Cons. Stato Sez. IV, Sent., 28-03-2011, n. 1869 Procedimento e provvedimento disciplinari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

iziano Ferrante e Amedeo Elefante (Avv. St.);
Svolgimento del processo

Con sentenza del GIP di Livorno del 28 maggio 2004 il sig. G.G., militare dell’Arma dei Carabinieri col grado di appuntato, in servizio presso il Nucleo Radiomobile del Comando Provinciale dell’anzidetta città veniva condannato alla pena (sospesa) di mesi due e giorni venti di reclusione e alla multa di euro mille per il reato di furto aggravato ( artt. 624, 625 n.7 e 61 n.9 codice penale).Quindi, dopo essere stato destinatario di un’inchiesta formale, il G. veniva deferito dal Comandante Regionale della Toscana alla Commissione di disciplina che giudicava il sottufficiale non meritevole di conservare il grado.

La Direzione Generale per il Personale Militare del Ministero della Difesa con provvedimento del 18 marzo 2005 irrogava al G. la sanzione della perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari, ai sensi dell’art.34 n.6 della legge n.1168 del 19 ottobre 1961:

L’interessato impugnava innanzi al Tar per la Toscana l’anzidetta determinazione ministeriale, deducendone la illegittimità sotto vari profili attinenti sia la violazione di legge che l’eccesso di potere, vizi che però l’adito giudice riteneva infondati, respingendo con sentenza n.153/2006 il relativo ricorso.

Avverso tale sentenza è insorto il G. con l’appello all’esame, a sostegno del quale ha dedotto due profili di doglianza costituiti dalla illogicità e contraddittorietà della sentenza e dalla violazione di principi in tema di procedimento disciplinare, articolati sui seguenti, specifici motivi:

violazione di legge per inosservanza e falsa applicazione delle norme di cui agli artt.108, commi 1 e 2, 111,commi 2, 3 e 4, 114, ultimo comma del DPR n.3 del 1957;

violazione degli artt.34,35,37 e 42 della legge n.1168 del 1961, eccesso di potere per violazione del principio di proporzionalità tra fatto contestato e la sanzione irrogata;

violazione delle norme riguardanti la salvaguardia del diritto di difesa.Disapplicazione dell’art.24 Cost. e 6 CEDU.

Violazione e falsa applicazione degli artt.34,35,37 e 42 legge n.1168/61; artt. 3 e 10 legge n.241/90. eccesso di potere per errore e conseguente travisamento, difetto di istruttoria, difetto di motivazione per carenza e contraddittorietà.

Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata che contestato la fondatezza del gravame di cui ha chiesto la reiezione.

All’udienza pubblica del 15 marzo 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

L’appello è infondato, meritando l’impugnata sentenza integrale conferma.

Per ragioni di logica connessione tra i vari profili di illegittimità dedotti, vanno individuati (e congiuntamente esaminati) due gruppi omogenei di censure, quello costituito dai motivi sub 1) e sub 3) e quello costituito dai motivi sub 2) e sub 4) del "fatto".

Col primo mezzo di gravame parte appellante invoca la mancata applicazione di alcune norme del testo unico degli impiegati civili dello stato di cui al DPR n.3/957 (precisamente gli artt.111 e 114), ma la censura non ha pregio, atteso che le disposizioni recate in tema di procedimento disciplinare dal citato T.U., quanto alla loro applicabilità alla fattispecie, si rivelano recessive rispetto alla disciplina contenuta al riguardo dalla legge di settore, la n.1168 del 18 ottobre 1961 recante "norme sullo stato giuridico dei vice brigadieri e dei militari di truppa dell’Arma dei Carabinieri (corpo militare cui appartiene, con il grado di appuntato, il G.).

Detta legge, è utile precisarlo, contiene specifiche disposizioni sia in ordine alla individuazione degli illeciti disciplinari (dagli artt.37 e ss) sia in ordine allo svolgimento del procedimento disciplinare davanti all’apposita Commissione (dagli artt.41 e ss), sicchè a fronte di una specifica disciplina di dettaglio emanata in relazione allo status di militare di truppa dei Carabinieri, quale quello rivestito dall’appellante, le norme del DPR n.3/57 si rivelano sicuramente residuali e tanto trova peraltro conferma nella significativa circostanza che il corpus normativo sul pubblico impiego costituito dal d.lgs n.165/2001, come ivi espressamente previsto, non trova applicazione all’ordinamento del personale militare.

Lamenta poi il G. il mancato rispetto dei termini temporali che scandiscono le varie fasi di svolgimento del procedimento disciplinare, ma anche tale doglianza non coglie nel segno se si considera che i termini per l’adozione degli atti interni (anche in relazione all’art.111 del T.U. degli impiegati civili dello Stato), nel momento in cui l’interessato ha sostanzialmente esercitato il proprio diritto di difesa, non hanno natura perentoria, bensì ordinatoria (Cfr Cons Stato Sez. VI 11/11/2004 n.7281; idem 20/1/2003 n.198).

Nella specie risulta che non si è verificato alcun concreto pregiudizio per l’ incolpato, lì dove il medesimo ha potuto beneficiare delle facoltà di prendere visione degli atti e di presentare memorie difensive, nonché di nominare un suo difensore di fiducia.

Infine, del tutto destituita di fondamento si rivela la dedotta violazione dei principi di cui all’art.24 della Costituzione e dell’art.6 CEDU (vizio rubricato al motivo sub 3)

Il riferimento a tali articoli è del tutto inconferente sia perchè si tratta di norme che si riferiscono alle garanzie difensive applicabili ai procedimenti giudiziari sia perchè in concreto il diritto di difesa nel caso del procedimento disciplinare de quo risulta sia stato adeguatamente assicurato, senza che si possa ravvisare l’esistenza di una quale che sia minima compressione del diritto in parola.

Col secondo gruppo di censure vengono mosse critiche al "merito" dell’operato dell’Amministrazione, lì dove, in particolare oltre a contestarsi l’insufficienza della motivazione e la carenza di istruttoria del provvedimento sanzionatorio con il quale ci si sarebbe limitati a recepire pedissequamente le risultanze penali, si censura la non proporzionalità della sanzione irrogata per i fatti addebitati.

I denunciati profili di illegittimità non sussistono.

Come si rileva dall’esame degli atti di causa, la sentenza penale di condanna ha costituito solo l’incipit del procedimento disciplinare, ma i fatti contestati all’appuntato G. sono stati accertati e valutati in maniera del tutto autonoma, quali elementi costitutivi della violazione dei doveri inerenti lo status di militare e, per ciò stesso, sotto, il profilo squisitamente disciplinare.

In particolare, la condotta tenuta dal militare risulta essere stato correttamente giudicata, in ragione della sua esistenza e consistenza come incompatibile con i compiti e i doveri d’istituto, dandosi adeguata contezza di ciò, sia in sede di inchiesta disciplinare sia in sede di " confezionamento " del provvedimento di irrogazione della sanzione, senza che possano ravvisarsi a carico della stessa P.A. manchevolezze istruttorie e/o motivazionali.

Quanto all’entità della sanzione irrogata (l’estinzione del rapporto di servizio) vale, in via principale, qui richiamare l’orientamento giurisprudenziale di questa Sezione secondo cui la scelta della sanzione da applicare è frutto di una valutazione di merito insindacabile in sede di legittimità, salvo i limiti della manifesta abnormità o del travisamento di fatto (cfr, ex plurimis, 16 /1/1990 n.21; 10/6/1992 n.506; 31/1/2006 n.399; 24/2/2006 n.811; 1/10/04 n.6404), nella specie non ravvisabili.

In relazione poi alla dedotta violazione del principio di gradualità delle sanzioni, vero è che la più recente giurisprudenza di questo Consiglio (Sez IV 16 ottobre 2009 n.6353; idem 21 agosto 2009 n.5001; 15/9/2010 n.6877) ha avuto modo di rilevare il vizio di eccesso di potere quando il provvedimento disciplinare appare ictu oculi sproporzionato ai fatti accertati, ma non è questo il caso che ricorre, dovendosi dare atto che i fatti oggetto di addebito penale prima e disciplinare poi (il furto di un telefonino cellulare in occasione dello svolgimento del servizio d’istituto) denotano in sé una gravità di una consistenza tale da renderli meritevoli della massima sanzione applicabile.

In forza delle suestese considerazioni, l’appello, in quanto infondato, va respinto.

Sussistono, peraltro, giusti motivi per compensare tra le parti le spese e competenze del presente giudizio
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo Rigetta.

Spese e competenze compensate tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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