Cass. civ. Sez. I, Sent., 24-06-2011, n. 13969 Contratto di appalto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di appello di Cagliari, on sentenza del 24 maggio 2005 ha confermato la decisione 10 dicembre 2001 del Tribunale di Tempio Pausania che aveva condannato il Consorzio per il nucleo di industrializzazione di Olbia al pagamento, in favore della s.p.a. ruppo Dipenta Costrzioni, anche n.q. di mandataria dell’ATI composta dalle imprese Grassetto Costruzioni ed ing. R.A. – cui con contratto del 22 novembre 1988 era stata affidata in appalto la costruzione della strada tangenziale dell’agglomerato industriale di Olbia per l’importo di L. 26.151.440.000- la complessiva somma di L. 5.882.407.119: comprensiva di accessori, ancora dovuta per saldo lavori e revisioni prezzi, ed importi illegittimamente trattenuti. Ha rilevato al riguardo (per quanto ancora interessa): a) che il contratto non poteva considerarsi nullo in quanto l’opera realizzanda non era vietata dalla legge, ma abbisognava delle prescritte autorizzazioni amministrative che gli stessi contraenti avevano previsto ponendo a carico dell’appaltatore l’onere di richiederle, pertanto il fatto che l’impresa non avesse ottemperato a tale pattuizione poteva dar luogo ad una eccezione di inadempimento del contratto,improponibile per la prima volta con l’atto di appello; b) che risultava parimenti infondato l’appello incidentale dell’ATI relativo alle spese di collaudo,in quanto l’art. 103 del capitolato le aveva poste a carico dell’impresa appaltatrice: senza contrasti con il R.D. n. 350 del 1895, art. 97 che regola gli oneri di assistenza di carattere tecnico nelle operazioni di collaudo,ma non esclude la facoltà delle parti di disciplinarne convenzionalmente il pagamento delle relative spese.

Per la cassazione della sentenza il Consorzio ha proposto ricorso per due motivi;cui resiste con controricorso la Dipenta costruzioni, la quale ha formulato altresì ricorso incidentale per un motivo.
Motivi della decisione

I ricorsi vanno,anzitutto riuniti ai sensi dell’art. 335 cod. proc. civ. perchè proposto contro la medesima sentenza. Con il primo di quello principale,da esaminare con precedenza per evidenti ragioni di logica giuridica,il Consorzio,deducendo violazione degli art. 1418 cod. civ., nonchè L. n. 1497 del 1939, artt. 7 ed 8 censura la sentenza impugnata per aver escluso la nullità del contratto pur essendo pacifica la soggezione dell’area oggetto dell’opera pubblica ad un vincolo paesaggistico imposto fin dal 16 febbraio 1966 per il solo fatto che i contraenti non ne abbiano concordato la realizzazione contra legem;laddove detta nullità ricorre tutte le volte in cui il negozio abbia ad oggetto un’opera contrastante con una norma imperativa. Ed in ogni caso la controparte aveva eseguito un’opera pur insistente su beni demaniali che rientrava secondo la giurisprudenza in materia penale, nella fattispecie di cui alla L. n. 431 del 1981, art. 1 sexies: non scriminabile neppure per la sua natura pubblica o di interesse pubblico dato che anche questa tipologia di opere abbisogna dei prescritti nulla osta-ambientali.

Con il secondo, deducendo violazione anche dell’art. 1343 cod. civ., nonchè della Legge Urbanistica n. 1150 del 1942, artt. 31 e 41, censura la sentenza per aver ritenuto che la propria eccezione attenesse in realtà all’inadempimento dell’appaltatore,senza considerare che l’accertamento della conformità dell’opera pubblica alle previsioni urbanistiche deve precedere la stessa approvazione del progetto;e che la mancanza delle relative autorizzazioni amministrative rende il contratto di appalto nullo ab origine.

Le censure sono fondate.

La sentenza impugnata ha ritenuto irrilevante accertare se la zona in cui doveva attuarsi l’opera pubblica,oggetto del contratto di appalto 22 novembre 1988 fosse gravata o meno da un vincolo di tutela paesaggistica di cui alla L. n. 1497 del 1939 (che si deduceva esistente fin dal 1966), richiedente il provvedimento autorizztivo di cui agli artt. 7 ed 8 della legge, nonchè del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 151, in quanto seppure l’indagine avesse avuto esito positivo,la nullità del contratto è configurabile soltanto in caso di realizzazione dell’opera pattuita tra i contraenti senza il conseguimento dei necessari nulla-osta richiesti dalla legge. Laddove nel caso le parti avevano concordato che i necessari provvedimenti autorizzatiti fossero richiesti dall’impresa,per cui l’opera risultava semmai illecita perchè eseguita dall’appaltatore in modo non conforme agli accordi assunti: rendendolo conclusivamente inadempiente.

Sennonchè la giurisprudenza di questa Corte ha ripetutamente affermato che il contratto di appalto per la costruzione di un immobile senza concessione edilizia (o paesaggistica,o ambientale ecc.) è nullo, ai sensi degli artt. 1346 e 1418 cod. civ., avendo un oggetto illecito per violazione delle norme imperative in materia urbanistica-ambientale, con la conseguenza che tale nullità, una volta verificatasi, impedisce sin dall’origine al contratto di produrre gli effetti suoi propri.

L’illiceità dell’opera e la conseguente sanzione della nullità operano cioè per il solo fatto che – e solo se – l’appalto sia, di fatto, eseguito in carenza di autorizzazioni urbanistiche, in quanto la relativa attività dedotta in contratto ed eseguita senza i suddetti provvedimenti non solo è vietata, ma è penalmente punita, con la previsione di responsabilità a carico del committente e dell’assuntore dei lavori:come è avvenuto proprio nel caso concreto in cui agli amministratori del Consorzio è stato attribuito il reato di cui alla L. n. 431 del 1985, art. 1 sexies e L. n. 47 del 1985, art. 20. Per tale ragione dottrina e giurisprudenza sono solite avvertire che al riguardo non rilevano – nè possono rilevare- gli stati soggettivi delle parti, come la ignoranza del mancato rilascio della concessione edilizia, che non potrebbe ritenersi scusabile per la loro grave colpa,ben potendo i contraenti, con l’ordinaria diligenza, avere conoscenza della reale situazione;ed incombendo anche sul costruttore, l’obbligo giuridico del rispetto della normativa urbanistica, alla stregua del disposto di cui alla L. n. 47, art. 6.

Ed allora diviene irrilevante accertare l’intenzione asserita come comune alle due parti di fare a meno di concessione o autorizzazione;

nè può essere consentito alle stesse di aggirare la sanzione di cui al combinato disposto degli art. 1346 e 1418 cod. civ. ,ovvero questa subordinare alla loro volontà,manifestata nel contratto di richiedere i provvedimenti suddetti in quanto anche in tal caso l’appalto dedotto in contratto, non è come mostrano di ritenere la Corte di appello e l’Impresa,soltanto la costruzione di un’opera dietro corrispettivo e quindi comunque lecito (sol che nel contratto venga prevista la richiesta del provvedimento urbanistico), ma un’opera contrastante con una norma imperativa senza alcuna possibilità di considerare l’illecito amministrativo e penale, conseguente a tale attività, come operante in una sfera diversa ed estranea al rapporto contrattuale tra committente ed appaltatore (Cass. 4015/2007; 2035/1994): dal momento che è proprio la violazione della norma penale ed amministrativa, consistente nella obbiettiva esecuzione (volontaria o meno) di opere edilizie (che la richiedono) senza la prescritta autorizzazione ad essere stata dedotta nel contratto. Il quale,infatti, è considerato dalla giurisprudenza di legittimità egualmente nullo e l’opera illecita ancorchè sopraggiunga alla sua esecuzione un condono edilizio, in quanto la nullità, una volta verificatasi, anche se non ancora dichiarata, impedisce sin dall’origine al negozio di produrre gli effetti suoi propri e ne rende inammissibile anche la convalida ai sensi dell’art. 1423 cod. civ. (Cass. 2884/2002). E, per converso, tale sanzione è esclusa allorquando il provvedimento autorizzativo viene rilasciato dopo la data della stipulazione del contratto ma, pur sempre, prima della realizzazione dell’opera (Cass. 3913/2009).

Ma ove per qualunque ragione (anche dipendente dall’amministrazione) detta condizione non si verifichi, l’impossibilità dell’oggetto per la sussistenza di un impedimento di carattere giuridico che ostacola in modo assoluto il risultato cui la prestazione è diretta,rende nullo il contratto con la conseguenza che l’appaltatore non può pretendere, in forza di esso, il corrispettivo pattuito; e quella ulteriore, di carattere processuale che l’eccezione di nullità del contratto d’appalto (causa petendi dell’appello del Consorzio), non può certamente considerarsi preclusa in grado di appello, ad onta dell’omessa deduzione nel giudizio di primo grado, trattandosi,come è noto di questione rilevabile d’ufficio ( art. 1421 c.c.) a fronte di una domanda di adempimento contrattuale (dell’Astaldi): di cui, quindi, nel caso costituiva un antecedente necessario, non coperto da giudicato implicito, in difetto di disamina da parte del Tribunale di Tempio Pausania.

Assorbito,pertanto il ricorso incidentale, rivolto a contestare l’individuazione nell’appaltatore da parte della corte di appello,del contraente gravato del pagamento delle spese di collaudo, la sentenza impugnata va cassata,con rinvio alla stessa Corte di appello di Cagliari, che in diversa composizione provvederà al riesame dell’eccezione di nullità del contratto di appalto avanzata dal Consorzio,attenendosi ai principi avanti esposti; e provvederà alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi, accoglie il principale ed assorbito l’incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Cagliari in diversa composizione anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

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