Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 03-02-2011) 30-03-2011, n. 13109 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza emessa al termine di rito abbreviato, in data 20 Ottobre 2009 il Tribunale di Torino ha condannato il Sig. D., previa concessione delle circostanze attenuanti generiche e di quella prevista dal D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, comma 5, circostanze giudicate prevalente sulle aggravanti contestate, alla pena di dieci mesi di reclusione e 1.400.00 Euro di multa in relazione ai reati previsti: A) dal D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73 e art. 61 c.p., n. 11-bis; B) dall’art. 495 c.p., art. 61 c.p., nn. 2 e 11-bis; C) dalla L. n. 40 del 1998, art. 6, comma 3.

A seguito di rituale impugnazione la Corte di Appello di Torino, con la decisione qui impugnata, ha confermato la sentenza del primo giudice, respingendo l’unico motivo di appello che contestava l’eccessività della pena.

Avverso tale decisione il Sig. D. propone ricorso tramite il Difensore, lamentando l’illogicità della motivazione con cui è stata respinta la richiesta di contenimento della sanzione.
Motivi della decisione

Ritiene la Corte che il ricorso sia manifestamente generico e conseguentemente inammissibile ai sensi dell’art. 581 c.p.p., lett. c) e art. 591 c.p.p., lett. c). Tale genericità appare evidente solo che si consideri che la Corte di Appello ha respinto la richiesta di riduzione della pena fondata sui medesimi argomenti posti a fondamento del ricorso e che il contenuto di quest’ultimo omette di confrontarsi con le ragioni che la Corte di Appello ha esplicitamente prospettato a sostegno della decisione.

La Corte rileva, poi, che il giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche su quelle aggravanti comporta la non incidenza sul trattamento sanzionatorio della circostanza prevista dall’art. 61 c.p., n. 11-bis, disposizione che la Corte costituzionale ha dichiarato illegittima con la sentenza n. 250 del 2010.

Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio.

Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, nonchè al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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