Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 18-02-2011) 30-03-2011, n. 13305 Ricusazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte d’Appello di Messina ha dichiarato – in data 28.6.2010 – inammissibile la dichiarazione di ricusazione avanzata dall’attuale ricorrente nei confronti del dr. G.M. qualora egli "fosse componente del Collegio della Corte d’Appello, avendo composto il collegio in Tribunale quando furono emesse decisioni sfavorevoli al R.".

La Corte rilevò la genericità della doglianza, che non indicava il procedimento di appello in cui il ricusante rivestirebbe la qualità di imputato; l’assenza di un interesse attuale, non risultando se il procedimento sarà effettivamente trattato dal G.; per tardività poichè, stando alle indicazioni esposte dall’interessato, vi sarebbero già state sei udienze davanti al Collegio composto o presieduto dal G.; che tra i casi di ricusazione ex art. 37 c.p.p., non rientra la mancata adesione all’invito all’astensione ex art. 36 c.p.p., lett. h).

Avverso la decisione ha proposto ricorso il R. dolendosi:

della circostanza che, tra i membri del Collegio che componeva la Corte d’Appello che emise l’Ordinanza 28.6.2010, vi era il dr. F.L., fratello del Presidente del Collegio della Corte che avrebbe dovuto giudicare il R.;

– che la decisione fu assunta de plano e non nell’udienza ex art. 127 c.p.p., circostanza che aveva impedito di conoscere tempestivamente la composizione dell’organo giudicante e che avrebbe consentito di eccepire l’incompatibilità (non l’invito all’astensione) ex art. 35 c.p.p., che vieta a parenti nel 2^ grado di sedere nello stesso Collegio;

– l’erronea convinzione che spetti al ricorrente l’onere di allegazione documentale, dovendo lo sesso giudice acquisire ex officio quanto necessario.

Con atto 9.12.2010 la difesa del ricorrente faceva pervenire motivi nuovi, a cui allegava certificazione anagrafica attestante il rapporto di parentela tra il Presidente della Corte, F. A., ed il componente della sezione della Corte d’Appello che ha giudicato la vicenda R., F.L.. Con essi si ribadiva la doglianza per avere assunto la decisione de plano, e non a seguito di udienza ex art. 127 c.p.p. e l’obbligo ex art. 35 c.p.p. di astensione del dr. F.L..
Motivi della decisione

Sulla premessa che l’attuale ricorso tende alla ricusazione del giudice nominato per la causa della ricusazione, ipotesi non consentita ( art. 40 c.p.p., comma 3), sono, comunque, manifestamente infondati tutti i mezzi esposti o, in ogni caso, inammissibili.

Quanto al primo, nel caso in discorso, difetta alla fattispecie di asserita incompatibilità il requisito dell’identità del procedimento in cui due giudici – legati da vincolo parentale – esercitino la funzione giurisdizionale. Diversamente si creerebbe l’assurdo che mai il Presidente della Corte d’Appello di Messina potrebbe assumere la veste giudiziale in qualsivoglia procedura sottoposta all’attenzione della Corte territoriale, ove è presente anche il fratello.

Del pari manifestamente infondata è la censura all’adozione del rito de plano nei casi in cui debbasi vagliare la dichiarazione di ricusazione articolata su ragioni manifestamente infondate (cfr. ex multis, Cass. pen. (ord.), sez. 5, 5 ottobre 2005, Manzini, Ced Cass., rv. 233057).

La censura circa il mancato esercizio dei poteri di allegazione/acquisizione non è proponibile nella fase dedicata al vaglio dell’ammissibilità della dichiarazione, come la presente, bensì – come si evince chiaramente dall’art. 41 c.p.p., comma 3 (invocato dal ricorrente) – soltanto per lo scrutinio nel merito.

Permane, comunque, l’assenza dell’attualità dell’interesse al provvedimento invocato non essendo ancora noto se il procedimento sarà trattato dal Dr. G..

Dalla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue ai sensi dell’art. 616 c.p.p. la condanna al pagamento delle spese del procedimento ed anche al versamento della somma a favore della Cassa per le Ammende che si ritiene equo fissare in Euro 1.000.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonchè al versamento della somma di Euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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