Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 19-01-2011) 30-03-2011, n. 13100 Assicurazioni sociali

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del Tribunale di Asti in data 26 Settembre 2006 il Sig. B. fu condannato alla pena di tre mesi di reclusione e 200,00 Euro di multa perchè responsabile del reato previsto dall’art. 81 cpv c.p. e D.L. 12 settembre 1983, n. 463, art. 2 (convertito nella L. n. 638 del 1983) commesso per più mensilità nel periodo dal (OMISSIS).

Decidendo sull’impugnazione dell’imputato la Corte di Appello ha dichiarato estinti per prescrizione i reati commessi fino al mese di maggio 2002 e, confermata la responsabilità per i fatti successivi, ha ridotto la pena a un mese di reclusione e 100,00 Euro di multa.

Propone ricorso il Sig. B. lamentando l’errata applicazione della legge e l’esistenza di un vizio di motivazione per avere i giudici di appello negato l’esistenza della esimente dello stato di necessità che veniva invocata sotto il profilo della sopraggiunta dichiarazione di fallimento della ditta; è evidente, invece, che nella situazione di crisi aziendale l’imprenditore provvide a soddisfare i debiti più urgenti e rinviò il versamento delle ritenute non possedendo le necessarie risorse.
Motivi della decisione

Come la giurisprudenza ha avuto modo di chiarire anche con decisioni risalenti nel tempo (si veda, ad esempio, Sezione Terza Penale, sentenza n. 297 del 1996, Marango, rv 203925) si è in presenza di reato a dolo generico che viene integrato dalla scelta consapevole dell’imprenditore di omettere i versamenti dovuti, scelta che non perde la sua illiceità per il solo fatto che l’impresa attraversi una fase di criticità, a favore di altri ritenuti più urgenti.

Tale interpretazione del dato normativo appare a questa Corte corretta e condivisibile e il motivo di ricorso non introduce elementi di valutazione nuovi rispetto alla giurisprudenza citata, così che deve concludersi per la sua manifesta infondatezza.

Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio.

Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, nonchè al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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