T.A.R. Lazio Roma Sez. III ter, 05-07-2010, n. 22499 TELEFONI

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo

Premette il ricorrente, abbonato telefonico con rapporto intrattenuto con la società T.I. s.p.a., di avere esperito nei confronti di quest’ultima il tentativo di conciliazione di cui agli artt. 3 e segg. dell’All. A alla delibera n. 182/02/CONS dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni – d’ora in poi, Agcom – con istanza rivolta al Comitato Regionale per le Comunicazioni presso il Consiglio Regionale dell’Emilia Romagna (Co.re.com), e che, fallito tale tentativo, ha chiesto che fosse l’Agcom a definire la controversia in atto, formulando le seguenti richieste, affinché T.I. fosse obbligata a:

1) offrire agli abbonati di rete fissa almeno una modalità gratuita di pagamento della bolletta;

2) ripristinare immediatamente la riscossione per contanti senza aggravio di spese, sia direttamente che tramite sostituti;

3) rimborsare agli abbonati di rete fissa le spese sostenute per il pagamento delle bollette con aggravio di spese a partire dal 1° gennaio 2002 secondo criteri di equità e correttezza.

Il sig. C., con il ricorso in epigrafe, ha impugnato, dunque, la delibera 21/06/CIR con cui è stata definita la controversia insorta con il rigetto delle richieste come sopra formalizzate, deducendo, al riguardo:

I – Con riferimento alle domande nn. 1 e 2 precisate nella memoria – istanza in luogo di comparizione del 24.1.2005: 1) violazione dell’art. 33, d.m. 8.5.1997, n. 197; violazione e falsa applicazione dell’art. 218, co. 1, d.lgs. 1°.8.2003, n. 259. 2) violazione degli artt. 1498, co. 3 e 1182, co.3, c.c. e 693, c.p.; violazione e falsa applicazione dell’art. 1562, co. 2, c.c. e conseguente violazione degli artt. 1 e 8 delle disposizioni sulla legge in generale.

II – Con riferimento alla domanda n. 3 contenuta nella memoria – istanza del 24.1.2005: travisamento del contenuto e della portata della domanda; violazione dell’art. 118, co. 4, Cost.; violazione dell’art. 18, co. 1, d.P.R. n. 318 del 1997; difetto istruttorio e violazione dell’art. 14, co. 2, lett. a), Regolamento di procedura sotto vari profili; travisamento della domanda e delle ragioni poste a suo fondamento sotto diverso profilo, difetto istruttorio, illogicità manifesta.

III – Con riferimento al provvedimento nel suo complesso: violazione dell’art. 15, co. 1, Regolamento di procedura n. 182/02/CONS e 1, co. 1, e 10bis della legge 7.8.1990, n. 241.

Conclude il ricorrente, chiedendo l’annullamento dell’impugnata delibera.

Si è costituita in giudizio l’Avvocatura Generale dello Stato in difesa della intimata Agcom, senza spiegare scritti difensivi o depositare documenti.

Si è costituita, altresì, la pure intimata T.I. S.p.a. che ha eccepito l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso.

In vista della discussione della causa in pubblica udienza, sia il ricorrente che la società resistente hanno depositato memorie conclusionali.

In data 5 marzo l’Agcom ha depositato una relazione ed il provvedimento impugnato.

Alla pubblica udienza dell’11 marzo 2010 il difensore di parte ricorrente ha chiesto lo stralcio dagli atti del giudizio dei documenti depositati in data 5 marzo 2010 dall’Agcom; al termine della discussione orale, il Collegio ha trattenuto la causa a sentenza.

Motivi della decisione

In via preliminare, dispone il Collegio lo stralcio degli atti depositati in giudizio dalla resistente Agcom in data 5 marzo 2010, in accoglimento di espressa istanza al riguardo formulata dalla parte ricorrente.

Come noto, ai sensi dell’art. 23, comma 4, legge 1034/1971, le parti possono produrre documenti fino a venti giorni liberi anteriori al giorno fissato per l’udienza e presentare memorie fino a dieci giorni; i termini ivi indicati sono dimidiati dal successivo art. 23 bis, nei giudizi aventi ad oggetto, tra l’altro, i provvedimenti adottati dalle autorità amministrative indipendenti., quale quello in esame.

Ritiene il Collegio che le memorie e i documenti, depositati in giudizio oltre i termini fissati dall’art. 23, comma 4, sopra, citato, non possono essere valutati agli effetti della decisione ove manchi l’esplicito consenso della controparte alla produzione tardiva.

Ed invero, i termini in questione sono posti a presidio della piena salvaguardia del contraddittorio, oltre che dell’ordinato svolgimento del giudizio, quale espressione del principio dell’equo processo, che comporta la necessità che non solo le parti, ma anche il Giudice sia messo in condizione di conoscere degli atti processuali con congruo anticipo rispetto al passaggio in decisione della causa (cfr. Cons. di Stato, Sez. IV, sent. n. 6586 del 27.10.2009).

Nel caso che ne occupa, pertanto, le parti avevano la facoltà di produrre in giudizio documenti fino a dieci giorni liberi anteriori l’11 marzo 2010 – data fissata per l’udienza – e memorie fino a cinque giorni, dal che consegue la tardività del deposito effettuato solo il 5 marzo, oltre i dieci giorni di legge, della relazione sui fatti di causa, in cui sono, peraltro, contenute anche eccezioni e controdeduzioni, e del provvedimento impugnato che, in quanto provenienti direttamente dal’Agcom, e non per il tramite dell’Avvocatura erariale, sono da considerarsi entrambi documenti.

Sempre in via preliminare, deve essere rilevata l’inammissibilità della eccezione di nullità della delibera impugnata per carenza assoluta di potere ai sensi dell’art. 21 septies, legge n. 241/1990, contenuta nella memoria esplicativa depositata in data 5 marzo 2010 dalla resistente T.I..

Osserva il Collegio che con tale eccezione la controinteressata non mira alla conservazione degli effetti del provvedimento impugnato, il cui contenuto è per la medesima favorevole, essendo stata rigettata l’istanza del ricorrente, né si limita ad evidenziare l’impossibilità di un esame nel merito del ricorso che, ove favorevolmente considerato, condurrebbe all’eliminazione dal mondo giuridico dello stesso atto, ma si caratterizza per una marcata autonomia dell’interesse alla proposizione della eccezione, in quanto tesa a confutare la stessa sussistenza del potere dell’Agcom ad emettere una decisione preventiva – di qualunque segno – in ordine alla controversia de qua.

Non può, dunque, essere fatta valere la nullità del provvedimento in via d’eccezione dalla parte controinteressata che avrebbe, invece, dovuto proporre nei termini di legge apposito ricorso incidentale, nella logica del simultaneus processus di cui all’art. 333 c.p.c., la cui previsione è introdotta anche nel rito amministrativo.

Passando all’esame del ricorso, il Collegio ritiene di potere prescindere dall’esame delle eccezioni di inammissibilità dello stesso, pure sollevate dalla resistente T.I. S.p.a, stante l’infondatezza nel merito dell’azionato mezzo.

Con il primo motivo, lamenta il ricorrente come non sia stato tenuto in conto della sopravvivenza, anche dopo l’entrata in vigore del codice delle comunicazioni, di quanto previsto dall’art. 33, d.m. 8.5.1997, n. 197, adottato in attuazione dell’art. 283 del d.P.R. 156/1973 in materia di abbonamento di servizio, con ogni effetto in ordine all’obbligo di T.I. di consentire il pagamento delle bollette telefoniche senza costi aggiuntivi per gli utenti mediante l’utilizzo delle casse automatiche.

Il motivo non ha pregio.

Come correttamente esposto dall’Agcom, nella parte motiva dell’impugnato provvedimento, l’art. 218, comma 1, lett. s), d.lgs. 259 del 2003 – recante il codice delle comunicazioni elettroniche – ha espressamente abrogato, tra gli altri, l’art. 283 del d.P.R. 156/1973, che rinviava a regolamento di servizio da approvarsi con decreto del Ministro per le poste e le telecomunicazioni le norme e condizioni da applicarsi alle richieste di abbonamento telefonico.

Ritiene il Collegio che l’abrogazione espressa della norma delegante il potere regolamentare abbia travolto, inevitabilmente, sia pure in modo tacito, anche la normativa di rango secondario emanata in attuazione della prima, in quanto non sussiste più alcuna compatibilità tra le nuove disposizioni dettate dal codice delle telecomunicazioni e le disposizioni precedenti; in altri termini, poiché l’applicazione della anteatta normativa si porrebbe in una contraddizione tale con i principi introdotti dalla successiva normativa, da renderne impossibile l’osservanza, è dalla vigenza della nuova normativa che deriva la necessaria disapplicazione delle norme precedenti, aventi, peraltro, un rango inferiore nell’ambito della gerarchia delle fonti.

Deve essere, al riguardo, rilevato che a rendere impossibile la contemporanea vigenza del regolamento la cui applicazione è invocata dalla parte ricorrente è lo stesso contesto in cui deve essere inquadrato il codice delle comunicazioni del 2003, che ha abrogato il Libro IV del testo unico del 1973, parte in cui erano raccolte le disposizioni di rango primario inerenti il servizio di telecomunicazioni.

Come osservato anche dalla resistente T.I., con il codice del 2003 il legislatore delegato ha proceduto al complessivo riassetto delle disposizioni vigenti in materia conseguenti al recepimento delle direttive 2002/19/CE, 2002/20/CE, 2002/21/CE e 2002/22/CE, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, e della direttiva 2002/77/Ce della Commissione del 16 settembre 2002, (c.d. direttiva accesso; direttiva autorizzazioni; direttiva quadro; direttiva servizio universale; direttiva concorrenza nei mercati delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica), recanti la liberalizzazione del settore delle telecomunicazioni in modo da costituire un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica, informati ai principi indicati nella legge di delega n. 166 del 2002.

Da quanto sopra deriva che è tutta la normativa previgente, anche di rango secondario, a non essere più compatibile con il rinnovato quadro regolante il settore, ove la società T.I. ha perso il ruolo di gestore del servizio in regime di monopolio, dovendo, ormai, essere garantiti i diritti inderogabili di libertà delle persone nell’uso dei mezzi di comunicazione elettronica, nonché il diritto di iniziativa economica ed il suo esercizio in regime di concorrenza nello stesso settore delle comunicazioni elettroniche (art. 3, d.lgs. 253/2003).

L’esame delle norme recanti gli obblighi degli operatori ed i diritti degli utenti finali non consente di evincere la perdurante sussistenza dell’obbligo, come richiesto dal ricorrente, relativamente alla previsione anche di modalità gratuite di pagamento delle bollette telefoniche, che, peraltro, siccome originariamente prevista solo nei riguardi dell’operatore che all’epoca era il monopolista, nemmeno potrebbe trovare estensione nei confronti degli altri operatori, ora entrati nel mercato della telefonia, anche fissa.

Ed invero, dall’esame dell’art. 70 del codice delle comunicazioni, che, nell’individuare il diritto dei consumatori, nel caso in cui si abbonano a servizi che forniscono la connessione o l’accesso alla rete telefonica pubblica, di stipulare contratti con una o più imprese che forniscono detti servizi, non è dato inferire che tra gli elementi che detti contratti devono necessariamente contenere sia da ricondurre anche la previsione di particolari modalità di pagamento.

Deve, invece, ritenersi lasciata all’autonomia negoziale degli operatori la determinazioni delle condizioni economiche derivanti dai contratti di utenza, purché la stessa sia rispettosa e non travalichi i principi di obiettività, trasparenza, non discriminazione e proporzionalità enunciati dall’art. 53, codice delle comunicazioni elettroniche.

Del resto, come pure evidenziato dalla resistente società T.I., l’Agcom, con delibera n. 173/03/CSP, recante la direttiva generale in materia di qualità e carte dei servizi di telecomunicazioni – richiamata nelle premesse del provvedimento impugnato, ma incontestata dal ricorrente – ha stabilito che il singolo operatore determina le modalità di pagamento delle fatture, ferma rimanendo l’indicazione di quelle prescelte nella documentazione di fatturazione.

Con il secondo motivo il ricorrente ritiene che l’obbligo della T.I. di assicurare il pagamento delle fatture al domicilio della stessa ed in numerario, deriverebbe, comunque, nel silenzio dell’art. 14 delle Condizioni generali di abbonamento, dal combinato disposto degli artt. 1498, co. 3, c.c., in materia di vendita e 693, c.p., che punisce chiunque rifiuti di ricevere, per il loro valore, monete aventi corso legale nello Stato.

Anche questa censura non coglie nel segno, per assoluta inconferenza al caso che ne occupa della normativa sopra richiamata.

Per univoca giurisprudenza il contratto di utenza telefonica, che va inquadrato nello schema giuridico del contratto di somministrazione, rientra nella categoria dei cosiddetti contratti per adesione, dai quali differisce perché lo schema non è predisposto soltanto dalla società concessionaria, ma è in parte direttamente fissato da provvedimenti legislativi o amministrativi (cfr. Cass. SS. UU. 29.11.1978, n. 5613; Cass. 2.12.2002, n. 17041; Cass. 28.5.2004, n. 10313).

Come sopra già accennato, il vigente codice delle comunicazioni elettroniche espressamente individua il contenuto minimo del contratto di abbonamento telefonico (art. 70, d.lgs. 259 del 2003), per garantire ai consumatori condizioni minimi inderogabili di un contratto, che non può non mantenere, altrettanto, inderogabilmente lo schema del contratto di somministrazione, unico compatibile con l’abbonamento ai servizi ovvero con il "contratto di fornitura del servizio" e con il mantenimento dei servizi minimi garantiti dalla legge.

Se la tutela che il legislatore ha ritenuto di riconoscere ai consumatori non comprende, espressamente tra le condizioni minime, anche la forma di pagamento gratuita, questa è facoltà che deve essere riconosciuta al singolo operatore, che, nell’ambito della proprie offerte, potrà valutare l’opportunità, con considerazioni di carattere squisitamente commerciali, di prevederne, o meno.

Del resto, sul punto, la T.I. ha precisato di avere messo a disposizione dei propri clienti, quali modalità di pagamento alternative al conto corrente postale, talune modalità di pagamento gratuite, quali il Pag@online, il Pagocard, ovvero, la domiciliazione delle bollette telefoniche su c/c bancario, addivenendo, in tal modo, agli strumenti di pagamento tra i più diffusi ed utilizzati.

Con il terzo capo di impugnativa, il ricorrente lamenta come sia stata travisata la domanda relativa al rimborso agli abbonati di rete fissa delle spese sostenute per il pagamento delle bollette dal 1°.1.2002 ad attualità, secondo criteri di equità e correttezza, da considerarsi, dunque, riferita anche al ricorrente quale utente finale del servizio, e, comunque, da considerarsi non quale restituzione, ma quale richiesta risarcitoria nei confronti di Telecom per gli oneri di transazione illecitamente addossati al medesimo, come ad altri utenti, in difetto della predisposizione del servizio di riscossione gratuita cui invece sarebbe tenuta.

La censura è infondata sotto diversi profili.

Nessun travisamento, invero, è dato rinvenire nel provvedimento impugnato tra quanto oggetto di istanza e quanto sul punto deciso dall’Agcom, alla stregua della piana lettura delle conclusioni contenute nella memoria del 24 gennaio 2005, effettuata in luogo della comparizione, ove è, testualmente, richiesto: "1 – Offrire agli abbonati di rete fissa almeno una modalità gratuita di pagamento della bolletta; 2- Ripristinare immediatamente la riscossione per contanti senza aggravio di spese, sia direttamente che tramite sostituiti; 3 – Rimborsare agli abbonati di rete fissa le spese sostenute per il pagamento delle bollette dal 1.1.2002 ad attualità, secondo criteri di equità e correntezza".

La terminologia ivi utilizzata, il cui significato giuridico è univoco, non dà adito a difficoltà interpretative circa il contenuto e la portata delle domande avanzate, che sono state, senz’altro, impropriamente estese tout court agli abbonati di rete fissa, e non correttamente formalizzate in termini di risarcimento del danno.

Pertanto, nessun appunto può essere mosso al provvedimento impugnato, ove è correttamente evidenziato come non siano ammissibili azioni tese a far valere interessi diffusi da parte di chi non ne ha la titolarità, ed ha, altrettanto correttamente, rilevato l’insussistenza di un illecito arricchimento da parte di T.I. in ordine agli oneri di riscossione versati dagli utenti per il pagamento delle bollette tramite sostituti, che hanno, invece, incassato il relativo costo.

Peraltro, anche a volere ridimensionare le richieste formulate dal ricorrente in aderenza a quanto precisato con il ricorso, non può non rilevarsi come le azionate domande siano comunque da rigettare alla stregua delle considerazioni svolte in merito al primo capo di impugnativa, cui si fa integrale rinvio, non sussistendo alcun obbligo giuridicamente rilevante per T.I. di individuazione di una modalità gratuita di pagamento delle bollette telefoniche; a quanto da ultimo rilevato, accede, per altrettanto, l’infondatezza della richiesta risarcitoria, non avendo violato T.I. alcun obbligo contrattuale, né, tampoco, normativo.

Con un ultimo mezzo, il ricorrente lamenta la violazione delle regole procedurali relative alle controversie insorte tra utenti e organismi di telecomunicazione, sotto i seguenti profili: non è stata consentita l’audizione nella sede di residenza (Bologna) mentre invece è stato convocato a Napoli per l’udienza del 1°.2.2005; il procedimento non si è concluso nel termine di novanta giorni dal ricevimento della richiesta; è stata omessa la comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza a norma dell’art. 10bis, legge 241/1990.

L’art. 14, della delibera 182/02/CONS, recante il regolamento delle controversie insorte nei rapporti tra organismi di telecomunicazione ed utenti, dispone che sia il Direttore del Dipartimento a fissare, tra l’altro, il luogo dell’udienza di definizione della controversia, e non che questo debba essere individuato sulla base della richiesta delle parti; peraltro, il successivo art. 15, prevede che le parti compaiano "personalmente o a mezzo del rappresentante legale o di persona munita di procura speciale", così garantendo la più ampia partecipazione possibile, anche a mezzo di un procuratore individuato ad hoc, nei casi di impedimento a recarsi personalmente in udienza. E’, altresì, prevista la possibilità di presentare memorie e documenti, in vista dell’udienza di discussione, e, comunque, a mente dell’art. 16, la mancata comparizione di una delle parti, anche attraverso scritti, non può essere interpretata come accettazione delle ragioni della controparte.

Nel caso di specie, la circostanza che l’udienza si sia tenuta presso la sede dell’ufficio competente a dirimere la controversia non ha fatto venir meno le garanzie difensive riconosciute dalle norme esaminate, in quanto il ricorrente è stato, comunque, nelle condizioni di far valere le proprie ragioni, sia pure attraverso memoria scritta, e di ciò è dato pienamente atto nelle premesse del provvedimento impugnato, di talché non si è verificata alcuna violazione della procedura prevista che possa essersi riverberata in danno del ricorrente medesimo.

Quanto al mancato rispetto del termine di novanta giorni, previsto dall’art. 15, delibera 182/02/CONS in esame, per la definizione della controversia, ritiene il Collegio che, in assenza di espressa previsione circa la perentorietà dello stesso termine, questo deve essere considerato ordinatorio.

Ed invero, nessuna ragione induce a propendere per una diversa interpretazione, attesa la ratio del particolare strumento – definizione delle controversie innanzi all’Autorità – che, al contrario del tentativo di conciliazione, non è obbligatoria, ma è lasciata alla libera scelta delle parti, o anche del solo utente, prima di intraprendere la via giurisdizionale.

A conferma di quanto sopra concorre, del resto, la successiva normativa emanata dalla Autorità che, con la delibera n. 173/07/CONS, nell’approvare il nuovo regolamento sulle procedure di risoluzione delle controversie tra operatori di comunicazione e utenti, ha espressamente qualificato il termine per la conclusione del relativo procedimento come ordinatorio.

Infine, nemmeno ha pregio la denunciata violazione delle norme sul procedimento amministrativo, ed, in particolare, di quella relativa al preavviso di rigetto, atteso che, nel caso di specie, si tratta non di un qualunque procedimento amministrativo, ma di una particolare procedura paragiurisdizionale volta alla composizione preventiva della lite, in funzione deflattiva del contenzioso giurisdizionale, per il cui svolgimento la legge (ed, in specie, l’art. 1, comma 11, della legge 31 luglio 1997, n. 249) ha previsto la riserva in capo all’Agcom della disciplina delle modalità per la soluzione non giurisdizionale delle controversie che possono insorgere fra utenti o categorie di utenti ed un soggetto autorizzato o destinatario di licenze oppure tra soggetti autorizzati o destinatari di licenze tra loro.

Ne consegue che legittimamente l’Agcom ha applicato alla procedura conclusa con l’impugnato provvedimento delle speciali norme contenute nella deliberazione 182/02/CONS, recante il regolamento per la risoluzione delle controversie in parola, vigente all’epoca della definizione di quella insorta tra il ricorrente e la società Telecom.

Osserva il Collegio, ad abundantiam, che con il citato regolamentoperaltro, non impugnato dal ricorrente – sono stati previsti adeguati strumenti partecipativi delle parti nell’ambito delle risoluzioni delle controversie, senza che, dunque, possa ritenersi necessario il ricorso alle generali norme sul procedimento amministrativo in funzione suppletiva.

In conclusione, il ricorso, rivelatosi infondato, deve essere respinto.

La particolarità della fattispecie trattata è causa per disporre l’integrale compensazione delle spese tra le parti del giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione III ter, ai sensi dell’art. 23 bis, co. 6, L. 1034/71, respinge il ricorso indicato in epigrafe.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 marzo 2010 con l’intervento dei Magistrati:

Maria Luisa De Leoni, Presidente FF

Donatella Scala, Consigliere, Estensore

Giulia Ferrari, Consigliere

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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