T.A.R. Lazio Roma Sez. III, 05-07-2010, n. 22468 CONCESSIONI E AUTORIZZAZIONI AMMINISTRATIVE

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo e motivi della decisione

Con il presente ricorso il Codacons, l’Associazione utenti del trasporto aereo, marittimo e ferroviario, nonché l’avv Ursini in proprio, quale passeggero di T., hanno proposto il presente ricorso avverso il decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 1612009, con il quale è stata autorizzata la riscossione coattiva, mediante ruolo, dei crediti vantati da T. s.p.a., derivanti dalla constatazione di irregolarità di viaggio a bordo dei propri treni. Sono state formulate le seguenti censure:

violazione dell’art 17 comma 3 bis del d.lgs. n° 46 del 2621999, come modificato dall’art 1 comma 151 della legge n° 244 del 24122007, eccesso di potere, carenza dei presupposti, sviamento;

difetto assoluto e insufficienza della motivazione; violazione dell’art 97 della Costituzione;

si sono costituite T. s.p.a. e il Ministero dell’Economia, contestando l’ammissibilità e la fondatezza del ricorso.

All’udienza pubblica dell’11112009 questo Tribunale disponeva adempimenti istruttori.

All’udienza del 1252010 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

In via preliminare devono essere esaminate le eccezioni di inammissibilità del ricorso proposte dalla difese di T. e dell’Amministrazione.

Tali difese sostengono il difetto di legittimazione attiva sia del Codacons che dell’Associazione utenti del trasporto aereo, marittimo e ferroviario, rispetto alla prima in quanto l’azione proposta sarebbe al di fuori dei compiti di tutela degli utenti di un servizio pubblico, rispetto alla seconda in quanto non iscritta nell’elenco di cui all’art 137 del codice del consumo, d.lgs n° 206 del 692005.

Ritiene il Collegio tali eccezioni non suscettibili di accoglimento.

L’art 139 del codice del consumo attribuisce alle associazioni dei consumatori e degli utenti, inserite nell’elenco di cui all’articolo 137, la legittimazione ad agire a tutela degli interessi collettivi dei consumatori e degli utenti. Gli interessi tutelabili in questa sede sono indicati dall’art 2 del codice: tutela della salute, sicurezza e alla qualità dei prodotti e dei servizi, adeguata informazione e ad una corretta pubblicità, esercizio delle pratiche commerciali secondo principi di buona fede, correttezza e lealtà, all’educazione al consumo, alla correttezza, alla trasparenza ed all’equità nei rapporti contrattuali, alla promozione e allo sviluppo dell’associazionismo libero, volontario e democratico tra i consumatori e gli utenti;erogazione di servizi pubblici secondo standard di qualità e di efficienza.

Il Codacons ritiene che attribuire a T. il potere autoritativo di riscossione coattiva possa condurre ad un minore standard di qualità del servizio ed una violazione della trasparenza ed equità nel rapporto contrattuale di utenza. Tale valutazione non può essere sindacata ai fini della legittimazione, rispetto alla quale può solo essere considerata in astratto l’attinenza della materia a quelle oggetto di tutela da parte del codice del consumo. T. sostiene che gli utenti, che pagano il biglietto non sono tutelati con l’azione proposta dal Codacons; tale argomentazione, peraltro, implica una valutazione sul piano dell’interesse concreto che non è richiesto ai fini della legittimazione delle associazioni di tutela del consumatore; inoltre, contrasta con la stessa impostazione proposta dalla associazione ricorrente, che contesta il provvedimento in relazione alla complessiva gestione del servizio, ad esempio alle difficoltà di acquisto del biglietto; l’attendibilità di tali circostanze non rileva ai fini di una decisione in rito sulla legittimazione ad agire.

Quanto alla legittimazione dell’Associazione degli utenti, non iscritta nell’elenco di cui all’art 137 del d.lgs n° 206, il Collegio ritiene di seguire l’orientamento giurisprudenziale, per cui la previsione dell’elenco da parte del codice del consumo non fa venir meno la possibilità per le associazioni non iscritte di agire a tutela di interessi collettivi e diffusi secondo i canoni precedentemente elaborati dalla giurisprudenza: rappresentatività, verifica dei fini statutari con l’interesse protetto, (TAR Lazio, III, n. 5108 del 2010).

Tale orientamento giurisprudenziale è stato riconosciuto anche dal Consiglio di Stato nell’adunanza plenaria n° 2 del 2007; (cfr.altresì Consiglio di stato, sez. V, 14 giugno 2007, n. 3191 rispetto ad associazioni di tutela ambientale: il giudice amministrativo può riconoscere, caso per caso, la legittimazione ad impugnare atti amministrativi a tutela dell’ambiente ad associazioni locali, purché a) perseguano statutariamente in modo non occasionale obiettivi di tutela ambientale, b) abbiano un adeguato grado di rappresentatività e stabilità e c) un’area di afferenza ricollegabile alla zona in cui è situato il bene a fruizione collettiva che si assume leso, anche se non ricomprese nell’elenco delle associazioni a carattere nazionale individuate dal Ministero dell’Ambiente ai sensi dell’art. 13 della Legge 8.7.1986, n. 349, poiché tale norma ha creato un ulteriore criterio di legittimazione che si è aggiunto e non sostituito a quelli in precedenza elaborati dalla giurisprudenza per l’azionabilità dei c.d. "interessi diffusi" in materia ambientale).

Deve invece essere dichiarata inammissibile per difetto di legittimazione l’azione proposta in questa sede dall’Avv. Ursini in proprio, quale viaggiatore di T., trattandosi di azione proposta quale cittadino portatore di un interesse semplice. Tale azione, infatti, se proposta quale utente del servizio, appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario. L’art. 33, secondo comma, lett. e), d.lgs. 31 marzo 1998 n. 80, sostituito dall’art. 7 L. n. 205 del 2000, con riferimento alle attività e alle prestazioni rese nell’espletamento di pubblici servizi, sottrae alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo "i rapporti individuali di utenza con i soggetti privati", tra i quali vanno ricompresi i rapporti relativi all’erogazione di servizi di pubblica utilità, che si sostanziano in un rapporto di contenuto negoziale e non autoritativo, in quanto relativi alla stipula di un contratto di utenza regolato dal diritto comune (cfr altresì T.A.R.Lombardia Milano, II Sez., 11 maggio 2005 n. 530; Tar Lazio Roma, sez. III ter, 20 luglio 2006, n. 6130 con riferimento alle tariffe ferroviarie rispetto al singolo utente del servizio ferroviario. T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 30 marzo 2010, n. 5108).

Altrimenti, si deve ritenere azionato un interesse semplice, proprio di ogni cittadino, rispetto al funzionamento di un servizio pubblico, quindi privo di una situazione di interesse legittimo.

Nel merito il ricorso è infondato.

L’art 17 del d.lgs. n° 46 del 2621999 prevede la riscossione coattiva mediante ruolo delle entrate dello Stato, anche diverse dalle imposte sui redditi, e di quelle degli altri enti pubblici, anche previdenziali, esclusi quelli economici. Ai sensi del secondo comma, può essere effettuata mediante ruolo affidato ai concessionari la riscossione coattiva delle entrate delle regioni, delle province, anche autonome, dei comuni e degli altri enti locali, nonché quella della tariffa di cui all’articolo 156 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (tariffa del servizio idrico integrato).

Ai sensi del comma 3bis, inserito dall’art 4 comma 117 della legge n° 350 del 24122003 e poi modificato dal comma 151 dell’art 1 della legge n° 244 del 24122007, il Ministro dell’economia e delle finanze può autorizzare la riscossione coattiva mediante ruolo di specifiche tipologie di crediti delle società per azioni a partecipazione pubblica, previa valutazione della rilevanza pubblica di tali crediti.

Dalla lettura complessiva della disposizione normativa emerge con chiarezza la volontà del legislatore di ampliare la possibilità della riscossione mediante ruolo non solo alle entrate dello Stato, ma anche a quelle di tutti gli altri soggetti pubblici (enti pubblici non economici; enti locali) direttamente in base alla previsione legislativa.

Per le società a partecipazione pubblica, è attribuito dalla legge al Ministro dell’Economia il potere discrezionale di autorizzare tale riscossione. L’unico presupposto indicato dalla norma è costituito dalla rilevanza pubblica dei crediti. Si deve evidenziare che la previsione normativa non richiede che si tratti di società che gestiscano servizi pubblici. Ne deriva che la rilevanza pubblica può essere riferita all’interesse della collettività che, ad esempio, usufruisce del servizio, quindi in relazione alla maggiore efficienza dello stesso. Ma può essere riferita, altresì, all’interesse della società pubblica alla immediata riscossione delle proprie entrate. Infatti questo costituisce l’interesse fondamentale posto alla base del sistema della riscossione coattiva ai sensi del r.d. n° 639 del 1910, che riguarda la riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato e degli altri enti pubblici, dei proventi di demanio pubblico e di pubblici servizi e delle tasse sugli affari, quindi entrate non esclusivamente di natura tributaria.

La riscossione mediante ruolo non è legata dunque al potere autoritativo dello Stato, ma alla tutela del suo interesse patrimoniale.

Con la riforma operata con il d.lgs n° 46 del 1999 in base alla delega di cui alla legge n° 337 del 2891998, la riscossione coattiva a mezzo ruolo è stata estesa anche alle entrate "patrimoniali" non tributarie degli enti locali, e cioè alle "entrate patrimoniali" non aventi carattere tributario o pubblicistico, ma derivanti da relazioni giuridiche ed economiche di tipo contrattuale.

Dopo la riforma, il ruolo viene a costituire il mezzo privilegiato per la riscossione delle entrate di tutte le Amministrazioni pubbliche.

Anche per le società a partecipazione pubblica si deve ritenere possibile l’estensione del ruolo secondo quanto previsto per gli altri enti, previa valutazione e motivazione circa la rilevanza pubblica del credito.

La motivazione circa la rilevanza pubblica del credito può riguardare vari fattori, dalla tutela della finanza pubblica alla natura pubblica del soggetto.

In un ambito ampio e diversificato di soggetti comunque riconducibili ad un soggetto pubblico (è sufficiente far riferimento al concetto di organismo di diritto pubblico derivante dal diritto comunitario in materia di gare di appalto) la valutazione della rilevanza pubblica del credito non può poi avere un contenuto restrittivo.

Sostiene la difesa ricorrente che tale valutazione sarebbe stata del tutto omessa nel caso di specie.

Tale censura non è suscettibile di accoglimento. Il provvedimento impugnato fa riferimento, ai fini della individuazione della rilevanza pubblica del credito, in primo luogo all’esercizio dell’attività di trasporto passeggeri. Inoltre, per relationem, richiama la nota della Ragioneria generale dello Stato e la richiesta di T.. Tali atti sono stati acquisiti a seguito di istruttoria di questo Tribunale.

La nota della Ragioneria si riferisce alla natura di pubblico servizio del servizio ferroviario e, altresì, al favor della norma per la estensione della riscossione mediante ruolo a tutte le entrate pubblicistiche.

Tali argomentazioni non possono ritenersi né illogiche né irragionevoli in relazione all’ampia discrezionalità attribuita dalla norma del comma 3 bis dell’art. 17 al Ministro dell’Economia.

Tale discrezionalità non può dirsi esercitata in maniera irragionevole. Infatti, anche per altre società a partecipazione pubblica è stata di recente autorizzata la riscossione mediante ruolo.

Solo a fini esemplificativi è sufficiente fare riferimento al D.M. 4 febbraio 2008 con il quale è stata autorizzata la riscossione coattiva mediante ruolo dei crediti vantati dall’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.a. (già Sviluppo Italia S.p.a.), per il recupero dei contributi erogati, in caso di revoca delle agevolazioni concesse.

Ne deriva l’infondatezza delle censure di eccesso di potere.

Il fine di "fare cassa" denunciato dalla difesa ricorrente, non costituisce, infatti, uno sviamento di potere, ma esattamente il fine per cui tale potere è attribuito dall’ordinamento e soprattutto è alla base del sistema della riscossione mediante ruolo che tutela le entrate dello Stato. A ritenere altrimenti, del resto non sarebbe giustificata neppure la previsione del ruolo per le entrate dello Stato, di carattere non tributario.

La difesa ricorrente solleva, altresì, la questione di legittimità costituzionale del comma 3 bis dell’art 17 della legge n° 46 del 1999

Ritiene il Collegio la questione manifestamente infondata.

L’attribuzione di un potere discrezionale al Ministro dell’Economia di autorizzare la riscossione mediante ruolo alle società a partecipazione pubblica in relazione alla rilevanza pubblica del credito, quindi non per entrate esclusivamente privatistiche, ma in relazione alla gestione di un servizio pubblico, a particolari obblighi di servizio pubblico, al recupero di contributi agevolati, non può ritenersi né in violazione del principio di uguaglianza né del buon andamento dell’Amministrazione. E’ evidente che se mai favorisce il buon andamento dell’Amministrazione, trattandosi di entrate che possono alimentare la gestione di servizi pubblici o comunque le finanze pubbliche, considerato il Ministero dell’Economia quale possessore delle azioni delle società a partecipazione pubblica. Inoltre, quanto alla violazione del principio di uguaglianza, questa varrebbe anche per le entrate patrimoniali dello Stato e degli altri enti pubblici.

La riscossione coattiva mediante ruolo non ha per presupposto una entrata di carattere tributario, ma entrate patrimoniali dello Stato. Nella attuale configurazione pluralista della Amministrazione pubblica non vi è ragione per ritenere che non possa essere estesa ad alcuni ambiti e soggetti pubblici diversi dallo Stato, e indipendentemente dalla natura giuridica posseduta. E’ nota, infatti, la rilevanza che soggetti aventi una natura giuridica privata possono avere ai fini dell’applicazione di norme relative alla Amministrazione pubblica.

È sufficiente a tal fine ricordare i commi da 25 a 29 dell’art 3 del d.lgs n° 163 del 1242006, per cui le "amministrazioni aggiudicatrici" sono: le amministrazioni dello Stato; gli enti pubblici territoriali; gli altri enti pubblici non economici; gli organismi di diritto pubblico; le associazioni, unioni, consorzi, comunque denominati, costituiti da detti soggetti.

Ne deriva la manifesta infondatezza della sollevata questione di legittimità costituzionale.

Il ricorso è quindi infondato e deve essere respinto.

Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese processuali

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo regionale del Lazio, sezione III, respinge il ricorso in epigrafe. Dichiara inammissibile l’impugnazione proposta dall’avv. Ursini.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 maggio 2010 con l’intervento dei Magistrati:

Domenico Lundini, Presidente FF

Giuseppe Sapone, Consigliere

Cecilia Altavista, Primo Referendario, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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