T.A.R. Lazio Roma Sez. II bis, 05-07-2010, n. 22601 ATTI AMMINISTRATIVI

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo e motivi della decisione

1. I Condominii ricorrenti, composti da settantacinque appartamenti, sono situati in Castelnuovo di Porto, località Colle del Fagiano e costituiscono parte di una più ampia lottizzazione autorizzata dal Comune in data 18 febbraio 1989 e scaduta nel febbraio 1999. In seguito in data 26 gennaio 1990, il Comune e la società proprietaria dell’area hanno modificato la suddetta convenzione e nel dicembre 2007, vista la parziale esecuzione del Piano di lottizzazione e il rilascio da parte del Comune di concessioni in sanatoria riguardo gli edifici realizzati necessitanti solo di opere di rifinitura e l’intendimento delle società proprietarie di completare gli interventi, il Comune e le società P.I. spa e S. srl, intestatarie delle aree e dei manufatti, hanno sottoscritto una nuova convenzione di lottizzazione (28 dicembre 2007, notaio Cerini di Roma rep. 208276 e racc 59596) per la realizzazione dei restanti lavori: in particolare, il Comune ha scelto di far eseguire le opere di urbanizzazione primaria dell’area (tra cui rientrante anche la rete fognaria, l’impianto di depurazione e la rete di distribuzione idrica) ai lottizzatori a proprie spese con conseguente cessione al Comune delle opere realizzate unitamente alle aree, a scomputo dei contributi di urbanizzazione, con l’obbligo del Comune di vigilare e controllare lo svolgimento dei lavori. Lamentano i ricorrenti che il Comune si sarebbe astenuto dall’assumere la manutenzione dell’impianto di depurazione o dal compiere le attività successive per l’acquisizione in proprietà delle opere relative allo stesso.

In data 18 marzo 2009 la società S. srl dopo aver preteso di addebitare ai Condominii L.M. e L.V. i costi di depurazione, senza ripartirli con gli altri beneficiari della depurazione ha comunicato di interrompere la depurazione e poi ha effettivamente interrotto il funzionamento dell’impianto. Con ordinanza n. 40 del 6 luglio 2009 il Sindaco del Comune ha ordinato di provvedere alla riattivazione del depuratore e alla bonifica dell’area circostante, ma a seguito dell’inottemperanza non si è provveduto ad agire d’ufficio né risulta sia stato attuato il passaggio di consegne dell’impianto previsto nella convenzione.

Al contrario, i ricorrenti lamentano che il Comune ha diffidato con atto del 31 luglio 2009 i Condominii ad attivarsi, promuovendo anche le opportune iniziative giudiziarie nei confronti dei terzi danti causa per fronteggiare lo stato di degrado e l’insalubrità dell’area, sottraendosi alla soluzione del problema, diffidando i Condominii stessi a non utilizzare gli scarichi dei servizi igienici o altri fino alla completa eliminazione degli inconvenienti igienicosanitari.

I Condominii a seguito di un ricorso ex art.700 cpc hanno ottenuto un decreto di accoglimento, con il quale sono stati autorizzati, con la collaborazione del Comune a rimettere in funzione a proprie spese il depuratore compresa la bonifica del terreno circostante, adempimento al quale hanno provveduto con ingenti costi, con analoga situazione per l’impianto di distribuzione idrica.

Con atto di diffida notificato al Comune in data 9 dicembre 2009, i ricorrenti hanno invitato il Comune ad emettere i provvedimenti per adempiere all’obbligo di dotare gli edifici della rete idrica, fognaria e funzionamento dell’impianto di depurazione, subentrando ai lottizzatori anche nella proprietà delle opere di urbanizzazione con la diffida di promuovere ogni azione di fronte all’A.G competente anche per l’accertamento dell’obbligo di provvedere e il risarcimento dei danni.

A tale diffida non è seguito alcun adempimento da parte del Comune; per l’impianto di depurazione con ordinanza n.2411/09 del 17 dicembre 2009 il Tribunale di Tivoli, a seguito di ricorso cautelare proposto dai Condominii, ha confermato il precedente decreto del 21 settembre 2009 per la rimessione in funzione del depuratore e per l’esecuzione delle opere di bonifica del terreno.

Tale misura concessa dal Tribunale non sarebbe risolutiva del problema, infatti, sostengono i ricorrenti di non essere proprietari del depuratore, né di essere tenuti a gestirlo con l’ulteriore problema dell’impossibilità di ottenere un autonomo allaccio delle utenze idriche.

A seguito dell’inerzia del Comune anche dopo la suddetta diffida, i ricorrenti hanno chiesto a questo Tribunale amministrativo l’accertamento della illegittimità del silenzio serbato dal Comune e della fondatezza della pretesa deducendo la Violazione dell’art.2 della Legge n. 241 del 1990 e dell’art.12 del DPR n.380 del 2001.Violazione dell’art.97 Cost., del principio di buon andamento dell’azione amministrativa, in quanto gli stessi ricorrenti agirebbero in qualità di proprietari o gestori dei beni mancanti di opere pubbliche di urbanizzazione primaria regolarmente funzionanti e gestite dall’Amministrazione pubblica. Sarebbe chiara la sussistenza dell’obbligo di provvedere in capo al Comune ai sensi dell’art.12, comma 2, del DPR n.380 del 2001 e comunque scaturente dai principi generali dell’azione amministrativa; in ogni caso, l’Amministrazione risulterebbe vincolata, per effetto della convenzione stipulata, ad emettere i provvedimenti volti a dare esecuzione alla stessa convenzione passando dall’assunzione in gestione delle opere sino alla conclusiva acquisizione alla proprietà pubblica.

Si è costituito in giudizio il Comune di Castelnuovo di Porto per resistere al ricorso, il quale ha contestato le osservazioni di parte ricorrente evidenziando che anche nella nuova convenzione del dicembre 2007 per la realizzazione dei lavori è stato stabilito che la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria dell’area sia stata stabilita in capo ai lottizzatori a proprie cure e spese e che solo dopo il collaudo definitivo, con esito positivo, gli oneri di manutenzione ordinaria e straordinaria dell’opera di urbanizzazione primaria si sarebbero trasferiti al Comune.

Infatti, non risulterebbe inoltrata al Comune la richiesta di presa in carico delle opere di urbanizzazione e anche il collaudo non risulterebbe eseguito ed inoltre, la proprietà avrebbe gestito le opere in proprio, tra cui l’impianto di depurazione facendosi rilasciare direttamente dalla Provincia l’autorizzazione allo scarico dell’impianto di depurazione. Conclude la difesa comunale evidenziando che il Comune non potrebbe ritenersi inadempiente in quanto l’obbligo di provvedere alla manutenzione dell’impianto di depurazione sarebbe condizionato sospensivamente alla realizzazione e ultimazione delle opere e collaudo con esito positivo, circostanza non richiesta e mai verificatasi.

All’odierna Camera di consiglio il ricorso è stato posto in decisione.

2. Con il ricorso in esame, i ricorrenti hanno chiesto a questo Tribunale l’accertamento dell’illegittimità del silenzio dell’Amministrazione e della fondatezza della pretesa degli stessi alla luce di quanto disposto dall’art.2 della Legge n. 241 del 1990 e dall’art.12 del DPR n.380 del 2001 nel rispetto del principio di buon andamento dell’azione amministrativa, insistendo altresì affinché si disponga l’ordine di provvedere nei confronti del Comune, nei sensi meglio esposti in fatto.

2.1. Occorre preliminarmente esaminare la richiesta di declaratoria di illegittimità del silenziorifiuto avanzata dai ricorrenti e, al riguardo, osserva il Collegio che il legislatore è intervenuto con la Legge n. 241 del 1990 per individuare gli obblighi di comportamento della P.A. dinanzi alle richieste del cittadino, al cui servizio essa è istituzionalmente preposta.

A tale proposito, va richiamato l’attuale testo del novellato art. 2, comma 8, della richiamata L. n. 241 del 1990, il quale oltre a stabilire che il ricorso avverso il silenzio può essere proposto senza necessità di diffida all’Amministrazione inadempiente prevede che "Il giudice amministrativo può conoscere della fondatezza dell’istanza" nel senso che il giudizio è volto non solo all’accertamento dell’obbligo dell’Amministrazione di esercitare un pubblico potere di cui sia titolare, ma laddove non implichi valutazioni discrezionali rimesse alla necessaria valutazione dell’Autorità, può estendersi alla verifica in ordine alla fondatezza della pretesa azionata, assumendo così carattere satisfattivo. La norma non ha inteso istituire una ipotesi senza confini di giurisdizione di merito, ma ha attribuito al giudice uno strumento processuale ulteriore nell’ambito del giudizio sul silenzio nelle ipotesi: – di manifesta fondatezza, allorché siano richiesti provvedimenti amministrativi dovuti o vincolati in cui non c’è da compiere alcuna scelta discrezionale che potrebbe sfociare in diverse situazioni (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 10 agosto 2007, n. 5310; T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 15 luglio 2009, n. 7011) e fermo restando l’impossibilità di sostituirsi all’Amministrazione; – nel caso in cui l’istanza è manifestamente infondata, sicchè risulti del tutto diseconomico obbligare la P.A a provvedere laddove l’atto espresso non potrà che essere di rigetto.

Applicando i suesposti principi all’odierna fattispecie, emerge che la nuova formulazione del citato art.2 non scalfisce l’approdo cui è giunto anche l’orientamento giurisprudenziale laddove non ammette nell’ambito del rito semplificato del silenzio la domanda giudiziale preordinata ad una decisione in ordine alla fondatezza sostanziale dell’istanza del privato rimasta inevasa allorché occorrono accertamenti istruttori più o meno complessi demandati ad un accertamento autonomo distinto e incompatibile con il rito camerale proprio del silenzio (cfr. Tar Emilia Romagna, Parma, 14 luglio 2009, n. 634). Nella fattispecie, la richiesta dei ricorrenti di cui alla diffida non corrisponde ad un procedimento amministrativo tipizzato atteso, altresì, che l’accertamento della fondatezza della pretesa stessa richiede una verifica più complessa sicché questo Giudice non può pronunciarsi sulla fondatezza della detta istanza, ma deve limitarsi ad accertare il generico dovere dell’Amministrazione di pronunciarsi sulla istanza di cui trattasi.

Al riguardo, giova evidenziare che è giurisprudenza consolidata in materia quella secondo cui il dovere di provvedere può scaturire non solo da puntuali previsioni legislative o regolamentari, ma anche dalla peculiarità della fattispecie, nella quale ragioni di giustizia o equità impongano l’adozione di provvedimenti o comunque lo svolgimento di un’attività amministrativa, alla stregua dei principi posti, in via generale, dall’art. 97 della Costituzione (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 23 luglio 2009, n.4653; Tar Lazio, Roma, 1° dicembre 2009, n. 12177; Tar Campania, Salerno, sez. II, 18 febbraio 2010, n.1507; idem, Napoli, sez. IV, 2 marzo 2010, n. 1244). Scopo del ricorso avverso il silenzio rifiuto è quello di ottenere un provvedimento esplicito dell’Amministrazione che elimini lo stato di inerzia e assicuri al privato una decisione che investe la fondatezza o meno della sua pretesa, fermo restando, in ogni caso, che al giudice adito non è concesso di sindacare il merito del procedimento amministrativo non portato a compimento, dovendo egli limitarsi a valutare l’astratta accoglibilità della domanda del privato, senza sostituirsi agli organi di amministrazione attiva circa gli apprezzamenti e le scelte discrezionali, che restano di esclusiva competenza di questi ultimi.

Si tratta di una condivisibile e ragionevole affermazione giurisprudenziale, della quale rappresenta la consacrazione normativa l’ampia formulazione degli artt. 2 e 3 della Legge n. 241 del 1990.

Sulla base di ciò deve qualificarsi come illegittimo il silenzio serbato dal Comune resistente sull’attodiffida presentato da parte ricorrente con il conseguente obbligo per lo stesso di adottare un espresso provvedimento sul procedimento e sugli obblighi di cui all’istanza.

Infatti, il rito speciale introdotto dall’art. 21 bis, della L. n. 1034 del 1971 ha per presupposto il comportamento inerte dell’Amministrazione in ordine ad una istanza su cui sorge l’obbligo di provvedere ed è, quindi, esclusivamente preordinato ad ottenere dall’Amministrazione, con la massima celerità compatibile con le garanzie processuali, stante la relativa semplicità in fatto e in diritto della questione sottoposta al vaglio giurisprudenziale, il rispetto dell’obbligo di concludere dare esito alla richiesta mediante l’adozione di un provvedimento espresso.

Tale rito speciale non può, pertanto, essere utilizzato per proporre, unitamente al ricorso nei confronti del silenziorifiuto, una azione di accertamento, trattandosi di azioni distinte, aventi diverso oggetto e per le quali, in relazione al diverso grado di complessità che normalmente le caratterizza, l’ordinamento ha predisposto differenti riti processuali, fra loro incompatibili (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 4 gennaio 2008, n. 45).

Aggiungasi che l’istituto del " silenzio " e il rito speciale introdotto dall’art. 21 bis, della L. n. 1034 del 1971, a tutela del privato nei confronti dell’inerzia dell’Amministrazione, non consentono di attrarre nel proprio alveo quei procedimenti amministrativi nell’ambito dei quali sia identificabile, in capo al privato, una posizione di diritto soggettivo, né al Giudice è consentito convertire d’ufficio la proposta impugnazione del silenzio rifiuto in un’azione di accertamento, risolvendosi ciò in una palese violazione del diritto di difesa delle parti, costituzionalmente tutelato.

In conclusione, poiché il silenzio rifiuto può formarsi esclusivamente con riferimento alle ipotesi sopra indicate, va ritenuto che la procedura non sia applicabile nel caso in questione con riferimento al "petitum" e alla pretesa sostanziale sugli obblighi delle parti in relazione alle opere in questione, la cui tutela giurisdizionale si esplica in sede esclusiva attraverso una pronuncia di accertamento.

Le richieste di cui trattasi devono essere, quindi, dichiarate inammissibili.

3. In conclusione il ricorso deve essere accolto nella parte in cui è stata chiesta la declaratoria della illegittimità del silenzio rifiuto, nei termini e nei limiti sopra indicati, con ordine al Comune di Castelnuovo di Porto di provvedere sulla istanzadiffida del 9 dicembre 2009 di parte ricorrente, con provvedimento espresso, entro il termine di 45 giorni dalla notificazione a cura della stessa parte ricorrente o dalla comunicazione in via amministrativa, se anteriore della presente sentenza; in difetto sarà nominato, su richiesta di parte ricorrente, un Commissario ad acta perché provveda in via sostitutiva, adottando tutte le determinazioni e tutti gli atti ritenuti opportuni e necessari per l’integrale esecuzione della sentenza stessa; nella restante parte, sulla base di quanto sopra, lo stesso ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

4. Le spese del giudizio, stante la particolarità della fattispecie e la parziale soccombenza di parte ricorrente, possono essere compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Roma, Sez. II bis, pronunciandosi sul ricorso in epigrafe, ai sensi dell’art. 21 bis della Legge 1034 del 1971, come introdotto dall’art. 2 della L. n. 205 del 2000, accoglie il gravame nella parte in cui è volto alla declaratoria di illegittimità del silenzio rifiuto, nei limiti e nei termini di cui in motivazione e, per l’effetto, ordina al Comune di Castelnuovo di Porto di provvedere sulla istanzadiffida notificata in data 9.12.2009 da parte ricorrente, con un espresso provvedimento, entro il termine di 45(quarantacinque) giorni dalla notificazione a cura della stessa parte ricorrente o dalla comunicazione in via amministrativa, se anteriore della presente sentenza; in difetto sarà nominato, su richiesta di parte ricorrente, un Commissario ad acta perché provveda in via sostitutiva, adottando tutte le determinazioni e tutti gli atti ritenuti opportuni e necessari per l’integrale esecuzione della presente sentenza.

Dichiara inammissibile il ricorso nella restante parte, come da motivazione.

Dispone la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 25 marzo 2010 con l’intervento dei Magistrati:

Eduardo Pugliese, Presidente

Antonio Vinciguerra, Consigliere

Mariangela Caminiti, Primo Referendario, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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