Cons. Stato Sez. IV, 05-07-2010, n. 4239 ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILITA’

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo e motivi della decisione

1. Con ordinanza del sindaco di Roma n. 352 del 20 novembre 2001 è stata determinata, ai sensi dell’art. 11, l. n. 865 del 1971, l’indennità provvisoria di esproprio di aree ubicate nel tenimento comunale necessarie per la realizzazione del parco della Caffarella; relativamente alla ditta 38 – foglio 907, particella n. 19 per mq 410 – l’indennità è stata liquidata in favore dei proprietari catastali, ovvero Demanio della Stato ed eredi di G. Gerini (Alessandro, Carlo, Maria, Gerini Isabella fu marchese Gaetani).

2. Avverso la su menzionata ordinanza sono insorti davanti al T.a.r. del Lazio la Fondazione ecclesiastica Istituto Marchesi Teresa, G. e L.G., quale erede del marchese Alessandro Gerini (in prosieguo la Fondazione), e la società P.H.I. s.r.l. in liquidazione (in prosieguo la società), da essa partecipata al 100%, assumendo di essere i reali proprietari dell’appezzamento di 410 mq; hanno dedotto, pertanto, due autonomi motivi di illegittimità prospettando violazione di legge ed eccesso di potere sotto svariati aspetti.

3. L’impugnata sentenza – T.a.r. del Lazio, sezione II, n. 9027 del 23 ottobre 2002, resa in forma semplificata ex art. 26, l. n. 1034 del 1971 – ha respinto tutte le doglianze compensando fra le parti le spese di lite.

4. Con ricorso ritualmente notificato e depositato la Fondazione e la società hanno interposto appello avverso la su menzionata sentenza del T.a.r. reiterando criticamente le censure sollevate in prime cure; in particolare:

a) con il primo motivo (pagine 4 – 6) è stata dedotta la violazione dell’art. 51, della l. n. 2359 del 1865 in combinato disposto con l’art. 7, della l. n. 241 del 1990; è stata contestata la legittimità della determinazione dell’indennità provvisoria in favore dei soggetti risultati proprietari sulla base di dati catastali non aggiornati; si assume che il comune avrebbe avuto piena contezza dell’identità degli effettivi proprietari essendo intercorso in precedenza fra le parti un lungo contenzioso, procedimentale e giudiziario, all’interno del quale sarebbe emersa con certezza la proprietà effettiva dell’appezzamento di terreno in questione;

b) con il secondo motivo (pagine 6 – 7), è stata lamentata l’ingiustizia manifesta del provvedimento che non terrebbe conto della gravità del danno arrecato alla proprietà privata dalle ineluttabili servitù di passaggio che andrebbero a gravare sulle aree confinanti il parco, nonché la mancanza di qualunque interesse pubblico e di utilità sociale alla procedura espropriativa.

5. Si è costituito il comune di Roma deducendo l’infondatezza del gravame in fatto e diritto.

6. Con ordinanza di questa Sezione n. 1383 dell’8 giugno 2003 è stata respinta l’istanza di sospensione degli effetti dell’impugnata sentenza e sono state liquidate provvisoriamente le spese della fase cautelare nella misura di mille euro.

7. La causa è passata in decisione all’udienza pubblica dell’8 giugno 2010.

8. L’appello è infondato e deve essere respinto.

8.1. Preliminarmente la Sezione rileva l’inconferenza, nel primo motivo, del riferimento all’art. 51, l. n. 2359 cit. (ed alla relativa risalente giurisprudenza riportata a sostegno della censura); il provvedimento impugnato, infatti, è stato emanato ai sensi dell’art. 11, l. n. 865 cit.

8.1.1. Ciò premesso in fatto, la Sezione non intende discostarsi dai consolidati principi giurisprudenziali resi sul punto di diritto controverso (cfr. ex plurimis e da ultimo, Trib. sup. acque pubbliche, 28 aprile 2005, n. 60; Cass. civ., sez. I, 15 novembre 2004, n. 21622; Cons. St., sez. IV, 17 dicembre 2003, n. 8289; 28 febbraio 2002, n. 1200; 22 maggio 2000, n. 2940), in forza dei quali:

a) la procedura espropriativa prevista dalla l. n. 865 cit. si svolge legittimamente e di norma nei confronti dei proprietari iscritti nei registri catastali;

b) le variazioni nella titolarità dei beni, intervenute nelle more della procedura, sono irrilevanti ai fini della legittimità della stessa;

c) il mancato coinvolgimento degli effettivi proprietari non costituisce motivo di carenza di potere espropriativo e di conseguente illiceità dell’occupazione giocando un ruolo esclusivamente nell’impedire, in danno del proprietario effettivo, il decorso dei termini per la contestazione degli atti della procedura (specie di determinazione delle indennità); sotto tale angolazione è pacifico che legittimati ad agire in giudizio per difendere la proprietà ablata sono esclusivamente i titolari effettivi del diritto;

d) in via del tutto eccezionale e nell’esclusivo interesse pubblico, allorquando l’amministrazione abbia sicura ed esatta conoscenza della situazione dominicale, tanto da aver instaurato un diretto contraddittorio nel medesimo procedimento espropriativo, la stessa è facoltizzata a comunicare gli atti ai proprietari effettivi in luogo di quelli catastali.

8.1.2. Per completezza la Sezione evidenzia che i su esposti principi sono stati cristallizzati dall’art. 3, d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 – t.u. espr. – laddove stabilisce, al 2° comma, che "tutti gli atti della procedura espropriativa, ivi incluse le comunicazioni ed il decreto di esproprio, sono disposti nei confronti del soggetto che risulti proprietario secondo i registri catastali, salvo che l’autorità espropriante non abbia tempestiva notizia dell’eventuale proprietario effettivo".

8.2. Miglior sorte non tocca al secondo motivo di gravame.

Esso è inammissibile sotto plurimi profili in quanto:

a) è totalmente generico;

b) muove doglianze che contestano in radice la procedura di esproprio ed in particolare il primo atto di essa, ovvero la dichiarazione di pubblica utilità che, però, non è stato impugnato nel presente giudizio;

c) solleva censure che impingono il merito delle valutazioni discrezionali rimesse all’autorità espropriante.

9. In conclusione l’appello deve essere respinto.

Le spese di giudizio, regolamentate secondo l’ordinario criterio della soccombenza, sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe:

– respinge l’appello e per l’effetto conferma la sentenza impugnata;

– condanna gli appellanti, in solido fra loro, a rifondere in favore del comune di Roma le spese, gli onorari e le competenze del presente grado di giudizio (comprensive delle spese della fase cautelare), che liquida nella misura complessiva di euro 3.000 (tremila/00), oltre accessori come per legge (spese generali al 12,50%, I.V.A. e C.P.A.).

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 giugno 2010 con l’intervento dei Signori:

Gaetano Trotta, Presidente

Vito Poli, Consigliere, Estensore

Salvatore Cacace, Consigliere

Sandro Aureli, Consigliere

Raffaele Greco, Consigliere

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *