Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 27-01-2011) 30-03-2011, n. 13103 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

CANTANDO Guglielmo che ha concluso per rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo

H.A. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza in epigrafe con la quale la corte di appello di Bologna ha confermato quella del GUP del tribunale di Parma in data 11 maggio 2006 che lo aveva condannato alla pena di giustizia per il reato di cui all’art. 110 cod. pen. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, per avere acquistato a fine di cessione a terzi, 4 panetti contenenti gr 1978,12 di eroina, con percentuale di principio attivo del 9% suddivisibili in 8901 dosi droganti e 1708 dosi medie giornaliere.

Deduce in questa sede ricorrente:

1) violazione dell’art. 192 c.p.p., commi 1, 3 e 4; artt. 530 e 533 c.p.p. nonchè dell’art. 110 c.p., del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 assumendo la mancanza di prova ovvero la contraddittorietà o la insufficienza di essa, l’assenza della valutazione dell’attendibilità del dichiarante e dell’attendibilità intrinseca delle dichiarazioni da quest’ultimo rese; l’assenza di elementi di prova che confermano l’attendibilità delle dichiarazioni del coimputato; la mancanza, contraddittorietà, manifesta illogicità della motivazione per come risulta dal testo del provvedimento impugnato. In sostanza si rileva che la prova carico del ricorrente si basa sulle dichiarazioni etero accusatorio del coimputato D. C. che la corte di merito ha ritenuto riscontrate sulla base dell’attività investigativa posta in essere. Si fa rilevare al riguardo che il D. ha in modo del tutto inverosimile ritagliato per sè stesso un ruolo di mero depositario passivo dello stupefacente e che la corte di merito non si è occupata della evidente non credibilità intrinseca del dichiarante non avveduendosi neanche che il dichiarante ha attribuito la conduzione dell’affare ad una persona inesistente. In più si sostiene che il coimputato P. – che pure ha ammesso le responsabilità – avrebbe sempre sostenuto l’estraneità dell’ H. nella vicenda e che l’unico elemento di coinvolgimento del ricorrente è rappresentato dalla impossibilità del coimputato di guidare la macchina non avendo quest’ultimo la patente di guida italiana. Per il resto si sottolinea che anche l’attività di investigazione avrebbe posto al centro sempre il coimputato P.. Si conclude, quindi, che la chiamata di correo non risponde al requisito dell’attendibilità del dichiarante, è priva di attendibilità intrinseca e di riscontri esterni il che esclude l’insussistenza del ragionevole dubbio per la condanna.

2) violazione dell’art. 114 c.p., erroneo trattamento sanzionatorio ed eccessività della pena essendo il ricorrente solo l’autista del P..
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.

In ordine al primo motivo si rileva infatti che correttamente la corte di appello ha evidenziato che dalle dichiarazioni del D. si rileva che sia il P. che l’ H. erano coinvolti nella vicenda e che logicamente il giudice di primo grado aveva fatto rilevare che se l’ H. non avesse preso parte all’accordo il fornitore non avrebbe saputo della presenza di un’altra persona.

Viene analizzata inoltre la chiamata di correo sotto il profilo dei riscontri, correttamente evidenziando l’attività di osservazione della polizia e la circostanza che la droga era stata riposta in macchina.

Appare infine esente da rilievi sul piano logico la conclusione per cui ove il ricorrente fosse stato davvero estraneo ai fatti, si sarebbe rilevato estremamente rischioso coinvolgerlo nella vicenda.

Nè v’è dubbio che, come afferma la corte di merito, il ruolo di autista, accompagnato dalla consapevolezza della qualità della merce trattata, integri il concorso nel reato.

Quanto al trattamento sanzionatorio la corte di merito valuta nell’insieme la gravità dell’episodio e correttamente rileva che lo stato di incensuratezza è stato valutato dal giudice di primo grado per la concessione delle attenuanti generiche. Appare pertanto correttamente esclusa la diminuente invocata. Nè in questa sede si rende possibile una nuova valutazione di merito.

Al rigetto del ricorso consegue per il ricorrente l’onere del pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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