Cass. civ. Sez. I, Sent., 23-06-2011, n. 13815 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

D.M.R., con ricorso alla Corte d’appello di Napoli, proponeva, ai sensi della L. n. 89 del 2001, domanda di equa riparazione per violazione dell’art. 6 della C.E.D.U. a causa della irragionevole durata di un giudizio da lui instaurato dinanzi al T.A.R. Campania nel marzo 1990 ed ancora pendente al momento della proposizione della domanda.

La Corte d’appello, con decreto depositato il 10 marzo 2009, ritenuta la durata ragionevole di tre anni, liquidava il danno non patrimoniale per la residua durata irragionevole di quindici anni e due mesi nella somma di Euro 7.585,00 oltre interessi legali e metà delle spese del procedimento.

Avverso tale decreto D.M.R. ha proposto ricorso a questa Corte con atto notificato al Ministero Economia e Finanze il 7 ottobre 2009, formulando sette motivi. Resiste il Ministero con controricorso.
Motivi della decisione

1.- Con i sette motivi è denunciata, in relazione alla liquidazione delle spese del procedimento esposta nel provvedimento impugnato, erronea e falsa applicazione di legge ( artt. 91, 92 c.p.c., art. 6 p. 1 CEDU, normativa in tema di tariffe professionali), nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione ( art. 360 c.p.c., n. 3 e 5).

Secondo l’istante, la liquidazione delle spese sarebbe illegittima perchè presumibilmente effettuata in applicazione delle tariffe per i procedimenti di volontaria giurisdizione anzichè di contenzioso ordinario, sarebbe insufficiente, anche per illegittima compensazione parziale nonostante l’accoglimento del ricorso, nonchè priva di motivazione con riguardo alla non conformità alle tariffe forensi ed agli standards europei che dovrebbero trovare nella specie applicazione. La Corte di merito avrebbe inoltre illegittimamente disatteso la nota spese depositata, omettendo peraltro di motivare al riguardo.

2.- Tali doglianze, da esaminare congiuntamente perchè giuridicamente e logicamente connesse, non possono trovare accoglimento.

In primo luogo, le spese del procedimento non sono state poste a carico della parte totalmente vittoriosa, bensì compensate per metà, nel legittimo esercizio di una facoltà discrezionale rimessa al prudente apprezzamento del giudice del merito (secondo il disposto dell’art. 92 c.p.c. antecedente alla L. n. 69 del 2009, qui inapplicabile ratione temporis), peraltro non illogicamente motivata con riguardo al notevolissimo ridimensionamento della pretesa esercitata dal ricorrente (cfr. Cass. n. 9762/1997). Quanto alle altre doglianze, parte ricorrente non ha specificamente e analiticamente indicato, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, le voci e gli importi richiesti e ad essa spettanti (cfr. Cass. n. 21325/2005; n. 9082/2006; n. 9098/2010), in tal modo non consentendo al giudice di legittimità il controllo – senza bisogno di svolgere ulteriori indagini in fatto e di procedere alla diretta consultazione degli atti – degli error in iudicando solo astrattamente enunciati in ricorso, tra i quali peraltro non risulta specificamente compresa la violazione dei minimi inderogabili di tariffa. Nè parte ricorrente ha dimostrato l’applicazione nel provvedimento impugnato delle tariffe professionali vigenti riguardanti i procedimenti di volontaria giurisdizione. D’altra parte, va tenuto fermo che in tema di spese processuali possono essere denunciate in sede di legittimità solo violazioni del criterio della soccombenza o liquidazioni che non rispettino le tariffe professionali (cfr. Cass. n. 4347/1999; n. 4818/2000; n. 1485/2001), e che nei giudizi di equa riparazione la liquidazione delle spese processuali della fase davanti alla Corte d’appello deve essere effettuata in base alle tariffe professionali previste dall’ordinamento italiano, senza tener conto degli onorari liquidati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (cfr. Cass. n. 23397/2008).

Il rigetto del ricorso si impone dunque, con la conseguente condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese, che si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità, che liquida in Euro 600,00 per onorari oltre le spese prenotate a debito.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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