Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 24-01-2011) 30-03-2011, n. 13275

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

i del PG Dott. BAGLIONE Tindari: rigetto.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Propone ricorso per cassazione A.S. avverso la ordinanza del Tribunale del riesame di Salerno in data 16 giugno 2000 con la quale è stato confermato il provvedimento applicativo della misura cautelare della custodia in carcere emesso il 1 marzo 2010 dal locale Gip in ordine alle contestazioni provvisorie – ex art. 416 c.p. (promozione e partecipazione, unitamene al minore B. P., e ad A.V., B.D. e B. D., ad una associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati contro il patrimonio);

– ex artt. 624 e 625 c.p. in relazione al concorso, con taluni dei predetti ed anche con soggetti ancora in corso di identificazione, nella consumazione di quattro furti ai danni dei seguenti esercizi commerciali: 1) il bar (OMISSIS);

2) il supermercato Superalvi di (OMISSIS);

3) la ditta Eurogiochi srl di (OMISSIS);

4) a ditta Tusciana giochi di (OMISSIS).

Un prima misura cautelare per gli stessi fatti era stata emessa, in precedenza, il 22 gennaio 2010 nei confronti di A.V., B.D. e Ba.Da..

Era però accaduto che il Tribunale del riesame, con ordinanza del 9 febbraio 2010, aveva annullato il titolo nei confronti dei due B. per assenza dei gravi indizi di colpevolezza in ordine ad entrambi i reati contestati e altresì nei confronti dell’ A. V. in ordine al reato associativo oltre che a tre delle contestazioni di furto, essendosi rilevato che il compendio indiziario era sufficiente soltanto a suffragare, nei confronti di quest’ultimo, la accusa di partecipazione al reato di furto sub 3).

Si era rimarcato, a sostegno della accusa, il fatto che il filmato girato dalle telecamere del circuito di sicurezza predisposto presso la ditta Eurogiochi aveva fatto emergere senza ombra di dubbio la partecipazione al reato di furto che era allora in corso da parte di A.V., riconoscibile ictu oculi, assieme a numerosi altri correi col volto invece travisato.

Aveva però anche osservato in quella occasione il Tribunale del riesame, con riferimento al resto delle contestazioni, che il tenore delle intercettazioni telefoniche acquisite era equivoco, che le dichiarazioni accusatorie dell’ A.V. contro i coindagati erano inutilizzabili e che, infine, il materiale sequestrato agli altri (indumenti e denaro) non era particolarmente significativo. In p articolare il Tribunale rilevava che B.D. era stato trovato in possesso di una apprezzabile somma di denaro – fatto in se ambivalente- e di un mazzo di chiavi che era parso riferibile ad una vettura Audi A4, dello stesso genere di quella descritta dal titolare del Bar (OMISSIS) con a bordo persone di etnia rom, come gli indagati, e da quello vista sia nei pressi dell’esercizio commerciale qualche giorno prima del furto, sia in occasione del furto stesso, quando la sua attenzione era stata richiamata dal suono dell’allarme:

ebbene, ad avviso del Tribunale il dato del possesso delle chiavi della macchina da parte del Ba.Da. era non indicativo, non essendo stata ritrovata la detta vettura e quindi non essendovi neppure un indizio sul collegamento tra gli indagati e l’auto descritta dalla vittima del furto.

Nel provvedimento oggi impugnato il Tribunale aveva dato atto della esistenza di ulteriori indizi rispetto a quelli già analizzati nella precedente ordinanza. In particolare aveva segnalato il contenuto di intercettazioni telefoniche assolutamente eloquenti circa lo svolgimento di furti in corso di esecuzione, fatti desumibili appunto dai colloqui tra il titolare della scheda intercettata- il minore B.P., trovato in possesso della scheda a seguito di successiva perquisizione- e l’odierno indagato il quale era il ricevente le comunicazioni ed era appellato col nome di battesimo S.. Era stato anche appurato che le telefonate avvenivano nei pressi dei luoghi dei furti, sulla base dell’agganciamento delle celle degli apparati posti in loco.

In più il Tribunale evidenziava come le indagini svolte nel prosieguo avessero fatto emergere la effettiva esistenza dell’auto Audi A4 di cui sopra; erano state anche acquisite le dichiarazioni del titolare del Bar (OMISSIS), tale P., il quale aveva detto di avere riconosciuto dalle foto pubblicate sui giornali, le fattezze di Ba.Da. e di A.V. come quelle di coloro che qualche giorno prima del furto ai danni del bar erano giunti nei pressi dell’esercizio con l’Audi A4 ed avevano consumato bevande.

Il collegamento tra S. e gli altri coindagati era assicurato, oltre che dalle intercettazioni delle conversazioni con il minore, già descritte, anche da altre intercettazioni del dicembre 2009 dalle quali si evinceva che il ricorrente parlava con terzi dei due B. come persone sotto il suo controllo e che lo accompagnavano nel furto di autovetture.

In conclusione il Tribunale rilevava che tutto il materiale investigativo rendeva evidente la esistenza della detta associazione per delinquere facente capo al ricorrente e la sussistenza di gravi elementi indiziari anche relativi alla riferibilità dei furti quantomeno alla attività direttiva dello S. (oltre che del minore), segnalandosi che gli altri coindagati, relativamente ai reati fine, erano allo stato gravati da indizi soltanto in parte qua:

il V. relativamente al furto del quale si è detto in altra sede e il Ba.Da. quanto alla compartecipazione al furto ai danni del (OMISSIS).

Infine il Tribunale sottolineava di non nutrire dubbi circa la riferibilità al ricorrente delle conversazioni telefoniche con il minore durante la esecuzione del furto ai danni della ditta Eurogiochi. Infatti quello stesso soggetto, chiamato S., in altre telefonate pure intercettate risultava avere contatti o parlare di altri soggetti che erano pacificamente suoi familiari, come la moglie A.E., e il padre A.M..

Deduce il ricorrente che la ordinanza impugnata avrebbe affermato la esistenza di gravi indizi di colpevolezza invece negati nella precedente ordinanza resa il 9 febbraio 2010 con riferimento al le posizioni dei coindagati B.D. e Ba.Da..

Non vi sarebbero infatti elementi ulteriori per affermare che lo S. delle telefonate intercettate sia proprio il ricorrente, evenienza ritenuta dubbia anche dal Tribunale del riesame il quale aveva auspicato la esecuzione di una perizia fonica al riguardo.

Contesta il difensore anche la esistenza di un pericolo di fuga, assumendo che il proprio assistito non dimorava neppure assieme ai coindagati.

Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza.

La parte ricorrente non deduce violazione di legge o vizio di motivazione ma si limita a contestare che siano stati acquisiti gravi indizi di colpevolezza.

E’ noto però che la Cassazione non è deputata, quale giudice della legittimità, alla diretta valutazione del materiale indiziario mentre il sindacato che le è riservato riguarda soltanto la coerenza e completezza della motivazione esibita dal giudice del merito o la errata applicazione di norme di legge, salvo sempre peraltro l’effetto preclusivo.

Nel caso di specie, il ricorrente si limita a segnalare del tutto genericamente un presunto contrasto (contraddittorietà) con atti del procedimento diversi da quello impugnato (ordinanza del Tribunale del riesame resa nei confronti dei coindagati) e presunte aporie nella affermazione della esistenza dei gravi indizi di colpevolezza, senza però prendere lo mosse ed aggredire, come si sarebbe dovuto, la argomentazione esibita dal giudice del merito.

Questi invero ha dato atto della peculiarità del materiale investigativo riguardante la specifica posizione dello S., in posizione apicale rispetto a gruppo criminale, e altresì anche di un arricchimento dello stesso materiale rispetto alle acquisizioni esaminate nella ordinanza di annullamento: arricchimento avvenuto dopo la pubblicazione della ordinanza con la quale, appunto, era stata esclusa la dimostrazione della esistenza della associazione per delinquere tra gli indagati.

In particolare il Tribunale ha ricordato la esistenza delle intercettazioni delle conversazioni, a furti in corso, col minore B.P. ed ha posto in luce anche il contenuto di altre conversazioni effettuate con terzi a proposito della sua posizione di supremazia sul gruppo dedito alla commissione di reati contro il patrimonio.

V’è poi da rimarcare che il Tribunale h a reso anche una razionale e congrua motivazione in ordine agli elementi che lo hanno indotto a ritenere che lo " S." autore delle dette conversazioni fosse proprio il ricorrente essendo il conversante individuabile non solo in ragione del nome di battesimo ma anche del fatto che parlava di e con persone chiaramente a lui legate da rapporti di stretta parentela.

Il complesso di tali argomentazioni è totalmente ignorato dalla difesa la quale dimostra anche di non considerare il particolare investigativo del rinvenimento della autovettura Audi A4 descritta da una delle vittime dei furto come l’auto in possesso di taluni degli indagati poi individuati anche sulle foto pubblicate dai giornali come soggetti che avevano effettuato un verosimile sopralluogo nei pressi dei locali sottoposti, qualche giorno dopo, alla azione delittuosa proprio mediante l’utilizzo della nota Audi A4.

In definitiva le doglianze del ricorrente risultano inammissibili sotto svariati profili sia in quanto del tutto infondatamente rappresentano una asserita identità dei quadro indiziario rispetto a quello ritenuto insufficiente nella precedente ordinanza, sia in quanto segnalano una inesistente carenza di motivazione riguardo alla riferibili dei colloqui indizianti al ricorrente, sia infine, in quanto non aggrediscono specificamente la motivazione del provvedimento impugnato come invece sarebbe richiesto dall’art. 581 c.p.p..

Per quanto concerne il residuo motivo di impugnazione non può non rilevarsene la inammissibilità in quanto basato su ragioni diverse da quelle che possono essere sottoposte al giudice della legittimità.

La doglianza del ricorrente, sul punto, è interamente versata in fatto, basata com’è su circostanze che questa Corte non può apprezzare in via immediata e diretta Inoltre si evidenzia anche un profilo di carenza di interesse alla questione risultando che il giudice del merito ha individuato anche e soprattutto la esigenza cautelare concorrente del pericolo di reiterazione di fatti della stessa specie sicchè l’eventuale riconoscimento della assenza di un pericolo di fuga non produrrebbe comunque gli effetti liberatori auspicati dal ricorrente.

Alla inammissibilità consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al versamento in favore della cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in Euro 1000.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed a versare alla cassa delle ammende la somma di Euro 1.000. Manda alla cancelleria per le comunicazioni ex art. 94 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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