Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 17-02-2011) 30-03-2011, n. 13129 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza del 12 aprile 2010 il Tribunale di Reggio Calabria quale giudice del riesame confermava l’ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere emessa dal GIP del Tribunale di Reggio Calabria dell’8 marzo 2010 nei confronti di U.A., indagato per il delitto di associazione per delinquere di stampo mafioso (art. 416 bis c.p.).

Ricorre avverso il suddetto provvedimento lo U. – a mezzo del proprio difensore – deducendo erronea applicazione della legge processuale in riferimento all’art. 309 c.p.p., commi 5 e 10 e vizio di motivazione, in quando contraddittoria e illogica.

In particolare la difesa lamenta la mancata trasmissione al Tribunale del Riesame delle intercettazioni di cui al RIT n. 2034/06 relativo ad alcune utenze telefoniche in uso a P.C. (soggetto coindagato nel procedimento a carico di U.A.), facendone da ciò derivare la sopravvenuta inefficacia della misura cautelare stante la previsione di cui all’art. 309 c.p.p., comma 5.

Deduce, ancora, vizio di motivazione per carenza e/o manifesta illogicità con riferimento agli artt. 273 e 274 c.p.p., avendo il Tribunale offerto una motivazione per certi versi contraddittoria, per altri illogica, circa la gravità del compendio indiziario a carico dell’ U. in realtà smentito dagli atti del procedimento, e nulla argomentando in ordine all’elemento psicologico del reato contestato (consapevolezza da parte dell’ U. di aderire alla societas sceleris e di contribuire al perseguimento dei suoi fini illeciti).

Il ricorso non è fondato.

Quanto al primo motivo, con argomentazione esaustiva ed immune da censure sul piano logico oltre che rispettosa dei principi giurisprudenziali in materia, l’ordinanza impugnata ha spiegato le ragioni della non necessità – ai fini di una eventuale perdita di efficacia della misura cautelare – della integrale trasmissione degli atti al Tribunale del Riesame.

E’ principio pacifico quello secondo il quale, nel caso di misura cautelare fondata su intercettazioni (siano esse ambientali o telefoniche), non rientra tra gli obblighi del P.M. quello di trasmettere al Tribunale del Riesame dinnanzi al quale si controverta sulla misura cautelare tutti gli atti presentati al GIP a corredo della richiesta di applicazione della misura cautelare, non comportando tale omissione automaticamente la perdita di efficacia della misura, fermo restando il dovere da parte del Tribunale di valutare gli atti trasmessi e solo laddove ritenuti questi insufficienti a giustificare l’emissione della misura, il suo annullamento (Cass. Sez. 6A 1.10.2003 n. 49129; Cass. Sez. 4A 7.5.2003 n. 34348).

Peraltro nel caso in esame la difesa ha inteso equiparare la mancata trasmissione di tali atti alla mancata trasmissione di elementi favorevoli all’indagato sopravvenuti, tali da incidere in termini negativi sulla permanenza dell’efficacia della misura.

Ora, a prescindere dal fatto che non può certo darsi per scontato che le intercettazioni non trasmesse contenessero elementi favorevoli all’indagato (avendo la stessa difesa rappresentato l’opportunità che il Tribunale fosse in grado di vagliare gli elementi mancanti e verificare se essi fossero o meno favorevoli) va ricordato che è preciso onere della parte che eccepisca la mancata trasmissione di tutti gli atti posti a fondamento della richiesta ex art. 291 c.p.p.. documentare concretamente quale sia la valenza favorevole non potendo rimettere tale valutazione al giudizio del Tribunale.

Oltretutto – come già esposto nell’ordinanza impugnata – non può conseguire la perdita di efficacia di una misura alla mancata trasmissione da parte del GIP di atti che egli stesso – al momento del deposito della richiesta di applicazione della misura cautelare – non abbia ricevuto.

Conseguentemente non è dato ravvisare la denunciata violazione del disposto di cui all’art. 309 c.p.p., comma 5.

Per quanto riguarda il secondo motivo va detto che sotto il profilo della adeguatezza, esaustività e logicità della motivazione in punto di valutazione della necessaria gravità indiziaria, l’ordinanza impugnata si presenta esente da censure di sorta.

Non solo il Tribunale ha valutato in modo analitico le testimonianze (de relato) di S.M. e B.T., persino soffermandosi su possibili discrasie, valutate poi di trascurabile significato e non incidenti sul quadro indiziario complessivo in punto di attendibilità di dette dichiarazioni, ma ha analizzato in modo esauriente altri elementi indizianti, ritenuti altrettanto gravi, in quanto riferibili a fatti oggettivi quali le conversazioni telefoniche ed ambientali intercettate, rispetto alle quali nulla ha rilevato la difesa nemmeno sotto il profilo di una loro eventuale inutilizzabilità, limitandosi ad una lettura alternativa del significato della conversazione intercorsa in carcere tra J. V. ed il figlio G., implicante una indagine di fatto non censurabile in sede di legittimità.

Ma anche con riferimento alle intercettazioni riguardanti P. C., rispetto alle quali l’ U. si ritroverebbe nella posizione di soggetto "terzo conversato", le censure mosse riguardano una rivisitazione in chiave interpretativa dei contenuti di tali intercettazioni.

Peraltro, lungi dall’apparire asfittica, la motivazione del Tribunale del Riesame sull’intraneità – in posizione di vertice – dell’ U. all’interno della compagine criminale è basata anche su altri elementi quali i rapporti diretti dell’ U. con altri sodali ( C.G.) che comprovano quella consapevolezza dell’appartenenza all’associazione in vista del raggiungimento dei fini illeciti programmati, esclusa, ma solo apoditticamente, dalla difesa che, altrettanto apoditticamente, ha ritenuto non motivata l’ordinanza su tale specifico aspetto. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Va altresì disposta ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p. la trasmissione del presente provvedimento alla Direzione della Casa Circondariale ove il ricorrente trovasi detenuto.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *