Cass. civ. Sez. III, Sent., 21-06-2011, n. 13613 Immissioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

so.
Svolgimento del processo

L’Italcementi S.p.A. propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi ed illustrato da successiva memoria, avverso la sentenza della Corte d’appello di Cagliari che ha rigettato il suo gravame contro la sentenza di primo grado del Tribunale di Cagliari con la quale era stata condannata al risarcimento dei danni nei confronti di numerosi attori, proprietari e/o affittuari e/o comodatari di terreni in agro dei comuni di (OMISSIS), per la diminuita produttività di tali terreni, a ragione delle immissioni provenienti da uno stabilimento di proprietà della Cementerie di Sardegna S.p.A., poi incorporata nella società ricorrente.

Dieci degli intimati resistono con controricorso mentre gli altri non si sono costituiti.
Motivi della decisione

1.- Con il primo motivo la società ricorrente, sotto il profilo della violazione degli artt. 75 e 77 cod. proc. civ. e degli artt. 1362 e 1324 cod. civ. e del vizio di motivazione, reitera l’eccezione, disattesa dal giudice di appello, di difetto di valida procura degli avvocati Caredda Vincenzo e Maria Laura Rachele, nominati dal dott. Alberto Loche, procuratore speciale degli intimati.

Assume la ricorrente che la procura rilasciata al Loche non comprenderebbe il potere di nominare difensori.

1.1.- Il mezzo è inammissibile.

Gli appellati – come si evince dall’intestazione della sentenza impugnata – erano infatti difesi non solo dagli avv.ti Caredda e Rachele ma anche dall’avv. Bruno Melis, costituitosi in giudizio – come si riconosce in ricorso – "in forza di regolari mandati generali alle liti". L’eventuale accoglimento del gravame non porterebbe pertanto alcuna conseguenza favorevole alla società ricorrente.

A ciò si aggiunga che, nel quesito di diritto, si censura inammissibilmente non la violazione di regole ermeneutiche ma l’interpretazione seguita dal giudice di merito, di cui si assume l’erroneità. 2.- Con il secondo motivo la società ricorrente, sotto il profilo della violazione degli artt. 844 e 2697 cod. civ., lamenta il difetto di prova in ordine al superamento dei limiti della normale tollerabilità. 2.1.- Il mezzo è inammissibile. La analoga censura proposta in grado di appello non è stata testualmente riportata, con violazione del principio di autosufficienza. La Corte d’appello, comunque, non la ha decisa in quanto, dopo averne riassunto il contenuto, afferma che "tale motivo può essere esaminato con i motivi propriamente di merito" ma, nel prosieguo della sentenza, in realtà non la esamina, limitandosi a rigettare le censure relative al quantum. La ricorrente avrebbe dovuto perciò lamentare semmai l’omessa pronuncia su un capo di appello, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4. 3.- Con il terzo motivo la società ricorrente lamenta vizi di motivazione.

3.1.- Il mezzo – che si risolve nella riproduzione testuale di circa trenta pagine dell’appello – è inammissibile, in difetto della chiara indicazione dei fatti controversi, richiesta dall’art. 366-bis cod. proc. civ., come interpretato dalle Sezioni Unite di questa Corte.

4.- Il ricorso va pertanto rigettato, con la condanna della società ricorrente al pagamento delle spese in favore dei controricorrenti, liquidate in Euro 10.200,00, di cui Euro 10.000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.
P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese in favore dei controricorrenti, liquidate in Euro 10.200,00, di cui Euro 10.000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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