Cons. Stato Sez. IV, Sent., 28-03-2011, n. 1868 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

delega di Giovanni Valeri, Mario Alberto Quaglia;
Svolgimento del processo

1. (Ric. N. 5511 del 2010)- Il Tribunale amministrativo regionale della Liguria con sentenza n. 3399 del 2010 ha accolto il ricorso proposto dai signori Marco De Vita ed altri, proprietari di vari immobili situati in Genova, via Bosio e via Pirandello, che avevano lamentato la lesione in loro danno provocata dagli atti del Comune di Genova e della Regione Liguria che avevano reso possibile il rilascio del titolo edilizio n. 635/09 per la realizzazione di una palazzina in via Bosio, attraverso il meccanismo del trasferimento dei diritti edificatori da altra area.

2. Queste le ragioni di accoglimento del T.A.R.:

– i ricorrenti avevano interesse ad impugnare il PUC perché avevano chiesto anche l’annullamento del titolo edilizio, di cui il PUC costituiva presupposto; è col rilascio del titolo che il meccanismo di trasferimento aveva trovato attuazione;

– la mancata impugnazione del Piano del 2000, che già prevedeva la possibilità di trasferimento di cubatura, non era argomento conferente in quanto si sarebbe dilatata in misura incongrua la nozione di interesse a ricorrere, dal momento che chiunque avrebbe potuto considerarsi candidato all’anomalo inserimento di nuove volumetrie nelle aree prossime a quelle di pertinenza;

– l’interesse ad impugnare doveva considerarsi sorto solo quando i ricorrenti si erano resi conto che il meccanismo contestato era in procinto di ricevere pratica applicazione;

– nel merito, veniva ritenuta fondata la censura rubricata al n. 7, per vizio del procedimento di approvazione del PUC(come già ritenuto dalla sentenza n. 985/02 del TAR Liguria, confermata in appello con dec. n. 7782/03), in quanto il Comune di Genova aveva omesso di dare corso alla fase procedimentale di cui all’art. 10 della L. n. 1150/42, prevista come necessaria dall’art. 82 L.R. n. 36/97 per considerare legittima la trasformazione da PRG a PUC, in presenza di modifiche fondamentali introdotte dalla Regione senza la partecipazione in contraddittorio del Comune;

– in via derivata veniva accolta la censura rubricata sub 8), relativa al permesso di costruzione impugnato;

Venivano assorbite le restanti censure.

3. Appella il Comune di Genova deducendo i seguenti motivi di ricorso:

3.1. Violazione e falsa applicazione dell’art. 21 L. n. 1034 del 1971, irricevibilità, e/o inammissibilità dell’accoglimento del motivo per tardività- Erroneità ed insufficienza della motivazione.

L’unico motivo accolto dal TAR dovrebbe ritenersi inammissibile per tardività, essendosi preteso di contestare la procedura di formazione del piano a distanza di dieci anni dalla sua approvazione, laddove, invece, si tratterebbe di vizi procedimentali la cui rilevanza appariva già percepibile nel momento stesso in cui erano venuti in essere.

L’atto di approvazione dei piani regolatori o di loro varianti che, come nella specie, abbiano contenuto generale, dovrebbe, secondo l’orientamento costante del giudice amministrativo, essere impugnato nel termine di decadenza decorrente dalla data di pubblicazione, non essendo richiesta la notificazione individuale agli interessati.

3.2. Violazione e falsa applicazione art. 100 c.p.c.- Difetto d’interesse.

I ricorrenti non avrebbero dimostrato che le modifiche introdotte in sede regionale avevano interessato anche l’area(di proprietà della società contro interessata)coinvolta nell’intervento o il meccanismo di trasferimento di superficie agibile, e che quindi essi avevano interesse, anche astrattamente, alla ripubblicazione del piano dopo l’introduzione delle modifiche disposte in sede regionale. Invero, non dal meccanismo di trasferimento essi avrebbero ritratto il danno lamentato, ma dalla riconosciuta possibilità di edificare lotti liberi da costruzioni.

In ogni caso, l’attribuzione dell’edificabilità ad aree libere da costruzioni incluse in zona B di completamento, come nel caso di specie, sarebbe operazione del tutto conforme ai principi che presiedono la zonizzazione urbanistica.

La mancanza di un danno giuridicamente rilevante, sotto il profilo urbanistico, porterebbe al difetto di interesse alla deduzione del motivo.

3.3. In subordine: violazione e falsa applicazione dell’art. 82 L.R. n. 36/97, che richiama l’art. 10 L. n. 1150/42- Erroneità, insufficienza, mera apparenza della motivazione.

Non ogni modifica di piano sarebbe soggetta a ripubblicazione, ma soltanto quelle idonee a modificare le caratteristiche essenziali del piano stesso e i relativi criteri di impostazione.

4. Gli appellati si sono costituiti per resistere e proporre appello incidentale relativamente a tutte le censure ritenute assorbite o ritenute implicitamente respinte dalla sentenza di I grado.

In particolare, contestano il passaggio della decisione appellata laddove, dopo aver precisato che con una risalente pronuncia n. 985 del 2002, confermata in appello, era già stata riconosciuta l’illegittimità del PUC in quanto approvato all’esito di un procedimento viziato, ha ricordato l’orientamento del tribunale ligure volto a ritenere che l’illegittimità riguardava soltanto l’oggetto della lite intercorsa in quell’occasione, sì che l’esito del giudicato non poteva estendersi alle fattispecie analoghe.

La decisione contrasterebbe con quanto da loro sostenuto nel motivo di ricorso n.9, nel quale si sosteneva l’efficacia erga omnes dell’annullamento dello strumento urbanistico del Comune di Genova, discendendone l’illegittimità del permesso di costruire impugnato per carenza dei presupposti.

Questi i vizi riproposti, ad eccezione delle doglianze accolte con la decisione appellata:

A)Illegittimità del PUC:

1) Violazione art. 117 comma 3 Cost. – Eccesso di potere per carenza di istruttoria, sviamento ed illogicità manifesta e perplessità.

Il Comune di Genova avrebbe illegittimamente introdotto il meccanismo del trasferimento di superfici agibili attraverso un atto amministrativo regolamentare(il PUC), anziché attraverso disposizioni legislative primarie.

2) Violazione art. 117 comma 3 Cost. – Eccesso di potere per carenza di istruttoria, sviamento ed illogicità manifesta e perplessità.

Anche a prescindere dalla necessità di una disciplina regionale dei meccanismi premiali di cui si discute, l’illegittimità della norma di Piano regolatrice emergerebbe anche dal fatto che l’art. 45 comma 4. 2C delle Norme di attuazione al PUC di Genova stabilisce che nell’ambito del meccanismo premiale ivi delineato verrà istituito presso il Servizio edilizia privata del Comune apposito registro dei diritti edificatori derivanti dalle demolizioni e dai relativi trasferimenti.

Si sarebbe così inciso, mediante un atto amministrativo qual è il PUC, su un meccanismo di diritto privato, riservato ex art. 117, comma 2 lett.I) Cost., alla competenza esclusiva statale.

3) Violazione degli artt. 7 e 41 quinquies L. n. 1150/42. Violazione degli artt. 2, 5 e 27 L.R. n. 36/97 e del D.M. 2/4/68 n. 1444- Eccesso di potere per sviamento- Violazione dei principi che regolano la pianificazione urbanistica.

Fino all’entrata in vigore della Legge finanziaria n. 244 del 24 dicembre 2007 né la legislazione statale né quella regionale ligure avevano previsto la possibilità per la strumentazione urbanistica di introdurre attraverso la pianificazione meccanismi di carattere premiale: il Comune di Genova avrebbe, quindi, illegittimamente utilizzato la strumentazione urbanistica per fini diversi da quelli della conformazione del territorio.

4)Violazione degli artt. 7 e 41 quinquies L. n. 1150/42. Violazione degli artt. 2, 5 e 27 L.R. n. 36/97 e del D.M. 2/4/68 n. 1444- Eccesso di potere per carenza di istruttoria ed illogicità manifesta e perplessità- Violazione dei principi che regolano la pianificazione urbanistica.

Ove si volesse ricondurre la fattispecie alla potestà pianificatoria comunale, occorrerebbe verificare il rispetto del consolidato principio secondo cui il trasferimento di superfici o volumi da un fondo ad un altro per permettere edificabilità sia da sottoporre a limiti tassativi, ossia fra lotti con medesima destinazione urbanistica e fisicamente contigui.

5) Violazione degli artt. 7 e 41 quinquies L. n. 1150/42. Violazione degli artt. 2, 5 e 27 L.R. n. 36/97 e del D.M. 2/4/68 n. 1444- Eccesso di potere per illogicità manifesta – Violazione dei principi che regolano la pianificazione urbanistica.

Ove l’obiettivo fosse quello di incentivare la demolizione di edifici incongrui o di bonificare zone degradate, risulterebbero comunque illogiche le norme del PUC che regolano il descritto meccanismo e che prevedono, per la demolizione di manufatto compatibile, il recupero del 100% della superficie agibile, a fronte del 70% previsto per l’ipotesi di rimozione di edificio incompatibile.

6) Violazione degli artt. 7 e 41 quinquies L. n. 1150/42. Violazione degli artt. 2, 5 e 27 L.R. n. 36/97 e del D.M. 2/4/68 n. 1444- Eccesso di potere per illogicità manifesta – Violazione dei principi che regolano la pianificazione urbanistica.

Il pianificatore genovese avrebbe ipotizzato l’edificabilità in zone sature di nuovi edifici altrimenti non realizzabili. Di ciò si avrebbe conferma nelle innovazioni apportate con la deliberazione del Consiglio comunale n. 85 del 17 novembre 2009 avente ad oggetto variante del PUC.

B) Sul progetto assentito:

9) Violazione degli artt. 21, 34 e 84 L.R. n. 16 del 2008- Violazione degli artt. 9, 10 e 12 del DPR n. 380 del 2001- Eccesso di potere per carenza dei presupposti e travisamento dei fatti- Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione.

L’assenso edilizio impugnato sarebbe illegittimo per carenza assoluta dei presupposti, dal momento che è stato rilasciato sulla base delle previsioni di uno strumento urbanistico- il PUC approvato con DPGR n. 44 del 10/3/2000- che non è efficace, essendo stato annullato in sede giurisdizionale(sent. N. 985/02 del TAR Liguria, confermata dal Consiglio di Stato con dec. n. 7782 del 2003)con decisione avente efficacia erga omnes.

Dall’annullamento del PUC sarebbe derivata l’applicabilità, fino al momento della riapprovazione da parte del Comune dello strumento urbanistico emendato dal vizio riscontrato, della disciplina di cui all’art. 84 L.R. n. 16 del 2008(già art. 9 DPR n. 380 del 2001), con conseguente inammissibilità della nuova edificazione.

10)Violazione degli artt. 1 e 3 della legge 7 agosto 1990 n.241Eccesso di potere per contraddittorietà, sviamento e difetto di motivazione- Violazione dell’art. 97 Cost.

Il Comune, nonostante fossero noti i contenuti della delibera della Giunta comunale contenente la proposta di variante(poi adottata dal Consiglio comunale con deliberazione n.85 del 2009)avrebbe approvato la quasi totalità dei progetti implicanti l’utilizzo dei diritti edificatori accantonati mediante il meccanismo dell’art.45 comma 4.2 delle NTA del PUC, accelerando i relativi iter istruttori:ciò al fine di evitare la operatività della salvaguardia, ai sensi dell’art. 42 della L.R. n. 16 del 2008, conseguente all’adozione della variante stessa, inibente la maggior parte degli interventi al vaglio del Comune proprio nelle zone BB e BA di PUC.

Ciò sarebbe censurabile sotto i profili di eccesso di potere per sviamento e contraddittorietà.

Nel caso di specie il comportamento del Comune avrebbe comportato che si sarebbe addivenuti al rilascio del titolo edilizio anche in assenza di elaborati necessari.

Di ciò si avrebbe conferma nelle numerose prescrizioni indicate in calce al titolo rilasciato, quasi a voler sopperire ex post alla mancanza dei necessari approfondimenti preventivi.

Inoltre, la approvazione di un progetto in contrasto con le previsioni di piano in corso d’opera avrebbe richiesto un più puntuale onere motivazionale.

11) Violazione degli artt. 31 e 34 della L.R. n. 16 del 2008Violazione degli artt.10, 11 e 12 del DPR 6 giugno 2001 n. 380Eccesso di potere per perplessità, carenza dei presupposti, illogicità e sviamento.

L’apposizione in calce al titolo di innumerevoli prescrizioni equivarrebbe a richiedere una indebita integrazione del progetto, a permesso di costruire rilasciato.

12) Violazione dell’art. 3 della L. n.241 del 1990- Eccesso di potere per carenza di motivazione e difetto di istruttoria, travisamento dei fatti e difetto dei presupposti- Violazione art. 34 L.R. n. 16 del 2008Violazione artt. 10, 11 e 12 del DPR 6 giugno 2001 n. 380- Violazione degli artt. 17, 45 punto 4.2. e 63 BB7 del PUC di Genova- Violazione del DPGR n. 44 del 2000Violazione della deliberazione del Consiglio comunale 10 luglio 2000 n. 90Eccesso di potere per carenza di istruttoria e travisamento dei fatti- Eccesso di potere per carenza dei presuppostiViolazione art. 97 Cost.- In subordine: invalidità derivata dall’illegittimità degli artt.45, punto 4.2. e art. 63 sub artt. BB4 e BB7 del PUC di Genova per violazione degli artt. 24, 27, 30, 31, 38, 39, 40, 41 e 42 della LUR n.36 del 1997- Eccesso di potere per contraddittorietà ed illogicità intrinseca.

La mancata indicazione da parte del richiedente della qualificazione urbanistica della sottozona di PUC di provenienza degli edifici demoliti inficierebbe la legittimità di tutta l’operazione effettuata: tale elemento, infatti, avrebbe permesso al Comune di valutare adeguatamente l’ammissibilità o meno dell’intervento. L’unico dato che emerge è che si tratta di una ex cartiera. Gli elementi per stabilire l’an della superficie utilizzabile ed il quantum dell’intervento non sarebbero stati indicati nel progetto, pur costituendo il presupposto per assentire la nuova edificazione, da cui la carenza di istruttoria da parte del Comune di Genova, anche sotto il profilo della mancata verifica della eventuale ricostruzione effettuata nella zona in cui il volume è stato demolito. Infatti, nella zona oggetto di demolizione si sarebbero consentite costruzioni di box e parcheggi in nuove strutture.

Nell’ipotesi in cui detta previsione fosse ritenuta conforme alle NTA del Comune di Genova, in quanto le stesse non vietano la ricostruzione delle zone oggetto di demolizione, le previsioni di piano indicate sarebbero illegittime per contraddittorietà fra gli elaborati del PUC e le norme attuative del piano che ignorerebbero il divieto di ricostruzione imposto dalla Regione Liguria.

13) Violazione degli artt. 45 punto 4.2., 61 art. AS1 e 63 BB7 del PUC. Violazione dell’art. 3 della L. n. 241 del 1990- Eccesso di potere per carenza di istruttoria, difetto di motivazione e travisamento dei fatti- Invalidità derivata dall’illegittimità degli atti che hanno disposto l’accantonamento della superficie agibile proveniente dalle demolizioni eseguite in Borgo di S, Bartolomeo delle Fabbriche a Genova Voltri.

In forza dell’art. 63 BB7 del PUC di Genova, trattandosi di demolizione di ex cartiera, immobile non residenziale, non sarebbe stato possibile utilizzare tali superfici per una nuova riedificazione, essendo possibile recuperare solo le superfici di edifici compatibili anche se provenienti da demolizioni in zona AS, mentre le superfici da edifici incompatibili potrebbero essere recuperate solo se provenienti da sottozone BB e BA.

14) Violazione dell’art. 9 del D.M. 2 aprile 1968- Violazione degli artt. 26, 32 e 63 BB8 e BB10 del PUC di Genova- Violazione degli artt. 873 e 878 cod. civ. -Violazione dell’art. 18 L.R. n. 16 del 2008- Eccesso di potere per carenza di istruttoria, difetto dei presupposti e travisamento dei fatti.

I contenuti del progetto sarebbero in contrasto, sotto molteplici profili, con le previsioni di PUC e della pertinente normativa.

15) Violazione degli artt. 20, 22 e 63 BB7 delle NTA del PUC- Eccesso di potere per carenza di istruttoria, difetto dei presupposti e travisamento dei fatti- Violazione dello ius non aedificandi- Violazione dell’art. 41 quinquies della L. n. 1150/42 e dell’art. 7 delD.M. 2 aprile 1968 n.1444Violazione degli artt. 71, 72 e 73 L.R. n. 16 del 2008.

La controinteressata avrebbe incluso nel lotto minimo asservibile di mq. 1500 anche aree già asservite a precedenti edificazioni di via Bosio nn. 2 e 4. Da qui la dedotta carenza di istruttoria.

16) Violazione degli artt. 24, 31 e 34 L.R. n. 16 del 2008- Violazione degli artt. 10 e 11 del DPR 6 giugno 2001 n.380Eccesso di potere per travisamento dei fatti e carenza dei presupposti- Eccesso di potere per sviamento- Nullità- Violazione dell’art. 21 septies della L. n. 241 del 1990Eccesso di potere per carenza di istruttoria.

Il Comune sarebbe venuto meno al dovere di verificare l’esistenza, in capo al richiedente il permesso di costruzione, di un idoneo titolo di godimento sull’immobile(nella specie contrastato dalla presenza delle già menzionate servitù).

17) Violazione dell’art. 35 N.d.A. del PTCP- Violazione dell’art. 63 BB8 del PUC di Genova- Eccesso di potere per carenza di istruttoria ed illogicità- Eccesso di potere per carenza di motivazione e difetto dei presupposti- Violazione dell’art.3 della L. n. 241 del 1990- Violazione del livello paesistico puntuale di PUC.

Il progetto ricade in zona di PTCP a regime di tutela(struttura urbana qualificata) assoggettata al regime di mantenimento e comprometterebbe i valori ambientali di zona per la composizione architettonica del complesso edilizio progettato, in contrasto con gli edifici preesistenti.

18) Violazione artt. 13 e 63 BB8 del PUC di Genova- Eccesso di potere per carenza di istruttoria ed illogicitàEccesso di potere per perplessità e carenza dei presupposti.

Non sarebbe stata rispettata la normativa di zona del PUC che, agli artt.BB7 prevede la necessità, per gli interventi di nuova costruzione, della realizzazione di preventivo Studio organico di insieme per la valutazione progettuale dell’intervento sotto i profili della visuale panoramica e dell’alterazione paesaggistica.

19) Violazione art. 10 e art. 12 comma 2 DPR n.380 del 2001. Violazione art. 16 L.R. Liguria n. 16/08- Eccesso di potere per carenza dei presupposti ed illogicità manifesta- Eccesso di potere per difetto di istruttoria e carenza di motivazione.

Il permesso di costruire sarebbe stato rilasciato in assenza delle condizioni di assentibilità, con particolare riguardo alla mancanza di urbanizzazione primaria.

20) Violazione artt. 12, 49, 51 e 63 BB6 delle NTA del PUC- Violazione degli artt. 24, 31 e 34 L.R. n. 16/08Violazione artt. 9, 10 e 11 del DPR n.380 del 2001- Violazione art. 3 L.n.241 del 1990- Violazione art. 46 DPR n.495 del 1992- Eccesso di potere per carenza di motivazione e difetto dei presupposti- Eccesso di potere per carenza di istruttoria e travisamento dei fatti.

Non sarebbero state adeguatamente considerate le condizioni di viabilità della zona.

21) Violazione della normativa geologica del PUC- Eccesso di potere per carenza di istruttoria, travisamento dei fatti e contraddittorietà- Incompetenza- Violazione D.M. 11 marzo 1988- Violazione D.M. 14 gennaio 2008.

Il progetto sarebbe inidoneo sotto il profilo tecnico geologico.

22) Violazione artt. 3 e 4 D.M. 2 aprile 1968- Violazione artt. 53 e 63 BB8 del PUC di Genova- Violazione art. 11 L.R. n. 25 del 1995Violazione e/o eccesso di potere per contrasto con la circolare regionale n. 59132/1407 del 17 maggio 1995Violazione art. 3 L. n. 241 del 1990Eccesso di potere per carenza di istruttoria, difetto dei presupposti ed illogicità manifesta- Eccesso di potere per carenza di motivazione- Invalidità derivata dall’illegittimità della deliberazione del Consiglio comunale n. 20 del 31 marzo 2009, nonché dell’art. 53 NTA del PUC per violazione degli artt. 3 e 4 D.M. 2 aprile 1968Violazione degli artt. 53 e 63 BB8 del PUC di Genova- Violazione art. 11 L.R. n. 25 del 1995- Violazione e/o eccesso di potere per contrasto con la circolare Regione Liguria n.59132/1407 del 17 maggio 1995- Eccesso di potere per sviamento.

L’intervento assentito comporterebbe un cospicuo incremento di volumetria, superficie utile e numero di unità immobiliari(otto appartamenti) con conseguente aumento del carico insediativo.

23) Violazione degli artt. 31 e 32 L.R. n. 16 del 2008- Eccesso di potere per carenza di istruttoria, travisamento dei fatti e carenza dei presupposti.

I pareri favorevoli assunti a base del progetto da parte del Comune sarebbero inidonei, in quanto attinenti a diverso progetto.

24) Violazione D.M. 14 settembre 2005- Violazione artt. 52, 83, 90, 93 e 94 del DPR n. 380 del 2001- Violazione artt. 17 e 18 L.n. 64 del 1974- Violazione ordinanza Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274 del 20 marzo 2003- Violazione deliberazione Giunta regionale ligure n. 154 del 2004, 1107 del 2004 e 881 del 2005Violazione D.M. 22 gennaio 2008 n. 37- Violazione D.M. 14 gennaio 2008.

Il progetto sarebbe carente di relazione di idoneità statica, redatta da tecnico abilitato in materia, concernente il rispetto delle norme tecniche per le costruzioni in zona sismica.

25) Violazione artt. 31 e 34 L.R. n. 16 del 2008- Violazione art. 20 DPR n. 380 del 2001- Eccesso di potere per carenza di istruttoria.

Il progetto sarebbe privo del parere della ASL, necessario perchè riguarda interventi non destinati ad edilizia residenziale(parcheggi interrati)e perchè implica valutazioni tecnico discrezionali che non potevano essere omesse.

26) Violazione artt. 3, 7 e ss. L. n.241 del1990- Violazione dei principi del contraddittorio e del giusto procedimento- Violazione del principio di imparzialità- Violazione artt. 3 e 97 Cost.- Eccesso di potere per carenza di motivazione.

Il procedimento non avrebbe garantito la partecipazione di soggetti(alcuni ricorrenti) che avevano a suo tempo richiesto di parteciparvi.

27) Sui vizi dedotti con atto di motivi aggiunti: Invalidità derivata dalla illegittimità della deliberazione della Giunta comunale n. 253 del 6 agosto 2009.

28) Violazione artt. 3 e 4 del D.M. 2 aprile 1968- Violazione degli artt. 53 e 63 BB8 del PUC di Genova- Violazione art. 11 L.R. n.25 del 1995- Violazione e/o eccesso di potere per contrasto con la circolare regionale n. 59132/1407 del 17 maggio 1994Violazione art. 3 L. n. 241del 1990Eccesso di potere per carenza di istruttoria, difetto dei presupposti ed illogicità manifesta- Eccesso di potere per carenza di motivazione.

Vengono censurati gli atti con cui l’Amministrazione comunale ha proceduto alla monetizzazione degli standards.

29) Invalidità derivata del permesso di costruire n. 635 del 2009 dall’illegittimità della determinazione dirigenziale del Settore sviluppo urbanistico del territorio- Pianificazione urbanistica – n. 2009/118.18.0./48 del 28 agosto 2009.

5. La soc. G.I. si è costituita in giudizio e con successiva memoria ha contestato i motivi ritenuti assorbiti dalla sentenza del TAR e riproposti con l’appello incidentale dagli originari appellanti.

6. Hanno proposto intervento ad opponendum i signori Dosso, Saidelli, Blondet e Carpaneto, proprietari di unità immobiliari facenti parte del condominio di via Puggia n. 2, ubicato nel quartiere di Albaro, di particolare pregio storico ed artistico e incluso nel cd. tessuto storico delle "creuze", che avevano impugnato avanti al TAR Liguria il titolo edilizio del 27 ottobre 2009, recante il provvedimento finale sostitutivo a tutti gli effetti di autorizzazione rilasciato alla soc. V.A. per la realizzazione di nuove volumetrie di S.A. complessiva pari a mq. 2265.

Fra le censure da essi proposte in tale sede, vi era quella di illegittimità del PUC per essere stato approvato dalla Regione in violazione delle norme sul procedimento, censura condivisa dal TAR con la sentenza oggi appellata: da qui il radicamento del loro interesse ad intervenire nel presente giudizio a difesa della legittimità della sentenza impugnata.

Deducono la inammissibilità dell’appello, in quanto il Comune ha medio tempore dato avvio alla fase procedimentale a suo tempo pretermessa e la invalidità del titolo edilizio impugnato perché il giudicato di cui alla sentenza del TAR Liguria n. 985/02, confermata dalla decisione del Consiglio di Stato n. 7782/03, comportante l’annullamento del PUC di Genova, avrebbe efficacia erga omnes e non sarebbe limitato al caso di specie, come ritenuto dalla difesa del Comune, trattandosi di vizi del procedimento di formazione del piano.

Deducono, altresi’, la infondatezza dei motivi di appello.

6. Il Comune di Genova ha depositato memoria difensiva in data 5/11/2010, contestando, in particolare, l’ammissibilità dell’intervento ad opponendum fondato sulla disciplina urbanistica impugnata e non anche sugli atti applicativi e l’appello incidentale.

7. Anche gli appellanti incidentali e gli intervenienti ad opponendum hanno depositato memorie difensive.

8. Il Comune ha poi replicato alla memoria degli appellati, segnalando che l’intervenuta conclusione del procedimento volto a rinnovare l’ultimo segmento della approvazione del PUC del 2000(approvato dalla Regione Liguria con deliberazione di G.R. n. 1304 del 5/11/2010)renderebbe improcedibile per difetto di interesse il motivo del ricorso di I grado volto a far dichiarare l’inefficacia erga omnes del PUC di Genova.

Ha, poi, ribadito le ragioni di fondatezza dell’appello proposto.

9. Gli appellanti incidentali hanno replicato alla memoria della soc. G.I. in data 5/11/10.

10. Gli intervenienti ad opponendum hanno depositato note di replica al fine di corroborare la piena ammissibilità del proprio intervento al presente giudizio.

11. (Ric. n. 5641 del 2010). La Soc. G.I. s.r.l. impugna la medesima sentenza n. 3399/10 del TAR di Genova, deducendo i seguenti motivi di ricorso:

11.1. Sul rigetto della eccezione di irricevibilità del ricorso nella parte in cui è stato impugnato il PUC di Genova approvato con DPGR n. 44/2000.

Violazione e falsa applicazione dell’art. 21 L. n. 1034/71, come modificato dall’art. 1 L.n. 205 del 2000.

La sentenza sarebbe errata perché il termine per impugnare il PRG(nella specie, PUC) decorre dalla sua pubblicazione, nella specie pacificamente e ritualmente intervenuta nell’anno 2000.

Sia la zonizzazione, sia la destinazione all’utilizzo edificatorio, sia la quantità edificabile nelle zone libere negli ambiti B, sia il meccanismo di trasferimento della S.A erano già precisamente definiti nel PUC approvato nel 2000.

11.2. Sul rigetto della eccezione di inammissibilità del ricorso nella parte in cui è stato impugnato il PUC di Genova approvato con DPGR n. 44/2000.

Violazione art. 100 c.p.c.- Difetto di interesse sotto ulteriore profilo.

Per avere interesse ad impugnare il PUC approvato nel 2000 e poterne chiedere l’annullamento bisognava dedurre che il progetto approvato con il titolo edilizio censurato era contrastante con il piano urbanistico previgente, il che non è accaduto: da qui l’inammissibilità per carenza d’interesse ad impugnare il PUC e a dedurre la illegittimità derivata del titolo edilizio da quella del Piano del 2000.

11.3. Nel merito: Violazione e falsa applicazione dell’art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c. e dell’art. 82 L.R. n. 36/97 e dell’art. 10 L. n. 1150/42. Erroneità della motivazione.

Il Comune di Genova sia pur irritualmente avrebbe indiscutibilmente manifestato la volontà di accettare integralmente quelle che, al di là della impropria qualificazione di "prescrizioni", nella sostanza sono proposte di modifiche d’ufficio indicate dalla Regione con la delibera n. 44 del 2010. Non vi sarebbe stata, quindi, alcuna omissione di valutazione da parte dell’Amministrazione comunale di dette proposte di modifica che con la delibera C.C. n. 90 del 200 sarebbero state esaminate ed accettate integralmente, sicchè la fattispecie sarebbe inquadrabile fra i vizi non invalidanti, non in grado di incidere sul procedimento di approvazione dello strumento di pianificazione.

Non sarebbe stata, poi, necessaria la ripubblicazione del piano, in quanto non vi era stata una rielaborazione complessivamente innovativa del piano stesso.

11.4. Infondatezza del motivo accolto n. 8 di illegittimità derivata del titolo edilizio.

11.5. In subordine: Violazione dell’art. 2909 cod.civ., in quanto l’estensione del giudicato amministrativo oltre i limiti soggettivi delle parti in causa è limitato ai casi in cui sia riconoscibile l’inscindibilità dell’atto normativo impugnato, il che non sarebbe riscontrabile nella fattispecie.

12. Si sono costituiti, i signori Alessandra Pratolongo ed altri, originari ricorrenti di I grado, per resistere e proporre appello incidentale relativamente a tutte le censure ritenute assorbite o ritenute implicitamente respinte dalla sentenza di I grado.

Per la loro illustrazione si rinvia a quanto già esposto in Fatto sub 4).

13. Anche nel presente ricorso in appello hanno proposto intervento ad opponendum i signori Dosso, Saidelli, Blondet, Carpaneto e Marcone, come si è detto proprietari di unità immobiliari facenti parte del condominio di via Puggia n. 2, ubicato nel quartiere di Albaro, che avevano impugnato avanti al TAR Liguria il titolo edilizio del 27 ottobre 2009, recante il provvedimento finale sostitutivo a tutti gli effetti di autorizzazione rilasciato alla soc. V.A. per la realizzazione di nuove volumetrie di S.A. complessiva pari a mq. 2265.

Fra le censure da essi proposte in tale sede, vi era quella di illegittimità del PUC per essere stato approvato dalla Regione in violazione delle norme sul procedimento, censura condivisa dal TAR con la sentenza oggi appellata: da qui il radicamento del loro interesse ad intervenire nel presente giudizio a difesa della legittimità della sentenza impugnata.

Deducono la infondatezza dei motivi di appello.

14. La soc. G.I. ha depositato memoria con cui ha contestato i motivi ritenuti assorbiti dalla sentenza del TAR e riproposti con l’appello incidentale dagli originari appellanti.

15. Anche gli appellanti incidentali e gli intervenienti ad opponendum hanno depositato memorie difensive.

16. Gli appellanti incidentali hanno replicato alla memoria della soc. G.I. in data 5/11/10.

17. Gli intervenienti ad opponendum hanno depositato note di replica al fine di corroborare la piena ammissibilità del proprio intervento al presente giudizio.

18. I ricorsi sono stati inseriti nei ruoli di udienza del 7 dicembre 2010 e trattenuti in decisione.
Motivi della decisione

1. In via del tutto preliminare, va disposta la riunione dei due appelli in epigrafe per evidenti ragioni di connessione, afferendo gli stessi alla medesima sentenza del T.A.R. del Lazio e avendo quindi a oggetto un unico giudizio di primo grado.

2. Per migliore comprensione delle statuizioni che seguiranno, è necessario premettere una sintetica ricostruzione della vicenda, amministrativa e processuale, per cui è causa.

I signori Marco Di Vita ed altri diciotto consorti, esponendo di essere proprietari di vari immobili ubicati a Genova in via Bosio e in via Pirandello e ritenendosi lesi dagli atti del Comune di Genova e della Regione Liguria che avevano reso possibile il rilascio, attraverso il meccanismo del trasferimento dei diritti edificatori da altra area, del titolo edilizio per la realizzazione di una palazzina in via Bosio a favore della soc. I.P. s.r.l., poi fusasi per incorporazione nella G.I. s.r.l., proponevano ricorso al TAR della Liguria, con atto notificato il 24/12/2009, deducendo ventinove motivi(tre dei quali con atto di motivi aggiunti), i primi sette aventi ad oggetto il PUC di Genova, approvato dalla Regione Liguria nell’anno 2000 e all’epoca ritualmente pubblicato(la circostanza non è in contestazione) e i restanti ventidue aventi ad oggetto il permesso di costruire.

La società costruttrice controinteressata si costituiva in giudizio eccependo, preliminarmente, la tardività dell’impugnativa del PUC approvato nell’anno 2000 e, in sede di discussione orale, la inammissibilità del ricorso nella parte in cui censurava la disciplina dettata da uno strumento urbanistico generale non con riguardo ai beni di proprietà dei ricorrenti, ma con riguardo ad aree altrui. Eccepiva, altresi’, la nullità della procura conferita dai ricorrenti.

Nel merito, in analogia a quanto fatto anche dalle altre parti costituite(Comune di Genova, Regione Liguria e soc. S. s.r.l.) eccepiva la infondatezza(se non la inammissibilità ex se) di tutti i motivi di gravame.

Il Tar della Liguria, con la sentenza n. 3399 del 2010, giudicava infondate le eccezioni preliminari di nullità della procura, inammissibilità dell’impugnativa avente ad oggetto una disciplina urbanistica dettata non per beni di proprietà dei ricorrenti e tardività dell’impugnativa del PUC.

Nel merito, accoglieva il motivo n. 7, con cui i ricorrenti avevano dedotto che il PUC era stato approvato dalla Regione in violazione delle norme sul procedimento(come già ritenuto dal medesimo TAR con sentenza n. 985 del 2002, confermata dal Consiglio di Stato, Sez. IV, con decisione n. 7782 del 2003)per violazione dell’art. 10 della L. n. 1150/42, essendo state introdotte d’ufficio dalla Regione modifiche ritenute eccedenti quelle possibili senza previa comunicazione al Comune ai fini delle eventuali controdeduzioni sulle medesime modifiche d’ufficio.

Accoglieva, di conseguenza, il motivo n. 8 con cui era stata denunciata la illegittimità derivata del permesso impugnato, in quanto fondato sul PUC illegittimo.

I rimanenti motivi venivano tutti assorbiti.

Avverso la menzionata sentenza n. 3399/2010 ricorrevano in appello, con i due ricorsi indicati in epigrafe, sia il Comune di Genova(ric. n. 5511/10) sia la soc. G.I.(ric. n. 5641/10).

In entrambi i ricorsi si costituivano gli appellati per resistere e proporre appello incidentale, fatta eccezione per le doglianze accolte con la decisione impugnata, riproponendo tutte le doglianze di primo grado ritenute assorbite dai primi giudici.

Intervenivano in entrambi i ricorsi, ad opponendum, i signori M.D. ed altri quattro consorti, in epigrafe indicati, proprietari di immobili nel condominio di via Puggia n. 2, ubicato nel quartiere di Albaro, che avevano impugnato davanti al TAR della Liguria(ric. n. 1261/09) il titolo edilizio rilasciato in data 27/10/09 alla soc. V.A. s.r.l. per la realizzazione di nuove volumetrie di S.A. pari a mq. 2265, deducendo, fra le altre, la medesima censura di violazione delle norme sul procedimento che aveva condotto all’accoglimento del ricorso oggetto della sentenza n. 3399/10 del TAR Liguria, di cui ritenevano di aver interesse alla conservazione.

Si costituivano, altresì, nel primo dei ricorsi in appello(n.5511/10), la Regione Liguria per aderire alle censure proposte dal Comune e la soc. G.I..

3. Tutto ciò premesso, va preliminarmente dichiarata l’inammissibilità dell’intervento ad opponendum dei signori M.D. ed altri.

Infatti, la nozione di "interesse strumentale" fatta valere nell’intervento potrebbe apparire suscettibile di eccessiva dilatazione, con pregiudizio dei fondamentali principi in materia di interesse a ricorrere, nella misura in cui dovesse legittimare l’assunto che qualsiasi proprietario di suoli ricompresi nel perimetro del Comune interessato dallo strumento urbanistico abbia interesse ad intervenire, indipendentemente dalla concreta incidenza della decisione sul suolo in sua proprietà.

Al riguardo, l’orientamento della Sezione è nel senso di considerare con molta attenzione possibili fughe dallo stretto collegamento al criterio dell’interesse (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 26 novembre 2009, nr. 7441). Ciò che va ben tenuto presente è lo stretto legame tra l’utilità che si vuole conseguire con il processo e la legittimazione del soggetto ricorrente(o anche solo interveniente, come nel nostro caso), al fine di evitare che siano ammessi come parti processuali anche i portatori di un interesse di mero fatto(Cons. Stato, IV Sez., n. 4545 del 2010).

Nel caso di specie, gli intervenienti hanno impugnato innanzi al TAR della Liguria con altro ricorso pendente (n.1261 del 2009), il titolo edilizio(relativo a progetto insistente, in parte, nella zona BB)rilasciato ad altra Società, per illegittimità derivata dalla invalidità del PUC, ritenuto affetto dagli stessi vizi procedurali riscontrati nella sentenza oggi impugnata.

Essi sono spinti ad intervenire unicamente dall’intento che si formi una giurisprudenza favorevole alla tesi da loro sostenuta, da far valere, poi, nelle controversie in corso per il permesso di costruire da loro impugnato.

Ma stante l’efficacia non vincolante dei precedenti giurisprudenziali e, comunque, l’inopponibilità del giudicato in questione alla fattispecie che li vede parti in causa come ricorrenti principali, l’interesse da loro vantata non assurge a rilievo sufficiente a giustificare la presenza in questo giudizio(cfr. A.P. n. 5 del 1982).

Deve, invero, sussistere un qualche elemento di giuridicità nell’interesse sostanziale che si invoca come titolo per accedere ad un giudizio pendente fra altri soggetti(A.P. n.5 del 1982; C.G.A. n. 235 del 1986; V sez., n. 226 del 1988; IV sez., n. 898 del 1995).

Va, quindi, dichiarata l’inammissibilità dell’intervento, mentre le spese possono essere compensare, ricorrendo giusti motivi.

4. Passando, quindi, all’esame degli appelli proposti, in entrambi viene reiterata l’eccezione, respinta dal giudice di prime cure, di irricevibilità del ricorso introduttivo, sul rilievo che l’unico motivo accolto dal TAR Liguria, incentrato sulla pretesa illegittimità della procedura di formazione del piano intervenuto dieci anni prima, sarebbe tardivo in quanto il termine per impugnare il PRG(nella specie, il PUC)decorre dalla sua pubblicazione, nella specie pacificamente e ritualmente intervenuta nel 2000.

Il Tar aveva ritenuto che la censura non fosse tardiva attenendo al meccanismo di trasferimento di superficie, la cui potenzialità pregiudizievole si sarebbe concretizzata solo con il rilascio del titolo abilitativo impugnato.

Il motivo di appello è fondato.

Ed invero, in tema di impugnazione dei piani regolatori generali è orientamento giurisprudenziale consolidato che, nel sistema di pubblicitànotizia disciplinato dalla legislazione urbanistica nazionale e regionale nonché ai sensi dell’art. 124 del decreto legislativo 18 agosto 2000, nr. 267, il termine per l’impugnazione decorre dalla data di pubblicazione del decreto di approvazione o, comunque, al più tardi dall’ultimo giorno della pubblicazione all’albo pretorio dell’avviso di deposito presso gli uffici comunali dei documenti relativi al piano approvato, con la sola eccezione della ipotesi che esso incida specificatamente, con effetti latamente espropriativi, su singoli determinati beni, nel cui caso solo è dovuta la notifica individuale ai proprietari interessati (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 4545 del 2010; n. 5818 del 2009; 12 giugno 2009, nr. 3730; Cons. Stato, sez. VI, 3 agosto 2007, nr. 4326; Cons. Stato, sez. V, n. 6214 del 2008; Cons. Stato, sez. V, 24 marzo 2006, nr. 1534; Cons. Stato, sez. IV, 10 agosto 2004, nr. 5510; id., 19 luglio 2004, nr. 5225; id., 8 luglio 2003, nr. 4040; id., 16 ottobre 2001, nr. 5467; C.g.a.r.s., 8 ottobre 2007, nr. 929).

Costituisce, altresì, orientamento consolidato(cfr. Cons. Stato VI Sez. n. 5258 del 2009; 1567 del 2007) quello secondo cui in tema di disposizioni dirette a regolamentare l’uso del territorio negli aspetti urbanistici ed edilizi, contenute nel piano regolatore, nei piani attuativi o in altro strumento generale individuato dalla normativa regionale, deve distinguersi fra le prescrizioni che in via immediata stabiliscono le potenzialità edificatorie della porzione di territorio interessata (nel cui ambito rientrano le norme di c.d. zonizzazione; la destinazione di aree a soddisfare gli "standard" urbanistici; la localizzazione di opere pubbliche o di interesse collettivo) dalle altre regole che più in dettaglio disciplinano l’esercizio dell’attività edificatoria, generalmente contenute nelle norme tecniche di attuazione del piano o nel regolamento edilizio (disposizioni sul calcolo delle distanze e delle altezze; sull’osservanza di canoni estetici; sull’assolvimento di oneri procedimentali e documentali; regole tecniche sull’attività costruttiva, ecc.).

Come rilevato nella citate decisioni- mentre per le disposizioni appartenenti alla prima categoria si impone, in relazione all’immediato effetto conformativo dello "jus aedificandi" dei proprietari dei suoli interessati che ne deriva, ove se ne intenda contestare il contenuto, un onere di immediata impugnativa, in osservanza del termine decadenziale a partire dalla pubblicazione dello strumento pianificatorio, altrimenti le regole di zonizzazione e di localizzazione versano in condizione di inoppugnabilità ed esplicano efficacia cogente per ogni avente causa, che subentra nel diritto dominicale con tutti i suoi limiti, sia di natura privatistica che pubblicistica – a diversa conclusione deve pervenirsi, invece, con riguardo alle prescrizioni di dettaglio contenute nelle norme di natura regolamentare, che sono suscettibili di ripetuta applicazione ed esplicano effetto lesivo nel momento in cui è adottato l’atto applicativo e possono essere, quindi, oggetto di censura in occasione della sua impugnazione.

Ora, nel caso in esame, il PUC di Genova, approvato e pubblicato nel 2000, prevedeva una differenziazione del territorio fra zone tradizionalmente classificate, già contenenti gli elementi qualificanti per la conservazione e riqualificazione del territorio e zone cd. di trasformazione, in cui solo in linea di massima erano indicate entità e modalità di trasformazione.

La zona B(tessuto urbano), a sua volta articolata in sottozone a disciplina diversificata, ricadeva fra le prime. La sottozona interessata dall’intervento per cui è causa era classificata BB e disciplinata dall’art. BB7: in essa erano consentite nuove costruzioni per effetto di recupero di superficie agibile derivata da interventi di demolizione, nel rispetto di determinati parametri edificatori.

La correlazione fra zona di intervento e normativa delle sottozone consentiva, pertanto, di individuare in maniera inequivoca la disciplina urbanistica alla stessa applicabile, con conseguente immediata percepibilità della potenzialità lesiva della zonizzazione così effettuata da chiunque potesse vantare un interesse differenziato, come i proprietari di immobili in aree limitrofe.

Ne consegue che lo strumento pianificatorio, ove ritenuto viziato, doveva essere impugnato nei termini decadenziali decorrenti dalla sua pubblicazione(in tal senso cfr. anche Cons. St., Sez.VI, 6.4.2007, n.1567; Sez IV 16.10.2001 n.5467; 5308 del 4.10.2000), secondo cui nei confronti del piano regolatore generale, al pari di tutti gli atti a contenuto generale, il termine per impugnare decorre dal momento in cui si verifica la lesione dell’interesse sostanziale e dall’effettiva conoscenza del provvedimento e della sua concreta lesività).

Il Tar della Liguria ha, al contrario, ritenuto che la previsione in esame configurasse una mera potenzialità, non ancora compiutamente delineata, di talchè non sarebbe stato possibile individuare il soggetto che poteva percepire il preciso rischio di subire una lesione: l’interesse alla proposizione del gravame anche contro lo strumento pianificatorio sarebbe sorto solo allorché si è avuta cognizione che il meccanismo contestato era in procinto di ricevere una pratica applicazione.

Il ragionamento seguito da Tar non appare convincente, nella considerazione che la disciplina dettata per le sottozone BB prevedeva, entro limiti precisi ben individuati(indice massimo utilizzabile e ogni altro parametro edilizio), la possibilità di nuove costruzioni, a prescindere dalla provenienza della superficie agibile utilizzabile, rendendo così immediatamente percepibile la potenzialità lesiva della zonizzazione, senza necessità di attendere il rilascio del permesso di costruire per procedere alla sua impugnazione.

Infatti, il meccanismo del trasferimento della utilizzabilità di altre S.A. derivanti da demolizione anche in altre zone riguarda unicamente la provvista dell’indice che, una volta assegnato ad un suolo, può derivare unicamente dall’accantonamento di una superficie agibile conseguente a precedenti demolizioni nella stessa zona o in altre predeterminate, corrispondente a quella che si intende utilizzare.

Sui proprietari di immobili vicini ad aree libere, negli ambiti B, se si ritenevano danneggiati dalla disciplina del PUC, che prevedeva il meccanismo di trasferimento della S.A., fissando gli indici per la edificabilità delle aree libere nelle zone B, incombeva dunque l’onere di impugnare tempestivamente il PUC, nei termini decadenziali decorrenti dalla sua pubblicazione.

Nel caso di specie il PUC del Comune di Genova è stato approvato ai sensi della L.R. n. 36 del 1997 con decreto della Regione Liguria n. 44 del 10/3/2000 e poi ritualmente pubblicato; poiché siffatta pubblicazione non può avere altra finalità che quella di realizzare una forma di pubblicitànotizia idonea a consentire a qualunque interessato di prendere visione della ridetta documentazione, andava individuato in tale momento il dies a quo del termine di impugnazione del Piano.

L’impugnativa dello stesso proposta a dieci anni di distanza, in presenza di disposizioni di Piano immediatamente lesive, per le ragioni già esposte, appare quindi tardiva.

Va, di conseguenza, accolto il motivo di appello esaminato.

5. Vanno, ora, esaminati i motivi di censura contenuti nell’appello incidentale, costituenti replica delle censure già svolte in I grado e ritenute assorbite dalla sentenza del Tar qui impugnata.

6. I primi motivi si indirizzano nei confronti del PUC di Genova e, attesa la ritenuta tardività del ricorso originario nei confronti del medesimo, si soprassiede al loro esame, in quanto anch’essi irricevibili. Si procede, invece, all’esame dei rimanenti motivi riguardanti il permesso di costruire rilasciato(eccezion fatta per il motivo di illegittimità derivata da quella del PUC), nonché dei tre motivi aggiunti, sempre dedotti nei confronti del medesimo permesso di costruire.

6.1. Con il motivo n.9 si sostiene che il permesso di costruire sarebbe illegittimo perché rilasciato sulla base delle previsioni di uno strumento urbanistico, il PUC di Genova approvato con DPGR n.44 del 10/3/2000, che sarebbe inefficace, essendo stato annullato in sede giurisdizionale(con sentenza n. 985 del 2002 del TAR Liguria, confermata dalla decisione. del Consiglio di Stato, IV sez., n. 7782 del 2003) per vizi del procedimento di approvazione che avrebbero determinato l’annullamento dell’intero piano.

Sulla ritenuta caducazione del PUC, va anzitutto rilevato che la stessa sentenza n. 985 del 2003, ad opera della quale cio" si sarebbe verificato, ha limitato la portata dell’annullamento alle parti in causa. Nello stesso senso si è pronunciato, in seguito, il medesimo Tribunale con una serie plurima di decisioni.

In termini generali, poi, va condiviso quell’indirizzo giurisprudenziale secondo cui, in un sistema improntato alla tutela di specifiche posizioni giuridiche soggettive, l’annullamento opera entro i limiti della domanda. L’estensione soggettiva del giudicato, poi, presuppone una perfetta coincidenza degli interessi dei ricorrenti rispetto a quelli dedotti nel giudizio che ha dato luogo all’annullamento, il che nel caso di specie non è affatto dimostrato. In tal senso, del resto, si è espresso lo stesso TAR della Liguria con una sentenza, la n. 305 del 2006, successiva a quella richiamata dagli appellanti incidentali. (Cons. Stato, IV Sez., n. 7771 del 2003).

Va, poi, condivisa l’osservazione formulata in memoria dalla difesa comunale che ha ricordato che l’estensibilità del giudicato amministrativo oltre i limiti soggettivi delle parti in causa è limitata ai casi di atto inscindibile, per non incorrere nella violazione dell’art. 2909 cod. civ. e del principio della perentorietà del termine di decadenza fissato per l’impugnazione degli atti davanti al giudice amministrativo.

La censura n. 9 dell’appello incidentale va, pertanto, rigettata.

6.2. Con il motivo n. 10 si deduce che il Comune avrebbe rilasciato l’impugnato permesso di costruzione nonostante fossero noti i contenuti della delibera della Giunta comunale contenente la proposta di variante(poi adottata dal Consiglio comunale con deliberazione n. 85 del 2009), accelerando strumentalmente il relativo iter istruttorio al fine di evitare l’operatività della "salvaguardia" conseguente(art. 42 L.R. n. 16 del 2008)all’adozione della variante stessa, inibente gran parte degli interventi all’esame del Comune ed interessanti proprio le zone BB e BA del PUC. In tal modo il Comune avrebbe approvato la pressoché totalità dei progetti implicanti l’utilizzo dei diritti edificatori accantonati mediante il meccanismo dell’art. 45 comma 4.2 delle NTA del PUC.

Tale comportamento sarebbe censurabile sotto il profilo dell’eccesso di potere per sviamento e contraddittorietà.

Inoltre, il rilascio del permesso sarebbe avvenuto in assenza dei prescritti elaborati, da cui la sottoposizione del medesimo a ben 54 prescrizioni.

Sarebbe stata, altresì, omessa la acquisizione di pareri necessari, utilizzando, invece, quelli espressi da Aster e Mediterranea Acque su un differente progetto, poi abbandonato.

Il progetto, poi, sarebbe stato modificato sotto il profilo geologico dai professionisti incaricati senza risottoporre la soluzione tecnica individuata agli organismi competenti dell’Amministrazione comunale(si richiamano i motivi di ricorso nn. 21, 23 e 24).

Da tutto ciò emergerebbe con evidenza che vi sarebbe stata necessità di un maggiore onere motivazionale.

La censura non può essere condivisa. Osserva, al riguardo, il Collegio che la adozione della variante al PUC è intervenuta in data 17 novembre 2009, oltre un mese e mezzo dal rilascio del permesso di costruire; che all’atto della presentazione della richiesta tale variante non poteva certamente essere immaginata come imminente; che al titolo edilizio si è pervenuti attraverso una lunga istruttoria, esperita la quale l’Amministrazione era tenuta al rilascio del titolo. Di talchè non sono ravvisabili nell’iter seguito profili di eccesso di potere per sviamento.

Del resto, l’Amministrazione aveva di fronte a sé una normativa urbanistica, cui dare seguito, che prevedeva che negli ambiti BA e BB gli interventi erano consentiti limitatamente alla realizzazione di edifici compatibili, esclusivamente per effetto di recupero di S.A. derivante da contestuali o anticipati interventi di demolizione.

Erano, altresì, previsti criteri puntuali per tali interventi, integrati, per assicurare un armonico sviluppo del territorio, da altrettanto puntuali prescrizioni in materia di incremento della dotazione minima a parcheggi, verde e servizi pubblici(artt. BA8 e BB8, comma 3, NTA del PUC), nonché dalla previsione dello Studio organico d’insieme (S.O.I.) per preservare gli interessi ambientali interessati dall’inserimento delle progettate costruzioni.

In presenza di iniziative dei privati interessati all’applicazione del meccanismo di carattere urbanistico edilizio descritto, finalizzato alla disciplina del territorio e nel contempo, a consentire lo sviluppo edilizio delle nuove costruzioni riqualificando le aree già occupate da costruzioni obsolete, non si vede come l’Amministrazione avrebbe potuto denegare, in presenza delle condizioni richieste, il permesso di costruire, atteso il quadro ben definito di principi, norme e criteri regolanti la materia..

Quanto ai rilievi circa l’utilizzazione, nel procedimento de quo, dei pareri resi da Aster e Mediterranea acque in occasione di un precedente progetto n. 196 del 2007, poi abbandonato, di ben maggiore consistenza(di cui il progetto in discussione costituisce rielaborazione), motivo dedotto anche con la censura n. 23, il cui esame viene qui anticipato, va osservato come tale scelta non appaia né illogica né irrazionale, alla luce dei principi che impongono di non aggravare il procedimento. Né, d’altra parte, gli appellanti incidentali hanno in alcun modo fatto rilevare profili di incongruenza di tali pareri in rapporto alla nuova situazione progettuale.

Tutto ciò fa escludere che tale scelta del Comune sia riconducibile ad un intento acceleratorio.

Quanto, poi, alla circostanza, ritenuta anch’essa sintomatica di eccesso di potere, della revisione del progetto dal punto di vista geologico che non sarebbe stata risottoposta al vaglio degli organi tecnici, rileva anzitutto il Collegio che la questione è anche oggetto del motivo n. 21, il cui esame viene qui anticipato.

I ricorrenti deducono che la soluzione individuata dai progettisti durante l’iter di valutazione del progetto che avrebbe soppresso la tirantatura sul lato fronte ovest sarebbe inidonea sul piano tecnico, ma non ne comprovano le ragioni.

Peraltro, come risulta dal permesso impugnato, il Comune era stato reso edotto, prima del suo rilascio, attraverso una relazione integrativa redatta dai tecnici delle opere strutturali, di una possibile soluzione alternativa per eseguire un muro di sostegno dello scavo da effettuare, pur ritenendo praticabile anche la prima soluzione(utilizzazione di tiranti), già apprezzata tecnicamente dall’Amministrazione.

Tale alternativa è stata valutata prima del rilascio del permesso di costruire, con ciò dimostrando che la nuova soluzione progettuale era stata portata a conoscenza degli organi tecnici.

Quanto, poi, alla dedotta incompetenza del geologo a redigere la relazione geotecnica, non è stato contestato dagli appellanti incidentali quanto eccepito dalla difesa della soc. Immobiliare Genova che ha fatto rilevare. 1) che la geologa redattrice della relazione geotecnica era anche ingegnere civile, iscritta all’Ordine degli ingegneri della Provincia di Genova al n. 66B; 2)che la stessa ha sottoscritto la relazione geologica e geotecnica anche in qualità di ingegnere strutturista.

Le suddette specificazioni trovano, peraltro, conferma negli atti di causa.

Anche sotto tal profilo la censura va, quindi, respinta.

6.3. Con il motivo n. 11 si ripropone la censura di eccesso di potere relativamente alle 54 prescrizioni cui è stato sottoposto il permesso rilasciato, ritenendole una sostanziale indebita integrazione del progetto approvato. L’argomento è già stato trattato in occasione dell’esame del precedente motivo n. 10, alle cui conclusioni si rimanda.

6.4. Con il motivo n. 12 viene dedotta la mancanza della indicazione della qualificazione urbanistica della sottozona di PUC degli edifici demoliti. In realtà, risulta dagli atti di causa che il recupero di S.A. posta dall’art. BB7 delle NTA del PUC si è realizzato con l’approvazione del progetto di riqualificazione urbana ed ambientale nel Borgo di San Bartolomeo delle Fabbriche a Voltri, posto in zona AS, avvenuta nel 2005. In virtù dell’art.AS5 era consentita la ricostruzione, a parità di SA, di edifici demoliti o di loro parti nell’ambito della sottozona BB, laddove l’art. BB7 consente la nuova costruzione di edifici compatibili esclusivamente per effetto di recupero di S.A. derivante, fra l’altro, da interventi di demolizione di edifici nella sottozona AS, a parità di S.A.

Non viene operata alcuna distinzione fra edifici compatibili o incompatibili, per quanto riguarda la sottozona AS di provenienza.

Una parte della SA accantonata, derivante da demolizioni, è stata trasferita alla società richiedente il permesso, che ha comprovato, attraverso l’atto di acquisto, il possesso della S.A. utile alla realizzazione del progetto, né gli appellanti incidentali dimostrano in alcun modo che la società abbia utilizzato una quantità di SA maggiore di quella acquistata. La censura non può, quindi, essere condivisa, né assume alcun rilievo la eventuale edificazione di box e parcheggi nella zona di provenienza, non essendo le relative aree computabili nella S.A.

Va, quindi, rigettata la censura di carenza di istruttoria dedotta dagli appellanti incidentali.

6.5. Con il motivo n. 13 viene dedotto, quale motivo ostativo al rilascio del permesso di costruire, la impossibilità di utilizzare la SA derivante da demolizione di una ex cartiera, incompatibile rispetto alla disciplina urbanistica della zona di appartenenza(art. 61 AS1), per la nuova edificazione in forza dell’art. 63 BB7 del PUC di Genova. In tale zona potrebbero essere recuperate solo le superfici di edifici compatibili, anche se provenienti da demolizioni in zona AS, mentre le superfici da edifici incompatibili potrebbero essere recuperate solo se provenienti dalle sottozone BB e BA.

La censura non ha pregio. Invero, l’art. AS5 consente, tra l’altro, la ricostruzione, a parità di SA, di edifici demoliti i di loro parti nella sottozona BB.

Nella stessa l’art. BB7, al punto 1.2. "Nuova costruzione" consente la nuova costruzione, limitatamente alla realizzazione di edifici compatibili, esclusivamente per effetto di recupero di SA derivante, fra l’altro, come nel caso di specie, da interventi di demolizione di edifici nella sottozona AS, a parità di SA.

Non vi è, quindi, nella disposizione esaminata, alcuna distinzione fra edifici compatibili ed incompatibili per quanto riguarda la sottozona AS di provenienza.

La censura va, pertanto, rigettata.

6.6. Con il motivo n. 14 vengono censurati i contenuti del progetto per violazione delle previsioni del PUC, nonché degli artt. 873 e 878 del Cod. civ. e dell’art. 18 L.R. n. 16 del 2008. Viene, altresì, dedotto il vizio di eccesso di potere per carenza di istruttoria, difetto dei presupposti e travisamento dei fatti.

Viene, in primo luogo, lamentato il mancato rispetto delle distanze sia per quanto riguarda la rampa di accesso ai parcheggi in struttura(che costituirebbe una nuova costruzione da collocarsi a distanza), sia in riferimento alla porzione di muro di confine sul mappale 116(che avrebbe una altezza superiore a m.3), alla costruzione di strutture esterne (anch’esse a distanza non regolamentare dal confine), al previsto locale tecnico(da qualificarsi come costruzione e posto a distanza non regolamentare), al mancato rispetto della distanza dal muro che separa l’area progettuale dall’Istituto Buon Pastore. Inoltre, la soluzione individuata per rispondere alle osservazioni del Settore approvazione progetti che aveva richiesto una verifica ed indicazione dei confini di proprietà su tutti gli elaborati grafici, anche al fine della corretta individuazione delle distanze e consistente nella traslazione per la parte in elevazione, in direzione via Pirandello, non si sarebbe rivelata idonea a garantire il rispetto di quanto richiesto dal PUC.

Hanno controbattuto il Comune di Genova e la soc. G.I. s.r.l., sostenendo che non vi sarebbe stata violazione delle distanze.

In particolare, hanno sostenuto che la rampa di accesso in sottosuolo non sarebbe costruzione in sopraelevazione, partendo dalla quota del livello del terreno per scendere, sicchè la distanza da prendere in considerazione sarebbe quella di un metro e mezzo dal confine(come previsto dall’art. BB10 delle NTA del PUC).

Con riferimento alla porzione di muro di confine sul mappale 116, hanno fatto rilevare che erano state rispettate le distanze relativamente alle opere in soprassuolo(art. BB8) e in sottosuolo(art. BB10).

Circa le opere di sistemazione dei giardini hanno affermato che esse si trovano tutte a livello del terreno, con conseguente inapplicabilità delle distanze minime, nonché la inammissibilità della censura per genericità e la carenza di interesse non essendo il muro frontistante di proprietà degli appellanti incidentali e non presentando il fabbricato progettato alcuna parete finestrata da tale lato.

Circa il locale tecnico da un lato ne hanno contestato l’esistenza, dall’altro hanno eccepito la inammissibilità della censura per genericità.

Quanto al muro che separa l’area dell’intervento dall’Istituto Buon Pastore, hanno da un lato eccepito che dalla Tav. B.6.2 ne emergerebbe la raffigurazione e dall’altro la carenza di interesse alla censura de qua, non essendo il muro di proprietà degli appellanti incidentali e non essendovi alcuna parete finestrata della progettata costruzione fronti stante tale muro.

Sulla dedotta impossibilità di ricavare le distanze dalle tavole di progetto, è stato eccepito che gli elaborati smentirebbero di fatto e sul piano logico tale deduzione.

La censura va, in parte, ritenuta inammissibile per genericità per ciò che attiene alle opere di sistemazione esterna, al locale tecnico e alla inadeguatezza delle tavole di progetto a consentire la verifica delle distanze, nonché per carenza di interesse per ciò che attiene alla distanza dal muro di confine con l’Istituto Buon Pastore, che, incontestatamente, non è in proprietà degli appellanti incidentali.

Per il resto va rigettata, in quanto per la rampa di accesso ai parcheggi in sottosuolo, la distanza minima dai confini è di m. 1,50, così come previsto dall’art. BB10(Norme progettuali, esecutive e dimensionali per i nuovi edifici destinati a parcheggi) per le parti in sottosuolo. Per quanto riguarda il muro di confine con il civico n.2 di via Bosio, gli appellanti, dopo aver sostenuto nell’atto di appello e nelle memorie che la sua altezza superava i m. 3, non hanno replicato alla difesa del Comune e della soc. G.I. che hanno, invece, sostenuto che l’altezza del medesimo variava fra m. 2,60 e m. 1,60 rispetto alla quota del piano di campagna(coincidente con quello di progetto), anche tenuto conto che il compendio di via Bosio n. 2 si trovava a quota più bassa rispetto a quella del lotto di intervento.

Nella replica presentata in vista dell’udienza del 7 dicembre 2010 gli appellanti, sul punto, si sono limitati a rinviare ai rilievi contenuti nella memoria depositata il 5 novembre 2010 nella quale non vengono confutate le affermazioni di controparte e i relativi presupposti logici. Non può, quindi, ritenersi processualmente raggiunta la prova sufficiente a far ritenere tale muro rilevante ai fini delle distanze(art. 878 c.c.9.

6.7. Con il motivo n. 15 si deduce che il lotto interessato dall’intervento sarebbe composto anche da due aree gravate da servitù non aedificandi, costituite in forza di due atti notarili del 1953 e del 1968, di cui non si sarebbe tenuto conto nel corso dell’istruttoria. Il permesso rilasciato sarebbe, dunque illegittimo sia per difetto di istruttoria sia per mancanza da parte del richiedente della legittimazione necessaria ad ottenere il permesso, non potendo includere nel lotto minimo asservibile di mq. 1500, che l’art. 63 BB7 del PUC richiede per poter procedere alla edificazione, le metrature già in precedenza asservite agli immobili di via Bosio 4 e di via Bosio 2.

Avrebbe errato la Consulta istruttoria, nel proprio parere del 20 maggio 2009, nel ritenere ininfluenti ai fini della preesistenza del lotto minimo la sussistenza di eventuali asservimenti delle aree, per edificazioni già compiute, richiedendo le norme unicamente la sussistenza di un lotto fisicamente libero, ossia privo di costruzioni.

La censura è infondata. Anzitutto, perché il PUC non assegna un indice al terreno in sottozona BB, ma fissa solo il limite massimo di utilizzabilità di una S.A. trasferibile(art. 63 BB7).

Le nuove costruzioni possono essere realizzate solo su lotti minimi, che possono essere ottenuti anche mediante demolizione di edifici esistenti, intendendosi per lotto minimo(art. 20 del PUC) la porzione di terreno nella disponibilità del proponente che sia compresa interamente in una zona del PUC e non separata dall’area oggetto dell’edificazione. Non è consentito (comma 5)l’asservimento di superfici già asservite a costruzioni, salvi i casi in cui il PUC attribuisca all’area un’edificabilità maggiore.

Nella fattispecie, premesso che non è comunque provato dagli appellanti quali siano i progetti approvati che avrebbero determinato l’asservimento del terreno in questione, va condiviso quanto rilevato dalla difesa della società G.I. secondo cui poiché in zona BB la nuova edificazione è possibile solo per recupero di S.A. esistente, è del tutto indifferente che il lotto libero da costruzioni sia già stato, in passato, asservito ad altre costruzioni: la edificabilità consentita dal PUC è, in zona BB, sempre e solo aggiuntiva.

6.8. Con il motivo n. 16 si contesta che il Comune avrebbe dovuto verificare la disponibilità giuridica dell’area gravata dalle suindicate servitù.

La censura non ha pregio, risultando dagli atti di causa e dallo stesso provvedimento impugnato che il Comune ha rilevato l’esistenza delle servitù, ma, come si è già detto in occasione della disamina del precedente motivo di appello incidentale, ha considerato ininfluente ai fini della presenza del lotto minimo la presenza di eventuali asservimenti delle aree per altre edificazioni già compiute, richiedendo le norme unicamente la sussistenza di un lotto fisicamente libero ovvero privo di costruzioni.

6.9. Con il motivo n. 17 si deduce la violazione del P.T.C.P., in quanto il progetto ricadrebbe in zona a regime di tutela(struttura urbana qualificata) ex art. 35 del P.T.C.P., assoggettata al regime di mantenimento. Il progetto comprometterebbe i valori ambientali della zona per la composizione architettonica del complesso edilizio incongruente con gli edifici presenti in zona e sorti prevalentemente fra gli anni "60 e "80.

Il motivo è privo di fondamento.

L’obiettivo di sostanziale conservazione delle caratteristiche storicoambientali del sito perseguito dal PUC ed il principio di sostanziale mantenimento dell’assetto raggiunto non escludono, infatti, l’ammissibilità di ogni nuova edificazione, imponendo semmai, nella valutazione degli interventi, maggiori cautele, che nella fattispecie risultano rispettate(lo dimostra la lunga istruttoria esperita e l’interlocuzione fra i richiedenti il permesso di costruire e gli organi preposti alla valutazione dell’intervento proposto).

Il regime di mantenimento (al contrario di quanto si verifica per quello di conservazione) consente nuovi insediamenti in quantità limitate, purché tali nuovi insediamenti siano conformi sotto il profilo formale e funzionale e sotto quello distributivo ai valori propri dell’insediamento preesistente(Cons. Stato, V Sez., n. 1280 del 2010).

Nel caso di specie gli appellanti deducono, ma non dimostrano, la contrarietà dell’intervento alle previsioni del PTCP, come pure l’incongruenza con i valori architettonici ed ambientali di zona.

Dal canto suo l’Amministrazione, ai fini della valutazione di compatibilità dell’intervento sotto il profilo ambientale, urbanistico e funzionale, ha predisposto lo Studio organico d’insieme e lo ha sottoposto alla Commissione per il paesaggio, che ha espresso parere positivo in ordine all’inserimento della costruzione nel contesto di zona, ritenendo il progetto rispettoso dell’omogeneità con l’intorno.

La censura, va, pertanto disattesa.

6.10. Con il motivo n. 18 si sostiene che lo Studio organico d’insieme non presenterebbe tutti i requisiti previsti dall’art. 13 del PUC, per mancata analisi delle interferenze dell’intervento con le visuali panoramiche e per mancata dimostrazione del corretto inserimento dell’edificio rispetto al complesso del Buon Pastore. Da qui l’illegittimità dei pareri emessi dalla Commissione per il paesaggio.

La censura è generica e quindi inammissibile, non essendo le argomentazioni dedotte in grado di dimostrare concretamente l’inadeguatezza dei pareri resi al riguardo.

6.11. Con il motivo n. 19 si deduce che il permesso di costruire è stato rilasciato in assenza delle condizioni di assentibilità, in particolare in mancanza di urbanizzazione primaria perché i due piani di parcheggio previsti creerebbero un insostenibile aggravio sulla viabilità.

La censura è infondata e va respinta, trattandosi di progetto che si inserisce in un ambito complessivamente urbanizzato, con presenza di rete fognaria e dotato di accessibilità carrabile, e che, come risulta dagli atti di causa, è stato verificato anche dall’Ufficio mobilità.

Né, d’altra parte, gli appellanti hanno offerto prove concrete su come il limitato aumento dei parcheggi disponibili derivante dalla realizzazione del progetto potrebbero incidere sulla viabilità di zona.

6.12. Con il motivo n. 20 si deduce, per quanto sostenuto con il motivo precedente, la necessità di una verifica sul traffico ex art. 51.7 bis delle norme di attuazione del PUC, ritenendosi insufficiente e non esaustivo lo studio effettuato.

Premesso che la reiezione del precedente motivo sub 6.10. non può non incidere negativamente anche sul motivo in esame, osserva comunque il Collegio come la censura appaia tutta informata ad una generica e non comprovata critica all’operato dell’Amministrazione comunale, che viene posto in dubbio sotto svariati profili, senza peraltro offrire principi di prova che consentano al giudice di poter dubitare della legittimità dell’azione amministrativa esperita.

La censura va, pertanto, rigettata.

6.13. Il motivo n. 21 è già stato esaminato in precedenza sub 6.2., cui si rimanda.

6.14. Con i motivi nn. 22 e 28(motivo aggiunto)i ricorrenti deducono che sarebbe stato necessario reperire gli standards di cui al D.M. 2 aprile 1968 e che sarebbe stato comunque violato l’art. BB8 del PUC, che impone che il 30% del lotto sia destinato a verde, servizi o parcheggi pubblici, laddove invece tutte le aree a servizi sono state monetizzate(ipotesi residuale che dovrebbe essere adottata solo in casi particolari ed adeguatamente specificati).

In ogni caso non sarebbe stata esplicitata la destinazione della somma così ottenuta.

Con il successivo motivo n. 27(motivo aggiunto), che viene qui contestualmente esaminato, si deduce la illegittimità derivata dell’atto 28 agosto 2009 che ha preso atto della deliberazione della Giunta comunale sulla monetizzazione e col successivo art. 29(motivo aggiunto) si deduce la illegittimità derivata del permesso di costruire dalla illegittimità dell’atto 28 agosto 2009.

Premesso che la monetizzazione delle aree è consentita dalla L.R. n. 25 del 1995 e dall’art. 53 del PUC che rimette alla Giunta comunale di disporre la monetizzazione nei casi(come quello in esame) di accessibilità esclusivamente privata o di marginalità dell’area o quando potrebbero insorgere problemi di gestione, ritiene il Collegio che le argomentazioni siano adeguatamente contrastate dalle difese del Comune e della società G.I., che hanno dimostrato come l’Amministrazione abbia adempiuto agli oneri di legge, specificando espressamente anche la destinazione delle somme incassate(interventi di riqualificazione nell’ambito dei Municipi, in forza di determinazione dirigenziale n.40 del 2009).

Le censure nn. 22 e 28 vanno, pertanto, rigettate. Vanno, di conseguenza, rigettati anche i motivi nn. 27 e 29.

6.15. Il motivo n. 23 è già stato esaminato in precedenza sub 6.2., cui si rimanda.

6.16. Con i motivi nn. 24 e 25 vengono dedotte carenze documentali relative alla idoneità statica e agli aspetti igienico- sanitari e ad altri profili fatti oggetto di prescrizioni all’atto del rilascio del permesso di costruire.

Le censure vanno rigettate alla luce delle argomentazioni offerte dal Comune di Genova che ha fatto rilevare come dall’atto impugnato si evinca che è stata acquisita agli atti una dichiarazione del 20 luglio 2007 circa la conformità delle opere edilizie progettate alla normativa antisismica e che per quanto riguarda gli aspetti igienicosanitari il progettista, in conformità all’art. 20 comma 1 TU sull’edilizia, ha presentato dichiarazione di conformità.

6.17. Con il motivo n. 26 si deduce che il titolo edilizio sarebbe illegittimo perché, avendo alcuni dei ricorrenti partecipato al procedimento, il Comune avrebbe dovuto in ogni caso assicurare le garanzie partecipative, quanto meno dando comunicazione dell’avvenuto rilascio del titolo edilizio.

Ritiene il Collegio di poter condividere, ai fini del rigetto della censura, le argomentazioni svolte al riguardo sia dal Comune sia dalla società G.I., incentrate sulle conseguenze della mancata comunicazione di avvenuto rilascio del titolo che rileva ai soli fini della rimessione in termini dell’interessato per impugnare e non certo a quelli di illegittimità del provvedimento.

7. In conclusione, gli argomenti fin qui svolti, in larga parte in condivisione delle tesi sviluppate dagli appellanti principali, persuadono la Sezione della fondatezza dei relativi appelli, dei quali pertanto s’impone l’accoglimento con la consequenziale riforma della sentenza impugnata per quanto di ragione.

Gli appelli incidentali si rivelano, invece, infondati e vanno, pertanto, respinti.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione Quarta, riuniti gli appelli in epigrafe:

– dichiara inammissibile l’intervento ad opponendum dei signori M.D. ed altri, come indicati in epigrafe, compensando le spese di giudizio;

– accoglie gli appelli principali del Comune di Genova e della Società G.I. s.r.l. e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, dichiara irricevibili per tardività i ricorsi di primo grado;

– respinge gli appelli incidentali proposti.

Condanna le parti soccombenti al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio che liquida in complessivi Euro 9000,00, oltre agli accessori di legge a

favore rispettivamente del Comune di Genova, della Regione Liguria e della Società G.I. nella misura di Euro 3000,00 ciascuno oltre accessori. Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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