Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia – Lecce 124/2009

Registro Ricorsi: 922/2008

Composto dai Signori Magistrati:

Aldo Ravalli Presidente

Ettore Manca Primo Referendario

Massimo Santini Referendario est.

Ha pronunziato la seguente

SENTENZA

Sul ricorso n. 922/2008 presentato dalla SAIM s.r.l., in personale del legale rappresentante sig. Santo Masilla, rappresentata e difesa dall’Avv. Luca Vergine, presso il cui studio in Lecce al viale Otranto n. 117 è elettivamente domiciliata;

contro

il Comune di Manduria, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito;

per l’annullamento

1. della nota n. 14412 in data 20 maggio 2008 del Comune di Manduria con cui si ordina di non effettuare l’intervento diretto alla realizzazione di un impianto fotovoltaico di potenza inferiore ad 1 MW;
2. della nota di indirizzo assessorile n. 13910 del 14 maggio 2008;
3. di ogni altro atto connesso, presupposto e consequenziale.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visti tutti gli atti di causa;

Designato alla pubblica udienza del 17 dicembre 2008 il relatore Massimo Santini, referendario, udito altresì l’Avv. Vergine per il ricorrente;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

FATTO

La società ricorrente ha presentato in data 3 aprile 2008 denuncia di inizio attività, ai sensi dell’art. 12 del decreto legislativo n. 387 del 2003 e della legge Regione Puglia n. 1 del 2008, per la realizzazione di un impianto fotovoltaico di potenza pari a 0,99 MW.

Con nota n. 14412 in data 20 maggio 2008 il Comune di Manduria ordinava di non effettuare l’intervento, attesa la carenza della seguente documentazione:

1. Copia titolo reale del richiedente in ordine all’immobile, ovvero autorizzazione da parte del proprietario in merito alla effettuazione delle opere in questione;
2. Tavola grafica di riferimento PUTT;
3. DURC (documento unico di regolarità contributiva);
4. Sottoscrizione del progettista in calce agli elaborati;
5. Relazione tecnica sulla localizzazione in zona agricola. Inoltre l’asseverazione è erronea, in quanto classifica l’area come D e non E;
6. Relazione tecnica concernente la produzione del materiale di risulta;
7. Diritti di segreteria.

Con la stessa nota si faceva altresì presente che, essendo in corso di predisposizione il regolamento comunale per la disciplina dei suddetti impianti di energia rinnovabile, tutte le relative pratiche erano temporaneamente sospese (ossia per 60 gg.) in applicazione della nota assessorile n. 13910 del 14 maggio 2008.

La società interponeva dunque ricorso giurisdizionale per i seguenti motivi:

1. Violazione e falsa applicazione dell’art. 23 del DPR n. 380 del 2001 (Testo Unico Edilizia), in quanto il provvedimento inibitorio è stato adottato oltre il termine perentorio di trenta giorni previsto dalla indicata disposizione affinché si formi validamente il titolo edilizio. Né è stato adottato al riguardo un valido provvedimento di autotutela;
2. Violazione di legge nella parte in cui impone effetti sospensivi, tramite l’atto di indirizzo assessorile, nei confronti di un titolo edilizio già validamente formatosi;
3. Eccesso di potere per errore nei presupposti di fatto e di diritto, atteso che dalla documentazione prodotta in allegato alla DIA si poteva ben evincere il possesso di ogni attestazione e certificazione di cui il Comune eccepisce la mancanza. Il DURC deve poi essere presentato prima dell’inizio dei lavori.

La ricorrente chiedeva inoltre il risarcimento dei danni patiti per effetto dei provvedimenti illegittimamente adottati.

Con ordinanza n. 525 del 2 luglio 2008, questa sezione accoglieva l’istanza di tutela cautelare, sia perché il provvedimento era stato adottato oltre i trenta giorni dalla presentazione della DIA, sia perché i rilievi mossi dalla società ricorrente in ordine alla completezza della documentazione apparivano prima facie convincenti.

Alla udienza del 17 dicembre 2008 parte ricorrente rassegnava le proprie conclusioni ed il ricorso veniva trattenuto in decisione.

DIRITTO

01. Il ricorso è fondato per le ragioni di seguito evidenziate.

1. Si affrontano per connessione logico-sistematica i motivi di ricorso rubricati sub punti n. 1 e n. 2, concernenti in particolare l’ordine di non effettuare l’intervento in data 20 maggio 2008 e la sospensione delle pratiche DIA, come determinata con atto di indirizzo assessorile in data 14 maggio 2008.

1.1. In primo luogo si rileva che il predetto ordine è stato adottato a seguito della scadenza del termine previsto per la formazione del titolo edilizio, che la legge fissa in trenta giorni dalla presentazione della DIA.

Quest’ultima è stata infatti presentata in data 3 aprile 2008.

Da tale data il termine di trenta giorni è dunque venuto a scadenza il successivo 3 maggio 2008.

L’ordine di non effettuare i lavori è invece intervenuto il 20 maggio 2008, dunque ben oltre il prescritto termine di trenta giorni.

A tale riguardo, è ius receptum che la DIA prevista dal testo unico edilizia (TUEd) rappresenti autocertificazione della sussistenza delle condizioni stabilite dalla legge per la realizzazione dell’intervento: in merito ad essa la PA svolge una eventuale attività di controllo – nel termine di trenta giorni dalla presentazione della DIA stessa – che è prodromica e funzionale al formarsi (a seguito del mero decorso del tempo) del titolo legittimante l’inizio dei lavori.

Ora, il termine di 30 giorni entro il quale l’amministrazione comunale può esercitare il potere inibitorio in relazione alla denuncia di inizio attività ex art. 23 del D.P.R. n. 380 del 2001 è da ritenersi perentorio, sia per la certezza dei rapporti giuridici, sia perché la norma introduce nella peculiare fattispecie normativa (realizzazione di impianti di energia rinnovabile) una duplice limitazione temporanea: da un lato, allo jus aedificandi, che è facoltà attinente al diritto di proprietà; dall’altro lato, alla libera iniziativa privata in materia di attività energetica (art. 1, comma 2, legge n. 239 del 2004). Pertanto, detta limitazione temporanea non può che avere carattere perentorio, non potendo lasciarsi al mero arbitrio dell’amministrazione la disponibilità dei diritti sopra indicati, costituzionalmente garantito. Ove, pertanto, dopo la presentazione della denuncia di inizio attività decorra infruttuosamente il termine di 30 giorni previsto, la conseguenza che da ciò deriva è la formazione dell’autorizzazione edilizia implicita (cfr., in termini, T.A.R. Abruzzo L’Aquila, 8 giugno 2005, n. 433).

Prima la giurisprudenza e poi il legislatore (legge n. 80 del 2005) hanno inoltre stabilito che, una volta decorsi i termini previsti dall’art. 23 TUED, all’amministrazione residua unicamente l’attivazione del procedimento di autotutela secondo i criteri ed i parametri stabiliti al riguardo dagli artt. 21-quinquies e 21-nonies della legge n. 241 del 1990. E ciò in quanto con il decorso del termine fissato dal legislatore si forma una autorizzazione implicita di natura provvedi mentale.

Circa l’esercizio di siffatto potere non v’è tuttavia traccia nel caso di specie: avuto riguardo allo specifico contenuto del provvedimento impugnato, infatti, emerge inequivocabilmente che il Comune ha tardivamente esercitato proprio quel controllo sul progetto che l’ordinamento colloca – come già detto – perentoriamente in una fase precedente alla formazione del titolo edilizio. In altre parole, la rappresentazione delle cause ostative (sulla cui legittimità in sé, peraltro, ci si soffermerà più avanti) è stata intempestivamente posta in essere solo dopo la chiusura per silentium della fase istruttoria, ossia allorquando il tiolo edilizio doveva ritenersi già positivamente assentito.

1.2. In secondo luogo – e ferma restando la già rilevata scadenza del termine perentorio – secondo lo schema delineato dall’art. 23 TUED non è consentita la inibitoria dell’intervento che si intende realizzare se non per la riscontrata assenza di una o più delle condizioni stabilite dalla normativa vigente al momento della scadenza dei termini previsti per la formazione del titolo edilizio, senza poter mai invocare al medesimo fine atti regolamentari che – pur afferenti a precise finalità tutelate dalla legge – allo stato risultano solo in corso di predisposizione.

1.3. Peraltro, un simile potere soprassessorio (sospensione di tutte le pratiche DIA in attesa della adozione del regolamento di settore) non appare altrimenti contemplato dalla normativa di riferimento (d.lgs. n. 387 del 2003 e DPR n. 380 del 2001). Infatti, in applicazione del principio di legalità dell’azione amministrativa ciascuna amministrazione può esercitare soltanto i poteri espressamente previsti dalla legge e secondo le modalità da questa previste. E ciò tanto più ove si tratti – come nella specie – di incidere su attività economiche: a) in via di principio soggette a (parziale) liberalizzazione (citato art. 1 della legge n. 239 del 2004); b) ritenute fondamentali per il raggiungimento di obiettivi di politica ambientale fissati a livello comunitario (direttiva 2001/77/CE, la quale prevede inoltre la riduzione di qualsivoglia ostacolo normativo) e ancor prima a livello internazionale (v. Protocollo di Kyoto).

In questa prospettiva, il provvedimento inibitorio si appalesa anzi oltremodo posto in violazione di principi fondamentali di semplificazione stabiliti dalla legislazione statale in materia di energia (d.lgs. n. 387 del 2003), la quale prevede termini come visto perentori (in particolare, 180 gg. per gli impianti superiori ad 1 MW e 30 gg. per quelli di potenza inferiore) per la conclusione dei relativi procedimenti amministrativi, sì da non tollerare una loro sospensione, quand’anche ad tempus e non sine die (cfr. Corte cost., sent. n. 364 del 2006).

Si tratta in conclusione, come correttamente evidenziato dalla difesa di parte ricorrente, di una inammissibile sospensione atipica della funzione amministrativa.

Le censure qui complessivamente affrontate debbono dunque essere accolte.

2. Per quanto attiene alla asserita carenza documentale, ciò è peraltro smentito in fatto sulla base della documentazione versata in atti, dalla quale si evince che la società ricorrente:

1. Ha sufficientemente attestato, ai sensi dell’art. 20 del DPR n. 380 del 2001, la legittimazione a disporre dell’area (v. preliminare di locazione del 26 marzo 2008);
2. ha regolarmente prodotto la tavola di inquadramento territoriale ai sensi del PUTT (v. elaborato del 10 marzo 2008);
3. la sottoscrizione del progettista è ictu oculi evidente da una mera lettura degli elaborati depositati;
4. asseverazione tecnica sull’area agricola e sulla produzione di rifiuti appaiono altrettanto idonee ai fini richiesti (cfr. visura catastale del 14 marzo 2008, pag. 1 della relazione tecnica generale del 10 marzo 2008 e pag. 6 della DIA).

Per quanto riguarda la regolarità contributiva, come effettivamente messo in evidenza dalla difesa della società ricorrente, questa va attestata prima dell’inizio dei lavori, ai sensi dell’art. 3, comma 8, lett. b-ter), del decreto legislativo n. 494 del 1996. La circostanza che, in caso di assenza di tale documentazione, il titolo abilitativo viene sospeso, sta proprio a dimostrare che quest’ultimo può essere rilasciato, nelle more, anche senza il DURC.

Infine, per quanto riguarda il mancato versamento dei diritti di segreteria, in disparte ogni considerazione circa il tenore dilatorio di siffatta richiesta appare ad ogni modo sufficiente quanto affermato in sede di presentazione della DIA da parte della società ricorrente, nella parte in cui si impegna a corrispondere, a tale titolo, quanto richiesto dall’amministrazione comunale. Condivisibile è poi la tesi della ricorrente secondo cui in caso di inadempimento a tale obbligo il rimedio sarebbe costituito, piuttosto, da forme legali di recupero coattivo e giammai l’inibizione del realizzando intervento.

3. Per tutte le considerazioni esposte il ricorso è fondato e deve essere pertanto accolto. Per l’effetto va annullata la nota n. 14412 in data 20 maggio 2008 del Comune di Manduria e, con esclusivo riferimento alla sospensione delle pratiche DIA, la nota di indirizzo assessorile n. 13910 del 14 maggio 2008 (annullamento parziale peraltro già disposto con sentenza n. 5809 del 15 gennaio 2009 di questo stesso Tribunale).

Deve invece essere respinta l’istanza risarcitoria, stante la sua genericità.

Sussistono in ogni caso giusti motivi, data la novità delle questioni affrontate, per compensare tra le parti le spese e le competenze del presente giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia – Lecce, Prima Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 922/2008, lo accoglie e per l’effetto annulla:

1. la nota n. 14412 in data 20 maggio 2008;
2. nei sensi e nei limiti indicati in motivazione, la nota di indirizzo assessorile n. 13910 del 14 maggio 2008.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Così deciso in Lecce, nella camera di consiglio del 17 dicembre 2008.

Aldo Ravalli – Presidente

Massimo Santini – Estensore

Pubblicata mediante deposito

in Segreteria il 29 gennaio 2009

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *