Cass. civ. Sez. lavoro, Ord., 05-07-2010, n. 15843 LAVORO

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo e motivi della decisione

S.G. impugnava dinanzi alla Corte d’appello di Roma la sentenza con la quale il Tribunale del lavoro aveva solo parzialmente accolto la sua richiesta di annullamento del licenziamento per giusta causa irrogatogli dalla Banca popolare dell’Emilia Romagna, convertendo il recesso in licenziamento per giustificato motivo soggettivo e condannando l’Istituto di credito a corrispondere al dipendente l’indennità di mancato preavviso. Contestata anche dalla Banca la dichiarata conversione con appello incidentale, la Corte di appello di Roma con sentenza non definitiva del 15.3.07 – 18.6.08 accoglieva l’impugnazione principale e dichiarava assorbita quella incidentale, annullando il licenziamento ed ordinando la reintegra, disponendo altresì la prosecuzione del giudizio con separata ordinanza.

Proponeva ricorso la Banca deducendo violazione:

1) dell’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4, e dell’art. 156 c.p.c., comma 2, nonchè dell’art. 118 disp. att. c.p.c. e dell’art. 111 Cost., rilevando la totale omissione della motivazione della pronunzia impugnata, con il quesito: se sia nulla la sentenza – anche non definitiva – pronunziata in giudizio di appello che sia priva della motivazione, in particolare ove il giudice dichiari l’illegittimità del licenziamento e disponga la reintegra del lavoratore;

2) carenza di motivazione in punto di legittimità o meno del licenziamento disciplinare, con precisazione che il fatto controverso rispetto a cui è rilevata omissione di motivazione è l’idoneità o meno dei comportamenti del S. a giustificare il licenziamento.

Il dipendente si difendeva con controricorso.

Fissata radunanza della camera di consiglio ex art. 375 – 380 bis c.p.c. su richiesta del consigliere relatore, il controricorrente deduceva che, successivamente alla proposizione del ricorso per Cassazione, con ordinanza del 16.4.09 la Corte d’appello di Roma aveva accolto una istanza di correzione per errore materiale dell’impugnata sentenza – nel senso di aggiungere la motivazione prima del dispositivo presente all’ultima pagina – e, pertanto, chiedeva alla Corte di dichiarare inammissibile o rigettare il ricorso.

La Corte di cassazione con ordinanza 3.12.09 n. 25477, pronunziata ai sensi dell’art. 375 c.p.c., rilevata l’inidoneità dell’ordinanza in questione ad integrare il contenuto della sentenza impugnata, e preso a riferimento il testo della sentenza depositato in copia autentica ex art. 369 c.p.c., rilevava la mancanza della parte motiva e, in accoglimento del ricorso riteneva nulla la sentenza ed accoglieva il ricorso, con cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio della causa alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione per un nuovo esame.

Nelle more della decisione della Corte di cassazione, il S. notificava alla Banca la sentenza della Corte d’appello di Roma 18.6.08, come integrata dall’ordinanza 16.4.09.

Proponeva ricorso per Cassazione anche contro questa sentenza la Banca Popolare dell’Emilia Romagna deducendo:

1) violazione dell’art. 287 c.p.c. in quanto il giudice di merito, dopo aver pronunziato sentenza non definitiva mancante della parte motiva, a fronte di generica istanza di una delle parti del giudizio, in epoca successiva alla pubblicazione, aveva aggiunto alla sentenza la motivazione con mera ordinanza;

2) nullità della sentenza o del procedimento per violazione dell’art. 288 c.p.c., in quanto il giudice, nella enunziata fattispecie, avrebbe pronunziato in mancanza di un’istanza di correzione ritualmente proposta;

3) con riferimento alle argomentazioni adottate all’atto della correzione della sentenza non definitiva, è dedotta, inoltre, carenza di motivazione in ragione della parzialità e genericità dell’esame dei motivi di appello;

4) sempre con riferimento alle dette argomentazioni, è dedotta violazione dell’art. 2119 c.c. e della L. n. 604 del 1966, art. 3 per l’omessa valutazione della rilevanza disciplinare dei comportamenti specificamente posti in essere dal dipendente ed allo stesso contestati, lamentandosi l’omessa valutazione delle singole fattispecie ascritte.

Si difendeva con controricorso S.G..

Il consigliere relatore ha redatto relazione ex art. 380 bis c.p.c., che è stata comunicata al Procuratore generale ed è stata notificata, unitamente al decreto di fissazione dell’odierna adunanza in Camera di consiglio, ai difensori costituiti.

S. ha depositato memoria.

Come già rilevato, questa Corte con la pronunzia 3.12.09 n. 25477 ha ritenuto l’ordinanza di correzione inidonea ad integrare il contenuto della sentenza non definitiva 18.6.08 della Corte d’appello e, considerata l’assoluta mancanza della parte motiva, della stessa ha dichiarato la nullità, disponendone la cassazione.

Tuttavia, la sentenza cassata aveva continuato a vivere nella sua versione "corretta", tanto è vero che prima di detta pronunzia il S. aveva notificato (9.9.09) alla Banca Popolare il testo originario depositato il 18.6.08 assieme all’ordinanza di correzione del 16.4.09 e che, dopo questa notifica, ma prima che intervenisse la citata pronunzia di cassazione 3.12.09 n. 25477, la Banca ha proposto il ricorso per cassazione ora in esame (notifica avviata il 6.11.09).

Ritiene il Collegio di dover precisare che in forza dell’art. 336 c.p.c., comma 2, – per il quale la riforma o la cassazione estende i suoi effetti ai provvedimenti e agli atti dipendenti dalla sentenza riformata o cassata – la ritenuta nullità e la conseguente cassazione della sentenza di appello 18.6.08, nell’unica formulazione corretta accertata dalla precedente pronunzia di questa Corte, si estende all’ordinanza di correzione 16.4.09, che come tale rimane priva del suo materiale riferimento processuale e perde ogni efficacia.

Conseguentemente, i primi due motivi di ricorso sono fondati e, assorbiti gli altri motivi riguardanti il merito della controversia, la sentenza impugnata 18.6.08, così come integrata dalla ordinanza di correzione, deve essere cassata senza rinvio ai sensi dell’art. 382 c.p.c., comma 3.

Le spese del presente giudizio di cassazione, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE così provvede:

– accoglie il ricorso e cassa la sentenza non definitiva della Corte d’appello di Roma 18.6.08 come corretta con ordinanza 16.4.09;

– condanna il controricorrente alle spese che liquida in Euro 30,00 (trenta/00) per esborsi ed in Euro 2.000,00 (duemila/00) per onorari, oltre spese generali, Iva e Cpa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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