Cass. civ. Sez. V, Sent., 24-06-2011, n. 13946 Imposta valore aggiunto

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La società Scarpino Salvatore & C. s.n.c.. ricorreva avverso l’avviso di mora recante l’iscrizione a ruolo per Iva, oltre interessi; eccepiva la mancata notifica della pregressa cartella di pagamento e, nel merito, deduceva di aver chiuso la dichiarazione IVA 1992 con un credito derivante dalla normativa prevista per gli autotrasportatori. Con successiva memoria il contribuente insisteva per l’annullamento dell’atto impugnato per intervenuta decadenza dell’azione rettificatrice, non essendo stato l’avviso di pagamento notificato entro il quarto anno successivo a quello in cui era stata presentata la dichiarazione IVA. L’ufficio, costituitosi, assumeva la regolarità della notifica.

La Commissione Tributaria Provinciale rigettava il ricorso.

Contro tale sentenza la contribuente proponeva appello ribadendo le proprie eccezioni; l’ufficio resisteva.

La Commissione Tributaria Regionale accoglieva l’appello con la sentenza di cui in epigrafe.

Avverso tale ultima decisione l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione articolato su due motivi; l’intimata non ha controdedotto.

Motivazione:

1. Con il primo motivo del ricorso l’Agenzia delle Entrate denuncia la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, per non avere il giudice a quo rilevato d’ufficio che l’eccezione di decadenza del potere impositivo esercitato dall’ufficio era stata sollevata per la prima volta in appello.

1.1 La censura è inammissibile.

L’impugnata sentenza nello "Svolgimento del processo" afferma, con riferimento al primo grado del giudizio: "Con successive memorie il contribuente insisteva per l’annullamento dell’atto impugnato per decadenza dell’azione rettificativi dell’ufficio atteso che l’avviso di pagamento doveva essere notificato entro i l 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui era stata presentata la dichiarazione IVA"; e, con riferimento al secondo grado, introdotto dalla società contribuente: "Essenzialmente la società contestava … riproponendo la stessa eccezione di decadenza dell’azione rettificativi dell’ufficio atteso che .." 1.2 Da tanto deriva l’inammissibilità della censura in esame con la quale il ricorrente fa valere una mancata pronuncia da parte del giudice dell’appello – quella sulla tardività di un’eccezione proposta per la prima volta in appello – fondata su di un dato (la tardività dell’eccezione) che si pone in evidente contrasto con quanto riportato dalla sentenza stessa. Viene infatti a mancare il fondamento stesso della censura svolta (per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57), censura che al più – ed esclusivamente nell’ipotesi in cui si ritenesse la sentenza d’appello frutto di un errore di fatto per avere giudice dell’appello supposto un fatto (la proposizione già in primo grado dell’eccezione di decadenza) la cui verità è incontrastabilmente esclusa – avrebbe potuto eventualmente legittimare la proposizione dell’istanza di revocazione, ai sensi dell’art. 395 cod. proc. civ., n. 4. 2. L’inammissibilità di tale motivo rende assorbito il secondo motivo, con il quale si denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26 del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 18 del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57 e D.L. n. 151 del 1991, art. 10, conv. in L. n. 202 del 1991. 3. Nessun provvedimento deve essere adottato in ordine alle spese del giudizio di legittimità atteso che l’intimato non ha svolto attività difensiva.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il primo motivo, assorbito il secondo.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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