Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 25-02-2011) 29-03-2011, n. 12820 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

avverso l’ordinanza del Tribunale di Trento, resa in funzione di giudice dell’esecuzione e nella sezione distaccata di Tione, con la quale, in data 7 maggio 2010, veniva rigettata la sua domanda volta all’applicazione della disciplina di favore di cui all’art. 671 c.p.p., comma 1, in relazione a più sentenze, delle quali l’istante non forniva nè le date, nè indicazioni relative alle autorità giudicanti, ma di cui semplicemente affermava avere esse avuto ad oggetto dell’accertamento di responsabilità la violazione delle disciplina sugli stupefacenti, propone ricorso per cassazione S.D., denunciando violazione degli artt. 671 ed 81 c.p., illogicità della motivazione impugnata ed inosservanza di norme processuali. Lamenta, in particolare, il ricorrente che il giudice del merito avrebbe erroneamente ritenuto la sua domanda identica ad altra precedentemente rigettata e che altrettanto erroneamente avrebbe equivocato sull’oggetto di quest’ultima, la quale non avrebbe affatto considerato il reato di cui all’art. 336 c.p. (oggetto invece della prima domanda e motivo del suo rigetto) ma soltanto le violazioni della legge sugli stupefacenti. Di qui le violazioni denunciate.

Il P.G. in sede depositava requisitoria scritta, chiedendo il rigetto della doglianza.

Il ricorso è inammissibile.

E’ noto infatti che deve essere recepito ed applicato anche in sede penale il principio della "autosufficienza del ricorso", costantemente affermato, in relazione al disposto di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, dalla giurisprudenza civile, con la conseguenza che, quando si lamenti la omessa o travisata valutazione di specifici atti del processo penale, è onere del ricorrente suffragare la validità del suo assunto mediante la completa trascrizione dell’integrale contenuto degli atti medesimi (ovviamente nei limiti di quanto era già stato dedotto in precedenza), dovendosi ritenere precluso al giudice di legittimità il loro esame diretto, a meno che il "fumus" del vizio dedotto non emerga all’evidenza dalla stessa articolazione del ricorso (Cass., Sez. 1, 18/03/2008, n. 16706; Cass., Sez. 1, 22/01/2009, n. 6112; Cass., Sez. 1, 29/11/2007, n. 47499; Cass., Sez. feriale, Sent. 13/09/2007, n. 37368; Cass., Sez. 1 (Ord.), 18/05/2006, n. 20344).

Nel caso di specie il ricorso si fonda e richiama atti, documenti e provvedimenti il cui contenuto non è sottoposto al vaglio del Collegio e, soprattutto, si invoca l’applicazione della disciplina di favore di cui all’art. 671 c.p.p. senza neppure indicare a quali sentenze l’istanza si riferisce, dato di conoscenza questo neppure offerto dalla lapidaria e sintetica ordinanza impugnata.

Alla declaratoria di inammissibilità consegue sia la condanna al pagamento delle spese del procedimento, sia quella al pagamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, somma che si stima equo determinare in Euro 1000,00.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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