T.A.R. Lazio Roma Sez. III ter, Sent., 24-03-2011, n. 2599

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il ricorso in epigrafe, la dr. ssa P., funzionario amministrativo in servizio presso il Ministero dei trasporti e della navigazione riferisce di avere presentato in data 22 dicembre 1995 istanza per potere usufruire di permessi straordinari retribuiti ai sensi dell’art. 3, d.P.R. 398/1988, finalizzata alla partecipazione nell’anno accademico 1995/1996 al corso di perfezionamento in scienze amministrative presso l’Università degli Studi di Roma "La Sapienza", e di avere ricevuto atto di concessione il successivo 12 febbraio 1996, recante le modalità di utilizzo delle 150 ore da destinarsi al perfezionamento.

Riferisce, ancora, di avere presentato, a supporto di tale richiesta, la seguente documentazione giustificativa: a) certificato della Segreteria del corso attestante la frequenza delle lezioni nel periodo gennaiometà giungo 1996; b) attestato della Segreteria del corso di perfezionamento in scienze amministrative tenutosi presso l’Università degli Studi di Roma "La Sapienza" circa lo svolgimento da pare della medesima di una approfondita relazione scritta dal titolo: "Disapplicazione degli atti normativi da parte del giudice amministrativo".

Con il ricorso in epigrafe impugna il provvedimento del 12 agosto 1999 con cui è stato disposto il collocamento in aspettativa per motivi personali senza assegni per i giorni 11,12, 13, 18, 19 e 20 giugno 1996.

Deduce, al riguardo, la violazione dell’art. 3, d.P.R. 398/1988 in relazione alla circolare n. 188 del 1995 ed in relazione al parere della P.dC.M. 7 aprile 1988, n. 3416/52; disparità di trattamento rispetto alla prassi amministrativa; violazione dei principi di correttezza, imparzialità e buon andamento della P.A.; violazione dell’ordine di servizio n. 10/1994 del Dirigente dell’ufficio Provinciale di Roma rispetto al giorno 11 giugno 1999.

Conclude la ricorrente, chiedendo, in accoglimento degli esposti mezzi di censura, l’annullamento del provvedimento n. 817/1999, con ogni effetto in ordine alla considerazione dei giorni ivi indicati come permessi di studio ai sensi dell’art. 3, d.P.R. 395/1988, e, comunque, nella parte in cui, limitatamente al giorno 11 giugno 1996 pone la ricorrente in aspettativa personale invece che come presente in ufficio, in permesso per un periodo di due ore.

L’Avvocatura Generale dello Stato, nel costituirsi in giudizio in difesa dell’intimato Ministero dei trasporti e della navigazione, ha eccepito l’infondatezza delle suesposte censure, chiedendo, pertanto, l’integrale rigetto del ricorso.

Alla pubblica udienza del 16 dicembre 2010 la causa è stata trattenuta a sentenza.
Motivi della decisione

Il ricorso non è meritevole di positivo apprezzamento.

Il d.P.R. 23 agosto 1988, n. 395 (recante "Norme risultanti dalla disciplina prevista dall’accordo intercompartimentale, di cui all’articolo 12 della legge quadro sul pubblico impiego 29 marzo 1983, n. 93, relativo al triennio 1988 – 1990"), all’articolo 3 contiene la disciplina del diritto allo studio. In particolare, al comma 1 è prevista la concessione di permessi straordinario retribuiti nella misura massima di centocinquanta ore annue individuali, per la frequenza (comma 2) di corsi finalizzati al conseguimento di titoli di studio in corsi universitari, postuniversitari, di scuole di istruzione primaria, secondaria e di qualificazione professionale, statali, pareggiate o legalmente riconosciute, o comunque abilitate al rilascio di titoli di studio legali o attestati professionali riconosciuti dall’ordinamento giuridico. Il comma 4 stabilisce poi che "il personale interessato ai corsi di cui ai commi 1, 2 e 3 ha diritto, salvo eccezionali ed inderogabili esigenze di servizio, a turni di lavoro che agevolino la frequenza ai corsi e la preparazione agli esami e non è obbligato a prestazioni di lavoro straordinario e durante i giorni festivi e di riposo settimanale"; il successivo comma 6 onera il personale interessato alle attività didattiche di cui al comma 2 alla presentazione alla propria amministrazione di "idonea certificazione in ordine alla iscrizione ed alla frequenza alle scuole ed ai corsi, nonché agli esami finali sostenuti", precisando che "in mancanza delle predette certificazioni, i permessi già utilizzati vengono considerati come aspettativa per motivi personali". Il comma 4 dell’articolo 17 del d.P.R. 17 gennaio 1990, n. 44 (Regolamento per il recepimento delle norme risultanti dalla disciplina prevista dall’accordo del 26 settembre 1989 concernente il personale del comparto Ministeri ed altre categorie di cui all’articolo 2 del d.P.R. 5 marzo 1986, n. 68) stabilisce, sempre disciplinando il diritto allo studio, che "per la concessione dei permessi i dipendente interessati debbono presentare, prima dell’inizio dei corsi, il certificato di iscrizione e, al termine degli stessi, il certificato di frequenza e quello degli esami sostenuti".

L’esame di tali disposizioni consente di affermare che la disciplina al diritto allo studio del dipendente pubblico comprende, per una piena esplicazione dello stesso, tanto la concessione di permessi straordinari retribuiti nella misura massima di centocinquanta ore annue individuali (inizialmente limitati al tre per cento del totale delle unità in servizio all’inizio di ogni anno, giusta art. 3, co. 3, lett. a), d.P.R. 23 agosto 1988, n. 395, ma poi estesi anche oltre tale limite, ai sensi dell’art. 17, comma 1, d.P.R. 17 gennaio 1990, n. 44), quanto un trattamento di favore nell’espletamento della prestazione di servizio del personale cui è stato concesso di usufruire dei ricordati permessi straordinari retribuiti, attraverso il diritto ad espletare turni di lavoro che agevolino concretamente la frequenza dei corsi e la preparazione degli esami.

L’unico obbligo imposto nell’ambito di tale sistema al dipendente è quello di produrre la idonea documentazione giustificativa dell’iscrizione, della frequenza e degli esami sostenuti.

Dispone, infatti, il comma 6, dell’art. 3, d.P.R. n. 395/1988, che "Il personale interessato alle attività didattiche di cui al comma 2 è tenuto a presentare alla propria amministrazione idonea certificazione in ordine alla iscrizione ed alla frequenza alle scuole ed ai corsi, nonché agli esami finali sostenuti. In mancanza delle predette certificazioni, i permessi già utilizzati vengono considerati come aspettativa per motivi personali."

La normativa in esame, attraverso le ricordate modalità, costituisce un apprezzabile punto di equilibrio degli interessi coinvolti, tenuto conto dell’esigenza di rilievo pubblicistico al corretto funzionamento dei pubblici uffici e di quella, altrettanto meritevole di attenzione, dei singoli dipendenti di essere messi nelle concrete condizioni di accrescimento del proprio patrimonio culturale e professionale, che, peraltro, ed in modo indiretto, contribuisce anche alla valorizzazione per la struttura burocratica che si avvale della prestazione lavorativa dei dipendenti.

Ciò posto, ritiene il Collegio che il giusto contemperamento degli interessi in gioco realizzato dalla normativa in esame esclude che le ore di permesso retribuito possano non corrispondere ad effettive ore di frequenza scolastica: il diritto del datore di lavoro pubblico di esigere la prestazione lavorativa del proprio dipendente trova il suo limite solo nell’altrettanto rilevante esercizio del diritto allo studio e solo quando questo sia effettivo ed incompatibile con la contestuale prestazione lavorativa.

Peraltro, il tempo occorrente per la preparazione degli esami, dei compiti e di quant’altro connesso con la necessaria attività finalizzata al conseguimento di titoli di studio, ma diverso dalla frequenza dei relativi corsi, trova espressa garanzia nel diritto del dipendente ad ottenere turni di lavoro complessivamente più agevoli.

Con riferimento al caso di cui è controversia, la ricorrente non contesta che le lezioni hanno avuto conclusione in un momento antecedente rispetto alla fruizione delle ore a titolo di permesso straordinario retribuito, ma ritiene che tale beneficio conseguirebbe inevitabilmente alla considerazione che la preparazione della relazione scritta costituisca un completamento del corso di perfezionamento frequentato e che dunque debba rientrare a pieno titolo nell’ambito delle ore di permesso come concordate con il proprio dirigente.

E’, dunque, acclarato che la ricorrente non ha giustificato adeguatamente anche le ore usufruite per la redazione di elaborato scritto, peraltro nemmeno previsto quale esame conclusivo da rendersi obbligatoriamente, e dunque non rientrante nelle ipotesi espressamente contemplate dall’art. 3, d.P.R. del 1988, né ha dimostrato in modo idoneo che le stesse si sono rese necessarie al fine della obbligatoria presenza fisica in altro luogo in coincidenza con l’orario di servizio.

Nemmeno soccorre, in proposito, la circolare n. 188 del 1995, emanata dal Ministero resistente, e di cui è lamentata la violazione, atteso che la stessa si pone esattamente nel solco della portata normativa di cui si è dato conto.

Il Collegio non può, pertanto, condividere la censura sul punto dedotta, in quanto la concessione dei ricordati permessi straordinari retribuiti costituisce una misura di carattere eccezionale, che introduce un limite altrettanto eccezionale alla ordinaria sinallagmaticità del rapporto di lavoro dei pubblici dipendenti e, come tale, le relative disposizioni sono necessariamente di stretta interpretazione.

Deve essere respinta anche la seconda censura, con cui si deduce la disparità di trattamento, atteso che non è dimostrata la sussistenza di casi identici a quello della ricorrente, alla cui sola ricorrenza può invocarsi il dedotto vizio. In ogni caso, pure volendo ammetter che la prassi seguita dall’Amministrazione fosse nel senso di concedere permessi retribuiti al di fuori dei casi espressamente contemplati dalla norma, ugualmente non può invocarsi analogo trattamento, trattandosi di disparità di mero fatto, originata, eventualmente da una non corretta applicazione della normativa, e dunque non riferibile alla previsione di legge, ma alla sua eventuale applicazione patologica, all’evidenza irrilevante nella valutazione di legittimità dell’atto amministrativo.

Non ha pregio la censura di cui al terzo motivo, con cui si lamenta il ritardo nella adozione del provvedimento impugnato, adottato solo nel 1999, anche se riferito a prestazione lavorativa del 1996, essendo evidente, alla stregua della documentazione versata in atti dal resistente Ministero, che lo stesso costituisce l’atto conclusivo di un complesso iter procedimentale, all’interno del quale si è resa necessaria l’acquisizione di documentazione da parte della ricorrente, e di accertamenti presso l’Università degli Studi di Roma, e culminato con l’acquisizione di un parere della Funzione Pubblica, trasmesso con nota del 7.4.1998.

Infine, quanto all’ultimo e subordinato profilo di illegittimità, non può non rilevare il Collegio come questo prescinda dall’oggetto del contendere, atteso che la ricorrente non ha richiesto un permesso di lavoro per il giorno 11 giugno 1996, ma ha chiesto il permesso retribuito per motivi di studio, di talché, sotto tale profilo, nessun appunto può essere mosso al resistente Ministero.

Alla stregua delle superiori considerazione, il ricorso deve essere respinto.

Sussistono motivi, tenuto conto della materia oggetto di controversia e della vetustà della causa, per compensare integralmente le spese del giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Ter) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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