Cons. Stato Sez. IV, 05-07-2010, n. 4249 FORZE ARMATE

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo e motivi della decisione

Viene chiesta la revocazione ex art 365 n.4 c.p.c. della sentenza in epigrafe, contenente accoglimento dell’appello proposto dall’Amministrazione, e conseguente riforma della sentenza di I° grado, ravvisandovi errore di fatto riguardante un previo gradimento al trasferimento a diversa sede di servizio, invece inesistente, con esclusione,quindi, dell’indennità ex lege.100/87, non spettante in caso di trasferimento a domanda.

In particolare, il giudizio di revocazione all’esame attiene a ricorso notificato dai militari della Guardia di Finanza sopra menzionati, con il quale quest’ultimi hanno chiesto al TAR Puglia Sez. Lecce di accertare il loro diritto all’indennità della legge n.100/87 in relazione al loro trasferimento a diversa sede di servizio, avvenuto "previo gradimento".

L’adito TAR Puglia Sez. Lecce accoglieva la domanda rigettando le eccezioni formulate dall’ Amministrazione, la quale rilevava che essendo i trasferimenti avvenuti su istanza di parte (domanda di trasferimento a seguito di interpello) la pretesa dei ricorrenti era infondata.

Ha proposto appello conseguentemente l’Amministrazione rilevando l’erroneità della decisione, evidenziando anche l’inammissibilità del ricorso introduttivo, non avendo i militari ricorrenti impugnato il provvedimento di trasferimento alla nuova sede nonostante fosse stato esplicitamente qualificato dall’Amministrazione come trasferimento a domanda.

La sentenza 5223/2008 di questa Sezione, oggetto della revocazione all’esame, ha deciso, come detto, accogliendo l’appello dell’Amministrazione e osservando, in particolare, che"… Pertanto la dichiarazione di gradimento e cioè la dichiarazione di accettazione del trasferimento a domanda impedisce la configurabilità di un trasferimento d’ufficio… ".

Nel ricorso oggi all’esame i ricorrenti sostengono che il trasferimento sarebbe avvenuto esclusivamente per ordine dell’ Amministrazione senza che la sottoscrizione della domanda di gradimento, dopo l’interpello, potesse modificare la natura di trasferimento d’ufficio; cosa di cui questa Sezione non si sarebbe avveduta nella citata decisione di riforma della sentenza di primo grado.

Lamentano i ricorrenti,altresì, che l’accolto ricorso in appello della Amministrazione sarebbe stato erroneamente apprezzato con esito positivo, nonostante i contrari precedenti giurisprudenziali; in relazione a ciò si chiede la rimessione della questione controversa all’ Adunanza Plenaria.

L’Amministrazione si è costituita in giudizio per rilevare che il rimedio della revocazione esperito dalla parte soccombente nel giudizio d’appello ha carattere pienamente strumentale.

L’avverso ricorso è anzitutto inammissibile.

Questa Sezione, con le sentenze 25 marzo 2005, n. 1328 e 27 dicembre 2004, n. 8203, ha già fissato chiaramente i presupposti per l’ammissibilità della revocazione per errore di fatto "revocatorio", assenti, invero, nella fattispecie in esame.

L’errore di fatto "revocatorio", idoneo a fondare la domanda di revocazione ai sensi dell’art. 81 n. 4 del R.D. 17 agosto 1907 n. 642 e dell’art. 395 n. 4 c.p.c., deve invero rispondere a tre distinti requisiti consistenti:

"… a) derivare da una pura e semplice errata od omessa percezione del contenuto meramente materiale degli atti del giudizio, la quale abbia indotto l’organo giudicante a decidere sulla base di un falso presupposto di fatto, facendo cioè ritenere esistente un fatto documentalmente escluso o inesistente un fatto documentalmente provato;

b) attenere ad un punto non controverso e sul quale la decisione non abbia espressamente motivato;

c) infine, essere stato un elemento decisivo della decisione da revocare".

Inoltre, l’errore di fatto "revocatorio" deve oltre che consistere nell’affermazione o supposizione dell’esistenza o inesistenza di un fatto la cui verità risulti invece in modo indiscutibile esclusa o accertata in base al tenore degli atti e documenti di causa, essere decisivo e non cadere su di un punto controverso sul quale il giudice si sia pronunciato, presentare i caratteri della evidenza e della obiettività".

In breve, della questione di fatto non deve essersi mai discusso, in giudizio e ciò deve aver influito sul suo esito.

A sua volta, nella sentenza oggetto di revocazione, deve risultare una verità giuridicamente rilevante contraria ad essa.

E, invero,come insegna la Cassazione civile nella propria giurisprudenza a cui le citate sentenza di questa Sezione sono ispirate "L’errore di fatto previsto dall’art. 395, numero 4, cod. proc. civ., idoneo a costituire motivo di revocazione, consiste nell’affermazione o supposizione dell’esistenza o inesistenza di un fatto la cui verità risulti invece in modo indiscutibile esclusa o accertata in base al tenore degli atti e documenti di causa; esso si configura quindi in una falsa percezione della realtà, in una svista obiettivamente e immediatamente rilevabile, la quale abbia portato ad affermare o supporre l’esistenza di un fatto decisivo incontestabilmente escluso dagli atti e documenti, ovvero l’inesistenza di un fatto decisivo che dagli atti o documenti stessi risulti positivamente accertato, e pertanto consiste in un errore meramente percettivo che in nessun modo coinvolga l’attività valutativa del giudice di situazioni processuali esattamente percepite nella loro oggettività; ne consegue che non è configurabile l’errore revocatorio per vizi della sentenza che investano direttamente la formulazione del giudizio sul piano logicogiuridico" (ed invero enunciando il principio di cui in massima, la S.C., confermando la sentenza impugnata, ha escluso che costituisse un errore di percezione, suscettibile di costituire motivo di revocazione, la valutazione compiuta dal giudice di merito circa l’inidoneità delle espressioni utilizzate dalla parte a configurare un valido disconoscimento della scrittura privata di fideiussione) (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 14267 del 19/06/2007).

In conclusione, "L’errore di fatto, previsto dall’art. 395, numero 4, cod. proc. civ., idoneo a determinare la revocabilità delle sentenze, comprese quelle della Corte di cassazione, deve risolversi esclusivamente in un vizio di assunzione del "fatto" che può consistere nel contenuto degli atti processuali oggetto di cognizione del giudice, quali la sentenza impugnata o gli atti di parte, e non in errori di criterio nella valutazione ed interpretazione del fatto, che attengano, cioè, alla valutazione degli atti sottoposti al controllo del giudice, i quali siano stati correttamente percepiti, configurandosi l’errore, in tali casi, in un vizio di ragionamento sui fatti assunti o in un inesatto apprezzamento delle risultanze processuali qualificabile come errore di giudizio, quando i fatti segnalati abbiano formato oggetto di esatta rappresentazione e poi di discussa valutazione" (Cass. Sez. 5. Sentenza n. 2478 del 06/02/2006).

Orbene, è sufficiente porre mente al contenuto della decisione oggetto del ricorso per revocazione qui in esame, per concludere che l’aspetto posto a base di quest’ultimo non è stato affatto ignorato determinando un effetto decisivo sull’esito della decisione stessa.

Invero, dalla sentenza revocanda, sul punto posto in discussione dal ricorrente, non emerge che l’esito del giudizio sarebbe stato diverso se il giudice avesse tenuto conto di quanto rilevato dalla parte ricorrente.

Ad avviso di quest’ultima, la dichiarazione di disponibilità data ai trasferimenti dalla sede di servizio, dietro richiesta dell’Amministrazione, non poteva trasformare il trasferimento stesso da movimentazione d’ufficio, a movimentazione " domanda", come già sarebbe stato ritenuto da questa Sezione con decisioni rispetto alle quali quella in esame si porrebbe in contrasto.

Fermo quanto precede e" allora evidente, ad avviso della Sezione, che mancano le condizioni per addivenire alla richiesta revocazione posto che la doglianza si qualifica non già come un errore nella percezione di un fatto bensì come deduzione di un error in judicando, che certamente non rappresenta ipotesi inclusa nel novero delle stringenti condizioni richieste per promuovere la revocazione di una sentenza pronunciata in appello dall’art.395 c.p.c.

Fondatamente quindi l’Amministrazione fa rilevare che "non può trovare ingresso in questa sede la doglianza secondo la quale i militari avrebbero sottoscritto il modulo di adesione su sollecitazione dell’Amministrazione non avendo a questo proposito rilevanza la dedotta doglianza contando unicamente il fatto nella sua materialità ed essendo del tutto irrilevante al fine del presente giudizio la circostanza di precedenti giurisprudenziali di segno contrario".

In conclusione poiché rispetto al "fatto nella sua materialità " non v’è stato errore alcuno nella sentenza oggetto di revocazione, il ricorso è palesemente inammissibile.

Passando alla determinazioni relative alle spese da porre a carico della parte soccombente, in relazione a quanto espressamente richiesto dall’Amministrazione, il Collegio ritiene che se, alla luce delle esposte considerazioni sul merito della causa, non pare possano dirsi sussistenti ex art.96 c.p.c., le condizioni della mala fede o della colpa grave per una condanna dei ricorrenti per lite temeraria, al contrario a carico di quest’ultimi, vanno poste senz’altro le spese di lite ex art.91 c.p.c., che si liquidano, nella misura indicata nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, sezione Quarta, dichiara inammissibile il ricorso per revocazione in epigrafe.

Condanna in solido gli appellanti al pagamento, in favore delle Amministrazioni appellate, delle spese e degli onorari del presente giudizio che si liquidano in complessivi euro 10.000,00, oltre accessori come per legge (spese generali al 12,50%, I.V.A. e C.P.A.)..

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 giugno 2010 con l’intervento dei Signori:

Gaetano Trotta, Presidente

Vito Poli, Consigliere

Salvatore Cacace, Consigliere

Sandro Aureli, Consigliere, Estensore

Raffaele Greco, Consigliere

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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