Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 15-02-2011) 31-03-2011, n. 13317

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.-. Con sentenza in data 29-3-07 il Tribunale di Lamezia Terme ha dichiarato M.P. colpevole dei reati di corruzione e falso in atto pubblico a lui ascritti ai capi A) e C) della rubrica e B.A. colpevole del reato di corruzione a lui ascritto sub D) e, con le attenuanti generiche prevalenti e la diminuente del rito abbreviato, ha condannato il primo alla pena di anni uno di reclusione ed il secondo alla pena di mesi dieci di reclusione, con risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile, da liquidarsi in separata sede, concedendo loro entrambi i benefici di legge e dichiarando condonata la pena loro inflitta.

Con la stessa sentenza il Tribunale ha dichiarato non doversi procedere nei confronti degli imputati in riferimento al reato di cui agli artt. 476 e 479 c.p. di cui al capo B) della rubrica perchè estinto per prescrizione.

Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello di Catanzaro, in riforma della suindicata decisione, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di M.P. e B. A. anche in ordine ai reati loro rispettivamente ascritti sub A), C) e D) per intervenuta prescrizione, confermando nel resto e condannando i predetti alla rifusione delle spese parte civile, liquidate come da dispositivo.

2.-. Avverso quest’ultima sentenza hanno proposto ricorso per cassazione, tramite i rispettivi difensori, M. e B..

M. deduce:

Vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sua partecipazione al delitto di cui all’art. 319 c.p..

In particolare la Corte di Appello, in violazione dell’art. 578 c.p.p., si sarebbe limitata a rinviare acriticamente alla sentenza di primo grado, omettendo di considerare alcune circostanze decisive, che, ove esaminate, avrebbero condotto ad una decisione assolutoria (il mancato vaglio con il necessario rigore in punto di attendibilità intrinseca ed estrinseca delle dichiarazioni del teste P.; il mancato accertamento in ordine alla natura dell’incontro intervenuto tra M., B. ed A. ed al contenuto dell’asserito accordo in quella sede avvenuto; la mancata considerazione della diversa causale che a detto incontro aveva attribuito il teste P.).

Vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza dei delitti di cui agli artt. 476 e 479 c.p. di cui al capo B) della rubrica.

Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza dell’elemento oggettivo del reato di cui all’art. 476 c.p. di cui al capo C) della rubrica, trattandosi di mera correzione della data della delibera, che non costituirebbe una alterazione penalmente perseguibile, non riferendosi a parti dell’atto aventi giuridica rilevanza.

B. denuncia:

Carenza totale di adeguata motivazione con particolare riferimento alle prescrizioni di cui all’art. 578 c.p.p..

Violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento all’art. 321 c.p., in quanto: contrariamente a quanto affermato in sentenza, il pagamento dei venti milioni sarebbe stato effettuato circa un anno e mezzo dopo l’aggiudicazione della gara alla Pr.; i Giudici di merito sarebbero giunti ad affermare la sua responsabilità in base agli stessi elementi di accusa che il GIP non aveva ritenuti idonei neanche per autorizzare le intercettazioni telefoniche richieste dal P.M.; le dichiarazioni del teste P., non presente all’incontro del 7-4-2000, contrariamente a quanto ritenuto dai Giudici di merito, non potevano avere alcuna idonea capacità dimostrativa in ordine alla responsabilità di esso ricorrente.

3.-. Questa Corte ha già chiarito che il Giudice di appello, nel dichiarare estinto per prescrizione il reato per il quale in primo grado è intervenuta condanna, è tenuto a decidere sull’impugnazione agli effetti delle disposizioni dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili ed a tal fine i motivi di impugnazione proposti dall’imputato devono essere esaminati compiutamente, non potendosi trovare conferma della condanna, anche solo generica, al risarcimento del danno dalla mancanza di prova della innocenza degli imputati secondo quanto previsto dall’art. 129 c.p.p., comma 2, (v. da ultimo: Sez. 6^, Sentenza n. 3284 del 25/11/2009, Rv. 245876, Mosca).

D’altra parte all’esito del giudizio, il proscioglimento nel merito, in caso di contraddittorietà o insufficienza della prova, non prevale rispetto alla dichiarazione immediata di una causa di non punibilità, salvo che, in sede di appello, sopravvenuta una causa estintiva del reato, il giudice sia chiamato a valutare, per la presenza della parte civile, il compendio probatorio ai fini delle statuizioni civili, oppure ritenga infondata nel merito l’impugnazione del P.M. proposta avverso una sentenza di assoluzione in primo grado ai sensi dell’art. 530 c.p.p., comma 2 (Sez. U, Sentenza n. 35490 del 28/05/2009, Rv. 244273, Tettamanti).

Tanto premesso, si osserva che con i ricorsi in esame si deduce proprio la carenza di motivazione in ordine alla affermazione della responsabilità degli imputati e la conseguente violazione dell’art. 578 c.p.p..

4.-. Le censure prospettate dai ricorrenti sono infondate.

La Corte di Appello, infatti, nella sentenza impugnata non si è limitata a fare rinvio in ordine alla ricostruzione fattuale della vicenda alla decisione di primo grado, ma ha motivato la responsabilità degli imputati per i fatti loro rispettivamente ascritti facendo leva sulla accertata sussistenza di un accordo corruttivo, sulla certa falsificazione della data della delibera 75/2000 della Giunta Municipale di (OMISSIS) e sulle credibili e rilevanti dichiarazioni rese da P.E..

Dal complesso di elementi sopra indicati era emerso, secondo i Giudici di merito, che la gara di appalto in questione era stata in realtà solo artificiosamente posta in essere al fine di agevolare la ditta " Pr.", posto che non si era mai accertato l’effettivo passaggio delle missive di invito dell’Ufficio Protocollo del Comune.

Era anche risultata la manipolazione della suindicata delibera, al preciso scopo di anticipare di un giorno la data di adozione non solo della stessa, ma anche della determina 54/2000 nonchè del parere di regolarità tecnica rilasciato dal segretario comunale C..

In particolare, la corresponsione al sindaco M. di venti milioni di lire quale compenso per la illecita aggiudicazione alla Pr. della finta gara era avvenuto in concomitanza con la illecita corresponsione alla medesima dell’acconto di L. duecento milioni, pur in assenza delle prescritte condizioni di natura contabile interne alla amministrazione.

A parte il fatto che il M. aveva chiaramente mentito nel giustificare il versamento dei venti milioni, asserendo che provenivano da una raccolta di fondi elettorali.

Quanto al B., oltre alle circostanze sopra evidenziate, la sua responsabilità era emersa con chiarezza, in riferimento all’accordo corruttivo intercorso con il sindaco M., dalle dichiarazioni di P.E., attendibili per la loro linearità e coerenza e riscontrate da una serie di elementi, dettagliatamente elencati nella sentenza di primo grado.

Le argomentazioni della Corte di Appello sono adeguate e logiche, oltre che rispondenti alle risultanze processuali e forniscono idonea, anche se stringata, risposta a tutti i quesiti posti con i motivi di gravame.

In definitiva, contrariamente a quanto affermato dai ricorrenti, il tessuto motivazionale della sentenza impugnata non presenta affatto quella carenza o macroscopica illogicità del ragionamento del giudice di merito che, alla stregua dei principi affermati da questa Corte (v. da ultimo: S.U., 24-9-2003, Petrella, rv. 226074), può indurre a ritenere sussistenti i vizi di cui all’art. 606 c.p.p., lett. e), nei quali sostanzialmente si risolvono le censure.

Le conclusioni a cui è pervenuto il Giudice di merito, oltre ad apparire frutto di un concreto apprezzamento delle risultanze processuali, sono convenientemente motivate sul piano logico e giuridico.

Può, pertanto, concludersi che, a fronte di ciò, i ricorrenti si sono limitati a prospettare diverse e, per loro, più adeguate valutazioni degli elementi indizianti e dei comportamenti tenuti e a ribadire tesi di segno contrario.

Ma non rientra nei poteri di questa Corte quello di compiere, come sostanzialmente si chiede da parte dei ricorrenti, una "rilettura" degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, essendo il sindacato in questa sede circoscritto alla verifica dell’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione e segnatamente sul rispetto delle prescrizioni di cui all’art. 578 c.p.p..

5.-. Il rigetto dei ricorsi comporta la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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