Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 22-12-2010) 30-03-2011, n. 13271 Arresti domiciliari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza in data 22-10-2010 il Tribunale di Genova – Sez. Riesame – rigettava l’appello proposto nell’interesse di G.A., avverso l’ordinanza del GIP. emessa il 24-9- 2010, con la quale era stata modificata la misura degli arresti domiciliari, ponendo al ricorrente il divieto di comunicare con persone diverse da quelle che convivevano con il predetto.

In particolare il G. risultava sottoposto alla misura detentiva inflitta con provvedimento cautelare emesso dal GIP in data 20-9-2010, essendo ascritto al predetto il reato di cui all’art. 612 bis c.p. in danno di M.I..

Avverso tale ordinanza proponeva ricorso per cassazione il difensore, deducendo che la misura degli arresti domiciliari era stata disposta autorizzando originariamente il G. a ricevere dal lunedì al giovedì le visite del figlio minore, essendo tale minore in affido congiunto ai genitori, e nei giorni indicati trovandosi con la nonna paterna secondo l’accordo intervenuto presso il Tribunale per i minorenni. Successivamente, secondo quanto rilevava il difensore, tale regime degli arresti domiciliari era stato modificato dal GIP con l’ordinanza che si era impugnata innanzi al Tribunale del riesame – ed il GIP – a seguito di memoria formulata dalla M. – persona offesa dal reato – aveva d’ufficio disposto il divieto di comunicare con persone diverse da quelle conviventi, e quindi anche con il figlio minore, lasciando salva la facoltà di colloqui telefonici nei giorni nei quali il minore si trovava presso la madre, M.I..

Il ricorrente rilevava che l’ordinanza emessa dal Tribunale doveva ritenersi nulla, per violazione del combinato disposto degli artt. 272 e 284 c.p.p..

A riguardo evidenziava come la predetta ordinanza era intervenuta violando il principio di legalità che limita l’applicazione di misure restrittive o limitative della libertà personale alle ipotesi stabilite dall’ordinamento.

D’altra parte rilevava che l’ordinanza emessa dal Tribunale era contraddittoria, e che la modifica del regime di arresti domiciliari costituiva un notevole aggravamento della misura, essendo state inflitte ulteriori limitazioni all’indagato.

Tale disposizione si poneva pertanto in contrasto con l’art. 284 c.p.p., per cui i limiti imposti devono essere compresi nella misura che risultava applicata, ed espressamente contemplati dal provvedimento, escludendo che possano essere impliciti.(v. fl. 5 del ricorso).

2 – Con ulteriore motivo la difesa rilevava la violazione del disposto di cui all’art. 229 c.p.p., comma 4, e la nullità dell’ordinanza, essendo stata emessa d’ufficio dal GIP senza alcuna richiesta di aggravamento della misura avanzata dal PM. Rilevava sul punto che il provvedimento del Tribunale, al quale era stata rappresentata detta violazione, aveva eluso la questione ritenendo che l’ordinanza impugnata costituisse solo una rettifica o rinnovata interpretazione del precedente provvedimento emesso dal GIP.
Motivi della decisione

La Corte rileva che il ricorso deve ritenersi dotato di fondamento.

Invero secondo i criteri stabiliti dalla giurisprudenza di legittimità in ordine alla applicazione dell’art. 284 c.p.p. si ritiene che il GIP possa disporre anche d’ufficio le semplici modifiche delle modalità di applicazione della misura cautelare in atto e in tal senso restano escluse le ipotesi di effettivo aggravamento della misura.

V. – in CPP Tribuna – 2007 pag. 772 – sub art. 284 c.p.p. (Cass. Sez. 6 9-9-2003, n. 35338 – RV 226766 – (per cui restano applicabili d’ufficio dal giudice i provvedimenti relativi alle semplici modalità di applicazione della misura, quali le autorizzazioni ad allontanarsi dal domicilio per esigenze di vita), e Sez. Unite 21-1- 1997, n. 24 per cui i provvedimenti emessi ai sensi dell’art. 284 c.p.p., comma 3, che regolano le modalità di attuazione degli arresti domiciliari relativamente alla facoltà dell’indagato di allontanarsi dal luogo di custodia, contribuiscono ad inasprire o ad attenuare il grado di afflittività della misura cautelare e devono pertanto essere ricompresi nella categoria dei provvedimenti sulla libertà personale; ne consegue che ad essi si applicano le regole sull’impugnazione dettate dall’art. 310 c.p.p., che prevede in proposito, un sindacato di secondo grado esteso anche nel merito. (v. altresì Cass. Sez. 6 sent. N. 21296 del 12/05/09 – RV 243678-).

Per tali motivi deve ritenersi nella specie che il GIP sia incorso nella violazione di legge enunciata dal ricorrente, per avere imposto all’indagato una misura di maggiore afflittività in assenza di richiesta formulata dal PM., in contrasto con la disposizione enunciata dall’art. 299 c.p.p., comma 4 (v. Cass. n. 2106/1999 – RV 214119).

Pertanto l’ordinanza impugnata deve essere annullata senza rinvio, essendo carenti i presupposti normativi di aggravamento della misura come disposta dal giudice procedente.
P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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