Cons. Stato Sez. VI, 05-07-2010, n. 4262 GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo

1. Con sentenza n. 20216 del 2004 il Tribunale civile di RomaSezione Lavoro ha accertato il diritto dei ricorrenti al trattamento economico previsto per il personale dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e, per l’effetto, ha condannato il C.N.I.P.A. (Centro Nazionale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione, oggi D.), parte convenuta, al pagamento delle differenze retributive maturate, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dalle singole scadenze al saldo, e al versamento dei relativi contributi.

La Corte di Appello di RomaSezione Lavoro, con sentenza n. 1306 del 28 agosto 2008, ha confermato la sentenza di primo grado. Il CNIPA ha impugnato la sentenza della Corte di Appello con ricorso per cassazione.

2. I ricorrenti in epigrafe, ritenuta l’improcedibilità del ricorso per cassazione a seguito del suo mancato deposito e iscrizione a ruolo nei termini, e quindi la formazione del giudicato, il 18 marzo 2009 hanno notificato al CNIPA atto di significazione, diffida e messa in mora per l’adempimento e, decorso inutilmente il termine di 30 giorni per adempiere intimato nella diffida, hanno proposto ricorso per ottemperanza a questo Consiglio.

3. Questo Consiglio, con sentenza n. 7852 del 2009, richiamato che ai sensi dell’art. 37 della legge n. 1034 del 1971 per la rituale introduzione del ricorso inteso ad ottenere l’esecuzione di sentenze pronunciate dall’autorità giudiziaria ordinaria è richiesto l’avvenuto passaggio in giudicato delle stesse, ha dichiarato il ricorso inammissibile in carenza di statuizione di improcedibilità del ricorso per cassazione, pronunciata da parte della Suprema Corte di Cassazione, giudice adito, ad integrazione, per l’effetto, del requisito di "cosa giudicata formale".

4. La Corte Suprema di Cassazione, Sezione Lavoro, con ordinanza n. 3594 del 16 febbraio 2010, ha dichiarato improcedibile il ricorso proposto dal CNIPA.

5. I ricorrenti in epigrafe il 16 marzo 2010 hanno notificato a D. atto di significazione, diffida e messa in mora chiedendo entro trenta giorni dal ricevimento dell’atto l’esecuzione della sentenza del Tribunale civile di RomaSezione Lavoro n. 20216 del 2004.

6. Decorso inutilmente il detto termine è stato proposto il ricorso in epigrafe con cui si chiede l’adozione di misure volte all’esecuzione del giudicato.

Motivi della decisione

1. Con il ricorso in esame si deduce la non esecuzione della sentenza del Tribunale civile di Roma – Sezione Lavoro n. 20216 del 2004.

2. La D. ha depositato in giudizio, l’11 maggio 2010, memoria difensiva in cui richiama che il contenzioso di cui qui si tratta è scaturito da quanto disposto dall’art. 42, comma 3, della legge n. 675 del 1996, recante la previsione dell’applicazione ai dipendenti in questione del trattamento economico previsto per il personale dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, sulla cui base si è pronunciato il giudice ordinario accogliendo il relativo ricorso; si afferma poi che, pendente il contenzioso, è stata approvata la legge 23 dicembre 2005, n. 266, il cui art. 1, comma 225, dispone che "Ai fini della definizione delle situazioni pendenti, l’articolo 42, comma 3, della legge 31 dicembre 1996, n. 675 per il periodo della sua vigenza si interpreta nel senso che l’applicazione del trattamento economico previsto dal terzo periodo è subordinata alla previa definizione del trattamento giuridico ed economico e dell’ordinamento delle carriere del personale dell’Autorità per l’informatica nella pubblica amministrazione mediante il regolamento previsto dal primo periodo. Dalla data di entrata in vigore della presente legge e fino alla definizione del regolamento di cui al precedente periodo è sospesa qualsiasi procedura esecutiva relativa a pronunce giurisdizionali non passate in giudicato concernenti l’applicazione del suddetto trattamento economico".

Da ciò consegue, si sostiene, l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso in epigrafe, risultando chiaro dalla norma citata che la sospensione delle procedure esecutive delle pronunce giurisdizionali si deve applicare a quelle non passate in giudicato all’atto dell’entrata in vigore della legge.

Non potendosi affermare, si soggiunge, che a seguito dell’approvazione del d.lgs. n. 177 del 2009 ("Riorganizzazione del Centro Nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione, a norma dell’articolo 24 della legge 18 giugno 2009, n. 69") siano state soddisfatte le condizioni poste dall’art. 1, comma 225, della legge n. 266 del 2005, poiché nel detto d.lgs. è previsto che la definizione del trattamento economico e giuridico del personale è subordinata alla stipulazione del CCNL del comparto, non essendo stati approvati, inoltre, neppure i regolamenti sull’ordinamento dell’Ente, di cui all’art. 6 del medesimo d.lgs.,ugualmente necessari ai fini di cui qui si tratta.

La sentenza del giudice ordinario non può perciò essere eseguita né, d’altro lato, è eseguibile, non costituendo titolo esecutivo, ai sensi dell’art. 474 c.p.c., poiché reca una condanna generica, essendo perciò necessario un ulteriore giudizio per la quantificazione del dovuto.

3. Le deduzioni della D. non possono essere accolte.

Infatti.

la questione dell’applicazione dell’art. 1, comma 225, della legge n. 266 del 2005 non è stata sollevata o comunque esaminata nel corso della vicenda giurisdizionale sopra richiamata, essendo stata pronunciata la sentenza in appello il 26 agosto 2008, dopo più di due anni dall’entrata in vigore della norma, ed essendo stato dichiarato improcedibile il ricorso per cassazione;

il giudicato si è perciò formato su quanto statuito come regola del caso in controversia dalla sentenza del Tribunale civile di RomaSezione Lavoro n. 20216 del 2004, né, coprendo il giudicato il dedotto ed il deducibile, il contenuto della sentenza può essere posto in discussione deducendo successivamente questioni non proposte o esaminate nel processo;

di conseguenza l’esecuzione della sentenza non è condizionata alla stipulazione del CCNL del comparto o all’approvazione dei regolamenti sull’ordinamento dell’Ente, essendo peraltro precisato nella sentenza il trattamento economico cui equiparare quello dovuto ai ricorrenti, con la sua specifica individuazione, in applicazione della legge, nel trattamento previsto per il personale dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni;

non potendosi, per lo stesso motivo, definire generico, e quindi non eseguibile, il dettato della sentenza stessa.

4. Il ricorso per l’esecuzione del giudicato deve perciò essere accolto ed ordinata l’esecuzione della sentenza del Tribunale civile di Roma – Sezione Lavoro n. 20216 del 2004.

Si deve quindi disporre la completa esecuzione da parte di D. di quanto statuito nella detta sentenza a favore dei ricorrenti entro novanta giorni dalla comunicazione della presente decisione, o dalla sua notificazione se antecedente, e la nomina di un commissario ad acta in caso di inutile decorso del detto termine.

Questi è nominato nella persona del Ragioniere Generale dello Stato, o dirigente da lui delegato, riservandosi il Collegio all’esito dell’espletamento dell’incarico la liquidazione delle spese per il procedimento di esecuzione della sentenza e per il compenso del commissario ad acta, il cui onere è a carico di D..

5. Le spese del presente giudizio seguono, come di regola, la soccombenza. Esse sono liquidate nel dispositivo

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, accoglie il ricorso in epigrafe.

Ordina alla D. di dare integrale esecuzione al giudicato formatosi sulla sentenza del Tribunale civile di Roma – Sezione Lavoro n. 20216 del 2004, provvedendo entro novanta giorni dalla comunicazione della presente decisione ovvero dalla sua notificazione, se antecedente.

Nomina commissario ad acta il Ragioniere generale dello Stato, o dirigente da lui delegato, perché, se l’indicato termine trascorra inutilmente, provveda ad adottare tutti gli atti necessari per l’esecuzione del giudicato. Dispone sulle spese per l’espletamento dell’incarico da parte del commissario ad acta come da motivazione.

Condanna la parte convenuta -D.- al pagamento a favore dei ricorrenti delle spese della presente fase del giudizio, che liquida in complessivi euro 3.000,00 (tremila/00), oltre IVA e C.P.A.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 giugno 2010 con l’intervento dei Signori:

Giuseppe Severini, Presidente

Paolo Buonvino, Consigliere

Rosanna De Nictolis, Consigliere

Maurizio Meschino, Consigliere, Estensore

Bruno Rosario Polito, Consigliere

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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