Cons. Stato Sez. IV, Sent., 28-03-2011, n. 1871 Contratti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo
Motivi della decisione

1. Torna all’attenzione della Sezione il contenzioso relativo all’affidamento dell’incarico di general contractor (ai sensi della legge 21 dicembre 2001, nr. 443, e del decreto legislativo 20 agosto 2002, nr. 190) per l’esecuzione dei lavori di ammodernamento e adeguamento al tipo 1/a delle norme CNR/80 del Macrolotto nr. 2 dell’Autostrada SA – RC.

L’impresa P. & C. S.p.a., classificatasi quale mandataria di r.t.i. seconda in graduatoria nella licitazione privata indetta dall’A. S.p.a., ha impugnato in primo grado l’aggiudicazione disposta in favore del Consorzio S. S.c.p.a.; col presente appello, essa ha impugnato la sentenza con la quale il T.A.R. del Lazio ha dichiarato inammissibile il suo ricorso, a seguito dell’accoglimento del ricorso incidentale col quale il Consorzio controinteressato aveva lamentato la mancata esclusione a monte dalla gara della stessa ricorrente principale.

2. Con la decisione parziale e interlocutoria nr. 4815 del 2009, questa Sezione ha innanzi tutto esaminato e ritenuto infondate una serie di censure articolate negli appelli principale e incidentale, con le quali le parti reiteravano doglianze non esaminate o disattese dal giudice di prime cure, in ragione delle quali ciascuna delle parti istanti assumeva che la controparte avrebbe dovuto essere preliminarmente esclusa dalla procedura selettiva, con conseguente venir meno del relativo interesse nel presente giudizio.

È stato invece accolto il motivo articolato dalla appellante principale avverso la statuizione, assorbente di ogni altro rilievo, con la quale il primo giudice aveva ritenuto fondato il ricorso incidentale proposto dal Consorzio S. S.c.p.a. in ordine alla pretesa doverosa esclusione dalla gara della ricorrente principale; pertanto, essendo venuto meno il presupposto della declaratoria di carenza di interesse all’impugnazione principale, è stata disposta una consulenza tecnica d’ufficio al fine di delibare le residue censure delle parti.

Queste ultime sono essenzialmente quelle riferite in modo più specifico all’operato della Commissione aggiudicatrice, e segnatamente:

– i motivi del ricorso principale di primo grado, non esaminati dal T.A.R. e in questa sede riproposti con l’appello principale, con i quali viene lamentata l’illegittimità dei punteggi assegnati alle offerte tecniche delle parti (5,50 punti per la P. & C. S.p.a. e 21,50 punti per il Consorzio S. S.c.p.a.) stante la manifesta insussistenza dei presupposti per un così rilevante divario fra di esse;

– i motivi, articolati dall’appellante incidentale, con i quali questa assume che la P. & C. avrebbe dovuto comunque essere esclusa in limine dalla procedura, avendo proposto "varianti" non consentite in quanto tali da stravolgere il progetto posto dall’A. a base di gara.

Inoltre, residuano ancora le censure articolate nell’appello incidentale avverso la statuizione di compensazione delle spese di giudizio nonché la ripartizione in parti eguali tra le parti in causa delle spese relative alla C.T.U. disposta dal T.A.R.

3. Tutto ciò premesso, e all’esito della ulteriore C.T.U. disposta da questa Sezione, può sin d’ora anticiparsi che l’appello principale si appalesa infondato e pertanto meritevole di reiezione.

4. Per vero, resta da esaminare anche un’ulteriore eccezione di inammissibilità dell’impugnazione principale sollevata dall’A. S.p.a. sul presupposto dell’essere stato ormai stipulato il contratto con i lavori in fase avanzata di esecuzione (al riguardo, è richiamata la particolare disciplina in tema di "insensibilità" del contratto di appalto all’eventuale annullamento giurisdizionale dell’aggiudicazione per le opere infrastrutturali di interesse strategico, fra le quali rientra quella per cui è causa).

Detta eccezione, dal cui esame potrebbe anche prescindersi stante la ritenuta infondatezza nel merito dell’appello principale, va comunque respinta.

Al riguardo, giova richiamare il disposto dell’art. 34, comma 3, cod. proc. amm. che impone al giudice di procedere comunque all’accertamento della illegittimità degli atti impugnati, qualora possa residuare in capo al ricorrente un interesse di tipo risarcitorio.

Sul punto, l’A. replica che, se è vero che la parte istante in primo grado aveva espressamente formulato una domanda di risarcimento dei danni a corredo della propria azione di annullamento, tuttavia tale domanda non è stata riprodotta nell’odierno appello: con la conseguenza – se ben si comprende il rilievo di parte resistente – che sulla reiezione di tale domanda si sarebbe formato il giudicato.

L’osservazione, pur perspicua, non sembra condivisibile, atteso che la sentenza di primo grado è di mero rito quanto alle domande introdotte dalla ricorrente principale, ivi compresa quella risarcitoria che è stata disattesa in conseguenza dell’inammissibilità di quella impugnatoria, in applicazione del principio – oggi superato – della c.d. pregiudizialità; ne discende che la domanda di risarcimento del danno deve considerarsi ancora oggi astrattamente riproponibile dall’odierna appellante principale (quanto meno, a norma del comma 5 dell’art. 30 cod. proc. amm., nel termine di 120 giorni dal passaggio in giudicato di un’ipotetica sentenza di accoglimento del suo ricorso).

5. Venendo dunque, più specificamente, all’esame delle risultanze della C.T.U. disposta in questa sede, il Collegio reputa – anche al fine di rendere più intelligibili i rilievi che seguiranno in ordine alle valutazioni tecniche del consulente, nonché alle osservazioni al riguardo svolte dalle parti – di dover premettere alcune brevi considerazioni generali in ordine alla ratio ed alle finalità che ne hanno ispirato l’espletamento nel presente giudizio.

Ed invero, come già ben evidenziato nella decisione interlocutoria con la quale detta C.T.U. è stata ordinata, la Sezione è ben consapevole dei rischi di un’ingerenza del sindacato giurisdizionale in una sfera di valutazioni discrezionali (quelle relative al giudizio sugli elementi delle offerte tecniche e sulla consequenziale attribuzione dei punteggi) pacificamente riservata all’Amministrazione; tuttavia, è ormai da circa un decennio che la giurisprudenza è approdata a una più chiara consapevolezza della demarcazione esistente tra le valutazioni di opportunità afferenti alla discrezionalità "pura", ovvero addirittura al merito amministrativo, e quelle che la p.a. è chiamata a condurre alla stregua di regole tecniche richiamate dalla stessa legge: si è così pervenuti ad ammettere da parte del giudice un sindacato non soltanto limitato alla verifica di coerenza logica tra le regole tecnicoscientifiche cui si è fatto ricorso nella scelta discrezionale e la determinazione conclusiva (c.d. sindacato estrinseco), ma bensì esteso anche alla stessa attendibilità delle operazioni tecniche e dei loro risultati (c.d. sindacato intrinseco).

Secondo l’indirizzo ormai prevalente, un tale sindacato va condotto sotto il duplice profilo della correttezza del criterio tecnico individuato dalla p.a. e della correttezza del procedimento seguito dalla stessa Autorità per l’applicazione del criterio tecnico prescelto, e si giustifica sulla base della netta distinzione tra la "opinabilità" che caratterizza le valutazioni tecniche e la "opportunità" che connota invece le scelte di merito, tale da rendere da un lato giustificata e ragionevole la riserva delle seconde all’amministrazione, ma al tempo stesso doveroso e imprescindibile il controllo di legalità (anche) sulla corretta applicazione delle regole tecniche cui fa richiamo la norma giuridica, che costituisce comunque il parametro di riferimento del giudizio di legittimità dell’azione amministrativa (cfr. ex plurimis Cons. Stato, sez. IV, 9 aprile 1999, nr. 601; Cons. Stato., sez. IV, 17 aprile 2000, n. 2292; Cons. Stato, sez. V, 5 marzo 2001, n. 1247; Cons. Stato, sez. IV, 17 luglio 2002 n. 4000; id., 2 novembre 2004, nr. 7076; Cons. Stato, sez. VI, 3 febbraio 2005, nr. 280; id., 11 aprile 2006, nr. 2001; id., 4 settembre 2007, nr. 4621; id., 30 maggio 2008, nr. 2600).

Nella giurisprudenza successiva, peraltro, è stato chiarito che il predetto sindacato "intrinseco" deve pur sempre arrestarsi al momento della verifica di congruenza del procedimento tecnico adottato dalla p.a., senza pretendere di sostituire al giudizio di quest’ultima quello del giudice (c.d. sindacato "debole"): ciò in quanto, allorché vi siano interessi la cui cura sia dalla legge espressamente delegata ad un certo organo amminstrativo, l’ammettere che il giudice possa "autoattribuirseli" rappresenterebbe quanto meno una violazione delle competenze, se non addirittura del principio di separazione tra i poteri dello Stato (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 16 marzo 2006, nr. 1397; id., 26 febbraio 2006, nr. 829; id., 7 novembre 2005, nr. 6152; id., 10 ottobre 2005, nr. 5467; id., 2 marzo 2004, nr. 926; id., 29 novembre 2002, n. 6562; id., 4 novembre 2002, nr. 6004; id., 1 ottobre 2002, n. 5156; id., 11 dicembre 2001, n. 6217).

Pur con questi limiti, ha costituito in ogni caso un progresso ineliminabile, sul piano delle garanzie per i cittadini amministrati, la possibilità di accesso del giudice al fatto attraverso lo strumento della C.T.U., e la conseguenziale piena censurabilità – sia pure nei limiti appena evidenziati – anche del vizio di eccesso di potere, segnatamente nella sua figura sintomatica rappresentata dall’erronea rappresentazione o dal travisamento dei fatti.

6. Tornando ora al caso che qui occupa, la formulazione dei quesiti su cui si è basata la C.T.U. disposta dalla Sezione e – soprattutto – la rigorosa modalità seguita dal consulente per darvi risposta costituisce un esempio quasi emblematico di esercizio di un sindacato sulle valutazioni tecnicodiscrezionali dell’Amministrazione contenuto nei limiti appena indicati.

Difatti, a fronte di un’attività legittimamente concretatasi nell’attribuzione di meri punteggi alle offerte tecniche dei concorrenti (peraltro accompagnati da giudizi sintetici), e in presenza di censure con le quali si contestava l’incongruenza dei punteggi assegnati ai vari elementi dell’offerta tecnica dell’odierna appellante nonché l’implausibilità del divario emerso tra la valutazione di questa e quella del Consorzio S., al C.T.U. è stato chiesto non già di ripetere la valutazione delle offerte tecniche, ma di individuare un verosimile "percorso logico", ove esistente, che consentisse di apprezzare la congruenza e ragionevolezza dell’operato della Commissione aggiudicatrice: il tutto sulla base dei criteri di valutazione indicati nel bando di gara, nonché di principi tecnicoscientifici comunemente accettati, nonché di esperienza e buon senso, idonei a spiegare se, come e quando le varianti apportate dai due concorrenti qui interessati al progetto a base di gara potessero qualificarsi come migliorative di esso.

Può aggiungersi anche che nello svolgimento dell’incarico peritale il C.T.U. non si è solo scrupolosamente attenuto – come meglio appresso si dirà – ai limiti dello stesso così precisati, ma si è anche astenuto dal procedere, anche solo indirettamente, a una comparazione tra le offerte tecniche delle parti: attività questa che certamente non era richiesta dal bando alla Commissione, ma alla quale tuttavia sarebbe stato facile indulgere anche sulla scorta della formulazione dei quesiti (laddove si era chiesto al C.T.U. di accertare, oltre alla congruità del punteggio assegnato al Consorzio, anche se "in comparazione con tale punteggio" si giustificasse il minor punteggio attribuito alla società odierna appellante).

Ciò emerge con evidenza laddove (cfr. pagg. 2829 e 36 della relazione) il C.T.U., respingendo l’opposto avviso espresso dal consulente di parte appellante principale, esclude che la Commissione fosse tenuta a esprimere i giudizi su ciascuna offerta tecnica tenendo anche conto, in un’ottica comparativa, di quelli formulati in ordine alle offerte esaminate in precedenza, evidenziando da un lato che ciò avrebbe comportato una distorsione del metodo valutativo con difformità dell’ottica dalla prima all’ultima delle offerte in ordine di esame, e per altro verso che alla stregua della lex specialis il confronto andava condotto non fra le offerte dei concorrenti, ma fra ciascuna di esse e un riferimento esterno comune (ossia il progetto a base di gara).

7. Orbene, un primo dato che è dato evincere dalla relazione di consulenza (cfr. pagg. 2627 della relazione) è che è stata ritenuta ragionevole e giustificata, alla stregua delle prescrizioni tecniche che accompagnavano il bando di gara, la valutazione della Commissione aggiudicatrice laddove non ha ritenuto di individuare, in nessuna delle due offerte tecniche de quibus, varianti suscettibili di essere qualificate come "incompatibili" col progetto preliminare e con i pareri già al riguardo espressi in sede di Conferenze dei servizi e di valutazione di impatto ambientale (V.I.A.), così come previsto a pag. 8 della lettera d’invito.

In sostanza, si è ritenuto che tutte le varianti proposte dai concorrenti per le varie voci individuate dalla lex specialis potessero essere giudicate migliorative o meno, dando luogo all’attribuzione di un punteggio maggiore o minore o addirittura nullo, ma che nessuna di esse potesse legittimamente dar luogo all’esclusione in radice dell’offerente dalla procedura selettiva, rientrando tutte nell’ambito della ragionevolmente consentita facoltà dei concorrenti di apportare modifiche ai singoli aspetti del progetto a base di gara.

Il che fa giustizia delle doglianze qui articolate nell’appello incidentale del Consorzio S. S.c.p.a., laddove si assume che l’offerta tecnica della P. & C. S.p.a. avrebbe dovuto essere esclusa siccome caratterizzata da varianti tali da "stravolgere" il progetto di base (doglianze che vanno dunque disattese in quanto infondate), ma anche dei rilievi contenuti negli scritti difensivi dell’A. S.p.a., laddove si lamenta che l’intera offerta tecnica formulata dall’odierna appellante principale presupponeva una sostanziale "non condivisione" del progetto preliminare predisposto dall’Amministrazione, con la conseguenza di determinarne una sostanziale e non consentita innovazione basata su difformi valutazioni a monte di carattere tecnicofinanziario: tali ultimi rilievi, peraltro, appaiono contraddetti dallo stesso operato dell’Amministrazione per tramite della Commissione aggiudicatrice, la quale non ritenne affatto di escludere l’offerta della P. & C. S.p.a. per le ragioni innanzi indicate, ma si limitò a esprimere una valutazione negativa su di essa sotto molteplici profili.

8. Quanto poi alla valutazione delle offerte tecniche, il C.T.U., dopo aver chiarito i termini del metodo "aggregativocompensatore" seguito (che è tale, come già rilevato, da escludere qualsiasi confronto diretto tra le offerte dei concorrenti):

– ha individuato sulla base della disciplina di gara gli aspetti di ciascuna offerta da esaminare, identificati nella "qualità tecnica ed estetica" (all’interno della quale ha distinto i due elementi della "validità" e della "appropriatezza" delle soluzioni prospettate), nel "miglioramento tecnico" (al cui interno distinguere i due elementi della "coerenza" e della "efficacia" delle soluzioni adottate) e nella "rilevanza e significatività quantitativa" (al cui interno, di poi, ha distinto la "incidenza" delle varianti proposte – a sua volta distinta in incidenza "globale" e "specifica", a seconda che dette varianti avessero ricadute in generale sulla tecnica realizzativa seguita nell’esecuzione dell’appalto ovvero su specifici e circoscritti aspetti del progetto a base di gara – e la loro "onerosità", ossia il rapporto tra le varianti proposte e il loro effetto in termini di vantaggi o svantaggi economici per l’impresa e/o per l’Amministrazione);

– ha quindi delimitato, sulla base della sola documentazione formalmente riconducibile alle offerte presentate nella procedura per cui è causa, l’area delle varianti proposte dai concorrenti che formavano oggetto di valutazione;

– ha poi elaborato un algoritmo di formulazione dei punteggi, tenendo conto di quanto previsto dalla lex specialis di gara quanto ai punteggi massimi assegnabili a ciascuna voce delle offerte tecniche;

– ha, infine, proceduto a esaminare singolarmente le offerte della P. & C. S.p.a. e del Consorzio S. S.a.s., assegnando alle stesse per ciascuna voce il relativo punteggio (anche nullo, laddove la variante non è stata ritenuta migliorativa alla stregua dei criteri elaborati) in applicazione dell’algoritmo in precedenza sviluppato.

All’esito delle operazioni peritali così svolte, è emersa una sostanziale invarianza del rapporto tra i punteggi conseguiti dalle due offerte qui interessate: infatti, sebbene entrambe abbiano ottenuto un punteggio maggiore di quello assegnato in gara (22,55 punti per il Consorzio S. in luogo di 21,50 riportati in gara; 6,78 punti per P. & C. in luogo di 5,50 riportati in gara), il rapporto relativo fra i giudizi espressi su di esse resta in pratica il medesimo; da ciò il C.T.U., con conclusioni che il Collegio ritiene di condividere integralmente, trae la dimostrazione che il seggio di gara ha operato alla stregua di criteri di congruità e ragionevolezza.

9. A fronte di siffatte risultanze, la parte appellante principale formula, sia nella propria memoria conclusiva che tramite il proprio consulente di parte, rilievi critici che essa stessa distingue fra quelli "di metodo" e quelli "di merito".

Tali doglianze, tuttavia, non appaiono al Collegio seriamente suscettibili di indurre a conclusioni diverse da quelle, già espresse, di piena affidabilità e condivisibilità delle valutazioni compiute dal C.T.U.

9.1. Principiando dai rilievi "di metodo", si tratta di osservazioni con le quali s’intenderebbe inficiare in radice l’attendibilità delle conclusioni raggiunte dal C.T.U. a causa di asseriti vizi afferenti allo stesso iter delle operazioni peritali.

Innanzi tutto, viene contestata la presenza in più occasioni alle operazioni peritali, in rappresentanza dell’A. S.p.a., di un professionista dipendente da tale Ente che risultava aver già fatto parte della Commissione aggiudicatrice nella gara per cui è causa.

Tale rilievo ha costituito già base di una richiesta di ricusazione del C.T.U., irritualmente avanzata dalla appellante principale dopo il deposito della relazione peritale, e in questa sede non si può che ribadire quanto già osservato nell’ordinanza con la quale tale istanza è stata disattesa: e cioè che – in disparte la circostanza che il suindicato professionista compariva formalmente in qualità di delegato del consulente nominato dalla parte pubblica – tale presenza non può dirsi vietata da alcuna disposizione, essendo anzi prevista la facoltà delle parti (e, quindi, di loro rappresentanti) di assistere alle operazioni di consulenza ai sensi dell’art. 194, comma 2, c.p.c. (norma applicabile anche al processo amministrativo giusta il rinvio di cui all’art. 68, comma 1, cod. proc. amm.).

Al di là di ciò, parte appellante non chiarisce in alcun modo come e perché la presenza del ridetto professionista abbia condizionato negativamente gli esiti dell’attività peritale.

In secondo luogo, è lamentato – sia pure in termini non perspicuamente argomentati e a tratti anche scarsamente comprensibili – il non pieno rispetto del contraddittorio tra le parti, in particolare con riferimento all’accesso del consulente tecnico della appellante principale alla documentazione tecnica e amministrativa acquisita dal C.T.U.; tuttavia, trattasi di doglianze non idonee a scalfire quanto documentatamente evidenziato dal medesimo C.T.U., e cioè che la predetta documentazione fu resa disponibile alle parti mediante deposito presso la Segreteria del T.A.R. del Lazio già in data 16 novembre 2009, restando dunque a loro disposizione da allora fino alla fine del mese di giugno del 2010 (avendo il C.T.U. solo in data 21 giugno invitato i consulenti di parte a concludere le proprie operazioni e a depositare le rispettive relazioni entro 10 giorni).

Nemmeno può ravvisarsi una lesione del contraddittorio nella scelta del C.T.U. (esplicitata a pag. 22 della sua relazione) di evitare di replicare analiticamente a ciascuna singola affermazione dei consulenti di parte, spesso a loro volta in replica ai giudizi espressi dallo stesso C.T.U.: infatti, è evidente che l’obiettivo dell’attività istruttoria disposta non era stimolare un dibattito tra i consulenti delle parti, nell’ambito del quale ciascuno di essi dovesse convincere gli altri della giustezza delle proprie asserzioni, spettando al giudice porre a confronto le argomentazioni tecniche delle parti in causa ai fini delle formazione del proprio convincimento.

9.2. Quanto ai rilievi "di merito", va innanzi tutto rimarcata la non rispondenza al vero dell’assunto di parte appellante principale, secondo cui il C.T.U. avrebbe condotto un accertamento in astratto, disancorato dalla diretta considerazione delle evidenze documentali in atti.

Al contrario, si è visto come nella relazione di C.T.U. ogni passaggio, dall’individuazione degli aspetti oggetto di valutazione alla fissazione dei parametri per l’assegnazione dei punteggi, sia stato condotto sulla scorta di un rigoroso richiamo alla necessaria applicazione delle prescrizioni della lex specialis ed all’esame degli elaborati tecnici inerenti alle offerte:la parte appellante potrà forse non condividere le modalità e i risultati di tale applicazione e di tale esame, ma non può certo affermare – peraltro in modo alquanto apodittico e generico – che si sia trattato di un’attività avulsa dalla realtà quale emergente dal complesso dei documenti acquisiti al processo.

Verosimilmente, l’affermazione testé criticata risente di un non condivisibile approccio di parte appellante alla stessa ratio dell’attività istruttoria espletata, evidente anche laddove la stessa definisce arbitrario e disancorato dagli atti l’algoritmo che costituisce il nucleo delle valutazioni condotte dal C.T.U.

Tale rilievo, invero, sembra obliterare che obiettivo dell’attività istruttoria disposta dalla Sezione non era certo quello di individuare il preciso iter, e proprio quello, seguito dalla Commissione di gara per assegnare i punteggi alle offerte tecniche, ma unicamente quello di accertare se esistesse un "percorso logico" (uno dei tanti astrattamente ipotizzabili) il quale, alla stregua della disciplina di gara, fosse in grado di spiegare ragionevolmente i risultati cui il seggio di gara era pervenuto.

Per identici motivi, risultano inconferenti gli insistiti rilievi con i quali la stessa parte appellante principale torna sulla pretesa erroneità delle valutazioni formulate in ordine a singoli aspetti dell’offerta tecnica del Consorzio S. (quali, ad esempio, gli artifici asseritamente posti in essere per violare il divieto di varianti aventi valore inferiore a quelli del progetto a base di gara, ovvero la ritenuta inadeguatezza del Piano d’esodo): trattasi di censure fondate su una rispettabile e magari possibile, ma opinabile, lettura "tecnica" che la parte istante fa dell’offerta della controinteressata, ma che non configurano profili di manifesta illogicità o erroneità delle valutazioni fatte dal seggio di gara, così come riconosciuto non solo dalla C.T.U. disposta nel presente grado d’appello, ma già da quella espletata in prime cure, anch’essa con esito sfavorevole alla parte attrice in via principale.

Da ultimo, appaiono privi di pregio anche i rilievi critici formulati dalla appellante e dai suoi consulenti in ordine all’asserita eccessiva brevità dei tempi impiegati dalla Commissione aggiudicatrice per l’esame delle offerte tecniche: sul punto, è sufficiente richiamare il diffuso indirizzo giurisprudenziale che esclude possa essere addotta a indice di illegittimità dell’operato del seggio di gara la pretesa inadeguatezza dei tempi impiegati per l’esame delle offerte, ricostruiti presuntivamente sulla base del numero di esse, del numero delle sedute della Commissione e della durata di esse evincibile dai relativi verbali (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 28 gennaio 2009, nr. 489; id., 10 aprile 2003, nr. 1906).

10. Se, dunque, i rilievi fin qui svolti conducono alla reiezione dell’appello principale, occorre a questo punto aggiungere anche che non appare meritevole di accoglimento neanche l’appello incidentale, nella parte in cui si lamenta la carenza di una motivazione da parte del primo giudice in ordine alla compensazione delle spese del giudizio.

Al riguardo, è jus receptum che la compensazione delle spese di giudizio rientra nella valutazione discrezionale del giudice e può fondarsi non solo su motivazioni di ordine giuridico, ma anche su ragioni di equità e convenienza (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 12 ottobre 2010, nr. 7422; Cons. Stato, sez. V, 18 settembre 2008, nr. 4499; id., 21 giugno 2007, nr. 3340).

In tale prospettiva, le ragioni della disposta compensazione ben possono ricavarsi implicitamente da situazioni oggettive e autoevidenti della vicenda esaminata, quale ad esempio la complessità delle questioni affrontate (come nel caso di specie, laddove già in primo grado è stato necessario disporre una C.T.U.).

Le suindicate ragioni equitative inducono la Sezione, invece, a ritenere fondata l’ulteriore censura articolata nell’appello incidentale del Consorzio S. S.c.p.a. in ordine alla parte della sentenza impugnata con la quale sono state ripartite al 50 %, fra la P. & C. S.p.a. e lo stesso Consorzio, le spese relative alla C.T.U. espletata nel giudizio di primo grado: infatti, alla luce degli esiti della detta consulenza (sfavorevoli alla parte ricorrente principale) e tenuto conto che l’atto istruttorio è stato reso necessario dalla stessa natura delle doglianze articolate nel ricorso introduttivo, ampiamente coinvolgenti i contenuti delle valutazioni tecniche formulate dalla Commissione di gara sulle offerte, appare equo porre le spese in questione integralmente a carico della parte soccombente.

11. Con riguardo poi alla C.T.U. espletata nel presente grado, ai sensi degli artt. 66, comma 4, e 67, comma 5, cod. proc. amm. è necessario ora procedere alla liquidazione del relativo compenso, essendo stata depositata apposita richiesta di onorari e spese contestualmente alla relazione conclusiva delle operazioni peritali.

In tema, può osservarsi che il citato comma 5 dell’art. 67 cod. proc. amm., specificamente riferito al compenso spettante al consulente, richiama soltanto il primo e il terzo periodo del comma 4 dell’art. 66 (relativo al compenso per la verificazione): non è richiamata, pertanto, anche la disposizione che impone di applicare, per il calcolo del compenso, "le tariffe stabilite dalle disposizioni in materia di spese di giustizia, ovvero, se inferiori, quelle eventualmente stabilite per i servizi resi dall’organismo verificatore".

Tuttavia, anche in questa sede la Sezione è dell’avviso che l’unico riferimento certo e oggettivo per la liquidazione del compenso sia rappresentato dalla normativa in materia di spese di giustizia, e in particolare dalle disposizioni sugli onorari spettanti ai consulenti tecnici: in particolare, vanno richiamati gli artt. 49 e segg. del d.P.R. 30 maggio 2002, nr. 115 (c.d. testo unico in materia di spese di giustizia) e la disciplina regolamentare cui esso rinvia.

Più specificamente, nella specie, trattandosi di incarico di consulenza tecnica in materia di lavori pubblici, l’onorario va calcolato "per scaglioni" ai sensi dell’art. 11 dell’allegato al d.m. 30 maggio 2002; applicando tali scaglioni – e tenuto conto dell’importo complessivo (Euro 789.099.214,69 oltre I.V.A.) dell’appalto per cui è causa, che è ampiamente superiore al "tetto" massimo considerato dalla disposizione testé citata, ciò che autorizza ad applicare i predetti scaglioni nella misura massima – e considerando che l’incarico peritale ha comportato l’esame di due offerte tecniche, si ottiene un onorario di Euro.19.700,86 (Euro 9.850,43 x 2 = Euro 19.700,86).

Tale onorario va poi aumentato ai sensi dell’art. 53 del citato d.P.R. nr. 115 del 2002, trattandosi nella specie di incarico collegiale (e, difatti, il C.T.U. nominato, dott. ing. T.R., è stato ab initio autorizzato ad associarsi altri tre professionisti – il prof. ing. G.C., il prof. ing. F.R. e il dott. ing. F.M. – e tutti hanno poi presentato una richiesta cumulativa di onorario), giungendosi alla cifra di Euro 43.341,89..

Su tale cifra il Collegio ritiene doversi applicare anche l’aumento di cui all’art. 52, comma 1, del d.P.R. nr. 115 del 2002, essendo evidente – anche alla luce di quanto si è sopra osservato sub 5 – l’eccezionale delicatezza e complessità dell’incarico conferito, e tenuto conto del rilevantissimo pregio del lavoro svolto: stimasi equo, pertanto, pervenire alla cifra finale di Euro 60.000,00.

Su tale importo, conformemente alla richiesta dei consulenti, occorre calcolare quanto dovuto a titolo di contributo INARCASSA (in misura pari al 2 %) e per l’I.V.A. (in misura pari al 20 %) e, per l’effetto, ai consulenti dott. ing. T.R., prof. ing. G.C., prof. ing. F.R. e dott. ing. F.M. va liquidata la somma complessiva di euro 73.200,00.

Non possono essere invece liquidate, almeno allo stato, le spese (richieste dal C.T.U. in misura di Euro 12.800,00) in quanto le stesse non risultano documentate, come richiesto dal comma 1 dell’art. 56 del d.P.R. nr. 115 del 2002.

La somma sopra indicata, per le medesime ragioni evidenziate al precedente punto 10, va posta a carico della parte soccombente, P. & C. S.p.a.

12. Infine, con riguardo alle spese del presente grado del giudizio, queste devono seguire la soccombenza e il Collegio ritiene di liquidarle equitativamente nella misura meglio precisata in dispositivo.

Infatti, le note spese depositate in atti dai procuratori delle parti vincitrici (e con le quali è stata chiesta la liquidazione rispettivamente di Euro 11.159.150,46 per l’A. S.p.a. e di Euro 31.512.193,32 per il Consorzio S. S.c.p.a.) risultano complessivamente inattendibili, non essendo rispettose dell’art. 75 disp. att. c.p.c., laddove impone che per ciascuna voce di onorari e diritti la richiesta di liquidazione sia corredata dal "riferimento all’articolo della tariffa dal quale si desume ciascuna partita".
P.Q.M.

L’odierna appellante principale, P. & C. S.p.a., ha partecipato, quale mandataria di un r.t.i. costituito con la S. S.p.a., alla licitazione privata indetta dall’A. S.p.a. con procedura d’urgenza per l’affidamento a contraente generale, ai sensi dell’art. 1, comma 2, lett. f), della legge 21 dicembre 2001, nr. 433, nonché dell’art. 9 del decreto legislativo 20 agosto 2002, nr. 190, delle attività di realizzazione con qualsiasi mezzo dell’opera: Macrolotto n. 2 Autostrada SARC – Lavori di ammodernamento ed adeguamento al tipo 1/a delle norme CNR/99 del tratto dal km. 108 al km. 139, da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, classificandosi con punti 76,50 al secondo posto della graduatoria finale dietro il Consorzio stabile S., odierno appellato, cui sono stati riconosciuti punti 83,67.

Detta impresa ha impugnato, dinanzi al T.A.R. del Lazio, sia l’aggiudicazione provvisoria sia l’aggiudicazione definitiva intervenute a favore del citato consorzio, deducendo vizi di eccesso di potere sotto tutte le figure sintomatiche, e in particolare per carenza di istruttoria, manifesta ingiustizia e illogicità, travisamento dei fatti, difetto di motivazione, sviamento della causa, nonché di violazione del principio di imparzialità e di trasparenza dell’azione amministrativa.

Con la sentenza qui impugnata, il T.A.R. ha accolto il ricorso incidentale in primo grado proposto dall’allora controinteressato, Consorzio S. S.c.p.a. (aggiudicatario, come s’è detto, della gara in questione) per censurare l’ammissione alla gara della ricorrente principale al fine di far constare la carenza di interesse di questa al gravame, che tenderebbe ad ottenere la modifica dell’esito di una gara, cui la ricorrente stessa risulterebbe così estranea; in particolare il T.A.R. ha ritenuto fondato il motivo aggiunto al ricorso incidentale con il quale si lamentava la mancata esclusione della ricorrente principale dalla procedura concorrenziale de qua, per aver violato il punto III.2, lett. f), del bando, che comminava appunto detta sanzione nei confronti dei concorrenti i quali non avessero allegato una dichiarazione, sottoscritta dal legale rappresentante o procuratore, attestante un organico medio dell’impresa riferito ai dirigenti relativamente agli ultimi tre anni non inferiore a venticinque unità.

Appella la P. & C. S.p.a., lamentando la erroneità ed ingiustizia della sentenza impugnata e riproponendo poi le censure articolate con il ricorso originario (e coi successivi motivi aggiunti), dichiarato inammissibile dal T.A.R. in forza dell’intervenuto accoglimento del ricorso incidentale, alle cui questioni il giudice di prime cure ha dato la precedenza in forza del noto principio secondo cui, in materia di gare di appalto, l’esame del ricorso incidentale deve precedere l’esame del ricorso principale qualora il concorrente, che abbia ottenuto l’aggiudicazione, deduca che l’impresa ricorrente non aggiudicataria avrebbe dovuto essere esclusa in radice dalla gara.

Resiste il Consorzio S. S.c.p.a., chiedendo la conferma della sentenza gravata e comunque riproponendo, con appello incidentale, i restanti motivi di contestazione posti a base del ricorso incidentale di primo grado, in parte disattesi e in parte assorbiti dal T.A.R.

Con l’appello incidentale medesimo vengono altresì impugnati:

– il capo della sentenza, con il quale le spese relative alla C.T.U. disposta in primo grado vengono poste a carico della società ricorrente e del consorzio controinteressato in parti eguali;

– il capo della sentenza, che dispone, sul presupposto della sussistenza di "giusti motivi", la compensazione delle spese del giudizio di primo grado.

Si è pure costituita in giudizio, parimenti per resistere all’appello principale nella sua articolata impostazione, l’A. S.p.a.

Alla camera di consiglio del 15 aprile 2008, fissata per l’esame della domanda incidentale di sospensiva proposta unitamente all’appello principale, questa è stata differita sull’accordo delle parti, per essere abbinata alla trattazione del merito.

Con una prima decisione interlocutoria (nr. 5810 del 2008) la Sezione ha disposto l’acquisizione della documentazione necessaria per verificare la correttezza delle dichiarazioni rese dall’appellante sul punto specifico contestato.

Assolti gli incombenti istruttori, è intervenuta una seconda decisione di merito, parziale e interlocutoria (nr. 4815 del 2009), con la quale la Sezione, dopo aver respinto le eccezioni preliminari di inammissibilità degli appelli principale e incidentale reciprocamente sollevate dalle parti, ha accolto la censura con la quale la appellante principale chiedeva la riforma della sentenza impugnata in relazione all’unico punto sulla quale questa si è pronunciata e, per l’effetto, ha ritenuto infondata la doglianza a suo tempo articolata nel ricorso incidentale di primo grado in ordine alla ritenuta doverosa esclusione dalla gara della P. & C. S.p.a. per mancata produzione della dichiarazione sostitutiva di cui al punto III.2, lett. f), del bando.

In conseguenza di ciò, dovendo procedere a esaminare le ulteriori censure proposte dalla appellante in primo grado (non delibate dal primo giudice giusta l’accoglimento del ricorso incidentale), la Sezione ha ritenuto indispensabile disporre una consulenza tecnica d’ufficio aggiuntiva e ulteriore rispetto a quella già espletata in primo grado, rinviando all’esito di questa le ulteriori determinazioni.

Con un’ulteriore decisione interlocutoria (nr. 2838 del 2010) si è proceduto alla nomina di un nuovo C.T.U., previa revoca dell’incarico precedentemente conferito, con assegnazione di nuovi termini per il deposito della relazione.

La relazione di C.T.U. è stata depositata in data 25 novembre 2010, e su di essa le parti hanno replicato facendo anche pervenire relazioni tecniche di parte.

All’esito della camera di consiglio del 7 dicembre 2010, è stata poi dichiarata inammissibile un’istanza di ricusazione del C.T.U. formulata dalla parte appellante principale.

Da ultimo, all’udienza del 15 febbraio 2011, la causa è stata trattenuta in decisione.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto:

– respinge l’appello principale per la parte già non decisa con la precedente decisione nr. 4815 del 2009;

– accoglie l’appello incidentale limitatamente alle statuizioni relative ai compensi della C.T.U. espletata in primo grado, che vengono integralmente posti a carico della appellante principale, P. & C. S.p.a., e lo respinge per il resto;

Condanna la appellante principale, P. & C. S.p.a., al pagamento in favore delle controparti, A. S.p.a. e Consorzio S. S.c.p.a., delle spese del presente grado di giudizio, che liquida in omplessivi euro 30.000,00 (suddivisi in parti eguali fra le due parti vincitrici), nonché al pagamento dei compensi spettanti per la C.T.U. espletata in appello, come liquidati in motivazione.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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