Cons. Giust. Amm. Sic., 02-07-2010, n. 966

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo

La Giunta municipale del Comune di Adrano, premesso che nella pianta organica dell’ente erano previsti n. 4 posti di messo notificatore e che si trovavano in servizio soltanto n. 2 dipendenti in possesso di tale qualifica, con delibera n. 758 del 5 luglio 1985 conferiva al sig. Zi.Lu., già dipendente di quel Comune dal 16 luglio 1979 quale "usciere" (2° q.f.), l’incarico di espletare le funzioni di messo notificatore.

Con la stessa delibera si dava atto che il predetto Zi.Lu. avrebbe conservato il trattamento economico in atto goduto, senza alcun ulteriore compenso per il superiore incarico.

Con provvedimento dell’8 novembre 1985, il Prefetto di Catania approvava la nomina del sig. Zi. a messo notificatore del Comune di Adrano.

Con nota prot. n. 19119 del 18 dicembre 1985, il Sindaco di Adrano affidava al predetto sig. Zi.Lu. il compito di provvedere a tempo pieno alla notifica degli atti esistenti presso l’ufficio notifiche del Comune.

Con istanza del 30 novembre 1993, cui faceva seguito un atto di diffida e messa in mora notificato il 3 febbraio 1994, il sig. Zi. chiedeva al Comune di Adrano di conseguire le differenze retributive tra il trattamento economico proprio della qualifica di appartenenza ed il trattamento economico proprio della qualifica di messo notificatore, ma non otteneva alcun riscontro.

Con ricorso notificato il 22 aprile 1994, il sig. Zi. adiva il T.A.R. di Catania, impugnando il silenzio-rifiuto formatosi sull’istanza e sull’atto di diffida e messa in mora sopra indicati e chiedendo il riconoscimento del diritto a conseguire le differenze retributive per le mansioni superiori svolte, con rivalutazione monetaria ed interessi legali.

Il Comune di Adrano si costituiva in giudizio per avversare il gravame, chiedendone il rigetto.

Il T.A.R. adito, con sentenza n. 492/08, depositata in segreteria il 19/3/2008, rigettava il ricorso.

Con l’appello in epigrafe, notificato il 9/4/2009, il sig. Zi.Lu., deducendo "violazione e/o falsa applicazione di legge", ha chiesto, in riforma dell’impugnata sentenza n. 492/08, che gli venga riconosciuto il diritto a vedersi liquidate da parte del Comune di Adrano le differenze stipendiali per il periodo in cui lo stesso ha svolto effettivamente mansioni superiori su posto vacante, con rivalutazione ed interessi sulle somme così rivalutate.

Con comparsa di costituzione depositata il 29 settembre 2009, l’Amministrazione comunale intimata ha chiesto il rigetto dell’appello per "tardività" nonché per infondatezza nel merito. In subordine, ha chiesto che, in caso di accoglimento del ricorso, non venga riconosciuto all’appellante alcuna differenza retributiva anteriore all’entrata in vigore del D.Lgs. 29 gennaio 1998 n. 387 e che il riconoscimento venga limitato ai cinque anni precedenti, soggiacendo qualsiasi preteso credito di lavoro alla prescrizione quinquennale.

Alla pubblica udienza del 15 ottobre 2009 la causa è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

La eccezione preliminare del Comune è infondata.

La sospensione feriale non si applica nel rito del lavoro innanzi al giudice ordinario ma si applica invece pacificamente nei giudizi di lavoro di competenza del giudice amministrativo (v. Cass. da ultimo 13/12/20047 n. 26087).

Ciò premesso osserva il Collegio che la controversia è limitata alle pretese retributive, non avendo l’originario ricorrente proposto domanda di inquadramento nel livello superiore.

Diviene, quindi, preliminare la verifica della fondamentale condizione sulla sussistenza del diritto vantato dallo stesso, con riferimento alle norme vigenti nel periodo che va dal 18 dicembre 1985 (data della nota prot. n. 19118, di conferimento delle mansioni superiori) al 22 aprile 1994, data in cui il suddetto ricorrente ha proposto il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado.

Si premette che in assenza di una disciplina positiva, il problema delle mansioni superiori deve essere risolto sulla base dei principi generali vigenti in materia di pubblico impiego, ove, a differenza dal lavoro privato, l’indisponibilità degli interessi pubblici coinvolti e la necessità di selezionare il personale sulla base di criteri concorsuali sussistono sia nel momento genetico che nel successivo sviluppo del rapporto. Ciò rende irrilevanti, sia ai fini giuridici che economici, le mansioni superiori prestate dai pubblici dipendenti, salvo i casi in cui una norma di legge intenda derogare a tale principio, e nei soli limiti da essa sanciti (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 14/5/93, n. 536; C.G.A. 20/12/96, n. 452; 6/3/98, n. 131 e 8/7/98, n. 432).

Orbene, il periodo di interesse della presente controversia è coperto interamente dalla vigenza dell’art. 72, IV comma, del D.P.R. n. 13 maggio 1987, n. 268, in vigore dall’8 dicembre 1987, che ha disciplinato, per la prima volta, la retribuibilità delle mansioni superiori nell’ambito del pubblico impiego negli enti locali.

Detto art. 72 D.P.R. n. 268/1987 (nel testo introdotto dall’art. 39 del D.P.R. n. 17 settembre 1987, n. 494, e poi confermato, per il successivo accordo di comparto, dall’art. 50 del D.P.R. n. 3 agosto 1990, n. 333) stabilisce che la rilevanza economica dello svolgimento di mansioni superiori presuppone:

– la vacanza di un posto di responsabile delle massime strutture organizzative dell’ente;

– l’impossibilità di attribuire le funzioni ad altro dipendente di pari qualifica;

– l’avvio delle procedure per la copertura del posto;

– il conferimento delle funzioni superiori con provvedimento formale e per un periodo di tempo limitato (da tre mesi ad un anno).

In mancanza di uno di tali presupposti, lo svolgimento delle mansioni superiori non dà diritto ad un migliore trattamento economico (cfr. C.G.A. 13 ottobre 1998, n. 604).

Lo stesso art. 57 del D.Lgs. n. 29/93 – che tuttavia non ha mai trovato concreta applicazione, sia per la mancata emanazione dei prescritti provvedimenti di ridefinizione delle piante organiche e sia perché la sua efficacia è stata continuamente differita nel tempo fino alla sua definitiva abrogazione avvenuta con l’art. 43 del D.Lgs. n. 80/1998 – nel disciplinare l’attribuzione temporanea di mansioni superiori, non ha modificato questa impostazione generale.

Infatti, nonostante il complessivo richiamo dell’art. 55 alla normativa di natura privatistica (vedi legge 20 maggio 70, n. 300), il citato art. 57 ha ribadito, per lo svolgimento di mansioni superiori, tutte quelle condizioni e quei limiti che attribuiscono a tale istituto natura del tutto eccezionale.

La materia è stata, infine, interamente disciplinata dall’art. 25 del D.Lgs. n. 80/1998, entrato in vigore il 23 aprile 1998, che ha sostituito il testo di cui all’art. 56 del suddetto D.Lgs. n. 29/93.

Per i motivi sopra indicati, si prescinde dall’esaminare quest’ultima normativa perché esula dal periodo di interesse della controversia in argomento.

Dagli atti di causa si evince che il ricorrente è stato incaricato di svolgere mansioni superiori su posto vacante, in virtù della delibera n. 758 del 5 luglio 1985, adottata dalla Giunta Municipale, ai sensi dell’art. 63 dell’O.R.E.L., approvata con Decreto del Presidente della Regione Siciliana 29 ottobre 1955, n. 6, vigente all’epoca, in quanto organo a competenza generale, in grado di impegnare le finanze dell’Ente.

Tuttavia, nel caso che ci occupa, certamente non sussistono gli altri presupposti prescritti dalla legge perché al sig. Zi.Lu. si possa riconoscere il diritto al richiesto trattamento retributivo per le mansioni superiori svolte.

Infatti, come conclusivamente affermato dal Giudice di prime cure, non si verte nella suddetta ipotesi di vacanza di un posto di responsabile delle massime strutture organizzative dell’Ente.

Inoltre, l’interessato non ha documentato l’impossibilità di attribuire le funzioni di messo notificatore ad altro dipendente in possesso della IV qualifica funzionale e neppure l’avvio delle procedure per la copertura del posto sul quale è stato utilizzato.

Conclusivamente, ritenendo assorbito ogni altro motivo od eccezione, si rigetta l’appello perché infondato.

Sussistono giusti motivi per disporre tra le parti l’integrale compensazione delle spese di questo grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, respinge l’appello in epigrafe.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo, dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, nella camera di consiglio del 15 ottobre 2009, con l’intervento dei signori: Riccardo Virgilio, Presidente, Chiarenza Millemaggi Cogliani, Paolo D’Angelo, Filippo Salvia, Pietro Ciani, estensore, componenti.

Depositata in segreteria il 2 luglio 2010.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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