21-nonies della legge n. 241 del 1990).

Avuto riguardo allo specifico contenuto del provvedimento impugnato, in sostanza, emerge inequivocabilmente che il Comune ha tardivamente esercitato proprio quel controllo sul progetto che l’ordinamento colloca – come già detto – perentoriamente in una fase precedente alla formazione del titolo edilizio. In altre parole, la rappresentazione delle cause ostative (sulla cui legittimità in sé, peraltro, ci si soffermerà più avanti) è stata intempestivamente posta in essere solo dopo la chiusura per silentium della fase istruttoria, ossia allorquando il tiolo edilizio doveva ritenersi già positivamente assentito.

3.2. Conseguentemente non può trovare applicazione, nel procedimento de quo, la legge regionale n. 31 del 2008, atteso che al momento della sua entrata in vigore il titolo – come ampiamente dimostrato nei punti che precedono – si era già validamente formato (cfr. art. 7, comma 1, della legge regionale n. 31 del 2008, il quale esclude espressamente dal proprio raggio di azione le autorizzazioni già validamente formatesi alla data di entrata in vigore della legge stessa, ossia l’8 novembre 2008).

3.3. In secondo luogo – e ferma restando la già rilevata scadenza del termine perentorio – secondo lo schema delineato dall’art. 23 TUED non è consentita la inibitoria dell’intervento che si intende realizzare se non per la riscontrata assenza di una o più delle condizioni stabilite dalla normativa vigente al momento della scadenza dei termini previsti per la formazione del titolo edilizio, senza poter mai invocare al medesimo fine atti regolamentari che – pur afferenti a precise finalità tutelate dalla legge – allo stato risultano solo in corso di predisposizione.

3.4. Peraltro, un simile potere soprassessorio (sospensione di tutte le pratiche DIA in attesa della adozione del regolamento di settore) non appare altrimenti contemplato dalla normativa di riferimento (d.lgs. n. 387 del 2003 e DPR n. 380 del 2001). Infatti, in applicazione del principio di legalità dell’azione amministrativa ciascuna amministrazione può esercitare soltanto i poteri espressamente previsti dalla legge e secondo le modalità da questa previste. E ciò tanto più ove si tratti – come nella specie – di incidere su attività economiche: a) in via di principio soggette a (parziale) liberalizzazione (citato art. 1 della legge n. 239 del 2004); b) ritenute fondamentali per il raggiungimento di obiettivi di politica ambientale fissati a livello comunitario (direttiva 2001/77/CE, la quale prevede inoltre la riduzione di qualsivoglia ostacolo normativo) e ancor prima a livello internazionale (v. Protocollo di Kyoto).

In questa prospettiva, il provvedimento inibitorio si appalesa anzi oltremodo posto in violazione di principi fondamentali di semplificazione stabiliti dalla legislazione statale in materia di energia (d.lgs. n. 387 del 2003), la quale prevede termini come visto perentori (in particolare, 180 gg. per gli impianti superiori ad 1 MW e 30 gg. per quelli di potenza inferiore) per la conclusione dei relativi procedimenti amministrativi, sì da non tollerare una loro sospensione, quand’anche ad tempus e non sine die (cfr. Corte cost., sent. n. 364 del 2006).

Si tratta in conclusione, come correttamente evidenziato dalla difesa di parte ricorrente, di una inammissibile sospensione atipica della funzione amministrativa.

3.5. Le censure qui complessivamente affrontate debbono dunque essere accolte.

4. Per quanto attiene alla asserita carenza documentale, tale secondo la tesi dell’amministrazione da non aver potuto consentire neppure il decorso del termine legale, ciò è peraltro smentito in fatto sulla base della documentazione versata in atti.

4.1. Documentazione dalla quale si evince che la società ricorrente:

1. Ha sufficientemente attestato, a mente dell’art. 20 del DPR n. 380 del 2001, la legittimazione a disporre dell’area (v. DIA presentata in data 11 aprile 2008, che reca sottoscrizione per autorizzazione all’intervento del proprietario dell’area, nonché copia di un documento di riconoscimento). Si consideri altresì che la prescrizione di cui all’art. 38, comma 3, del DPR 445 del 2000 (allegazione di un documento di identità in caso di sottoscrizione avvenuta non in presenza di funzionario addetto) riguarda in ogni caso la sola figura dell’istante, che nel caso di specie è nella sostanza il titolare dell’iniziativa, non anche il proprietario, che si limita ad autorizzare l’insediamento produttivo. Per altro verso, qualora l’amministrazione comunale avesse ritenuto insufficienti gli elementi sino ad allora prodotti, avrebbe dovuto disporre le necessarie verifiche (riguardanti in particolare il titolo di proprietà), anche d’ufficio mediante il responsabile del procedimento (art. 6 della legge n. 241 del 1990) ma pur sempre entro il termine perentorio di trenta giorni dalla presentazione della DIA (salvo naturalmente l’esercizio del potere di autotutela, qui comunque assente);
2. ha regolarmente prodotto la tavola di inquadramento territoriale recante i vincoli territoriali imposti dal PUTT (v. elaborato in data 8 aprile 2008);
3. la asseverazione tecnica circa la produzione o meno di rifiuti appare altrettanto idonea ai fini richiesti (cfr. punto n. 12 della DIA). In ogni caso è ben possibile addivenire alla dichiarazione successiva, ai sensi del regolamento regionale n,. 16 del 2006, per le quantità di terra e cocce da scavo che non vengono avviate a riutilizzo diretto.;

4.2. Per quanto riguarda, poi, la regolarità contributiva, come effettivamente messo in evidenza dalla difesa della società ricorrente, questa va attestata prima dell’inizio dei lavori, ai sensi dell’art. 3, comma 8, lett. b-ter), del decreto legislativo n. 494 del 1996, e non necessariamente al momento della formazione del titolo edilizio. La circostanza che, in caso di assenza di tale documentazione, il titolo abilitativo viene sospeso, sta proprio a dimostrare che quest’ultimo può essere rilasciato, nelle more, anche senza il DURC.

5.1. Per tutte le considerazioni esposte il ricorso è fondato e deve essere pertanto accolto. Per l’effetto va annullata la nota n. 14409 in data 20 maggio 2008 del Comune di Manduria e, con esclusivo riferimento alla sospensione delle pratiche DIA, la nota di indirizzo assessorile n. 13910 del 14 maggio 2008 (annullamento parziale peraltro già disposto con sentenza n. 5809 del 15 gennaio 2009 di questo stesso Tribunale).

5.2. Deve invece essere respinta l’istanza risarcitoria, stante la sua genericità.

5.3. Sussistono in ogni caso giusti motivi, attesa la novità delle questioni affrontate, per compensare tra le parti le spese e le competenze del presente giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia – Lecce, Prima Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 1098/2008, lo accoglie e per l’effetto annulla:

1. la nota n. 14409 in data 20 maggio 2008;
2. nei sensi e nei limiti indicati in motivazione, la nota di indirizzo assessorile n. 13910 del 14 maggio 2008.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Così deciso in Lecce, nella camera di consiglio del 17 dicembre 2008.

Aldo Ravalli – Presidente

Massimo Santini – Estensore

Pubblicata mediante deposito

in Segreteria il 29 gennaio 2009

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *