Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 10-02-2011) 30-03-2011, n. 13290 Sentenza contumaciale

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erale, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Svolgimento del processo

Con l’ordinanza impugnata veniva respinta l’istanza di restituzione della N. nel termine per l’impugnazione della sentenza contumaciale del Pretore di Caserta in data 16.10.1996. La ricorrente deduce:

1. nullità dell’ordinanza impugnata in quanto adottata senza contraddittorio in assenza dei requisiti di legge;

2. violazione di legge sulla prova della tempestività dell’istanza di restituzione;

3. violazione di legge e travisamento del fatto sulla prova della conoscenza, da parte della ricorrente, del procedimento o del provvedimento oggetto dell’istanza.
Motivi della decisione

1. Il primo motivo di ricorso, relativo all’eccepita nullità dell’ordinanza impugnata in quanto adottata senza contraddittorio in assenza dei requisiti di legge, è inammissibile.

A fronte degli orientamenti giurisprudenziali richiamati dall’ordinanza impugnata a sostegno della possibilità di adottare il provvedimento de plano, la ricorrente fa riferimento a più recenti indirizzi giurisprudenziali che limitano l’esperibilità di tale procedura ai casi di manifesta infondatezza, di carenza delle condizioni di legge e di mera riproposizione di istanza già respinta, rilevando che la presenza nella situazione prospettata di questioni valutative che imponevano il contraddittorio e che i precedenti citati nell’ordinanza sono relativi alla diversa ipotesi della restituzione in termini richiesta per ragioni di caso fortuito o di forza maggiore.

Contrariamente a quanto da ultimo sostenuto nel ricorso, la soluzione interpretativa seguita nel provvedimento impugnato, fatta propria dalle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, n. 14991 dell’11.4.2006, imp. De Pascalis, Rv. 233418) e successivamente ribadita (Sez. 1, n. 19174 del 6.2.2008, imp. Assinnata, Rv. 240237) è sostenuta da argomentazioni che non ne riducono l’operatività ai casi di restituzione nel termine per caso fortuito o forza maggiore; vertendo le stesse sul carattere incidentale della procedura rispetto a quella di impugnazione, che ammette il rito camerale non partecipato (Sez. 5, n. 23877 del 23.1.2004, imp. Castellan, Rv. 228091; Sez. 4, n. 31431 del 4.7.2005, imp. Cancelli, Rv. 231752; Sez. 1, n. 1391 del 30.11.2005, imp. Ascione, Rv. 232715), e sulla mancanza nell’art. 175 c.p.p., comma 4, contenente disposizioni procedurali riferibili a tutti i casi contemplati nella norma, di rinvii all’art. 127 c.p.p. (Sez. 1, n. 8752 del 30.1.2004, imp. Hiebeler, Rv. 226898; Sez. 2, n. 8773 del 28.1.2005, imp. Filice, Rv. 231253).

Minoritario è il diverso orientamento citato dal ricorrente (Sez. 6, n. 43179 del 21.10.2004, imp. De Curtis, Rv. 230204; Sez. 2, n. 46207 dell’11.11.2005, imp. Albuquerque, Rv. 232587; Sez. 1, n. 18525 del 10.5.2006, imp. Gueye, Rv. 234137; Sez. 2, n. 40750 del 2.10.2009, imp. Green, Rv. 245119), fondato peraltro su un generico criterio di favore per il contraddittorio desunto dalla previsione dell’art. 111 Cost., dalla nuova formulazione dello stesso art. 175 c.p.p. e dai problemi valutativi che possono porsi nel giudizio in questione, inidoneo a superare i dati testuali indicati dalle pronunce precedentemente indicate.

Il motivo è pertanto manifestamente infondato.

2. Inammissibile è altresì il secondo motivo di ricorso, relativo alla tempestività dell’istanza di restituzione; in ordine alla quale la Corte territoriale riteneva non essere stato assolto dall’Instante l’onere di indicare i relativi elementi a sostegno, non rinvenibili nella generica affermazione di aver appreso "solamente pochi giorni addietro" dell’esistenza del provvedimento di unificazione di pene nel quale era ricompresa la sentenza contumaciale per la cui impugnazione si chiedeva la restituzione nel termine.

La ricorrente rileva che la legge non prevede sul punto oneri di allegazione in capo all’instante, al contrario attribuendo all’Autorità giudiziaria le opportune verifiche; che nella situazione in esame, nella quale la conoscenza effettiva del provvedimento proveniva da un accesso alla Cancelleria ove pendeva un incidente di esecuzione proposto dalla ricorrente, non è possibile pretendere il riferimento a strumenti formali di siffatta conoscenza;

e che comunque i termini indicato nell’istanza sono descrittivi di un periodo di tempo sicuramente inferiore al termine di legge.

E’ tuttavia senz’altro onere di chi propone l’istanza di restituzione dare adeguata dimostrazione della tempestività della domanda rispetto all’effettiva conoscenza dell’atto oggetto dell’impugnazione, indicandone i relativi elementi a sostegno (Sez. 2, n. 5443 del 22.1.2010, imp. Sadraoui, Rv. 246437), trattandosi di dato informativo nella precipua disponibilità dello stesso instante.

Ciò posto, rispetto alla motivazione del provvedimento impugnato, coerentemente fondata su un giudizio di genericità ed insufficienza dell’espressione a questi fini riportata nell’Istanza respinta, la ricorrente si limita ad altrettanto generici rilievi in fatto sulla significatività dell’espressione e sulle circostanze nelle quali sarebbe stata acquisita la conoscenza della sentenza contumaciale di condanna. Il motivo di ricorso è pertanto manifestamente infondato nel suo presupposto giuridico e, per il resto, privo di specificità.

Tali conclusioni, riguardando il requisito preliminare della tempestività dell’istanza di restituzione nel termine, risultano assorbenti rispetto al terzo motivo di ricorso, relativo alla motivazione dell’ordinanza impugnata sulla conoscenza del procedimento o del provvedimento oggetto dell’istanza da parte della ricorrente; motivazione peraltro esaustivamente articolata nei riferimenti all’elezione di domicilio da parte dell’imputata ed all’aver la stessa fornito più volte false generalità, comportamento doloso ritenuto ostativo all’accoglimento dell’istanza.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 500 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 500 in favore della Cassa delle Ammende.

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