Cons. Stato Sez. IV, 05-07-2010, n. 4252 CASE POPOLARI ED ECONOMICHE

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo

Con ricorso in riassunzione depositato presso la Segreteria sezionale in data 21 settembre 2009 – a seguito di interruzione del giudizio di cui alla decisione di questo Consesso n. 3709/2009 per avvenuto decesso del procuratore dell’intimata S.R., assegnataria di alloggio e.r.p. – il signor G.M. chiede l’annullamento della decisione della Commissione centrale di vigilanza per l’edilizia popolare ed economica del 7.10.2002 con la quale è stato respinto il ricorso dell’interessato avverso la decisione della Commissione regionale in data 28.6.1999 in ragione della ritenuta tardività del ricorso stesso.

A sostegno dell’impugnativa – premessa l’illustrazione in fatto della vicenda oggetto di causa – il M. deduce:

1.- Error in iudicando. Falsa applicazione di norma di legge. Violazione di legge. Violazione dell’art. 21 D.P.R. 23 maggio 1964 n. 655.

2.- Error in procedendo. Contraddittorietà con precedente decisione della stessa Commissione centrale di vigilanza.

Resistono le intimate S.R. e D.E. ed eccepiscono l’inammissibilità – irricevibilità – improcedibilità del ricorso nonché l’infondatezza dell’impugnativa nel merito.

Resiste altresì l’Avvocatura erariale.

Motivi della decisione

I – Il ricorso viene proposto direttamente dinanzi a questo Consesso sulla base della disposizione contenuta nell’art. 131 del R.D. 28 aprile 1938 n. 1165, che stabilisce che "contro le decisioni della Commissione di vigilanza è ammesso soltanto ricorso al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale nei casi previsti dall’art. 26 del T.U. approvato con R.D. 26 giugno 1924 n. 1054".

Ritiene peraltro il Collegio che, a seguito dell’entrata in vigore della legge 6 dicembre 1971 n. 1034 che, in attuazione dell’art. 103, primo comma, Cost., ha ridisegnato il sistema della tutela giurisdizionale del cittadino nei confronti della pubblica amministrazione, si sia verificata una fattispecie di abrogazione implicita della precitata disposizione del 1938 per sopravvenuta regolamentazione dell’intera materia.

Ed invero, per effetto dell’entrata in vigore della legge n. 1034/71, la competenza generale sulle controversie relative agli interessi legittimi è attribuita, in primo grado, ai Tribunali amministrativi regionali e, in appello, al Consiglio di Stato che, nel loro insieme, costituiscono un complesso giurisdizionale unitario.

La nuova legge introduce un sistema normativo processuale completo, anche mediante il ricorso ai principi generali del diritto ed alla integrazione analogica, a fronte del quale appaiono recessive isolate disposizioni in senso contrario, quale quella oggetto di odierno esame.

Né l’art. 131 cit. può essere qualificato norma "speciale", laddove si ricordi (V Sez., 22 aprile 1976 n. 651) che il principio di specialità opera solo quando tra due norme sussista un rapporto di species a genus, e cioè quando una norma (speciale) contenga tutti gli elementi compresi in altra norma (generale) e presenti, in aggiunta, uno o più elementi tipici o specializzati, così da coprire solo un settore limitato dell’area di disciplina della seconda.

Non è del resto in questa sede in discussione la natura e l’ambito della tutela delineata dall’art. 131 cit. con specifico riguardo all’art. 26 T.U. n. 1054 del 1924, e quindi con riferimento ai ricorsi "per incompetenza, per eccesso di potere o per violazione di legge, contro atti o provvedimenti di un’autorità amministrativa… che abbiano per oggetto un interesse d’individui o di enti morali giuridici; quando i ricorsi medesimi non siano di competenza dell’autorità giudiziaria".

Ma l’introduzione nell’ordinamento di un sistema processuale generale e completo nella materia della tutela delle posizioni di interesse legittimo del cittadino, assolutamente confliggente, e quindi incompatibile ratione temporis, con la tutela in unico grado ipotizzata dalla norma in precedenza vigente preclude, in conclusione, la perdurante applicabilità di quest’ultima.

II – Per le esposte considerazioni, deve concludersi per la inammissibilità del ricorso.

Quanto alle spese di giudizio, sussistono giusti motivi, in relazione alla natura della questione esaminata, per disporne l’integrale compensazione fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione Quarta, definitivamente pronunciando, dichiara inammissibile il ricorso in epigrafe.

Compensa integralmente fra le parti le spese di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 marzo 2010 con l’intervento dei Signori:

Gaetano Trotta, Presidente

Pier Luigi Lodi, Consigliere

Goffredo Zaccardi, Consigliere

Bruno Mollica, Consigliere, Estensore

Vito Carella, Consigliere

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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