T.A.R. Lazio Roma Sez. III ter, Sent., 28-03-2011, n. 2701

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Riferisce la soc. A.I.T. di L.G. & C S.n.c. che, con bando del 16/4/99 il Coni ha indetto una gara a pubblico incanto per l’attribuzione di n. 1000 concessioni per l’esercizio delle scommesse sportive al totalizzatore nazionale ed a quota fissa.

Espone, ancora, la società ricorrente, che ha presentato domanda di partecipazione alla gara n. 151 – Comune di Gravina in Puglia (Ba), allegando tutta la documentazione richiesta dal bando, che la gara è stata espletata e che la Commissione ha aggiudicato la gara alla società L.M. di C.N. & c. s.a.s., non tenendo conto della documentazione irregolare da quest’ultima presentata.

Con il ricorso in epigrafe la ricorrente ha impugnato, chiedendone l’annullamento, il provvedimento di aggiudicazione della gara nei confronti della ditta suddetta, il verbale della Commissione che ha disposto l’aggiudicazione nonché la deliberazione della giunta esecutiva che ha confermato le determinazioni della Commissione e disposto l’attribuzione delle concessioni, deducendo, al riguardo:

1) violazione e falsa applicazione della legge n. 241/90 ed eccesso di potere per difetto e carenza di istruttoria; violazione della lex specialis della gara (bando e bando integrativo) ed in particolare delle "modalità di partecipazione alla gara"; eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche e in specie per difetto dei presupposti, di motivazione, ingiustizia manifesta, irrazionalità e perplessità dell’azione amministrativa;

2) eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche e in specie per difetto dei presupposti, di motivazione, ingiustizia manifesta, irrazionalità e perplessità dell’azione amministrativa sotto altro profilo; violazione della lex specialis e dei principi inerenti l’operato della Commissione giudicatrice;

3) eccesso di potere per violazione dei principi posti a base delle procedure concorsuali e in particolare per violazione dei principi inerenti la individuazione dei criteri di valutazione; violazione dell’art. 23 del d.lgs. n. 157/95; eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche e in specie per difetto dei presupposti, di motivazione, ingiustizia manifesta, irrazionalità e perplessità dell’azione amministrativa sotto ulteriore profilo;

4) violazione in materia di principi concorsuali sulla composizione della Commissione giudicatrice; eccesso di potere per disparità di trattamento; eccesso di potere per violazione del principio di uniformità del giudizio; eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche e in specie per difetto dei presupposti, di motivazione, ingiustizia manifesta, irrazionalità e perplessità dell’azione amministrativa sotto ulteriore profilo;

5) violazione dell’art. 23, comma 1, lett. b) del d.lgs. n. 157/95 e dei principi inerenti il procedimento di aggiudicazione all’offerta economicamente più vantaggiosa; eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche ed in particolare per difetto di motivazione, ingiustizia manifesta, irrazionalità e perplessità dell’azione amministrativa;

6) violazione dei principi generali in materia di appalti; eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche e in specie per difetto di motivazione, ingiustizia manifesta, irrazionalità e perplessità dell’azione amministrativa sotto altro profilo;

7) violazione dei principi generali in materia di appalti; eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche e in specie per difetto di motivazione, ingiustizia manifesta, irrazionalità e perplessità dell’azione amministrativa sotto diverso profilo;

8) violazione e falsa applicazione della legge n. 241/90 (in specie degli artt. 3, 7 e 8); eccesso di potere per difetto di istruttoria; eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche e in specie per lesione del principio del giusto procedimento, perplessità, contraddittorietà dell’azione amministrativa.

Il Coni si è costituito in giudizio chiedendo il rigetto del ricorso per infondatezza.

Si è costituita, altresì, la società L.M. di C.N. & c. s.n.c. per resistere al ricorso avversario.

Con ordinanza collegiale n. 100/2000 dell’11 gennaio 2000 la domanda incidentale di sospensione degli atti impugnati è stata respinta.

Alla pubblica udienza del 10 marzo 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

Con il ricorso in esame la ricorrente, in primo luogo, articola specifiche censure in ordine all’ammissione della ditta aggiudicataria, deducendo l’irregolarità della documentazione dalle stesse presentata; essa contesta pertanto la non esclusione e, in ogni caso, il punteggio attribuito alla medesima concorrente; più in generale, contesta le regole di gara, in tema di valutazione delle offerte, composizione della Commissione, cauzione provvisoria.

Con il primo motivo la ricorrente lamenta che l’aggiudicataria avrebbe dovuto essere esclusa perché non avrebbe documentato idoneamente al disponibilità giuridica di un locale presso cui esercitare l’attività, in quanto il contratto di locazione non risulta sottoscritto da tutti i proprietari ed è privo della data di sottoscrizione.

La censura è infondata, oltre che priva di riscontro probatorio.

Basti, sul punto, osservare che, in base alle "Modalità per la partecipazione alla gara", costituenti parte integrante del bando, le imprese dovevano presentare un plico contenente, a pena d’inammissibilità, in busta separata e chiusa contrassegnata dalla dicitura "progetto tecnico", la documentazione relativa al locale ove intendevano installare l’agenzia e l’organizzazione dell’attività nell’agenzia stessa.

Tale documentazione doveva consistere:

– nell’unita "scheda" regolarmente compilata in ogni sua parte e sottoscritta dall’offerente;

– nell’atto attestante la disponibilità giuridica del locale (proprietà, usufrutto, comodato, locazione) ovvero atto di compromesso o preliminare "dal quale risulti la disponibilità del locale nel caso di aggiudicazione della gara".

In particolare, con riferimento al locale da adibire a sede dell’agenzia, il Bando di gara disponeva che sarebbero stati ammessi a partecipare alla gara i soggetti che disponessero di idoneo locale per lo svolgimento delle attività oggetto delle concessioni, rispondente alle caratteristiche minime specificate nell’allegato tecnico allo schema di convenzione, di cui doveva appunto essere indicato il titolo giuridico della disponibilità del locale per l’intera durata della concessione e l’ubicazione.

Come risulta in atti, la società aggiudicataria della gara in controversia ha depositato in sede di stipula del contratto di concessione con il Coni l’atto definitivo di locazione dell’immobile di cui si tratta, debitamente registrato, da cui la pretestuosità, in mero punto di fatto, della censura sul punto dedotta.

Anche il secondo profilo sollevato non merita positiva considerazione, in quanto, trattandosi di atto stipulato tra privati, la riferibilità ad un momento anteriore alla partecipazione alla gara si evince agevolmente dalla circostanza che lo stesso atto è stato depositato dalla aggiudicataria insieme alla documentazione richiesta per partecipare alla stessa entro il termine tassativo indicato nel bando.

Destituito di fondamento si appalesa anche il secondo motivo di gravame,con cui si deduce che i presunti vizi delle offerte delle prime due classificate, avrebbero comportato anche una erronea valutazione tecnica dei progetti presentati da tali concorrenti: l’insussistenza dei vizi lamentati col primo mezzo comporta anche la infondatezza del secondo.

Con il terzo mezzo la ricorrente lamenta la circostanza che la Commissione di aggiudicazione avrebbe determinato i criteri di valutazione delle offerte solo dopo la presentazione delle stesse.

La censura non è meritevole di adesione, in quanto il criterio generale di valutazione delle offerte veniva stabilito dalla lex specialis di gara, con l’attribuzione all’offerta economica di un punteggio pari al 75% del totale (con l’attribuzione del punteggio massimo alla migliore offerta e di un punteggio calcolato in proporzione per le altre offerte) e al progetto tecnico del restante 25%, a seguito di confronto a coppie di tutti i progetti tecnici.

Invero, come risulta dal verbale della riunione dell’8 luglio 1999, il presidente della commissione comunicava ai presenti " i criteri cui la commissione nella precedente riunione del 15 giugno 1999 ha deciso di attenersi per effettuare il confronto a coppie" previsto dal bando di gara per l’attribuzione del punteggio relativo al progetto tecnico; la riunione del 15 giugno, peraltro, era stata indetta ad hoc e si era tenuta il giorno successivo a quello fissato per la presentazione delle offerte, ma prima dell’apertura dei plichi che le contenevano.

Con il quarto motivo si censura l’operato della Commissione giudicatrice che, avendo svolto le attività di gara "alla presenza di componenti sempre diversi ad eccezione del presidente della commissione e di qualche altro membro", avrebbe violato il principio secondo cui la commissione giudicatrice di una gara costituisce un "collegio perfetto" e, per l’effetto, la par condicio dei concorrenti.

La doglianza non è meritevole di favorevole apprezzamento.

In proposito, è pacifico che la Commissione di gara sia un "collegio perfetto", vale a dire un collegio che deve operare al completo nelle fasi della gara in cui la commissione sia chiamata a formulare giudizi conclusivi, ma è altrettanto incontestabile che i membri dei collegi perfetti possano farsi sostituire dai membri supplenti, i quali vengono nominati proprio per sopperire ad eventuali assenze dei membri effettivi. Il collegio è pertanto al completo quando è presente l’intero numero dei membri che lo deve comporre, siano essi i membri effettivi o quelli supplenti, intervenuti in sostituzione dei primi.

Nel caso di specie, la ricorrente non dimostra che la gara sia stata aggiudicata da un collegio che difettava della presenza di taluno dei suoi componenti, effettivi o supplenti, e pertanto la censura va disattesa. Inoltre, la circostanza che taluni membri della commissione non avrebbero partecipato a tutti i precedenti lavori della commissione stessa, si manifesta inconferente, se solo si considera la numerosità delle gare indette dal Coni con lo stesso bando (mille) con conseguente necessaria autonomia funzionale delle medesime.

Con il quinto mezzo la ricorrente censura il fatto che il bando di gara abbia attribuito all’elemento prezzo un valore ponderale di tre volte superiore al progetto tecnico, in contrasto col criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, di cui all’art. 23, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 157/1995.

La censura, in quanto pretende di sindacare decisioni di merito relative al valore ponderale da attribuire a ciascun elemento di valutazione delle offerte e come tali rimesse alla esclusiva discrezionalità della stazione appaltante, risulta inammissibile, non venendo in rilievo, nella specie, una scelta discrezionale manifestamente irrazionale.

Con il successivo motivo si contesta il fatto, peraltro indimostrato, che la commissione abbia provveduto prima all’apertura delle buste contenenti l’offerta economica, "facendo seguire ad essa l’esame e la valutazione del progetto tecnico attraverso criteri automatici di valutazione".

Come affermato anche dalla ricorrente, la commissione di aggiudicazione si era data, nella riunione preliminare del 15 giugno, criteri automatici di valutazione dei progetti tecnici, con esclusione pertanto di determinazioni discrezionali. E’ quindi inconferente, nel caso di specie, il richiamo che l’odierna deducente opera alla giurisprudenza che si occupa della diversa ipotesi in cui la valutazione degli elementi tecnici dell’offerta comporta un apprezzamento discrezionale.

Con ulteriore motivo la ricorrente censura, in primo luogo, la mancata determinazione da parte dell’Ente intimato del prezzo base dell’appalto, che i concorrenti avrebbero dovuto assumere come elemento di riferimento della loro offerta e che, nel contempo, avrebbe consentito all’Amministrazione di valutare la serietà delle offerte stesse.

La censura, oltre che tardiva perché investe una scelta operata dall’amministrazione già con il bando di gara, è anche priva di pregio, in quanto la procedura selettiva non riguardava un appalto comportante una spesa per l’Amministrazione, bensì l’attribuzione di concessioni comportanti entrate per il concessionario e, proquota, per l’Ente concedente.

In ogni caso, trattandosi di concessioni aventi per oggetto un’attività di impresa, correttamente è stato rimesso alle autonome valutazioni imprenditoriali delle concorrenti la determinazione dell’utile atteso dell’attività e dell’importo da offrire al Coni quale minimo garantito. A sostegno di tali valutazioni, l’Ente non mancava peraltro di fornire alle concorrenti utili elementi, mettendo a disposizione i dati in suo possesso circa il volume d’affari delle agenzie ippiche che, al 31 dicembre 1999, avevano gestito in via provvisoria le scommesse sportive sul territorio nazionale.

Sempre con lo stesso motivo la ricorrente contesta altresì la scelta del Coni di richiedere una cauzione provvisoria e una cauzione definitiva dello stesso importo per tutte le concessioni, ritenendo di contro più congrua la fissazione di una cauzione in misura percentuale rispetto ad un prezzo base di partenza. La censura è inammissibile in quanto volta a sindacare decisioni di merito rimesse alla esclusiva discrezionalità della stazione appaltante, le quali, nella specie, risultano tutt’altro che irragionevoli, specie se poste in relazione con l’interesse dell’Ente alla funzione della cauzione quale valido deterrente di possibili inadempimenti da parte di tutti i concessionari.

Con l’ultimo motivo, infine, parte ricorrente censura la violazione dei principi di partecipazione nel procedimento concorsuale in esame, lamentando che la commissione giudicatrice non avrebbe proceduto alla verbalizzazione delle contestazioni mosse dal legale rappresentante della ricorrente in sede di apertura dei plichi, con ciò, negando la piena partecipazione al procedimento.

La doglianza non merita adesione.

La circostanza fattuale che è oggetto di allegazione, ma non anche di prova, da parte della ricorrente, è smentita dalla prassi della Commissione di allegare ai verbali di gara, quale parte integrante di essi, i fogli contenenti le contestazioni e osservazioni formulate dai soggetti presenti all’apertura dei plichi in rappresentanza dei concorrenti; tale prassi veniva seguita anche nella riunione dell’8 luglio 1999, che aggiudicava la gara relativa al Comune Gravina in Puglia.

Per le considerazioni complessivamente svolte, il ricorso in epigrafe è infondato nella sua interezza e pertanto deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e restano liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Terza Ter, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la parte ricorrente al pagamento nei confronti del C.o.n.i. e della società L.M. di C.N. & c. s.a.s. delle spese del presente giudizio, che liquida complessivamente in euro 2.000,00 (=duemila/00), da ripartirsi in parti uguali.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *