Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 09-03-2011) 31-03-2011, n. 13342 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

o dei ricorsi.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con la impugnata sentenza il Tribunale di Milano ha applicato a A.G. e P.L., ai sensi dell’art. 444 c.p.p., la pena stabilita dall’accordo delle parti, oltre a disporre la confisca della sostanza stupefacente e dell’auto in sequestro, quali imputati del reato di cui agli artt. 110 e 81 cpv. c.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1 bis, lett. a), loro ascritto per avere illecitamente trasportato e detenuto 500 grammi di sostanza stupefacente del tipo cocaina, non destinata ad uso personale, che era stata occultata in parte all’interno di un pannello laterale di un’auto nella disponibilità degli imputati e in parte all’interno della leva del cambio.

Avverso la sentenza hanno proposto ricorsi il difensore dell’ A. ed il P. di persona.

Con un unico, articolato, mezzo di annullamento la difesa dell’imputato A. denuncia carenza di motivazione della sentenza in ordine alle ragioni per le quali il giudice di merito non ha ritenuto applicabile il disposto di cui all’art. 129 c.p.p..

Si denuncia inoltre, per violazione del D.L. n. 306 del 1992, art. 12 sexies e vizi di motivazione, la disposta confisca dell’auto.

Si deduce, in sintesi, che nel caso in esame non sussistevano i presupposti per disporre la confisca dell’autoveicolo, non risultando che lo stesso fosse stato appositamente modificato per essere adibito al trasporto o deposito dello stupefacente.

Si osserva inoltre che nel caso in esame non sussiste uno specifico legame strutturale e non meramente occasionale tra la res ed il reato che ne giustificasse il sequestro e la successiva confisca ai sensi dell’art. 240 c.p., da applicarsi analogicamente anche nelle ipotesi di confisca D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 100.

Con un unico mezzo di annullamento il ricorrente P. denuncia la inutilizzabilità della prova acquisita all’esito della perquisizione dell’auto che era nella disponibilità dell’imputato in quanto eseguita a seguito di una segnalazione anonima circa la presenza della sostanza stupefacente.

I ricorsi sono manifestamente infondati.

Secondo il consolidato indirizzo interpretativo di questa Suprema Corte, nell’ipotesi di pronuncia ai sensi dell’art. 444 c.p.p., per soddisfare l’obbligo di motivazione, con riferimento alla mancata applicazione dell’art. 129 c.p.p., è sufficiente l’enunciazione – anche implicita – che è stata effettuata la verifica richiesta dalla legge e che non ricorrono le condizioni per una pronuncia di proscioglimento ai sensi della disposizione citata (sez. 1^, 27.1.1999 n. 752, Forte, RV 212742; sez. un. 27.9.1995 n. 10372, Serafino, RV 202270).

Inoltre, la verifica demandata al giudice può condurre al proscioglimento dell’imputato solo se le risultanze processuali siano tali da rendere evidente l’esistenza di una delle cause di non punibilità previste dalla norma, senza la necessità di alcun approfondimento probatorio (sez. un. 22.2.1999 n. 3, Messina, RV 212437).

Peraltro, la sentenza emessa ai sensi dell’art. 444 c.p.p. può formare oggetto di controllo in sede di legittimità, in relazione alla mancata applicazione dell’art. 129 c.p.p., solo se dal testo della stessa sentenza appaia evidente la sussistenza di una delle condizioni previste dalla disposizione citata (sez. 1^, 17.6.1991 n. 2742, Scupola, RV 188377; sez. 3^, 18.6.1999 n. 2309, Bonacchi, RV 215071), mentre le parti non sono legittimale a mettere in discussione mediante il ricorso i fatti su cui si fonda l’accordo (sez. 1^, 14.3.1995 n. 1549, Sinfisi, RV 201160).

Nel caso in esame il giudice di merito ha dato atto nella sentenza di avere effettuato la richiesta verifica della inesistenza di cause di proscioglimento ex art. 129 c.p.p., mentre la doglianza della difesa del ricorrente A. è del tutto generica ed appare comunque sprovvista della necessaria concretezza per una declaratoria immediata di non punibilità.

Con riferimento alla confisca dell’auto deve essere inoltre rilevato che la stessa è stata disposta ai sensi del D.L. n. 306 del 1992, art. 12 sexies convertito in L. n. 356 del 1992.

Orbene, la sentenza risulta puntualmente motivata in ordine al fatto che la predetta auto era nella disponibilità degli imputati e che il valore della stessa risulta del tutto sproporzionato alla capacità reddituale di entrambi gli imputati, i quali risultano disoccupati.

Le argomentazioni della difesa del ricorrente A., in ordine alla assenza di un nesso di strumentatila necessaria tra l’automezzo ed il reato, risultano, pertanto, del tutto inconferenti in relazione alle ragioni che hanno giustificato l’applicazione, peraltro obbligatoria, della misura di sicurezza patrimoniale.

Nè risulta che gli imputati abbiano dimostrato nella sede di merito l’appartenenza a terzi del mezzo di trasporto.

E’ altresì manifestamente infondato il motivo di gravame dedotto dal P..

L’affermazione che gli organi della GG.FF. hanno proceduto alla perquisizione a seguito di una segnalazione anonima risulta meramente assertiva.

In ogni caso, il D.P.R. n. 309 del 1990, art. 103, comma 2, consente agli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria di procedere in ogni luogo al controllo e all’ispezione dei mezzi di trasporto nel corso delle attività di prevenzione e repressione del traffico illecito di stupefacenti sulla base di qualsiasi elemento che faccia ritenere che possono essere rinvenute sostanze psicotrope o stupefacenti, nonchè, in caso di particolare necessità e urgenza, a perquisizioni anche senza l’autorizzazione del magistrato competente (comma 3).

Inoltre la sostanza stupefacente, costituendo corpo del reato, di cui peraltro è illecita la detenzione, deve essere necessariamente sequestrata indipendentemente dalla legittimità della attività di controllo o della perquisizione, (sez. 4^, 5.1.2006 n. 150, D’Ambrosio, RV 232793).

Infine, gli imputati, accedendo al rito dell’applicazione della pena sull’accordo della parti, hanno implicitamente rinunciato a far valere qualsiasi causa di invalidità del materiale probatorio su cui è fondata la notizia di reato.

I ricorsi, pertanto, devono essere dichiarati inammissibili ai sensi dell’art. 606 c.p.p., u.c..

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p. segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma alla Cassa delle Ammende.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento della somma di Euro 1.500,00 ciascuno alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *