T.A.R. Lazio Roma Sez. II bis, Sent., 28-03-2011, n. 2717 Bellezze naturali e tutela paesaggistica Vincoli

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. La società M., proprietaria di un terreno sito in Pomezia, via Litoranea, distinto in Catasto Terreni al foglio 31, mappali 220 e 1801, della superficie di mq 952 ed avente destinazione di PRG "zona B di completamento", con indice di fabbricabilità di 1,00 mc/mq., riferisce di aver chiesto in data 4.11.2008 al Comune di Pomezia il rilascio del permesso di costruire per la realizzazione di un fabbricato ad uso residenziale sul detto terreno.

In seguito, la società in data 13.11.2008 ha presentato alla Regione Lazio la domanda per il rilascio dell’autorizzazione ex art.146 del D.Lgs. n. 42 del 2004 per la costruzione dell’edificio.

Con determinazione n. B4690, in data 11.12.2008, la Regione ha autorizzato, ai sensi dell’art. 146 del 2004, l’esecuzione delle opere edilizie condizionando la realizzazione delle stesse a specifiche modalità di esecuzione.

Il Comune di Pomezia in sede istruttoria ha accertato la conformità del progetto agli strumenti urbanistici condizionando il rilascio del permesso a costruire alla produzione dell’autorizzazione paesaggistica.

Successivamente, la Regione Lazio ha comunicato l’avvio del procedimento dell’annullamento d’ufficio della determinazione n. B4690/2008 e poi con la determinazione n. B1402 in data 10.04.2009, notificata il 15.09.2009, a firma del Direttore del Dipartimento Territorio della Regione Lazio, ha adottato il provvedimento definitivo di annullamento della suddetta autorizzazione.

Avverso detto provvedimento di autotutela adottato dalla Regione la società ha proposto ricorso introduttivo deducendo quale unico articolato motivo la Violazione e falsa applicazione dell’art.4, comma 1 bis della L.R. n.24 del 1998, dell’art.142, comma 2, del D.Lgs n. 42 del 2004. Violazione della normativa di attuazione del PTP n. 10. Eccesso di potere per carenza dei presupposti, travisamento dei fatti e difetto di istruttoria.Violazione dei principi in tema di atti di ritiro e della Legge n. 241 del 1990 per difetto di motivazione: le argomentazioni a base dell’impugnato provvedimento contrasterebbero sia con la normativa applicabile che con la concreta situazione di fatto, in quanto l’area in questione avrebbe destinazione urbanistica di "zona B di completamento", in virtù del PRG del 1974 e sarebbe interna al perimetro urbano approvato con delibera di Giunta regionale n. 6032/1983, ai sensi della L.R. n. 52 del 1976. Inoltre il contenuto generale delle NTA del PTP non porrebbe alcun impedimento assoluto all’edificabilità dell’area, ricadente in zona B e, quindi, fatta salva dalla L.R. n. 24 del 1998. In modo analogo, troverebbe applicazione l’art.142, comma 2, del D.Lgs. n. 142 del 2004 che esclude l’applicabilità del vincolo paesaggistico per la fascia costiera dei 300 metri dalla battigia alle aree ricadenti in tipologie delimitate negli strumenti urbanistici come zone A e B alla data del 6.9.1985. Né può sostenersi, secondo la società, che il DM 21.10.1954, volto a salvaguardare il paesaggio d’insieme, introduca un vincolo diretto sull’area; la Regione nella determinazione n.B4690/2008 annullata dalla determinazione impugnata avrebbe argomentato la compatibilità dei valori paesaggistici riconosciuti dal vincolo condizionando la costruzione dell’edificio con prescrizioni edilizie, mentre il provvedimento di annullamento d’ufficio impugnato risulterebbe viziato non recando la necessaria motivazione tipica degli atti di autotutela.

Il Comune di Pomezia si è costituito in giudizio per resistere al ricorso controdeducendo alle censure di parte ricorrente, attesa la infondatezza delle stesse, posto che, tra l’altro, l’atto impugnato sarebbe stato adottato nel breve periodo dall’emanazione dell’atto annullato, in considerazione dell’esigenza di tutela di un interesse pubblico superiore delle aree di interesse paesaggistico (mentre l’autorizzazione paesistica annullata sarebbe stata rilasciata senza tener conto della sussistenza dei vincoli sull’area e della particolare tutela da accordare).

Si è costituita in giudizio la Regione Lazio per resistere al ricorso che ha contestato le censure avanzate da parte ricorrente ed ha sottolineato la legittimità dell’operato regionale, che avrebbe svolto attenta attività istruttoria, con espresso richiamo alla normativa paesaggistica applicabile (art.40 P.T.P. n. 10), intervenendo in tempi brevi con l’autotutela.

Con ordinanza n.5373/2009, pronunciata nella Camera di consiglio del 19 novembre 2009 è stata accolta la suindicata domanda di sospensione del provvedimento impugnato, ai fini del riesame.

Con istanza depositata in data 18.11.2009, la società ricorrente ha formulato richiesta di esecuzione dell’ordinanza n.5373/2009, ai sensi dell’art.21 della Legge Tar. Alla Camera di consiglio dell’11 marzo 2010, la decisione su detta istanza è stata rinviata alla Camera di consiglio del 22 aprile 2010.

La Regione Lazio ha depositato in data 10 marzo 2010 documentazione, tra cui la determinazione B1167 in data 9.3.2010, con la quale è stato confermato l’annullamento del provvedimento B 4690 dell’11.12.2008.

Con atto contenente motivi aggiunti, ritualmente notificato, parte ricorrente ha proposto ricorso avverso detta Determinazione n. B1167/2010, deducendone motivi di illegittimità e vizi procedimentali.

In prossimità della Camera di consiglio la Regione Lazio ha depositato ulteriore documentazione a difesa.

Con ordinanza n. 1751/2010, pronunciata nella Camera di consiglio del 22 aprile 2010, la domanda di sospensione dei provvedimenti gravati è stata respinta.

Con memorie conclusionali depositate alla vigilia dell’udienza di discussione le parti costituite hanno ulteriormente ribadito le rispettive tesi difensive.

Alla udienza pubblica del 16 dicembre 2010, il ricorso è stato introitato per la decisione.

2. Il ricorso proposto dalla società M. 2008 Srl presenta profili di infondatezza per le ragioni di seguito riportate.

2.1. La materia del contendere è incentrata sulla dedotta illegittimità sia della determinazione n.B 1402 in data 10.04.2009, con cui la Regione Lazio ha annullato la precedente autorizzazione paesaggistica n. B4690 dell’11.12.2008, rilasciata alla società ricorrente, ai sensi dell’art.146 del D.Lgs. n. 42 del 2004 per la realizzazione di un edificio a schiera nel Comune di Pomezia – impugnata con atto introduttivo – nonché sui censurati vizi della Determinazione n. B1167 in data 9.3.2010, adottata dalla medesima Regione Lazio, a seguito del riesame della domanda proposta dalla Società stessa – impugnata con l’atto contenente motivi aggiunti – con la quale l’Ente regionale ha confermato l’annullamento del provvedimento n.B 4690 dell’11.12.2008.

Con tale ultimo provvedimento l’Amministrazione regionale, a seguito del riesame, ha precisato, tra l’altro, che " la stessa area è ricompresa in un più vasto ambito dichiarato di notevole interesse pubblico con DM 21.10.1954, corrispondente alla fascia costiera Ostia, Anzio e Nettuno; Considerato che in presenza del vincolo di cui sopra trova applicazione la norma di tutela del P.T.P. cogente ed in particolare l’art.40 delle N.T.A…….. Considerato che il principio……tuttavia…..nel caso di specie non è applicabile dal momento che si è in presenza, per l’area in esame, della sovrapposizione di due specifici vincoli, fra cui quello introdotto dal D.M. 21/10/1954 ex lege 1497/39 che rende cogente ed operante la norma di tutela; Ritenuto in conseguenza che le opere in questione non risultano compatibili con il grado di tutela a cui soggiace l’area oggetto dell’ intervento; Considerato che l’area in questione, dichiarata di notevole interesse pubblico per la presenza di un bene ricognitivo individuato dall’art.136 del D.Lgs. n. 42/04. che, a seguito di continui interventi di antropizzazione risulta in gran parte compromessa; Ravvisata la necessità di preservare e conservare il territorio costiero come bene pubblico per la parte ancora apprezzabile; Ritenuto pertanto prevalente alla luce di quanto sopra evidenziato l’interesse pubblico alla conservazione dell’area, nonché al fine di garantire la corretta fruizione di tale bene rispetto agli interessi del singolo;Ritenuto che l’atto di annullamento è intervenuto entro un termine di tempo ragionevole secondo la costante giurisprudenza, tale quindi da non comprimere la situazione giuridica soggettiva coinvolta".

Lamenta la società che i provvedimenti impugnati si fondano sull’errato presupposto che il terreno in questione sia inedificabile, mentre alla stregua del PRG comunale sarebbe collocato in zona "B" e pertanto, la sovrapposizione dei due rilevati vincoli, entrambi posti a tutela della fascia costiera, non comporterebbe l’inedificabilità totale, ma il solo espletamento della preventiva procedura autorizzatoria, come, tra l’altro, risultante da fattispecie identica relativa a fabbricato ad uso di civile abitazione, in zona limitrofa a quella in esame, autorizzato ai fini ambientali dal Ministero per i Beni e le Attività culturali.

3. Osserva il Collegio che le censure dedotte riguardano, nella sostanza, i profili del rapporto tra la pianificazione urbanistica e l’autorizzazione paesaggistica di cui al citato D.Lgs. n. 42 del 2004 e gli aspetti del corretto esercizio del potere di autotutela da parte dell’Amministrazione.

3.1.Orbene, quanto al primo profilo occorre rilevare che, in generale, il vincolo paesaggistico ambientale non comporta l’inedificabilità assoluta dei suoli, ma implica un particolare regime giuridico dei beni su cui esso è apposto. Infatti, i primi due commi dell’art. 146, D.Lgs. n.42 del 2004 n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) specificano che i proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo di immobili e aree di interesse paesaggistico, tutelati dalla legge, ai sensi dell’art. 142, o in base alla legge, ai sensi degli art. 136 e 143, comma 1, lett. d), e 157, non possono distruggerli, né introdurvi modificazioni che rechino pregiudizio ai valori paesaggistici oggetto di protezione ed hanno l’obbligo di presentare alle Amministrazioni competenti il progetto degli interventi che intendano intraprendere, corredato della prescritta documentazione ed astenersi dall’avviare i lavori fino a quando non ne abbiano ottenuta l’autorizzazione.

Da ciò consegue che il vincolo paesaggistico ambientale implica un particolare regime giuridico dei beni su cui esso è apposto e non, invece, che la potestà autorizzatoria contemplata dalla legge debba essere esercitata esclusivamente nell’ambito delle previsioni urbanistiche. Del resto lo ius aedificandi, facoltà ricompresa nel diritto di proprietà dei suoli, non è un diritto assoluto; esso sottende un interesse sottoposto a conformazione da parte, innanzi tutto, della normativa di carattere urbanisticoedilizio, destinata ad interagire con altre normative settoriali e, in particolare, con la normativa a tutela del paesaggio e dell’ambiente. Ne consegue che nel caso in cui la edificazione privata, ancorché conforme alle norme urbanisticoedilizie, sia in contrasto con le esigenze di tutela del paesaggio, non può dirsi esistente ed esercitabile uno ius aedificandi. Infatti, l’esercizio della potestà autorizzatoria non trova un limite invalicabile nelle previsioni urbanistiche, posto che in tal modo sarebbe finalizzata alla sola verifica dell’adozione in sede progettuale delle opportune accortezze e cautele, mentre nessun limite prestabilito può frapporsi all’esercizio della potestà in questione, che non sia correlato al rispetto dei principi di ragionevolezza, logicità e proporzionalità, che devono comunque governare e indirizzare l’operato dell’amministrazione pubblica, ritenendo precluse quelle opere che risultano in contrasto con il valore tutelato rappresentato dall’interesse ambientalepaesaggistico (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 16 ottobre 2007, n. 5425; idem, sez. V, 7 settembre 2009, n. 5232).

Pertanto, la potestà autorizzatoria non incontra il limite assoluto nelle prescrizioni di carattere urbanistico ed edilizio, ma va posta comunque la necessità di congrua ed ampia motivazione allorché le esigenze ambientali e paesaggistiche impongano di discostarsi dalle previsioni urbanistiche (cfr.T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. I, 26 novembre 2009, n. 1315).

3.2. Orbene, entrando nel merito del censurato difetto di motivazione in sede di esplicazione dell’esercizio di autotutela dell’Amministrazione regionale, si pone in evidenza che l’atto da ultimo impugnato reca una serie ragionata di profili frutto della valutazione operata riguardo la compatibilità dell’intervento con i pregi ambientali dell’area interessata.

Emerge che l’Amministrazione ha offerto una adeguata motivazione a supporto dell’atto destinato ad incidere sfavorevolmente sulla interessata ed infatti, la Regione pur rilevando i profili di esclusione dei vincoli paesistici nell’area delimitata come zona B del PRG, tuttavia ha evidenziato: – la particolarità dell’area ricompresa in vasto ambito dichiarato di notevole interesse pubblico con DM 21.10.1954; – la sovrapposizione di due vincoli specifici e il superamento del principio di cui all’art.40 del P.T.P. vigente; – la caratteristica dell’area di "notevole interesse pubblico", individuata ai sensi dell’art.136 del D.Lgs. n. 42 del 2004, per la presenza di un bene ricognitivo che a seguito di continui interventi di antropizzazione risulta in gran parte compromessa (rilievo sul quale, tra l’altro, parte ricorrente non ha espresso contestazioni); – la necessità di preservare e conservare il territorio costiero come bene pubblico per la parte ancora apprezzabile e l’evidenziato interesse pubblico alla conservazione dell’area per garantire altresì la corretta fruizione di tale bene rispetto agli interessi del singolo; – il ragionevole lasso di tempo trascorso per l’esercizio dell’autotutela tale da non comprimere la posizione giuridica dell’interessata; – la mancata trasmissione di osservazioni da parte della società nei 10 giorni previsti dopo la comunicazione di avvio del procedimento, inviata dalla Regione, ai sensi dell’art.10bis della Legge n. 241 del 1990 e succ. mod..

Tali rilievi appaiono quali adeguati elementi che, secondo la costante giurisprudenza, giustificano l’annullamento in sede di autotutela: emerge, infatti, l’apprezzamento delle particolari circostanze di fatto e l’adeguata ponderazione comparativa dell’interesse della società destinataria dell’atto con l’interesse pubblico attuale, concreto e prevalente all’adozione dell’atto di annullamento, posto che dalle dichiarate circostanze emergono le indicazioni delle ragioni di interesse pubblico che hanno consigliato il ritiro dell’atto (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 16 aprile 2010, n. 2178; idem, 27 novembre 2010, n. 8291; Tar Liguria, sez. II, 9 gennaio 2009, n. 43; Tar Basilicata, sez. I, 5 novembre 2010, n. 921; Tar Molise, sez. I, 10 dicembre 2010, n. 1540).

Alla luce di quanto esposto non sono rinvenibili nell’esercizio del potere di autotutela da parte dell’Amministrazione resistente i vizi di difetto di istruttoria e di motivazione denunciati da parte ricorrente.

Peraltro, va aggiunto al riguardo che, in tema di annullamento in sede di autotutela, sono note le posizioni giurisprudenziali, poi recepite nell’art. 21nonies, della Legge n. 241 del 1990 e succ. mod., circa la necessità di una valutazione, estrinsecata in motivazione, dell’interesse pubblico, soprattutto nei casi di decorso di un apprezzabile lasso di tempo e della ipotizzabilità di situazioni di buona fede (casi non rinvenibili nella specie atteso il contenuto tempo trascorso per l’esercizio dell’autotutela e la difficoltà di poter ipotizzare una posizione di buona fede del soggetto interessato); tuttavia, la giurisprudenza ha anche chiarito, nei casi in cui si verta in materia di attività vincolata, senza alcuna possibilità di esercitare discrezionalmente il potere, come non occorra, tra l’altro, alcuna particolare motivazione a sostegno dell’attività di secondo grado dell’Amministrazione (cfr.T.A.R. Sicilia, Catania, sez. II, 14 luglio 2009, n. 1316).

3.3. Infine, quanto alla censurata erroneità dei presupposti con riferimento alla diversità di trattamento da parte dell’Amministrazione di fattispecie identiche (nella specie, la ricorrente ha dichiarato che sarebbe stata autorizzata la costruzione di civile abitazione in zona limitrofa, in area sottoposta al medesimo vincolo di P.T.P.), va osservato che, in disparte il rilievo riguardo la indimostrata identità delle fattispecie in questione, è comune orientamento della giurisprudenza ritenere che l’eccesso di potere per disparità di trattamento nell’operato dell’Amministrazione è riscontrabile in caso di assoluta identità di situazioni di fatto e di conseguente assoluta irragionevole diversità del trattamento riservato, situazioni la cui prova rigorosa deve essere fornita dall’interessato, con la precisazione che la legittimità dell’operato della Pubblica amministrazione non può comunque essere inficiata dall’eventuale illegittimità compiuta in altra situazione (cfr. Cons.Stato, sez. IV, 18 febbraio 2010, n. 959; T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 11 gennaio 2010, n. 38; T.A.R. Umbria, Perugia, sez. I, 4 maggio 2010, n. 274).

4. In definitiva, il ricorso in quanto infondato deve essere respinto.

La peculiarità della vicenda e l’andamento della causa giustificano la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Roma, (Sezione Seconda Bis)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Dispone la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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